Non è che ti senti Dustin Hoffman

Alla fine, andoqque come doveria andare. A 12 anni di distanza dall’ultima, mi sono laureato di nuovo, per la terza volta (la seconda per quanto riguarda una laurea magistrale, specifico sempre). Questa volta in Scienze Storiche.


Che non sono delle scienze così famose da essere passate alla storia.


È stato molto bello. Soprattutto, credo di essermi goduto in misura maggiore la soddisfazione perché ho portato avanti lo studio per puro piacere. Non che all’epoca qualcuno mi avesse obbligato a iscrivermi all’università o non mi piacesse il percorso scelto. Però è diverso. Quando sei ancora fresco di liceo e ti iscrivi all’università si tratta di una cosa che svolgi come una sorta di dovere della tua vita, quantomeno per la vita che hai scelto. In questo caso, invece, nessuno mi correva dietro o di fianco per iniziare e concludere gli studi e un mio percorso di vita già ce l’ho.

È stata anche una bella soddisfazione esserci riuscito nei tempi: da settembre 2020 ad aprile 2023 non è poco, considerando che non ho più il tempo libero che avevo nel 2011.


Leggasi: ero molto più giovane e sfaccendato.


È strano ripensarmi 12 anni fa. Avevo tanto da fare e imparare: non che io adesso sia uno imparato, s’intende. Però diciamo che posso magari insegnare qualcosa al me stesso di quel tempo.

Non ho fatto alcune cose che volevo fare ma ho fatto alcune cose che non pensavo di fare.

Nel 2011 mi aggiravo nel mondo del lavoro mostrando entusiasmo per qualsiasi colloquio; Sì davvero sarei felicissimo di lavorare per la Sbiancamenti dentali e anali Inc., una azienda seria (non riceve visite dalla Finanza da almeno una settimana) dalla storia semestrale, era il mio sogno sin da bambino prima ancora che esisteste e ora potete realizzare il mio desiderio; stipendio? No non mi interessa, io sono qui per imparare e crescere, la crescita è importantissima per un giovane!.

Nel 2011 scrivevo per delle testate giornalistiche locali. Ovviamente gratis. Ma se volevi ti avrebbero fatto avere il tesserino!,  mitico riconoscimento. Bastava chiedere. E pagare.


Sorvoliamo su metodologie da reato penale.


Nel 2011 mi piacevano meno cose da mangiare rispetto a oggi.

Nel 2011 guardavo un sacco di anime e andavo alle fiere del settore.


Non che non mi piacerebbe andare oggi a qualche fiera: però ora che sono estese a un mondo fatto di meme e tendenze, comprensive di influencer, content creator, famolostrano inventor, mi trovo più rilassato ad andare direttamente in una libreria, fumetteria o museo del fumetto rispetto a sopportare di farmi largo tra folle che sono lì per il fenomeno virtuale del momento.


Nel 2011 volevo trasferirmi altrove ma, non so perché, avevo questa predilezione per le cittadine formate da 4 case in croce. Credo di aver risposto ad annunci dei posti più sperduti e dimenticati dall’ortodonzia. Probabile che io andassi alla ricerca di un certo isolamento. Non dovevo certo essere proprio un allegrone.
Alla fine in questi anni ho vissuto fuori ma in città un po’ più estese di 4 case: Roma, Budapest, Milano. Un brevissimo periodo anche Barcellona. Ed è stato molto meglio così.

Non so cosa farò nei prossimi 12 anni: non so manco cosa farò nei prossimi 12 mesi. Figuriamoci. Forse mi iscrivo a teatro. Forse farò un corso di cucina. Forse aprirò un bistrot e farò lo chef. Forse mi compro una Ducati. Forse riprendo gli studi di ingegneria aerospaziale interrotti a 19 anni. Forse prendiamo un gatto. Forse compriamo casa. Forse è presto per capirlo. Forse è tardi. Se fossi gatto, miao. Se fossi cane, bao. Se fossi tardi, ciao.

Non è che un esame ti riempia di fiducia perché ti dà il credito

Giovedì ho sostenuto l’ultimo esame. Ora manca solo il tassello finale, la seduta ad aprile (certo, in mezzo ho una tesi da completare).

È una bella soddisfazione e anche una liberazione. Anche perché questo esame l’avevo rimandato a lungo: doveva essere il primo, poi pensai di riprovarlo l’anno successivo (cioè l’anno scorso), e, alla fine, è diventato l’ultimo.

Mi sono reso conto che portare avanti un percorso di laurea, per il me stesso attuale, è un po’ faticoso.

Fin quando si tratta di preparare esami in forma scritta, ricerche, presentazioni, tesine eccetera riesco a conciliare l’attività con il resto della mia vita, anche perché per scrivere qualcosa basta anche una mezz’ora al giorno. Tra l’altro, come ho già raccontato su questo blog, mi capita durante il giorno mentre sto facendo altro di pensare a quel che devo scrivere – sia un post di cazzeggio qui sopra o una ricerca – e, quando mi metto davanti al pc, devo solo trascrivere quel che avevo in mente.


Delle volte appartenere alla specie dei rimuginanti, quelli col cervello diviso in omaso, abomaso e rumine, ha i suoi vantaggi.


Prendere in mano un libro da 600 pagine da conoscere a fondo mi è invece impegnativo. Tra il lavoro, lo sport, la gestione di una vita di coppia e di una casa, non basta aprirlo per mezz’ora al giorno come fosse un testo di narrativa. Mezz’ora mi serve giusto per concentrarmi, mi ci vorrebbero 3 ore in cui avere la certezza e la tranquillità di non avere altro da fare. Cosa che, mi son reso conto, attualmente non ho.

