Non è che ti serva il galateo per scegliere un vino perché devi badare all’etichetta

C’è una coppia clandestina che si ferma la sera tra le 19 e le 20 sotto casa mia.

Abito in fondo a una strada chiusa e tranquilla, sempre stata meta di coppiette in cerca di privacy.

I due di adesso son convinto siano amanti clandestini sia per gli orari sia perché arrivano con due auto diverse. Lui con la sua berlina nera, nuova di pacca. Lei con una utilitaria celestina.

La prima sera che li ho visti stavo tornando a casa. Fermo l’auto, sul lato opposto dove si trovavano loro ma di fianco in linea d’aria. Probabilmente devo averli allarmati. Lei è scesa di corsa dall’auto di lui, è salita sulla propria e tutti e due son partiti sgommando.

Poi son ritornati altre sere e ora non fanno più caso a me quando rientro.

Chissà da quanto tempo va avanti la storia. Chissà quanto tempo andrà avanti. Chissà se desiderano fermare il tempo di adesso in un attimo, distillato, di felicità.

C’è una canzone di Jim Croce che si intitola Time in a bottle:

If I could save time in a bottle
The first thing that I’d like to do
Is to save every day till eternity passes away
Just to spend them with you

If I could make days last forever
If words could make wishes come true
I’d save every day like a treasure and then
Again, I would spend them with you

But there never seems to be enough time
To do the things you want to do, once you find them
I’ve looked around enough to know
That you’re the one I want to go through time with

If I had a box just for wishes
And dreams that had never come true
The box would be empty, except for the memory of how
They were answered by you

But there never seems to be enough time
To do the things you want to do, once you find them
I’ve looked around enough to know
That you’re the one I want to go through time with

Ma anche le bottiglie prima o poi finiscono, quindi cosa fai? Le tieni in cantina, in esposizione, per guardarle ogni tanto e darti delle arie con gli ospiti a casa? «Guardate, questo è un Vadàviaelcù del ’78, ottima annata». Tanto oggi ospiti non puoi averne più e per chissà per quant’altro ancora sarà vietato o da evitare. Resti solo tu e la tua etichetta sbiadita e impolverata a ricordarti qualcosa che sarà pure inacidito.

Oppure le svuoti tutte, precipiti in una sbronza di pensieri col rischio di rimanerci sotto?

Uno dei fenomeni più interessanti è l’ubriacatura di momenti mai vissuti. Un fenomeno che si verifica soprattutto, per non dire esclusivamente, con il nostalgismo politico.

Un amico una volta disse: «Il mio partito non esiste più». Quando il “suo” partito si è dissolto lui portava il ciucciotto.

Per non parlare di quelli che vanno ancor più indietro nel tempo. Capisco in vendita esista il vino del camerata, ma credo che la sbornia abbia fatto loro proprio male.

Amenità a parte, alla fine dei conti forse il tempo sta bene come e dove sta. Imbottigliarlo, renderlo prigioniero a nostro uso e consumo toglierebbe un po’ di fascino alle cose. La bellezza di un attimo sta proprio nella sua unicità.

E qualsiasi bottiglia, pur se esclusivissima e a edizione limitata, non potrà mai essere unica.

Chissà se sono astemi o bevitori i due amanti clandestini.

 

Non è che se gli occhi sono gli specchi ecc ti piace averli sempre lucidi

Lacrime.

Ne esistono tre tipologie:

  • Quelle basali, che servono a mantenere gli occhi umettati e puliti;
  • Quelle di riflesso o fisiologiche, che rispondono a irritazioni e aggressioni esterne (es. le cipolle);
  • Quelle emotive.

Poi ci sarebbero le lacrime di coccodrillo, le lacrime e sangue, le lacrime di San Lorenzo e così via, ma la trattazione diverrebbe un po’ lunga quindi atteniamoci a queste tre.


Pensavo che grossomodo fossero tutte uguali. Un po’ di acqua salata che scorre via lungo le guance.

Invece la loro composizione varia a seconda della funzione. Un tizio si è messo a studiarle al microscopio e ha scoperto che sono un po’ come i fiocchi di neve. Ognuna diversa. Ma la conformazione non dipende dalla sua origine: è il contenuto di sostanze a diversificarsi a seconda di cosa ha provocato la lacrima.

Le analisi di laboratorio non riusciranno mai a vedere del tutto cos’è che una persona sta versando dentro una lacrima.

