Non è che i Puffi siano azzurri perché del Napoli

Sono sempre stato per lo più uno sportivo da divano. Da adolescente mi limitavo alla partita di calcetto del sabato, appuntamento fisso per garantirsi di avere durante la settimana seguente un trauma contusivo/distorsivo di cui vantarsi. Anni dopo ho iniziato con la corsa ma non è mai stato un amore tra di noi. Era più un rapporto di convenienza: sto con te per tenermi impegnato.

Poi è arrivato il nuoto, poi la palestra. Attualmente mi divido tra nuoto e kickboxing e aspetto di riprendere, se la bella stagione finalmente arriva, corsa/ciclismo.

I veri ciclisti o i veri runner escono con qualsiasi condizione climatica. Ma qui subentra in me quel discorso di sportività da divano, dove ci si entusiasma per una Parigi-Roubaix sul pavé nel fango e nel letame di vacca o un Passo Pordoi al Giro d’Italia in mezzo alla neve ma non si imiterebbe mai una cosa del genere.

Lo sport davvero mi emoziona. A volte, quando voglio crogiolarmi in piacevole commozione positiva, rivedo il video di qualche impresa: un oro della Pellegrini, il mondiale di Zolder di Cipollini 2022, la 4×100 di atletica di Tokyo 2020 (che poi era 2021).

Siamo abituati, in genere, a differenziare tra sport più puri, onesti o nobili e il calcio; sia perché quest’ultimo è quello con più danaro e interessi economici, sia perché identifichiamo il calcio con una parte di suoi sostenitori: fanatici, violenti, xenofobi.

In realtà nessuno sport è immune dai mali della società. I peggiori disonesti, imbroglioni, scorretti si possono ritrovare tra gli atleti di qualsiasi disciplina. Tra l’altro non sono sicuro che alcuni atleti di altri sport sia delle persone migliori con cui avere a che fare rispetto a un calciatore. Alla fine sono tutti esseri umani, noi assistiamo ai loro sacrifici, alle loro sconfitte e alle loro vittorie, alle loro gioie e i loro pianti come fossero attori sul palco di una tragedia. Perché lo sport è una tragedia greca, attraverso gli atleti noi viviamo la nostra purificazione.

Indubbiamente almeno nella nostra società è il calcio il maggior veicolo di passioni e pulsioni: c’è chi nel difenderlo scomoda Pasolini, io lo lascerei comodo invece perché – poveretto – già troppo spesso viene chiamato in causa e mi chiedo, se fosse vivo oggi, quante persone realmente che lo tirano in ballo sarebbero sue fan.

Tra le passioni di massa il calcio resta (non so per quanto tempo) con le sue sacche di resistenza ancora un qualcosa di genuinamente viscerale, laddove altri sport danarosi e blasonati come il basket NBA o la F1 sono più che altro in gran parte uno spettacolo per ricchi annoiati.

È per questo che per me vedere lo scudetto del Napoli è assistere e partecipare a una grande comunanza di questa visceralità positiva, da anziani a bambini, ragazze e ragazzi, lì, insieme, gioiosi e felici della medesima cosa e che trovano un’identità e una dimensione diverse da quelle, divisive, create dai ruoli della vita quotidiana: famiglia, lavoro, scuola, eccetera.


Credo che sociologi diversi si siano dedicati ad analizzare questi fenomeni: lascio a Google o a ChatGPT trovare materiale esplicativo.


Ed è solo ed esclusivamente questo il senso da attribuire all’evento, laddove la retorica e chi la esprime vogliono infilarci discorsi sociali di riscatto: perché, chi ci ha sequestrati?

Tutto questo per dire che in mezzo a questo teatro di purificazione e autoaffermazione mi son commosso e ho pianto. Io sono qui, io sono con gli altri, noi siamo.


Restando sul discorso sociologico, tutto questo che viene percepito sia dai suoi partecipanti che dai suoi detrattori come una forma di esplosione ribelle (in positivo per chi festeggia, in negativo come caos dell’ordine quotidiano per chi la odia) è in realtà quanto di più conformista ci possa essere: viviamo in una società che da un lato reprime le nostre pulsioni, dall’altra, tramite l’utilizzo dei professionisti dello sport, ci permette di viverle con dosi di intrattenimento. Ma di qualcosa bisogna pur farsi.

E voi cosa volete?
Di che cosa vi fate?
Dov’è la vostra pena?
Qual’è il vostro problema?
Perchè vi batte il cuore?
Per chi vi batte il cuore?
Meglio un medicinale
O una storia infernale?
Meglio giornate inerti
O dei capelli verdi?


Non è che il contadino si candidi in politica perché scende in campo

Lo scriverò senza giri di parole e senza preamboli (già ciò che ho detto è troppo lunga come introduzione): il momento è serio, il Paese ha bisogno di una guida.

Così mi trovo costretto a intervenire in prima persona e rilanciare, in vista delle prossime elezioni, il mio progetto politico MIAO (Movimento Interfelino Autonomamente Organizzato), dallo slogan Gattocrazia unica via.

 

Questi alcuni punti del programma che intendo portare avanti se il popolo mi darà fiducia:

CURA DELL’AMBIENT
Più Brian Eno per tutti.