È quindi per questo sono ancor più soddisfatto del risultato. Nel 2020 quando decisi di prendere una seconda laurea, in storia, lo feci un po’ per sfida, un po’ per hobby, un po’ per passione. Un po’ perché se a settembre di ogni anno non inizio qualcosa mi sento demotivato. Non nascondo a tratti mi sia stata di peso questa scelta, per il discorso di sopra. Però sempre meglio far qualcosa che piace che ricevere un calcione, diceva il saggio, quindi il senso è: non ti lamentare o riceverai un calcione.

Diciamo però che studiare lo metto nella lista delle “Cose divertenti che non farò mai più”. Per ora.

Non è che devi essere un Antico Egizio per invocar Anubi

Ho ingaggiato una personale lotta contro gli afidi, che hanno deciso di insediarsi sul falso gelsomino del balcone. Gli afidi però sono veri. Oppure, amando una pianta falsa, sono falsi anch’essi?
Gli afidi falsi sono forse meglio delle persone false? Grandi domande che ora provo a lavare via passando l’aceto sulle foglie per vincere la loro resistenza.

Nell’ambito delle mie lotte e sfide, prosegue quella di conseguire una seconda laurea. Devo portare avanti una ricerca su due figure storiche per il corso di Storia del Cristianesimo Medievale.

Ho chiesto aiuto a un collega con il quale ho condiviso altri corsi. È un prete. Anche lui è al secondo titolo, ha una laurea presso l’Università Pontificia. Insomma, chi meglio di lui può conoscere la materia?

Eppure, non conosceva i due personaggi oggetto del mio studio. Ho pensato fosse strano. Poi mi sono reso conto di una cosa. Le due figure storiche erano due eretici valdesi: ecco perché non li conosce, per la Chiesa di Roma non saranno mai esistiti!


ba-da-bum-tscha! Momento satira.


Una lotta che invece perdo sempre è quella con la pazienza. Perdo sempre con lei. Anzi, la perdo.

Per esempio, al lavoro. Tizia, che chiameremo Occhio di Falco per comodità narrativa, mi scrive chiedendomi una fotografia in tempo reale dei suoi fondi.

Io, siccome amo fare tabelline colorate con Excel, le invio questo specchietto dove nelle righe trova le voci di costo, nelle colonne – con rispettive intestazioni – invece lo stanziamento iniziale, lo speso e, nell’ultima colonna, il residuo.

Chiunque nella vita abbia visto una tabella, foss’anche quella su un’etichetta che riporta i valori nutrizionali del centrifugato di carrube detox utile per la palestra, sa che incrociando righe e colonne ottiene i valori desiderati e che, in fondo alla tabella, trova i totali.

E poi Occhio di Falco è una che fa robe di roba di scienza, insomma un cervello che sicuramente mi batte in parecchi campi.

Mi risponde – come se le avessi incollato nella mail i valori nutrizionali del centrifugato di carrube detox – dicendomi che ha bisogno di una mano a leggere le tabelle e che e comunque lei ha bisogno di una fotografia ad oggi dei suoi fondi e di sapere i residui.

Ho fatto il mio solito esercizio zen che uso in questi casi. Qualche invocazione ad Anubi, un paio di passeggiate nervose nel corridoio, un respiro, un saluto ad Anubi che è sempre disponibile in qualunque momento della giornata e mi sono apprestato a risponderle, in maniera cortese, professionale e didascalica.


Il fatto di star ancora lavorando in telelavoro è d’aiuto in questi casi. Ho problemi a invocare Anubi in ufficio e, in generale, in luoghi pubblici. Lui non si fa problemi, figuriamoci, a sentirsi invocare ovunque. Sono io che mi imbarazzo se poi qualcuno mi vede (e mi sente) mentre lo invoco.


Poi capisco che Occhio di Falco non è mica stupida. Il suo era un caso di Pesoculismo.

Il Pesoculismo può colpire chiunque, in qualunque momento. Per alcuni è cronico. Per altri, estemporaneo e passeggero. Può presentarsi in varie forme. Come suggerisce il nome, la malattia colpisce il culo del malcapitato, rendendolo pesante come una Multipla. All’inizio, è asintomatica. Poi, dal culo si propaga in maniera casuale verso altre zone del corpo. Può colpire gli arti inferiori, costringendoti a stare sul divano invece di andare a fare la spesa per la cena; poi ti ritroverai a friggere un paio di bastoncini esausti che hai raccattato grattando il fondo mai sbrinato del frezeer (oppure forse stai solo friggendo due blocchetti di ghiaccio sporchi). Può bloccare gli arti superiori, impedendoti di prendere un oggetto in alto, in basso, insomma, in una qualunque posizione che comporta uno spostamento delle braccia. Può affliggere occhi e cervello, inibendo la lettura e comprensione di una tabella!

Questi sono solo alcuni esempi della sindrome Pesoculica.

E tu, sei sicuro di conoscere il tuo culo?

Ma soprattutto, quando incontri qualcuno col Pesoculismo, invochi anche tu Anubi?

Non è che il portalettere faccia tutto a bella posta

Ogni tanto ricevo lettere dai lettori di questo blog, che stampo per poi bruciare nel camino (adoro l’odore di inchiostro nel fuoco). Solo che un camino non ce l’ho e quindi alla fine oggi ho deciso di pubblicarle.


Spett.le Dott. Gintoki,
Le scrivo dall’Organizzazione del I Congresso della Famiglia Trapezoidale, manifestazione per la difesa della famiglia costituita da due genitori paralleli che non si incontrano fisicamente mai. Riteniamo che questa sacra istituzione euclidea sia oggi minacciata da altre forme di geometria. Vorremmo pertanto avere il piacere della sua presenza riservandoLe un angolo dedicato in cui dispensare consigli ai nostri visitatori. In omaggio alla presente troverà il gadget che abbiamo preparato per tutti i partecipanti: un simpatico rombo di gomma.
Bernarda Umida – Ufficio Stampa del Congresso
Masturbo sul Brenta (TV)

Cara Bernarda, credo che non potrò essere dei vostri. Gli angoli che proponete mi sembrano ottusi e le palle che ci avete gonfiato con questa storia non sono euclidee perché sferiche. Grazie comunque dell’omaggio. Il rombo fatto gratinato al forno è una ricetta squisita.