Il suo vissuto, le sue emozioni, i suoi pensieri.

Ho visto persone piangere davanti a me.

Alcune per causa mia.

Alcune volevano farmi credere fosse per causa mia.

Io resto lì, provo a raccoglierle. Mi dispiace che le abbia fatte uscire io. Vorrei metterle da parte e dire Conservale, tienile per occasioni migliori tipo quando si piange di gioia.

Magari bisognerebbe creare le condizioni per regalare una gioia.

Aforisma:
Bobby Solo che male accompagnato.

Non è che serva un barbiere per darci un taglio

Oggi mi sono tagliato con il rasoio mentre ascoltavo un podcast di Alessandro Barbero. Spiegava che al tempo di Dante l’appellativo di “messere” non era appannaggio di tutti, mentre imboccavo la galleria a 90 km/h cercando di evitare la coda per salire a fare un attimo una sosta in bagno dopo il viaggio (che è sembrato breve). Ho fatto in tempo per la festa nel bosco di ieri, visto che ho dato un orario preciso mentre mi parcheggiavo sotto la tovaglia del picnic della festa perché stava piovendo, bisogna smontare la brace subito – ho detto mentre ripulivo le scarpe dal fango e stavo a letto a leggere prima di svegliarmi ché è ora di andare.

Oggi mi sono tagliato con il rasoio mentre mi guardavo allo specchio pensando di dover ripulire un po’ il collo sotto la barba, ma non mi sono accorto che mentre mi insaponavo mi ero già ripulito e il puntino rosso si era anche fermato dal gocciolare sangue che stava uscendo copioso dal gomito per colpa della rete arrugginita, fortuna che sono vaccinato contro il tetano da quella volta che mi stavo vaccinando contro il tetano.

Oggi mi sono tagliato con il rasoio e direi è ora di cambiare lama ma l’avevo già cambiata mentre lo dicevo. Forse potevo riprovare a radermi ma nel 2013 non rasavo né rifinivo nulla intorno la barba e difatti non ho più lamette in casa per questa scelta e sono uscito a comprarle a Budapest, ma in aereo non va la carta ma per fortuna qui in Islanda mi sono portato degli yen che ho cambiato dopo una lunga fila per parlare con la farmacista che era accanto allo stand dei preservativi.

È successo più o meno una decina di anni fa che il contropelo stamattina mi ha dato problemi, nel 2010 comprai subito una crema emolliente ma ieri è già finita, è pazzesco come passa il tempo quando ti sei tagliato.

Oggi mi sono tagliato con il rasoio, stavo tamponando il puntino rosso e la professoressa mi ha richiamato che facevo troppo chiasso. Stavo provando a giustificarmi che non era colpa mia ma in strada c’ero solo io in bici e per di più procedevo in modo spericolato, era inevitabile che rischiassi di affogare in piscina perché mi ero messo paura dopo un volo dal divano: a 3 anni è pericoloso – ha detto la ginecologa a mia madre congratulandosi per l’ottimo stato di salute mio nella pancia.

Oggi mi sono tagliato con il rasoio e non mi ricordo come sono arrivato sin qui oggi a scrivere che

Non è che senza sedia non puoi fare una seduta di terapia

Stanotte ho sognato che avevo una psicologa nella mia stanza. Ed era tutto normale: io entravo nella stanza e lei era lì ad aspettarmi.

L’altra cosa assurda è che il suo nome era Metodica. Non è che me l’abbia detto, ma io sapevo si chiamasse così: le classiche convinzioni da sogno. Un po’ strano (mi dicevo) ma in fondo è il suo nome e non sono fatti miei (sempre mi dicevo nel sogno per autoconvincermi).

Stamattina, ripensandoci da sveglio, riflettevo sarebbe interessante avere una psicologa immaginaria cui chiedere pareri. Poi ho pensato che esiste già Vita con Lloyd e non sarebbe stata un’idea originale, quanto una scialba imitazione.

Ho chiesto a Metodica cosa ne pensasse di ciò.
Un po’ risentita, mi ha detto che lei non è un maggiordomo.
E poi mi ha chiesto 60€ per la consulenza.