ECONOMIA
PRRR!
È questo il nome del programma di rilancio.
Volete saperne di più?
PRRR!
Per ora sappiate questo.

FLAT EARTH TAX
Sei Terrapiattista? Complottista? Fanculoalmondoista? Pagherai una tassa extra a ogni sciocchezza pubblicata.

INCENTIVI ALLE IMPRESE
Vuoi smettere di fumare ma se il tipo che ti rolleresti pure un altro tabagista per avere dosi di nicotina?
Vorresti correre la maratona ma non sai se riesci ad allenarti perché lavori 20 ore al giorno?
Ti piace quella persona ma pensi sia impossibile da conquistare perché ti hanno fatto body scemo?
Non buttarti giù! La nostra politica di incentivi alle imprese da compiere ti darà la giusta motivazione!

QUESTIONE GAS
Mangiare meglio.

RISPARMIO ENERGETICO
Lavorare meno e dormire di più. Non dico 18 ore come un gatto ma quasi: vedete i felini come sono rilassati?

SALUTE
Grazie!

SANITÀ MIGLIORATA
Ipogei, catacombe, una basilica, il Cimitero delle Fontanelle, palazzi storici: il Rione Sanità di Napoli è denso di storia e merita una riqualificazione.
Come? A che importerebbe mai al cittadino di Fistando sul Naviglio o di Bagasce dell’Arno di restaurare Napoli? Che ne so, ma da quando in qua la gente vota cosciente che quel voto non porterò loro concreto beneficio (se non addirittura andrà contro i propri interessi)?

SICUREZZA DELLE STRADE
Nel 2022 non è possibile che Google ti porti a scavallare le montagne su sterrati pietrosi perché è convinto che sia la via migliore. Dobbiamo essere sicuri dei percorsi che ci consigliano i navigatori!

TASSI AGEVOLATI
Per tutte le famiglia che lo vorranno, la possibilità di adottare dei simpatici mustelidi, altresì noti come tassi, a prezzo calmierato. In alternativa, al posto dell’animale si può avere un albero del’ordine delle conifere altresì noto sempre come tasso. Però ricordate: non le due cose insieme, per evitare che l’animale faccia casa all’interno dell’albero rischiando di confondere poi il tasso del tasso del tasso dal tasso del tasso del tasso. Chiaro no?

TRATTAMENTO PENSIONE
Completa o mezza pensione ma vacanze per tutti.

Penso che questo sia sufficiente per convincere le persone a sposare la causa MIAO.

E ricordate: Gattocrazia unica via!

Non è lo stilista causa iperlavoro cerchi rimedi per combattere lo strass

La settimana scorsa sono stato in trasferta a Genova. Come preve-temevo qui, è stato un vero sequestro di persona. Addirittura durante la riunione (8 ore) non si faceva neanche pausa caffè. Certo, dopo avere assaggiato quello che servivano al bar della mensa aziendale, capisco anche perché non si abbia voglia di fermarsi per un caffè.

Il barista ci teneva a dire che lui è nato a Napoli e quindi lo sa bene come si fa il caffè.


Immagino che a seconda di dove nasci ti carichino il software con le capacità basiche tipiche del luogo: a Napoli il caffè, a Livorno il caciucco, a Bologna i tortellini, eccetera, così anche se ti trasferisci per i successivi 50 anni ti resterà la conoscenza. Ecco cosa fanno quando si portano via il neonato appena partorito!


L’altra cosa che ho notato è che le mie colleghe sono tutte iper-accelerate. Delle volte, questo l’avevo già notato interagendoci a distanza su Teams, devo dire loro Rallenta. Si comportano così anche dal vivo. Apprensina a volte ha la testa così piena di monologhi accelerati che parla anche da sola. Anche io lo faccio, ma quando son da solo veramente. Se sono in macchina con uno di fianco magari evito!

Io non so se il lavoro le abbia ridotte così o se, causa il lavoro, devono assumere anfetamine e quindi accelerarsi. Non hanno condiviso con me questo segreto e me ne dispiace.

Io so che – ma è il mio punto di vista dall’alto di un gatto – delle volte bisogna magari tirare il freno.

Oggi ad esempio, in riunione online, si parlava del telelavoro; sinora abbiamo usufruito di quello illimitato, da Novembre sarà limitato. Su questo tema, è nata poi la questione dello straordinario: con il telelavoro non viene mai computato e in quest’anno e mezzo o poco più di lavoro a distanza tanto straordinario svolto sarà andato perso.

Apprensina però ha osservato:

«Ok, ma senza telelavoro lavorando in sede avreste fatto quegli straordinari? Io no, soprattutto quando ero vincolata ai mezzi pubblici alle 18:00 max 18:30 me ne andavo»

Risponde Performina:

«Io sì, invece. Quando era il turno del padre di tenere mia figlia io restavo anche fino alle 20:30 in ufficio. Tanto visto non c’è nessuno a casa che mi aspetta, tanto vale che resti».

Premesso che ognuno fa quel che gli pare e se si trova bene con quel che fa, tante care cose e non sono affari miei. Però non ho potuto fare a meno di trovare tutto ciò un po’ triste.