Caro Gin,
ho appena finito di vedere la miniserie Rai del Nome della rosa di Eco. Mettendo da parte i giudizi tecnici, che lascio ad altri, ho trovato veramente deludente non l’aver dato spazio a una figura chiave della storia come Fra Cazzo da Velletri. Dimenticanza o volontaria censura politica?
Massimo Riserbo
Goldone Bucato (VI)

Ciao Massimo. Scandaloso, davvero. Per non parlare dell’assenza di riferimenti a Santa Fregna da Frosinone. Non so che dirti, a parte che il nome della rosa in eco è rosa…osa…sa…a.

Dear Lord Gintoki,
I’m a your lettore from the United Kingdom. I’m writing this letter because this faccenda of the Brexit is preoccupanting. Our Prime Minister, Theresa May, doesn’t know what fish to take. She will provare for the 4th volta to vote the deal. The deal that the Parliament said ‘no’ for 3 times. This is crazy!
Tyromp O’Cool
Spitting-on-your-ass (London UK)

Dear Mr. O’Cool,
this are dicks vostri. Next time think much before. If you are a Star Wars fan, I can say you: May the Fourth be with you.

Ciao Gin, io non ne capisco molto di economia ma alcune cose non ci vuole una laurea per capirle, tipo che quando mia madre mi mandava a fare la spesa mi dava i soldi in mano, contati; quando servivano più cose da comprare, me ne dava di più. Allora dico, per superare la crisi economica, perché non usciamo dall’Europa e non ci stampiamo più soldi quando ne abbiamo bisogno? Così ci compriamo quello che ci serve, quando ci serve? Mia madre non ha mai sbagliato a fare la spesa, non può avere torto.
Mani Goldo
Scorbuto sul Trasimeno (PG)

Caro Mani, i Carabinieri ti ringraziano perché era da tempo che cercavano quella nota falsaria di tua madre.

Caro Gin, dicono che sei intelligente e che conosci bene Roma. Me lo sai di’ che diavolo sta accadendo alla metropolitana? Tutte ‘ste stazioni chiuse?
Uro Genitale
Tor Cicollo (Roma)

Ciao Uro. Stanno realizzando un direttissimo capolinea-capolinea.

Caro Gin,
ma tu che ne pensi del sesso prima del matrimonio?
Valeriana Officinalis
Maremma Maiala (FI)

Che deve essere veloce sennò fai tardi al ricevimento e gli sposi si incazzano.

Gintoki, alcuni scienziati dicono che per risparmiare acqua dovremmo fare pipì nella doccia. Io ho iniziato a farlo, anche se è un po’ scomodo usare invece il water per lavarmi. Sto facendo bene? Altri consigli?
Cedrata Tassoni
Saluta Staminchia (MN)

Ciao Cedrata, se usi lo scopettino come spazzolino per i denti risparmi anche l’acqua del lavabo.

Non è che in Ungheria tu possa dire Pest e corna di qualcuno

Coltivavo ancora una speranza che dalla Federazione Autisti Operai potessero farmi sapere qualcosa nelle settimane a venire (puntata precedente). Ma lo stare così parcheggiato come un panchinaro mi gettava un po’ nello sconforto.

Percepivo di nuovo quella sensazione di spegnimento che accuso in alcuni periodi della mia vita e che necessita di un riavvio a spinta. O a calci.

L’anno scorso, in un periodo simile, venni a sapere che una ragazza che conoscevo si era uccisa. Avvenne il giorno della sua laurea o presunta tale: in realtà aveva mentito sugli esami ad amici e parenti fino a quel giorno.

Non la vedevo dalle scuole elementari, ma la cosa mi sconvolse gettandomi in una profonda inquietudine. Continuavo a chiedermi, nei giorni successivi, cosa pensasse, come si sentisse in una vita che probabilmente le era sfuggita di mano.

Qualche giorno dopo andai dalla mia ex (ora ex al quadrato) a dirle che pensavo ancora a lei. Pur sapendo che non ne avrei ricavato niente. Ma ero terrorizzato dall’idea di morire da un momento all’altro senza togliermi un peso.


Non so perché pensassi di morire da un momento all’altro ma lo pensavo.


Settimane dopo, mandai il cv a una ong che cercava qualcuno per un lavoro in Albania. Non era così campato in aria, anzi sarebbe stata la cosa più attinente alla mia laurea che avrei fatto sino a quel momento.

Ovviamente non mi presero, perché ero senza esperienza.

Quando raccontai questa cosa a due ex colleghi di università, loro si scambiarono un’occhiata sorniona e sarcastica come se avessi detto che da quel giorno avrei cominciato a girare in gonna e autoreggenti.

Mi resi conto che gli ignoranti cominciavo a non tollerarli più. Ma non ignoranti nel senso di persone senza cultura o conoscenze: ognuno di noi è ferrato su alcune cose e su altre no, quindi l’ignoranza è sempre relativa. Per la serie “Lei è ignorante nel senso che ignora e lei è imbecille nel senso che imbelle”.

Poi non ho più riprovato questa strada sino a quest’anno: nel frattempo ho fatto un lavoro che mi teneva impegnato 45 ore a settimana sino alle 22 di sera per poche centinaia di euro e che mi ha procurato una gastrite, un incidente stradale e l’avvicinamento all’ignoranza forse assoluta.