Non è che il ferramenta s’interroghi sulla vite degli altri

C’è una poesia di Borges contenuta ne L’oro delle tigri – che conosco solo nella versione spagnola, non riesco a trovarla in italiano (online, s’intende, in cartaceo credo l’abbia pubblicato Adeplhi) – che inizia più o meno così:

Dove sarà la mia vita
quella che sarebbe potuta essere
e non è stata

Il tema dei propri diversi sé stessi e di cosa sarebbero potuti essere mi ha sempre affascinato e dato da pensare. E mi chiedo spesso dove saranno e cosa staranno facendo questi altri me stesso che ho lasciato indietro e da qualche parte stanno vivendo altre vite.

D’altro canto io stesso sento che in me hanno vissuto diverse vite e mi chiedo se sia sempre io o, nel momento in cui un’esperienza ha cessato di essere e ne è iniziata un’altra, io sia diventato un altro. E quindi io sono io solo qui, in questo preciso istante, mentre ciò che mi lascio dietro è una sequenza di cloni che non coincidono più con me e che prendono altre strade.

Ci ripensavo in questi giorni. Accantonate le Feste, questo 2020 si apre, come sapevo e messo in preventivo da tempo, con me che devo cercare – in vista dei termini di scadenza di entrambi – un nuovo lavoro e una nuova casa.

Un’altra vita, un altro ambiente, un altro soffitto sconosciuto da familiarizzare. Un nuovo me stesso, un me stesso nuovo.

Quando ci penso a tutti questi cambiamenti sinora affrontati a volte mi smarrisco. Non è che io possa vantare chissà quante e varie esperienze o chissà quale vita da globetrotter, chiariamo; sta di fatto che a volte mi fermo e mi sembra di aver fatto tanto e niente allo stesso tempo, di conoscere e di non conoscere, di essere qualcosa ed essere zero. Vorrei fermarmi e assumere una forma definita.

Poi c’era Bruce Lee che diceva non prendere un’unica forma, sii l’acqua, che in una teiera diventa teiera, in una bottiglia diventa bottiglia, in una tazza diventa tazza.

Sì. Ma se poi la tazza è quella del water?

Non è che la tua lettera sia un’ospite non gradita perché è imbucata

Caro Babbo Natale,

sarà dagli anni ’90 che non ti scrivo. Da quella volta che in quel centro commerciale mi dicesti Mandami una Letterina! – indicando degli schermi tv con dei culi ballanti in un programma di Gerry Scotti – facendo una grassa risata che non era il tuo Oh Oh Oh ma più un Ahr Ahr Ahr come Pietro Gambadilegno. A ripensarci credo non fossi comunque tu ma un tuo scalcagnato imitatore.

In ogni caso, non ti ho più scritto non per raggiunti limiti di età ma perché tutto sommato adesso possiamo dircelo con tutta franchezza: TU NON ESISTI.

Solo che poi in tutti questi anni tante cose che uno diceva No, impossibile, c’è un limite poi si sono concretizzate.

E quindi mi son detto: vuoi vedere mai che gira e rigira si scopre che esisti pure tu? In tal caso, come prova della tua esistenza ti chiedi di portarmi sotto l’albero:

  • Un castello per aria: così potrei smettere di farne io, avendone già uno pronto.
  • Una carta di “credilo”. Tutte le volte che mi sento a torto messo in dubbio o quando ho bisogno di un po’ di autorevolezza, un po’ di “credilo” farebbe comodo. Prometto di usarla con parsimonia e per giusta causa e di non abusare del “credilo” per smerciare bugie e falsità.
  • Un orologio che funzioni col-pendolo. Cioè che per ricaricarlo devi prenderlo a pugni o calci. Un utile promemoria per ricordare la sveglia e per scaricare lo stress.
  • Delle tende da sòle: per ripararmici quando mi tirano fregature.
  • Un cappello introduttivo. Un copricapo utile per presentarmi e farmi da preambolo.
  • Una sedia a gongolo: una sedia che ondeggia dando soddisfazione e compiacimento.
  • Un acquario pieno di carpe-diem per essere sempre pronti a godersi l’oggi.

Sono un po’ di cose ma è per gli arretrati di tutti gli anni in cui non ci siamo sentiti.

Se non esisti non potrai portarmi nulla di tutto ciò, ma non preoccuparti. Fa niente e amici come prima. Facciamo che anche quest’anno mi faccio da solo un regalo che può tornare utile a chi mi sta vicino: cercare di essere una persona migliore rispetto all’anno precedente.