Va bene che se quella sera sei senza figlia non hai urgenza di tornare. Va bene anche che magari tornare e trovare la casa vuota sia un po’ deprimente e quindi non forse non ti vien molta voglia.


È una mia speculazione, beninteso. Magari invece quando ci torna alle 21 è contenta di stravaccarsi sul divano con una busta di Chipster a fare le puzze in libertà fino a che non è ora di dormire.


Ma diogatto, fa’ qualcos’altro, passeggia, corri, salta, nuota, qualunque altra cosa che non comporti il chiudersi 12 ore in ufficio!

 

Non è che siccome hai dei trasporti del ca* li definisci mezzi pubici

Sembra che qui (qui Napoli, intendo) abbiano provveduto a fare pulizie e disinfestazione su bus, metro e, incredibilmente, anche sui treni della Circumvesuviana.


Per chi non la conoscesse, la Circumvesuviana si contende da anni il primato di peggior linea d’Italia con la Roma-Lido.


Io sono scandalizzato: la sporcizia sui mezzi faceva da barriera all’attecchire da parte di altri patogeni esterni. I batteri si erano organizzati in ronde e squadracce per garantire che nessun agente esterno venisse a comandare a casa loro. Questa pulizia ora ci metterà a rischio.

Le indicazioni su come lavare correttamente le mani hanno destato qualche sorpresa nell’opinione pubblica:

– “Ah ma quindi si lavano così le mani?”
– “Ah ma quindi si lavano le mani?”

Quando questa storia sarà finita – se non saremo morti tutti – non stringerò mai più la mano a nessuno.

I più divertenti sono quelli che, portatori sani di conoscenza, ti dicono che “…E poi non bisogna toccarsi occhi, naso e bocca” perché ora l’hanno sentito dire e tu te li ricordi che fino a ieri mettevano le mani in bocca al cane e poi si infilavano le dita nel naso.


Con questo non voglio ora destare allarmismo scrivendo che i cani hanno delle bocche e che queste non siano pulite: l’allarmismo che voglio fare riguarda il mettere le vostre mani sudicie in suddette bocche minando la salute del cane.

 


Dalle notizie sembra comunque filtrare ottimismo: a ogni nuovo decesso la specifica rassicurante è sempre “era anziano”. Comincio a sospettare che i titoli li scriva l’INPS in panico da dissesto pensionistico, altrimenti non mi spiego tale cinismo.

Per stare tranquillo io comunque ascolto solo le opinioni di esperti decorati in espertologia. Meloni, Salvini, Sallusti, Feltri, Elettra Lamborghini, Facchinetti, Briatore, Maurizio Sarri (lista in continuo aggiornamento perché nuovi esperti nascono sul campo giorno per giorno).

Non è che il virologo si fidi solo del latte vaccino

Una mia amica ha dato un tema da scrivere ai ragazzi del liceo dove insegna. L’argomento era la stretta attualità: il Coronavirus. I risultati l’hanno lasciata un po’ perplessa.

Il migliore è uno che ha detto che la Cina vuole dominare l’economia globale e quindi ha creato il virus in laboratorio, per diffonderlo tra i cinesi perché il Paese è sovrappopolato.

Non ho ancora capito: la Cina vuole dominare il mondo quindi elimina la propria popolazione?

Un altro ha detto che finora il virus ha contagiato 77mila persone: la metà della popolazione cinese.

Praticamente la Cina potrebbe quindi star tutta contenuta in un quartiere di Roma.

Più di uno ha scritto che moriremo tutti.

Non rido dei ragazzi ma del bombardamento di notizie e di opinioni confuso cui siamo tutti sottoposti e che genera inquietudine e disinformazione. Forse sarebbe il caso di abbassare un po’ il volume del Mondo e riposare le orecchie.

Il Sindaco di Milano ha consigliato di “ridurre la socialità”: sono pronto, datemi libri, birre e serie tv e vi riduco a zero la mia socialità.

Ovviamente si esagera, ho bisogno come tutti del contatto umano. Ma di alcuni contatti farei a meno.

Ad esempio ho fatto un colloquio. Il selezionatore mi ha chiesto, a un certo punto, Come è stato il cambiamento di città, venendo da Napoli, l’approccio a Milano?”.

E io l’ho guardato indeciso se rispondergli Eh guardi non ho avuto ancora il tempo di vedere questo famoso Colosseo (semicit.) o di dirgli che, in effetti, non è la stessa cosa senza il sole il mare e la pizza. Solo che quest’ultima cosa non ha senso: le pizzerie storiche – e anche le meno storiche – di Napoli ormai hanno tutte una succursale a Milano, il mare invece sappiamo tutti che Ce Melàne tenève u màre avèv’a ièsse na piccola Bbare (e quindi non sarebbe mica Napoli!),  e per quanto riguarda il sole, forse qualche giorno di pioggia in più invece non avrebbe guastato per ripulire l’aria.

Ecco, avrei fatto a meno di venire a contatto con costui.

Oppure forse il Sindaco per socialità intende “l’essere social”: anche in questo caso avrei un esempio.