Se qualcuno mi scrive “via Leonardo d’Avinci” io comincio a dubitare seriamente del sistema scolastico.


Venendo al sodo o all’occhio di bue, dalla Federazione Autisti Operai non ho ancora saputo nulla e a questo punto credo mai lo saprò: oggi ho sostenuto un colloquio per andare a Budapest. Mi vogliono lì dal 1° dicembre.

Quando venerdì mi hanno detto di quest’opportunità, le prime cose che ho pensato sono state:

  1. Oddio lì non c’è l’euro.
  2. Oddio hanno una lingua non indoeuropea.
  3. Oddio come farò a vedere il nuovo Star Wars al cinema?

Ora sto lentamente cominciando a fregarmene. Della partenza improvvisa, delle difficoltà, di tutto.


Anche se la cosa di Star Wars è difficile da digerire.


Perché sono stanco. Forse lo spiegherò in un altro post.

Mi dispiace lasciare Roma. Mi ha fornito tanti spunti interessanti.

Quest’oggi l’ultimo: mi siedo nell’autobus. Di fronte a me si siede un tale che sembrava Edward Nygma 10 anni più vecchio. Anche gli atteggiamenti ansiogeni sembravano quelli del personaggio.

Mi fa, a un certo punto:
– Scusi, sa…se questo autobus ferma in qualche posto…
– Come?
– Se si ferma in un qualche posto…un deposito…cioè un posto…
– Al capolinea?
– Sì! Al capolinea.
– Certo, arriva sino a xyz.
– Ok, grazie.
– Però non è un deposito di autobus, cioè è uno spiazzale e basta, eh.
– Sì sì, sta comunque fermo 2-3 minuti e poi riparte, vero?
– Sì, certo.
– Grazie.

Giuro sulle mie 7 vite che è tutto vero. E per questo vi prego.
Vi scongiuro.
Spiegatemi il significato di questa conversazione.

Forse ho incontrato davvero l’Enigmista?
Un Enigmista dall’accento barese, tra l’altro.


Poi dopo mi ha detto altre cose, che cerca casa a Roma ma è difficile. Cerca lavoro a Roma, ma è difficile. Io mi son limitato a commentare “Sì, è difficile”.


 

Se il gatto guarda la luna…

Ritorna l’appuntamento a periodicità settordiciquindiminale con le chiavi di ricerca più astruse che conducono a questo blog. Anzi, a dirla tutta qui capita solo gente che cerca cose strane sui motori di ricerca. A parte le solite fissazioni per le donne nude (posso comprendere…), arrivano delle nuove stravaganti ricerche.

apparsi siti non visitati nella cronologia perche?
Eh, caro amico. Anche io, nel lontano 2000, provai a giustificarmi in questo modo quando scoprirono la mia cronologia ricerche. Eppure non mi credettero.

perche’ se navigo in incognito,la navigazione non viene nascosta al mio datore di lavoro
Perché uno dei vantaggi di essere un capo è poter andare sui siti porno senza che nessuno lo sgami. Tu sei il capo? No? Allora mi spiace. Lavora invece di perdere tempo con le donnine nude.

non sono asociale è che le persone sono così belle
Un complesso di inferiorità?

gatto che guarda la luna
Se il gatto guarda la luna il furbo guarda il gatto

io spaghetti è tu
Io rigatoni è lei?

voglio investire in attivita ambulante frutta
Hai finalmente capito che la tua laurea la puoi usare giusto per incartare i limoni, bravo.

frasi sheldon cooper grifone
Non sapevo che fosse tifoso del Genoa.

piccinini sandro
Incredibile! Proprio lui!

tutto sui tappezzieri
Segreti, intrighi, tradimenti: questo e altro verrà svelato nel prossimo numero di “Tutto sui tappezzieri”.

quella stronza di afrodite
Che ha combinato stavolta? Bisognerà che Zeus gliene dica un paio.

children of bodom pensiero
Sinceramente non mi sono mai chiesto se esistesse un AlexiLahio&soci-pensiero: a questo punto sono curioso di saperne di più sulla loro filosofia.

pensieri sullo street food
Chiedi ai Children of Bodom.

Sezione anatomia e luci rosse

foto donne con verdure nella figa
Appassionato di vegane oltranziste che rifiutano gli uomini perché non vogliono saperne della carne.

donne antiche che trombano
Inizialmente pensavo a donne dell’antichità, tipo Ottavia Minore o Messalina, poi ho inteso che forse cercasse donne all’antica. Dovrà aspettare il matrimonio, mi sa.

come tenere pene slip wikihow
Un minuto di silenzio per la donna che sarà la compagna di quest’uomo che ha bisogno di una guida perché non sa manco come posizionarselo nelle mutande.

foto artistiche sedere femminile
Sì…ora si chiamano foto artistiche.

sedere greco
sarà un σεδερε

porno donne che si infilano i blug
Eh, queste porno donne! Adesso ci danno dentro anche con i blug.

donne nude che si infilano un filo nella vagina
Immagino che “fare il filo” non sia un modo di dire, allora.

cazzo che cerca il nido nella donna da ridere
Nella stagione degli amori gli uccelli preparano il nido, ovvio. Ma perché è da ridere?

eliminare onanismo
Se eliminassero l’onanismo l’evoluzione un giorno farebbe nascere umani con le braccia da tirannosauro (rielaborazione di una vecchia battuta).

La perifrastica non è passiva per gusti sessuali, che si conosca almeno questo

– Ragazzi, ma a voi è capitato che dopo la laurea non abbiate più avuto voglia di aprire un libro?
Io ci rifletto su e mi dico che sì, dopo la laurea voglia di studiare ancora immediatamente dopo non me ne venne, né per concorsi né per master, volevo lavorare e basta. Prima che io articoli in parole tale pensiero, lui aggiunge:
– Cioè tipo vado all’edicola, compro la Gazzetta dello Sport e poi penso Noo, tutte queste pagine, chi ha voglia!