Non è che gli infermieri si lavino con l’Anitra WC perché sono dei sanitari

Esco dal bagno che affaccia proprio sulla zona dei distributori. Un collega sta parlando con una nuova arrivata. Io non mi ero ancora presentato con lei e allora, cordiale, esordisco con un “Ah tu sei…scusami non mi ero ancora presentato…Sono Gintoki”. E le porgo la mano.

Mentre gliela sto porgendo mi rendo conto che sono appena uscito dal bagno (avevo ovviamente lavato le mani) ma ormai è troppo tardi per tirarmi indietro e, inoltre, mi chiedevo cosa sarebbe stato meglio: presentarsi senza porgere la mano, sembrando freddo, oppure farlo lo stesso nonostante stessi appena uscendo dal bagno?

Io ho un’idiosincrasia verso chi porge le mani o tocca gli altri appena uscito dal bagno, seppur le suddette sono state lavate per bene.


Sul fatto che le persone le lavino per bene ho però i miei dubbi.


Il mio dubbio però è: dopo quanto tempo cade in prescrizione il fatto che quelle mani hanno toccato sanitari e parti intime? Quando una mano può dirsi effettivamente ripulita dall’idea di aver frequentato il bagno e può passare a toccare gli altri?

Non ne sono venuto a capo.

Forse prima di venire a contatto con gli altri bisognerebbe toccare qualcos’altro, un oggetto ad esempio, per “riverginare” la mano.

Ciò però comporta un altro dubbio: che in giro ci siano oggetti che, per trasferimento (bagno->mano->oggetto), sono quindi venuti a contatto con le parti intime delle persone. E se moltiplichiamo su larga tutto questo, dobbiamo dedurre che la realtà che ci circonda è stata tutta, indirettamente, a contatto con i bagni e i genitali altrui!

Non è che non bevi perché hai paura che alzando il gomito ti si veda l’ascella pezzata

Ho ballato a un matrimonio su delle note swing. Speravo si animasse un po’ l’ambiente, perché i presenti sembravano troppo ingessati. Lo sposo anche era parecchio ingessato. E non era vestito in gessato. Era anche pericolosamente sobrio. Non ho molta esperienza di giornate di nozze, ma uno sposo che arriva sobrio alla fine della giornata credo sia un insulto all’istituto del matrimonio.

Ho provato a rimediare riempiendogli il bicchiere. Tutti dovrebbero avere qualcuno che gli riempie il bicchiere quando è necessario. La sposa mi ha guardato male e non l’ho rifatto. Nessuno dovrebbe essere guardato male se è animato da buone intenzioni.

Magari anche chi guarda male non lo fa con cattive intenzioni. Guarda male perché quella è la realtà che gli propongono le lenti che ha davanti agli occhi e pensa di fare cose giuste.

Per esempio, per chiarirci con un esempio banale, a casa loro i miei hanno cambiato la porta d’ingresso. Da una in ferro modello persiana sono passati a un’altra, sempre in ferro, ma monoblocco. Montata al contrario: cioè, si apre sempre verso l’esterno ma adesso dall’altro lato. A loro sembrava la scelta giusta. Poi, una volta montata, si sono resi conto che l’apertura è sempre a favore di vento perché sul balcone spira sempre dalla stessa direzione. Quindi ora a casa c’è una bella vela di ferro. Quando si deve entrare con la spesa in mano bisogna essere lesti a bloccarla col piede prima che il vento te la porti in faccia o la schianti contro il muro.

Mi sono spesso interrogato sulla distinzione tra realtà oggettiva e soggettiva. Non è un esercizio utile. Adesso quando penso una cosa vivo nel dubbio se sia una cosa oggettivamente valida o meno.

Quando ero bambino era tutto più semplice perché ogni cosa era un segreto da scoprire. Adesso vorrei che certe cose che ho scoperto tornassero segrete.

Ad esempio non avrei voluto sapere che il mio amico neanche al matrimonio si è tolto lo sfizio di ubriacarsi!

Non è che per il farmacista gli Oki siano lo specchio dell’anima

Non ho mai capito quelli che partono per trovare sé stessi.

Io farei un viaggio per non ritrovarmi più. Mi lascerei un biglietto di commiato con l’invito a non cercarmi. Sto bene, non ti preoccupare, ho soldi, telefono e medicinali, e poi non mi farei sentire più da me.

La fuga andrebbe preparata con attenzione perché non vorrei scoprirmi e dovermi poi esibire in imbarazzanti spiegazioni davanti allo specchio con cose di sensi di colpa e vergogne.