Ero a un concerto. Poco prima dell’inizio due tizie dietro di me si scattano una foto per pubblicarla su Instagram, con l’hashtag concertosegreto.


Era infatti un evento cui ti prenotavi ma senza conoscere il luogo dove si sarebbe tenuto, rivelato in un secondo momento via mail.


Fatta questa operazione, il senso della serata per loro era esaurito lì: appena iniziato il concerto hanno iniziato a farsi i fatti loro, chiacchierando e ridendo ad alta voce.

A un certo punto mi sono rotto le scatole, mi sono alzato e ho detto loro Scusate, io avrei pagato per sentire lui, non voi. Mi hanno guardato basite/terrorizzate.

Le capisco. Sarò sembrato affetto da rompicoglionivirus.

Non è che se ti ritiri da solo a Foligno tu sia umbratile

Le settimana scorsa ero a Perugia per l’Umbria Jazz, concerto dei King Crimson. Combinazione, negli stessi giorni degli amici umbri dei miei erano a Napoli.

Ritornando da giri vari nelle terre umbre, in luoghi in cui ho trascorso per anni le vacanze da ragazzino, mi sono chiesto come sia l’impatto per chi, originario di luoghi come questi, aerosi e statici e acusticamente ovattati, si trova di fronte la chiassosa e confusa realtà partenopea.

Il mio pensiero è che per me sarebbe uno shock. Già a volte in genere ne ho uno quando ritorno da luoghi ameni, in cui mi sono mentalmente sintonizzato sull’equilibrio acustico e urbano dell’ambiente, dopo pochi giorni di assenza da casa. Chissà allora come potrebbe essere per chi ci è sempre vissuto in tali luoghi ameni e si confronta con una realtà totalmente opposta la sua.

D’altro canto sento dire che la vivacità di Napoli è in fondo ciò che la rende fascinosa. Comprendo che in fondo trattasi di una sorta di attrazione per l’esotico e inusitato, laddove per chi ci vive non è altri che la banale normalità.

Il turista nativo di luoghi ameni si giovi allora di queste pillole sulla realtà napoletana che fornisco di seguito, senza anticipare troppo ma per renderlo comunque più coinvolto e consapevole di quel che si troverà di fronte.

Innanzitutto si sappia che molte donne dei quartieri di Napoli a partire dalla pubertà sviluppano l’enfisema vulgaris, altresì dicasi voce sfiatata, ovvero una voce roca e gutturale degna di uno che ha passato la serata a cantare in una cover band di un gruppo brutal metal. L’enfisema vulgaris è permanente, ma ciò non impedisce al soggetto di urlare di continuo le proprie comunicazioni per strada o dal balcone.

L’urlofono è l’immediato mezzo di comunicazione nelle strade, più pratico del telefono e più efficace di un intimo giudiziario.

Per attraversare la strada si fa come i gatti. Ci si lancia tra le auto correndo velocemente verso il lato opposto.

I parcheggiatori chiedono sempre qualcosa a piacere. È sottinteso che però deve trattarsi del piacere suo.

Prestando attenzione alle voci di strada, si noterà che una frase ogni tre è un’imprecazione alla Madonna.


Le restanti due frasi sono discorsi sul calcio.


È ormai diventato un luogo comune banale quello della famiglia intera sul motorino, padre alla guida, madre e figli piccoli dietro. Oggigiorno è il figlio piccolo a guidare e il resto della famiglia dietro.

Se il cibo non ha almeno una di queste caratteristiche, grasso, frittura, sugo, vi trovate in un’altra città e questa lista non fa per voi.

Il babà, la pizza, la sfogliatella. Prodotti tipici che in qualsiasi luogo andrete a mangiare ci sarà qualcuno che, sentendo ciò, dirà che state sbagliando perché il vero babà, la vera pizza, la vera sfogliatella si mangia solo da…


Saluto Foligno e la sua servizievole accoglienza:


Non è che fare l’assicurazione sia una gara perché c’è un premio

Le Universiadi di Napoli si sono concluse. Ieri si è tenuta la cerimonia di chiusura. Ho già nostalgia. Prendervi parte è stata un’esperienza bellissima e chissà se mi ricapiterà qualcosa di simile.

Perché le cose belle devono essere brevi e aver fine? Dovrebbe avvenire ciò per le cose orribili. Ad esempio, l’ultima stagione di Game of Thrones è stata un vero schifo, ma per fortuna è stata corta: così dovrebbe essere per tutto.

In ogni caso, in questo evento che ha distribuito tante medaglie, voglio anche io fare delle mie premiazioni e quindi ho qui pronta una lista di premi creati ad hoc per le Universiadi.