Ah. Capisco. Intendeva in questo senso.

Non mi stupisce. Anni fa, all’università, discorrendo di attualità e scoprendolo alquanto all’oscuro di alcuni fatti del mondo, sbottai dicendo:
– Ma lo apri un giornale, ogni tanto? (Vergognandomi poi del mio atteggiamento da maestrino che, purtroppo, non è affatto migliorato col tempo)
– Certo. La Gazzetta dello Sport!

Lo disse ridendo, ma son sicuro che diceva sul serio. Non fu una sorpresa, considerate le sue difficoltà con le doppie e con i congiuntivi. Una volta lo sorpresi a scrivere “abborto”, convinto che si scrivesse così.

L’esempio vivente che qualcosa che non funziona nel sistema universitario – ma anche in quello della scuola dell’obbligo – c’è.

Oggi pomeriggio riflettevo su queste cose e ho montato tra me e me una polemica. In fondo, a cosa serve conoscere l’italiano? È davvero necessario, al giorno d’oggi, sapere quando mettere un congiuntivo in una frase o avere un vocabolario ampio o conoscere il vero significato di un “piuttosto che” per non usarlo in modo barbaro a pene di segugio? A me sembra sempre meno rilevante.

A proposito di membri: mi è tornato in mente un altro aneddoto del periodo universitario.

Dovevamo, in vista di un esame, studiare una sentenza della Corte Suprema Americana, scegliendola da una rosa di documenti fornitici dalla docente. Mi cadde l’occhio su una sentenza riguardante un’accusa di sodomia. Dato che a volte soffro di regressione mentale sino allo stadio “seconda media”, ridacchiando dissi a un collega (non “abborto”, un altro):

– Ehi, perché non porti questa sulla sodomia?
– Ah ah ah!…Ehm, cos’è?
– Come cos’è?
– È il sadomaso? È quello?

Ecco, forse questo è uno di quei casi in cui conoscere l’italiano può servire e fare la differenza nella vita. Immaginate di trovarvi ospiti a casa di qualcuno, per una cena conviviale, due chiacchiere davanti a un buon vino, insomma in un’atmosfera molto tranquilla. Il vostro anfitrione, con garbo e gentilezza, vi propone a un certo punto:

– Le andrebbe un po’ di sodomia?
E voi, non conoscendo il significato della parola, per non deludere il padrone di casa risponderete una cosa simile
– Certo! Però giusto un po’, che devo guidare, non voglio fare tardi…

Magari poi può piacervi, ma almeno sappiatelo prima!

A parte queste amenità, ho ripreso a pensare alla mia polemica sull’importanza dell’italiano, provando a estenderla anche agli studi umanistici. Ne parlavo qualche giorno fa con una persona, che ha un’impronta di studi del tutto opposta alla mia. Così come io posso citare aneddoti su ateniesi e spartani, lei può dilettarsi a parlare di matematica e mitocondri. Io, premettendo che sono il primo a sostenere la necessità dello studio delle materie scientifiche, difendevo l’importanza degli studi umanistici per il contributo che portano alla costruzione mentale di un individuo.

Il caso dello studio del greco, contro il quale la mia interlocutrice puntava il dito,  è per me significativo: più che studiare la lingua per sapere come diavolo si coniughi un ottativo – esercizio che trovo fine a sé stesso -, la cosa che per me ha un valore è lo studio di un pensiero, di una cultura che ha influenzato i secoli a venire.

Sull’importanza di non mettere da parte la cultura umanistica la penso quindi come Umberto Eco e mi piace condividere questo articolo che riporta un dibattito tra lo scrittore e Andrea Ichino: Il liceo classico? Assolviamolo ma va riformato.

Per coincidenza, in questi giorni leggevo un libro di Tiziano Terzani. In Asia, si intitola, ed è una raccolta di suoi articoli dalla Guerra del Vietnam agli anni ’90, frutto di viaggi e periodi di soggiorno in vari Paesi asiatici. C’è un punto in cui mi ha colpito quando parla della dittatura militare in Birmania:

Il livello di educazione del Paese s’è abbassato notevolmente a causa della povertà. Secondo uno studio dell’UNICEF più di un terzo dei bambini dai cinque ai nove anni non va a scuola. Due terzi di quelli che frequentano abbandonano dopo le elementari. Il problema non sembra preoccupare i militari. Al contrario. I soldati sanno che è dagli intellettuali che viene l’opposizione al loro potere: è nelle università che sono nati i movimenti per la democratizzazione e la modernizzazione della Birmania. È per questo che le università, svuotate tre anni fa, sono ancora chiuse e occupate dall’esercito.
[L’aureola psichedelica, Pagan, febbraio 1991]

Ecco, l’ho trovato significativo. Credo che la cultura tutta contribuisca a modernizzare e democratizzare un Paese. Sembra un’ovvietà, ma fino a quanto lo è?

E poi aiuta le persone a trarsi d’impaccio quando parlan loro di sodomia, che non è poco!

Dimmi chi sei e ti dirò se la tua è un’opinione pubblica, pubica o pudica

Mi punge vaghezza (o forse non è vaghezza ma una zanzara) di vedere che ne pensano. Un esperimento antropologico. Poso il bicchiere.

“Comunque mi sarebbe piaciuto partire per il vicino Est Europa con una Ong”.

Lui mi osserva e il viso si contrae in una malcelata risata come se avessi detto “mi son comprato un naso da pagliaccio e andrò in giro indossandolo”. Socchiude gli occhi guardando il mio vicino di posto, cercando complicità nel riso trattenuto per educazione.