La meta ancora non la so ma anche se la conoscessi non la scriverei qui per paura poi di passare a rileggermi.

È un passo importante, ci vuol coraggio. Ma ci vuol anche coraggio a restare. L’importante è fare una scelta coraggiosa, qualunque essa sia. Coi ragazzi, a scuola, a volte concludevo dicendo «Sceglietevi una battaglia» (e mi devo sempre fermare dal partire con Scegliete la vita. Scegliete un maxitelevisore del cazzo; scegliete lavatrici, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici). E quando sarebbe arrivato – perché arriverà prima o poi – qualcuno a dire «Ma perché non fate questo? Perché non prima…?» invitavo a rispondergli «Perché, tu che fai, a parte criticare?».

La cosa peggiore, a mio avviso, è l’ignavia. È il non far niente. Il non-scegliere. Il Limbo. Non quello che si faceva alle feste, che mi chiedo se qualcuno pratichi ancora. Di certo non alle feste dove vado io perché dopo i 30 anni certi movimenti si fanno pericolosi.

Un po’ tutto comincia a essere pericoloso dopo i 30. A cene o a feste non si va senza portarsi dietro il trio OMG. Che non sta per Oh My God ma per Oki, Maalox e Gaviscon. C’è gente che si defila non più per scambiarsi il fumo ma bustine di medicinali.

Per non parlare dei mal di testa il giorno dopo e quella sensazione di chiodi nelle tempie soltanto per aver bevuto un bicchiere di troppo.

Con queste premesse e cose di precarietà fisica e disagio di stomaco ci vuol proprio tanto coraggio a scegliere di fuggirsi dopo i 30.

Non è ascolti barzellette durante il prelievo perché il riso fa buon sangue

Negli ultimi giorni mi sono fatto delle analisi perché sospettavano avessi un’appendicite (SPOILER: non ce l’ho). È un po’ inusuale e buffo farsela venire da adulti ma è la conferma di quanto io sia giovane dentro. Il giorno che esteriormente mi vedrò vecchio mi rivolterò il dentro in fuori come con una vecchia giacca.

Durante il prelievo per l’emocromo sono svenuto. Mai successo in vita mia. Né ai prelievi, né quando da ragazzino mi ruppi il braccio e l’ortopedico mi rimise in sede l’osso. C’è sempre una prima volta.

L’infermiere infila l’ago, apre la farfalla, il sangue scorre nel tubicino ma non entra nella provetta. Toglie l’ago, lo rimette, scuote il tubicino. Niente, la provetta resta vuota. Muove. Idem come sopra.

«Fa’ niente, facciamo coi vecchi metodi» e tira fuori la siringa tradizionale.

Infila nell’altro braccio la siringa, comincia a tirare, il sangue fluisce e…e poi mi sveglio a terra con l’infermiere che sta tentando di rubarmi le scarpe. Lo guardo malissimo.

«Non si ricorda…» esclama.

Poi realizzo di esser svenuto e che mi stava tirando su le gambe.

In effetti non ricordo cosa sia successo. Mentre ero privo di sensi, però, ricordo di aver sognato. O forse erano delle visioni, non so. Fatto sta che ho visto delle cose.

Ho guardato un telegiornale del 2030. I titoli erano questi:

– Il Presidente della Repubblica Casaleggio Jr ha firmato il decreto che istituisce la pranoterapia di occupazione: inoccupati e disoccupati troveranno lavoro grazie alla semplice imposizione delle mani nei Centri per l’Impiego Mago Otelma. La leader di Bomberismo e Libertà, Diletta Leotta, critica verso il provvedimento, annuncia per domani uno sciopero Instagram dalle 17 alle 17:10.
– Berlusconi pronto a una nuova discesa in campo a 94 anni «Per il bene del Paese», ha dichiarato dopo una barzelletta spinta. L’ISIS rivendica.
– Dramma della gelosia nel Quadriveneto Indipendente: uomo uccide a pugni e calci la propria amante straniera e la moglie tenta il suicidio per la disperazione. «Una volta picchiava sempre me per prima», ha detto in lacrime prima di gettarsi da un marciapiede. Dura condanna dal Ministro per la Famiglia Jerry Calà. Matteo Salvini ha mostrato la diretta del suo intervento di bendaggio gastrico commentando con «Prima le italiane» e poi ha ingerito il suo ultimo Mac Burger.
– Scoperto un nuovo vaccino contro l’Alzheimer. Sconcerto nel Consiglio Superiore di Sanità: «Pensavamo di aver debellato la piaga dei vaccini». L’ISIS ha rivendicato.
– Arriva dal Giappone la nuova pericolosa tendenza virale che non piace ai genitori: adolescenti si filmano in streaming mentre si amputano il pene. Commenteremo con un esperto dell’ISIS in studio.
– Vasco Rossi annuncia un nuovo tour e prepara delle novità: proverà a utilizzare altre vocali. L’ISIS ha rivendicato.
– In arrivo nei cinema Rocky X-Funerale di un vecchio campione. I critici commentano «Un finale imprevedibile». Non ci sono al momento dichiarazioni dell’ISIS.
– Sport: la Juventus festeggia con 5 mesi di anticipo il 46° scudetto, il 19° consecutivo. L’ISIS giura di non averci a che fare.