– Premio Rattuso d’oro
Ai commentatori RAI della Cerimonia di apertura, che alla vista di Erikah Seyama, atleta del Regno di Eswatini, sono stati folgorati dalla sua bellezza e per la successiva mezz’ora non hanno parlato d’altro.
Consegna il premio: Valentina Nappi

– Premio Arpagone
A chi ha fornito le divise per noi Volontari. I vari loghi e stemmi sulle magliette dovevano essere dei trasferelli o delle decalcomanie comprate nelle bustine in edicola, perché dopo il primo bagno in acqua della maglia – necessario, visto che il sintetico si impregna di odore di umanità – hanno cominciato a decomporsi.
Consegna il premio: Zio Paperone

– Premio Simpatia
A una accompagnatrice della squadra USA di pallanuoto, una italiana che durante la finale maschile Italia – Stati Uniti è venuta a chiederci di parlare con lo speaker per invitare il pubblico a non fischiare quando attaccava la squadra statunitense. Piccola parentesi: sui modi di tifare del pubblico sospendo il giudizio, quel che penso è che finché non si scade nell’offesa, nell’ingiuria e che a fine incontro si tributa il giusto riconoscimento a entrambe le squadre, per me va anche bene cercare di intimorire l’avversario quando attacca. Lasciamo perdere gli esempi del calcio, ma nel basket e nella pallanuoto è cosa normale. Quando le abbiamo detto che 1) dev’essere l’arbitro casomai a decidere se richiamare all’ordine per intemperanze, 2) non si trattava di offese e ingiurie, la tizia se ne è andata mandandoci a fare in culo.
Consegna il premio: Vittorio Sgarbi

– Premio Super Saiyan
All’allenatore della nazionale ungherese femminile di pallanuoto, che in finale, ahinoi, ha battuto l’Italia. Espulso per intemperanze e beccato dagli italiani del pubblico, ha reagito ai loro Scemo! Scemo! facendogli il Goku che si trasforma in Super Saiyan

urlando qualcosa in ungherese che non ho capito, ma credo di non andare lontano dalla verità se dico che sarà stato un Puppatemi la fava.
Consegna il premio: Junior

 

– Premio Meglio Vestito
Non c’è manco bisogno di dirlo:
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Mi consegna il premio che accetto con piacere: Tom Selleck aka Magnum IV.

Non è che sei maldestro perché ti cadono sempre la braccia

È da una decina d’anni circa che mi trovo nel mondo del lavoro e della ricerca di esso e ho un po’ di esperienza di colloqui. Invidio chi non ha mai avuto bisogno di farne uno e non sa manco come si scriva un CV; non mi riferisco a casi di spinte istituzionali o che altro, ma semplicemente a opportunità che a qualcuno sono arrivatre tramite un semplice passaparola o un intreccio di rapporti.

In quest’ottica secondo me non sbagliava l’ex Ministro Poletti quando parlava di inviare meno CV e partecipare a più partite di calcetto.

Io a calcetto sono sempre stato una pippa, forse è stato questo il mio problema.

Ho avuto e sto avendo più soddisfazioni dal nuoto, però ancora nessuno mi ha offerto un lavoro, sarà che in acqua non puoi parlare ché se apri la bocca poi bevi e non è molto simpatico.

Un’altra cosa che un po’ rimpiango è il non avere aneddoti interessanti di colloqui di lavoro particolari; ciò non toglie di aver spesso provato seccatura&fastidio di fronte a domande che fanno cadere le braccia.

Le più comuni di queste, capitatemi tutte fuori territorio d’origine, sono (con tra parentesi le risposte che avrei voluto fornire):

«Quindi lei è di Napoli?»
(Sì, c’è anche scritto sul CV, non sa leggere? Sul serio lei è pagato per perdere tempo con queste domande?).

A volte questa domanda è seguita da quest’altra:

«Non sembra di Napoli/Non si sente che è di Napoli»
(Shpara Gennà, shpara! Ora l’ho convinta? Le grido anche un FOZZA NAPOLI con tanto di imitazione di enfisema vulgaris tipico di chi è appena tornato dallo stadio, se vuole).

La più bella forse è questa:

«Quindi lei si trasferirebbe qui?»
(Trasferirsi? E perché? Io pensavo di fare il pendolare tutti i giorni, tanto cosa vuole che siano 600 km tra Vergate sul Membro e casa mia? Ho un cannone da circo a casa, mi faccio sparare qui al mattino, per il ritorno, invece, avete dotazione di una catapulta medioevale in ufficio?).

Una volta, invece, da Bologna andai a Parma in un’agenzia che aveva una ricerca aperta.

«Mmhh…Bologna…che ci fa qui a Parma?»
(Sa, mi hanno detto si mangia bene in questa zona e volevo provare. Sono entrato qui infatti solo per chiedere se potesse indicarmi una trattoria).

E per non essere troppo autoreferenziale con questo post e aiutare chi mai si trovasse in situazioni simili, ho fatto un piccoli elenco di:

Possibili risposte troppo sincere per domande troppo tedianti

«Lei pratica sport?»
Mi sono dedicato con successo all’onanismo, non a livello agonistico però.

«Parla altre lingue oltre a quelle indicate sul CV?»
Da ubriaco, sì, parecchie.

«Come mai è qui?»
Mi ci avete chiamato voi.

«Per lei cosa rappresentano team working, brefing, brainstorming?»
Un modo per darsi un tono sparando termini inglesi a cazzo.

«Vorrebbe dei figli?»
Da lei sicuro di no.

«Mi può dire un suo difetto?»
Tendo a innervosirmi e picchiare chi mi fa troppe domande.

Non è che devi per forza lavorare al supermercato per etichettare

Sono M.E.B..