Concludo allora il discorso in modo frettoloso restando molto sul vago, fino a far morire le ultime parole in un sorso di birra. I bicchieri pieni sono il miglior antidoto all’imbarazzo e un ottimo metodo di evasione.

I feedback degli individui sono filtrati dalle loro esperienze. Ogni essere umano ha il proprio bagaglio di trascorsi che influenza le relative opinioni.

Il che pone un interrogativo: un parere quanto potrà essere oggettivo?

Poniamo che voglia cambiare lavoro, perché non mi soddisfa. Anzi, voglia cambiare vita. Compio allora un sondaggio su un campione molto ristretto:

A) 27 anni, disoccupato ancora in cerca di primo impiego a 3 anni dalla laurea che forse adesso ha un’opportunità. Per 400 euro al mese.
B) 31 anni, disoccupata dopo aver lasciato impiego da baby sitter con lavoretto part-time in corso per conto di un amico (ovviamente in nero).
C) 23 anni, universitaria con alle spalle erasmus/viaggi studio all’estero/stage all’estero in corso.
D) 29 anni, lavoratore in nero non soddisfatto e che non vede prospettive di crescita nell’ambiente lavorativo che frequenta.

I pareri ottenuti sono i seguenti (in ordine sparso):

1) Vai, cambia, se non ti soddisfa. Hai un’età in cui puoi permetterti ancora di scegliere, fa’ quel che ti piace.
2) Parliamoci chiaro, se dessero 1200 euro al mese sarebbe diverso (Premio G.A.C.!).
3) Però di questi tempi un lavoro è pur sempre un lavoro, se non hai di meglio…
4) Io avrei abbandonato già da tempo.

Il gioco è abbinare le risposte alle persone che le hanno rilasciate.

Sto comodo in pantofole ma non datemi del pantofolaio.

Stamattina ho fatto un giro nel negozio di una nota catena d’abbigliamento giovanile per trovare qualcosa da mettere il prossimo sabato. Devo andare all’inaugurazione della galleria di un amico. Potrei dire che ho un vernissage, che fa tanto figo e tanto radical chic.

In effetti è capitato che mi dessero del radical chic. Senza conoscermi, sulla base di poche, frammentarie informazioni tra l’altro re-interpretate a piacimento.

Un po’ come se mi dessero dello psicopatico se vedessero la katana che ho a casa, dello sportivo se vedessero le scarpette da calcetto e la panca coi pesi, del nerd se vedessero i fumetti di Spider-Man, del disoccupato vedendo la laurea e così via.

Ogni individuo è uno e centomila.

Oppure, se vogliamo – che è poi la stessa cosa – esistono due diversi sé stessi. Il sé stesso che è soggetto osservante e il sé stesso che è oggetto osservato. Ogni oggetto di osservazione ha però natura molteplice, ed esistono quindi molteplici sé stessi dentro tutte le persone che conosciamo e con le quali ci relazioniamo.

Bel pensiero, vero?
È Osho.

Sbagliato.
Evangelion (il solito giochino che diverte solo me di attribuire citazioni a caso).

Più che dagli altri esseri umani tendo a essere spaventato dai miei me stessi sparsi in giro. Non da tutti. Alcuni altri mi infastidiscono soltanto.

E vorrei dir basta. La meiosi di me stesso ha stancato. Estinguetevi, derivati dell’Io. Solo che non si può farlo senza dire basta anche all’individuo che ospita il mio derivato.

Comunque pensavo di tornare nel negozio e far ricadere la mia scelta su questo abbinamento giacca e camicia che mi sembrava tanto giuovine e trend e casual e parole a caso (No di solito non ho l’abitudine di farmi le foto davanti allo specchio – uno specchio parecchio sozzo, tra l’altro – mi serviva per chiedere pareri in giro)


2014-12-15 18.21.36

Il mio problema è non aver trovato una giacca a quadrettoni.

Ma il taciturno è quando tocca a te il momento di stare in silenzio?

Questa mattina siamo andati a trovare mia zia che affronta la riabilitazione in una clinica dopo un intervento per 3 bypass coronarici. Per la cronaca, tutto bene. Mentre stavamo andando via, arrivano due amici suoi: una ex collega di lavoro che purtroppo conosciamo anche noi e suo marito.

Lui appena arriva esordisce dicendo: mi sto prendendo una seconda laurea.

Non contento ci tiene a raccontare di ciò. Poi lui chiede a mia cugina che cosa stia studiando e comincia a parlare delle sue conoscenze universitarie e offrire il proprio aiuto mettendo in campo queste sue importanti relazioni. Lei, con garbo, rifiuta ma lui insiste nel volersi proporre.

Insoddisfatto dalle conversazioni con la mia consanguinea, attacca bottone con il mio babbo. Si parla di un po’ di cose, poi la moglie cita una conoscenza comune e il marito chiede a mio padre come lo conosca.
Pà: Lavoro al Comune, per questo lo conosco.
Il Signor Seconda Laurea: Ah lavori al Comune? Io sono funzionario al Comune di Napoli.

Nel frattempo la moglie del Signor Seconda Laurea fa a mia madre, indicandomi: però lui è più taciturno rispetto alla cugina, eh?

Ebbene sì, sono silenzioso. Ci sono possono essere 3 motivi per cui io lo sia:

Motivo 1: sono in forte imbarazzo.
Motivo 2: sono interessato ad ascoltare l’altra persona, perché sono un povero idealista che pensa che al mondo ci sia troppa gente che parli e poca gente che ascolti, quindi quando qualcuno ha bisogno di parlare io lo ascolto volentieri, perché mi interessa, perché penso che anche solo essere presenti a volte possa bastare.
Motivo 3: non me ne frega un cazzo di ciò che stia dicendo l’altra persona, anzi, non me ne frega proprio niente dell’altra persona e con la testa sto altrove, forse penso a cosa mangerò più tardi, forse penso al gatto che debbo portare dal veterinario, forse penso agli occhi di quella ragazza a cui vorrei chiedere di uscire (alla ragazza, non ai suoi occhi! Vi immaginate andare a prendere un caffè con un paio di bulbi oculari?! Fa molto Hannibal Lecter), forse penso a come sarebbe bello saltellare sulla Luna trascinando un bastone per disegnare sulla polvere lunare il profilo di un gatto, chiedendomi quanto debba essere grande il disegno perché si veda dai telescopi. Insomma, penso a tutto fuorché alla persona che mi è di fronte e sì, cara moglie di Seconda Laurea, se pensavi che fossi taciturno perché non me ne fregava niente di voi, avevi indovinato.

Poi mi sono ricreduto sulla perspicacia di Moglie, quando, prima di congedarci, stava raccontando di un’amica che si sposa il 24 dicembre.
Io: Ah, ha scelto proprio un giorno comodo! dico per fare una battuta di circostanza.
Lei: No no non hai capito, è proprio scomodo.

Ah.
Balle di fieno che rotolano via.

E quindi poi mi è venuto il terribile sospetto che Moglie sia così stupida da non aver capito che fossi taciturno perché non mi fregava niente di loro.

Devo lavorare di più sul risultare sgradevole alla gente.

Fattore y: dal particolare al generale (dietro la collina)

Dopo aver commentato un post del poliedrico ysingrinus ho fatto delle riflessioni.

Mi sono ricordato che al liceo ho scoperto che la y io la scrivo al contrario, cioè col braccio corto a destra. Era una cosa che mi veniva naturale, non ci ho mai fatto caso. L’insegnante di matematica quando mi chiamava a svolgere esercizi alla lavagna a volte me le cancellava e le riscriveva giuste. Qualche compagno non capiva che lettera fosse o fingeva di non capirlo. Io mi infastidivo: perché perdere tempo su questo particolare?

In realtà è tutta la vita che io stesso perdo tempo sui particolari.

Nelle ultime settimane, per esempio, sono latitante per Almalaurea. Per un paio di mesi mi hanno inondato di mail con la richiesta di rispondere al loro sondaggio post laurea. Dopo il primo messaggio ho pensato che, appena libero per 10 minuti di tempo, mi ci sarei applicato. Quando poi sono arrivate mail insistenti, perentorie come dei solleciti di pagamento, mi sono girate e ho deciso di non partecipare più. Da una settimana sono cominciate le telefonate, anche il sabato,  mattina e sera. Ho messo il blocco in entrata ai loro numeri.

Ecco, questo è uno dei casi in cui mi concentro sul particolare (il mio odio per l’insistenza), perdendo di vista il generale (permettere invece a delle persone di fare il proprio lavoro e partecipare a migliorare un servizio…forse).

Il mondo per me esiste solo in relazione ai particolari. Per dire, fatico in genere a rammentare una strada per andare dal punto A al punto B, a meno che non ci sia qualche cosa da ricordare lungo il tragitto: l’insegna di una trattoria, una casa diroccata, un cartello stradale arrugginito. Può anche trattarsi di qualche segno non definitivo: magari una volta lungo quel percorso ho visto un bambino che giocava in un cortile (io, vagabondo che son io…) e mi è rimasto per sempre impresso.

I miei ricordi funzionano allo stesso modo. Ho la testa suddivisa in tante bacheche dove ci sono appese delle istantanee, di cose a volte completamente insignificanti ma per me divenute particolari.

Un banco scheggiato alle elementari, col truciolato che emergeva fuori che una volta doveva essere chiaro ma col tempo era diventato nero. Un cartello bianco su un rudere con una scritta rossa BOXE, tel xxxxx (no, il numero non lo ricordo. Non sono Rain Man). Una figurina dell’album sulla F1 dei primi anni 90′ volata per terra sul marciapiede. Una tazza a righe arancio e nere. Una bambina orientale che piange sul lungomare di Salerno, mentre la madre si era allontanata a guardare la merce su una bancarella. Una decorazione luminosa raffigurante il profilo di un Babbo Natale, dimenticata appesa su un muro da chissà quanti anni. Un tizio alla stazione che davanti alla biglietteria automatica mi chiede se il treno per Lanciano per il quale stava acquistando il biglietto sarebbe arrivato alle 21 dello stesso giorno, in tempo per la partita (nota: erano le 14 di sabato. La partita era alle 15 del giorno dopo). E ancora, il vento che si alza mentre pioviggina con una goccia d’acqua che mi finisce nell’occhio mentre attraversavo via Duomo, i baffi di un signore sulla 50ina che un giorno notai seguiva una lezione universitaria nella mia stessa aula, la voce di un operatore telefonico del WWF che mi ricordava la scadenza dell’abbonamento, un buco a forma di stellina su una maglia.

E potrei andare avanti e avanti.

Il gatto nero è stato uno dei simboli del sindacalismo anarchico. Potevo forse non citarlo?

Ho invece un problema col generale, col tenere sotto controllo il quadro d’insieme, ricordare ciò che conta. E ho anche un problema coi generali. Ho infatti difficoltà a relazionarmi con l’autorità. In fondo mi ritengo un anarchico, anche se ci vado cauto col dirlo. In primo luogo perché è una concezione più filosofica che politica, in secondo luogo perché la gente ha uno strano rapporto con l’anarchia; le persone immaginano sempre un tipo vestito da Black Bloc che non entra al McDonald’s perché cioè noi dobbiamo combattere il sistema perché cioè il capitalismo, la globalizzazione…cioè, capisci?