Che non vuol dire Maria Elena Boschi. Sta per Maschio Etero Bianco.

Non ho mai avuto problemi per l’appartenenza a queste tre categorie. Al massimo sono stato oggetto di scherno per l’insinuazione di non appartenervi abbastanza. Si sa come sono i ragazzi: coglioncelli.

Al liceo se non mostravi di posseder figa – perché non ci si accompagna, il vero MEB ce l’ha come proprietà – potevi esser accusato di non soddisfare appieno la voce E. Oppure di indugiar soltanto nelle attività manuali. A me è andata bene, capitò appunto di esser accusato della seconda. Meglio onanista che ricchione, si diceva.

Alle scuole medie  l’esser M lo si dimostrava righello alla mano. Mi sono sempre sottratto a queste discipline geometriche. Non perché avessi dubbi su di me. All’inizio. Poi alcuni compagni iniziarono a vantare virtù elefantiache e allora smisi persino di andare a orinare a scuola per non sottopormi a imbarazzanti rivelazioni. Suppongo quei compagni ora siano tutti dediti al cinema d’intrattenimento adulto professionale viste le loro presunte dimensioni artistiche.

Durante le scuole elementari, invece, ero più scuro di adesso. Poi negli anni mi son sbiancato: effetto Michael Jackson, probabilmente. Non ho avuto particolari criticità a parte quando nel club degli Acchiappafantasmi dissero che io al massimo potevo fare “quello nero”.

Accantonati questi patetici trascorsi scolastici, oggi vivo l’età della consapevolezza, conscio del mio esser MEB e certo che nessuno mi fischierà, additerà, guarderà con sospetto in strada perché io in quanto MEB ho pieno diritto di fare e disfare quel che mi pare.

Il MEB è socialmente intoccabile.

A parte qualche giorno fa.

Non ho mai fatto mistero di esser del Napoletano (tra l’altro non vedo perché dovrei). L’altro giorno ero per lavoro nel Salernitano, insieme ad altri colleghi. Una signora di una cittadina di quelle parti, sentendo delle origini, fa, accigliandosi (giuro):

– Ah…siete di Napoli…

Cambiando discorso, mi metto a parlare con lei del più e del meno. Lei non so perché ci tiene a raccontarmi della figlia che vive a Reggio Emilia:

– Lei sta da sola là…come si deve fare…Che poi, pure là…ci sono un sacco di napoletani…

E di nuovo si acciglia.

E io avrei voluto dirle: “Signora, cos’ha da dire? Insinua che non siamo anche noi dei MEB?”.

Poi mi son ricordato di tutte le battute sui napoletani che ho sentito. Di tutte le volte che da gente di fuori Napoli ho sentito dire, nello stesso tono preoccupato e rassegnato della signora di cui sopra, che “Qua si stanno trasferendo un sacco di napoletani…”

Mi sono ricordato di tutte le volte che qualcuno mi ha detto “Però! Non sembri di Napoli”. Come se si aspettassero forse che io parlassi urlando, saltassi all’improvviso sulla sedia per intonare Abbiamo un sogno nel cuore Napoli torna Campione e mangiassi solo pizza e sfogliatelle.

Com’è possibile? Io sono un MEB. Riconoscetemi in quanto tale!

Per carità, queste son sciocchezze. Sono aneddoti per strappar una piccola risata perché, in sostanza, qui sopra scrivo per rider di tutto e niente. Puttanate, stronzate, per dirla in francese.

Però che la gente sia cogliona, questa non è una stronzata. Che ami etichettare, aver pregiudizi, offendere, insinuare, questa non è una puttanata. Lo vedo fare ogni giorno su chiunque essere umano non si trovi in una condizione di privilegio. E allora per costoro ho coniato una nuova etichetta: BEM.

Bastardi Emeriti Minchioni.

Non è che ti serva un disegnatore per tracciare il profilo di un candidato

È sempre interessante sostenere un colloquio di lavoro.

Tralasciando la dose di ansia pre-incontro che mi affligge in queste situazioni, che mi porta a immaginare uno scenario di eventi catastrofici in una scala che va da “Morte improvvisa” (la cosa per me migliore) a “Mi cederanno i pantaloni e resterò nudo davanti agli esaminatori e mi denunceranno per atti osceni e spargeranno la voce e la mia vita professionale sarà rovinata”.

Ieri ho passato, tra andata e ritorno per raggiungere la sede dell’incontro, 8 ore in treno. Sono uscito di casa alle 7:30 per ritornarvi alle 22.

Il tutto per 20 minuti di conversazione. E 100 € di biglietto, acquistato per forza di cose due giorni prima appena saputo. Una escort forse sarebbe stata più economica.

Non saprei dire se la durata sia stata poca o no: ormai è impossibile tracciare uno standard colloquiale. Una volta in un’azienda mi tennero un’intera giornata per 3 sessioni di colloquio in cui nell’ultimo mi chiesero Com’è il rapporto coi suoi genitori? e poi mi dissero Arrivederci e grazie. Forse non risposi bene a quell’ultima domanda.

Forse dovevo replicare “Sono Bruce Wayne. E comprerò questa baracca per sbatterti fuori”.