A essere sincero io realmente non vado al McDonald’s, ma semplicemente perché un pasto lì è l’equivalente delle calorie che consumo in una settimana.

Questa è una cosa particolare o generale?

Comunque a me una y invertita sembra di vederla anche tra le pieghe della mano.
Giochiamo a “Trova la y invertita che Gintoki crede di vedere” (temo comunque che in foto non si veda)

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E cercherò la mia strada su Google Map

Attuale Lavoro in termini di mansioni si potrebbe dire un piccolo passo in avanti rispetto a Vecchio Lavoro. In termini di ore però lavoro di più, con una retribuzione molto molto molto molto inferiore. There’s something wrong, here.
Eh, te piacess! Vaije truvann a votta chiena e a mugliera ‘mbriaca!

Silence, please.
Di questi tempi, con una disoccupazione tra gli under 30 a livelli da post apocalisse, è solo una fortuna mettere le terga su una sedia, ne son conscio.
E per me conta in modo marginale quanto paghino. È solo che sento che in nome di una piccola sicurezza io non segua una mia strada.

E quale sarebbe la tua strada?
Non lo so.
Tutti hanno una strada, una statale, un vicolo, un sentiero.
Puttanate. Non è che nasciamo con un cammino già tracciato.

Certo, se sei come Elettra (nome di fantasia) che il papà c’ha la fabbrichetta che è un porto sicuro, diciamo non dico la strada ma le indicazioni tracciate già ci sono. Quest’anno Elettra si è laureata, 9 anni per una triennale. E non in medicina o ingegneria. Apro una parentesi, mi preme rimarcare una cosa che ho sempre detto a tutti i miei colleghi universitari: il tempo impiegato per completare l’università non vale una beneamata cippetta. Non è una gara né una corsa contro il tempo. E chi impiega 3 anni non è migliore o più intelligente di chi ne impiega di più. Senza contare che ci possono essere attività, occupazioni o problemi che possono dilatare la tempistica indipendentemente dalla volontà dell’individuo.

Però, se magari dai un esame all’anno perché il resto del tempo cazzeggi, perché le tue giornate cominciano sempre dopo mezzogiorno, forse qualche responsabilità allora ce l’hai.

Ricordo quando la conobbi nel lontano 2005 e conversammo con cordialità. Mi fece una testa così parlando di RPG online e occulto. Crede alla magia nera (non c’è nulla di male: io credo alla sfiga nera, che secondo me è pure più potente) e una volta mi ha detto che uno che conosce ha visto fare a un altro tipo un incantesimo per togliere energie a un tizio che, subito dopo, è crollato a terra privo di forze.

Avrei voluto ribattere che mi ha detto mio cugino che sa un colpo segreto che dopo tre giorni muori, ma lei non apprezza molto l’umorismo. Anzi, non lo comprende: prende qualsiasi frase alla lettera.

L’anno scorso, dopo un lungo periodo che l’avevo persa di vista, mi capitava di incontrarla spesso mentre attendevo il treno. In una di quelle occasioni avevo notato che il suo abbigliamento a volte non coincideva col clima: troppo scoperta in caso di vento e pioggia, troppo coperta in caso di sole. Al che lei mi spiegò che era colpa del fidanzato. Chiesi lumi.
In pratica, quando lei si sveglia trova sul cellulare un messaggio del ragazzo che la informa del meteo della giornata. Quando sbagliava outfit era perché il ragazzo non l’aveva avvisata che durante la giornata il tempo sarebbe cambiato.

Non ritenni di fare altre domande né di tornare sull’argomento.

Elettra non è proprio una perdigiorno, comunque. Ogni tanto dava una mano in ufficio nell’azienda di proprietà del padre. In quell’azienda, come ho detto prima, ci lavorerà, il patto col genitore era che lei avrebbe dovuto prima prendersi una laurea, però. Una laurea a caso, a quanto ho capito.

Quando ho saputo questa cosa io ho pensato che al suo posto ci avrei messo 15 anni per terminare l’università. E mi sarei laureato tipo in Scienze e Culture delle Alpi.

Il padre le vuol molto bene. A 18 anni le ha regalato un seno nuovo. Apro una seconda parentesi: non trovo nulla di sbagliato in questo tipo di chirurgia (purché senza eccessi, ovviamente). Se una persona vive un proprio personale disagio, non trovo nulla di scandaloso nel farlo. Io personalmente sotto i ferri vorrei sempre andarci solo da morto per un’autopsia, ma chi non ha timori può andarci per un naso, per il seno o per che altro. Perché ne ho parlato, allora? Per un episodio che trovai buffo: quando la conobbi all’università girava voce che la sua esplosiva terza fosse finta. Tutte malelingue e invidie, pensavo. Poi invece scoprii che era lei stessa a diffondere la voce.

Me ne sono sempre chiesto il motivo. Io mi immagino nel presentarsi in un ambiente nuovo:
– Piacere, Gintoki. Mi occupo di…Ah, e ho fatto (invento) una prepuzioplastica.
– Ah…interessante…

Ora basta parlare, anzi, sparlare degli sconosciuti. Si parlava di strade. Un paio di mesi fa volevo andare in un posto dove le strade sono un optional (non è una battuta, ho guardato dal satellite). Volevo partire per andare a fare il Cooperante 12 mesi in un villaggio albanese. Non era neanche richiesta esperienza in campo internazionale, quindi provai a candidarmi con la ONG interessata. Purtroppo non sono stato ricontattato, ma la capata (trad. = intestardirsi con una cosa) ogni tanto mi risale. Ecco, forse sogno una strada del genere. Costruire strade per altri. Con tanti saluti ad Attuale Lavoro (che tanto poi saluterà lui me) e allo stipendio che non mi basta per farmi un paio di boccette nuove.

Torno su Google Map, vah.