Per il precedente lavoro invece ebbi un colloquio al telefono che durò un’ora ma in cui quello che sarebbe diventato il mio Responsabile non mi parlò di altro che dei suoi personali esami clinici. Pensai che forse si era trattato di un test di empatia, ma anche durante la mia esperienza lavorativa ci ha tenuto a darmi ragguagli medici tra cui lo stato della sua prostata.

C’era una particolarità nell’ufficio dove ho sostenuto ieri il colloquio. Una scrivania di vetro. Secondo me è una roba da psicopatici o pervertiti.

Perché mai uno dovrebbe guardare gambe e piedi della persona seduta di fronte? Senza contare la scomodità di non vedere il bordo, rischiando di sbattervici contro oppure, a ogni accavallamento di gambe, di darvi una ginocchiata sotto.

Nonostante sul mio CV fosse scritto dove vivo (prima riga del riquadro del profilo) e dove lavoro (prima riga del riquadro esperienze), una delle due tizie che mi ha esaminato mi ha fatto una brillante domanda: Tu vivi a Napoli?. Avrei voluto replicare: No, vivo a Baden-Baden (Germania-Germania), faccio il pendolare.

La stessa tizia aveva un evidente raffreddore ultimo stadio. Ha passato tutto il tempo a strusciarsi sul naso e rigirare tra le dita un fazzoletto sbrindellato. E poi mi ha porto la mano alla fine. Mi sono disinfettato con l’accendino appena girato l’angolo.

Quando ho chiesto “Com’è l’ambiente qui?”, che è una domanda che faccio alla fine per generare qualche chiacchiera informale che può tornare a mio vantaggio, mi hanno risposto, guardandosi con un ilare imbarazzo – come a fare “Che gli diciamo?” –  Siamo tutte donne.

Noi vorremmo incrementare la quota – hanno aggiunto – ma non riusciamo….

A quel punto avrei voluto chiedere perché non riescono, ma mi sembrava eccessivo. E ho pensato che però un colloquio realmente onesto dovrebbe contemplare la possibilità che il candidato alla fine possa fare domande tendenziose e fastidiose, del tipo (esempi ispirati da tutte le mie esperienze passate):

Perché non fate riparare il citofono?
Questo posto lo avete arredato per scommessa o avete solo pessimo gusto?
Immagino che il vostro settore ricerca biologica sia molto avanzato, a giudicare dalla muffa sulle pareti, giusto?
La persona che prima ricopriva la posizione per cui sono qui perché è andata via? Scelta professionale o esaurimento nervoso?
Lei il mio CV lo ha letto o ne ha fatto un aeroplanino?
Vista la sua età dovrei chiederle come si vede tra 10 anni?
– Ma lei trova intelligente tenere sogni nel cassetto?

Seriamente: perché una scrivania di vetro?

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dal webbe

Non è che il turista se non va in pensione incolpi la Fornero

Sto cercando casa in centro a Napoli. A differenza di altre grandi città, il centro qui è una zona economica a livello immobiliare. Il problema è che da 3-4 anni a questa parte, complice il boom turistico della città, il centro storico si sta trasformando in un conglomerato di B&b o di affitti Airbnb. Tra un po’ ci saranno più turisti che abitanti: è una vera invasione, il Governo cosa fa? Non possono fare i turisti a casa loro? Sapete che ce ne sono alcuni che soggiornano negli alberghi, tutti i comfort, wi-fi gratuito, per soli 35 euro al giorno?

Mentre mi impegno nella ricerca, dormo a casa dei miei. Ciò comporta che capitino inconvenienti che, pur essendo io gatto fatto e cresciuto, mi procurano ancora qualche imbarazzo.

Ho l’abitudine di coprire il tatuaggio di vaselina quando vado in piscina. Precauzione in realtà che mi hanno detto inutile, una volta guarito. In ogni caso, porto il tubetto con me sempre in borsa.

L’altro giorno però non lo trovavo. Poi a casa l’ho visto nel mobile dove ripongo il portafogli, i ciondoli, eccetera.

Dato che sono sicuro di non avercelo messo io, temo che mi sia caduto dal borsone – cosa probabile perché ogni volta che torno dalla piscina lo svuoto per arieggiarlo e non fargli assumere quel bell’odore di calzino sudato aromatizzato al cloro – e uno dei miei genitori l’abbia riposto nella mia zona effetti personali.

Io non voglio sapere cosa possa pensare un genitore di un figlio con un tubetto di vaselina. Un tubetto fuxia.

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Ricordate che i tubetti – di vaselina e no – si spremono dal fondo. Chi spreme dall’inizio va all’inferno.

Non è che devi essere un rapinatore per fare colpo

È arrivato di nuovo quel periodo dell’anno. E io l’ho celebrato come al solito.

È uscito il nuovo film di Star Wars e sono andato a vederlo. Non mi dilungherò in recensioni, sarò anzi breve come Pipino detto il: questo film è merda. Anzi, è merda che caga merda. Merda seduta sul gabinetto che ne produce altra.

Pare che invece a tanta gente sia piaciuto tanto. Può voler dir tutto e niente il giudizio popolare, chiariamo. Rihanna ha venduto più dischi di Bob Dylan, figuriamoci.

Oppure la mia delusione sarà dovuta soltanto alla frustrazione nell’aspettarsi qualcosa che non si ripeterà mai più. Non ci sarà mai più un Impero che colpisce ancora. Il futuro non è altro che un tentativo di rileggere il passato. Il nostalgico cerca una realtà aderente a quella che ormai è solo una idea astratta.

Ho riflettuto sulle idee astratte in questi giorni in seguito a un episodio.

Due settimane fa durante una festa ho conosciuto una persona. Mio malgrado. A dirla tutta credo mi abbia teso un agguato. A inizio serata mi ha fatto:

– Ciao, tu sei?
– Gintoki. E tu saresti?
– Sono Clistera. Sono la sorella della festeggiata. Non mi hai vista ieri pomeriggio?
– No
– C’ero anche io
– Ah. No.

Sono simpatico come un sanpietrino.

Trascorsa un’ora o forse sessanta minuti in cui ho parlato a caso con persone a caso, Clistera, che avevo perso di vista, mi si è parata davanti, visibilmente alticcia:

– Senti però te la posso dire una cosa? Questa cosa della barba ha un po’ scocciato, insomma tutta questa moda e le camicie a quadri…cioè insomma dai…

Figurarsi se io possa aver voglia di conoscere qualcuno che esordisce in questo modo.

Figurarsi se io possa aver voglia di conoscere qualcuno in generale, in questo periodo. Mi trovo in una fase di pessimismo comico – non è un refuso, si tratta di una negatività tutta da ridere – in cui penso Ma tanto alla fine tutto ciò a che serve? Ah ah ah.

Clistera però mi ha trascinato in conversazione per svariate buone altre decine di minuti. Si rivelava una persona tutto sommato interessante e arguta. Poi ci siam salutati e pensavo di non rivederla più dato che ha residenza molto ben oltre la Linea Gotica.

Gli amici nei giorni successivi hanno cominciato a punzecchiarmi sostenendo che, in base a dei segnali che avevano colto, avevo fatto colpo. Io ero dubbioso. Non sono mai stato avvezzo a pensar a me stesso come uno che fa colpo. Mi ritengo certo mediamente nella media degli uomini medi come gradevolezza media, ma se mi dicono che faccio colpo rispondo con Chi, io? No forse ti sbagli, non ero io e poi si trattava solo di cene eleganti.

Ho comunque iniziato a riflettere su questa cosa e pensare che tutto sommato se fosse ricapitata mai l’occasione di interagire con costei avrei cercato di capirne un po’ di più.

Quando rifletto tendo sempre a configurarmi diversi scenari – con tanto di trama ed effetti speciali inclusi – in una scala di opzioni che va da Olocausto Nucleare a “Io sono Iron Man”.

Ieri sera ho rivisto Clistera. Scoprendo che da sobria è una persona non affatto così simpatica e piacevole – e a tratti anche noiosa – come da alticcia (e come nei miei scenari). E ha anche detto Io sono astemia. Bevo solo alle feste*.


* Pensavo fosse una presa in giro ma la sorella mi ha confermato che è astemia. A parte le feste, ovviamente.


È come dire Sono vegano, mangio carne solo alle grigliate. Sono juventino, tifo Napoli solo allo stadio. Non mi piace la figa, ci scopo perché c’è.


Quest’ultimo paragone forse è un po’ inesatto e inappropriato e me ne scuso se ho urtato la sensibilità di qualcuno. In realtà, contrariamente a ciò che si crede, agli uomini la figa non piace. Piace solo perché c’è, ma se non esistesse riuscirebbero a immaginarla? E la immaginerebbero a forma di figa come attualmente è? Io non credo. I giapponesi, che non sono stupidi, pixellano infatti le parti intime nei porno proprio per permettere allo spettatore di immaginare come meglio crede e proiettare su quei pixel la propria personale visione e liberarlo dalla schiavitù della figa.


Infatti il Giappone è il paese dove si fa meno sesso al mondo.


Il punto del mio disappunto è però un altro: in base a cosa questa persona potevo ritenere valesse la pena parlarci? Non la conoscevo affatto. L’immagine che ne avevo era una proiezione di una idea astratta che mi ero fatto nei giorni successivi il primo incontro.

Come mi succede con Star Wars. Al cinema io in realtà non vado a vedere Star Wars. Vado a cercare l’idea di quei tre episodi storici (IV, V e VI), che non rivedrò mai più e che a dirla tutta non erano neanche così perfetti.

Ne Il ritorno dello Jedi c’erano gli Ewok. Palle di pelo pulciose che ridicolizzano dei soldati imperiali. Non ci si rende conto appieno di quanto sia ridicola questa cosa perché si vede solo ciò che si vuol vedere.

Allora forse anche i miei ricordi del passato, di un’estate, di un inverno e di un’estate ancora fa con altre persone non sono altro che un vedere solo ciò che si vuol vedere.

Quindi ho deciso che non vedrò mai più Star Wars.

Tranne quando uscirà un nuovo film o quando in tv lo ritrasmetteranno o quando qualcuno mi inviterà a una maratona casalinga di film di Star Wars.