Poi non ricordo altro. Non so se il mio fosse solo un delirio onirico, la percezione che ho avuto è che questa visione fosse esterna a me, come se qualcuno volesse comunicarmi qualcosa. Ma non voglio autoconvincermi, quindi lascio ai lettori ogni giudizio.

Non è che l’amante dei cani metta nel presepe pure un pastore tedesco

Sono passato davanti a un negozio che vende articoli da cartoleria, strumenti per hobby come il decoupage e la pittura, decorazioni e amenità varie. Le vetrine sono state abbellite per le festività. In bella mostra al centro c’è un presepe. Vi ho dato uno sguardo di sfuggita passandovi davanti. Qualcosa ha colto la mia attenzione e mi sono fermato a osservare meglio.

Il presepe è di quelli classici napoletani. Case che si innestano le une sulle altre, vita varia che si snoda tra gli anfratti, tra un pizzaiolo che inforna e una donna che si affaccia al balcone e che sembra Sophia Loren.

Al centro non c’è la Natività: a essa è affidata un anfratto in un angolo. Le linee di convergenza della struttura presepiale conducono invece verso una scalinata. Sui gradini è seduta una ragazzina. Bionda, una lunga veste rosa. Le ginocchia ravvicinate al petto, le braccia appoggiate sopra le rotule. Lo sguardo è triste e fissa un punto nel vuoto, in basso.

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Il vetro e le luci della vetrina purtroppo non hanno consentito una testimonianza fotografica migliore

È lei ad aver attirato la mia attenzione: cosa ci fa lì in mezzo? Perché nel contesto del clima festoso lei è triste? Perché è giusto lì al centro? Qualcuno vuole comunicarci qualcosa?

Perplesso, ho provato a chiederlo direttamente all’interessata:

– Oh!
– …
– …ciao?
– Ah allora sai salutare. O in genere dici “oh” alla gente che incontri?
– …Scusami…Senti, va tutto bene?
– Alla grande! Non vedi come me la spasso? Il tizio delle capre laggiù ha appena finito di raccontarmi, per la centesima volta, la barzelletta di quello che chiede al pastore se è Lucano e lui risponde No io so lu pastore, lui è lu cano!. Da sganasciarsi, eh?
– …Va be’. Senti, ho visto che sei triste.
– Wow, a te non sfugge niente. Come ti chiami? Occhio di Falco? Di’ la verità, sei un X-Men in incognito?
– Tecnicamente Occhio di Falco era affiliato ai Vendicatori e il suo potere non era cogliere i dettagli ma la mira che lo rendeva un incredibile arciere…
– Senti, che vuoi? Mi lasci deprimere in pace sì o no?
– Va be’, scusa. È che la gente passa vede il presepe e tira dritto. Io invece ho notato che al centro di questo quadretto che sembra felice c’eri tu triste e sola e mi chiedevo il perché…Niente, ero curioso. Comunque io sono Gintoki.
– Piacere, sono Orfana.
– Ah, mi spiace. Ma come ti chiami?
– Orfana, te l’ho detto.
– Non capisco.
– Ooooh, ma sei un ciuoto allora! Così come c’è Madonna, Sangiuseppe, Bambinello, ci siamo tutti quanti noialtri: Caldarrostaio, Pastore, Zampognaro, eccetera. Ci chiamiamo coi nostri ruoli. Io sono Orfana, la figlia di Nessuno. Nessuno è un altro personaggio che però non c’è mai.
– Ah, quindi siete tutti dei figuranti?
– Essì, che t’aspettavi che nel presepe ci fossero personaggi veri? Scusa, ma se tu vai a vedere Star Wars per caso credi che Chewbecca sia davvero un cane peloso bipede alto due metri? O che esistano davvero i draghi del Trono di Spade? Ma che vivi nelle favole? Son figure di fantasia. Piglia quella che fa Madonna: quando stacca qui va a fare il turno in un call center. Siamo quasi tutti al doppio impiego per arrotondare.
– Pure il pizzaiolo? Scusa, volevo dire Pizzaiolo.
– No lui c’ha davvero una pizzeria. Ma lascialo stare, si è rotto le palle. Una volta fare la pizza era semplice, era una roba da poveri. Oggi con ‘sta mania di fare gli chef e gli esperti di alta cucina pure alla pizza cagano la minchia. Adesso se non ti inventi le pizze speciali con la granella di pistacchio di ‘ndocazzoviene, il lardo della maiala di tua suocera e l’ombra di cipolla di Ascellasudata sul Minchia non vali niente. Oh, certo che avete un palato fino per rompere i coglioni, guarda…
– Tu invece vedo che hai una proprietà di linguaggio oxfordiana. E una cosa non mi torna: tu sei una bambina. Com’è che lavori?
– Ma quale bambina, io ho 30 anni! È che m’hanno truccata peggio di Barbara d’Urso e sembro appena uscita dalle elementari. Pensa invece che ho due lauree e un master e son qui a fare la figurina. Che figurina di merda! Ah, scusami, ho detto merda: il mio linguaggio ti offende? Cos’è, solo perché sono donna non mi è concesso essere volgare?
– Per quanto mi riguarda puoi pure dire l’alfabeto ruttando.
– Una volta sono arrivata fino alla G. Poi quando ho detto l’H ho rigettato sul tavolo. Avevo bevuto troppo.
– Interessante.
– Già. No, comunque devi sapere che il CCCP (Codice di Condotta Corretto Presepe) vieta l’uso di bambini. Una volta c’erano, adesso è considerato sfruttamento.
– Pure il bambinello è un adulto? Pardon, Bambinello.
– No, lui è un Cicciobello. Sai com’è, gli sponsor. Comunque ‘sta roba del Codice di Condotta ha un po’ rovinato il mercato. Cioè, una volta prendevi i bambini pure per fare qualche ruolo adulto, magari gli mettevi una barba finta, davi loro due lire e stavi a posto. C’era più trippa per gli attori adulti. Trippa in senso figurato, eh, chiarisco visto che non mi sembri sveglio.
– Avevo capito. E quindi?
– E quindi adesso devi prendere dei maggiorenni e ti tocca pagarli e quindi ora c’è meno da mangiare per tutti, poi se soprattutto se sei l’ultimo arrivato ti danno lo stage, i voucher, il Co.Co.Dé…
– Il Co.Co.Co. vuoi dire?
– No no proprio Co.Co.Dé: ti mettono al reparto recinto animali, galline, tacchini e se hai sfiga anche maiali. Immagina tutto il giorno in mezzo a questi esseri che cagano e puzzano. Amo gli animali e potrei anche essere vegana se eliminassi pesce e carne dalla mia dieta, però puzzano.
– Oddio che lavoraccio…
– Eh. Per carità, non sto dicendo che era meglio quando sfruttavano i minori, anzi: dico solo che in un modo o nell’altro devono sempre trovare il modo di sfruttare qualcuno. E alla fine noi ci riduciamo a farci la guerra tra poveri. L’altro giorno ho detto a Pescivendolo che dovremmo ribellarci e lui m’ha tirato una cernia dietro dicendomi di non parlare di queste cose, che a lui mancano solo 20 Presepi alla pensione e non vuole rovinarsi. La pensione, capisci? Ma quando cazzo mai la vedrò io, invece?
– Non dirlo a me…
– No però non cominciare a raccontarmi i tuoi guai. Guarda, sembri un bravo ragazzo, ma oggi proprio no. Ho pure i piedi gelati perché ‘sta cacchio di Orfana ovviamente è povera e non ha i soldi per un paio di sandali. Ho solo questa veste e un paio di mutande sotto, capisci? Ho chiesto almeno un paio di calze, di quelle che non si vedono. Niente. Secondo il regista è “Per realismo”. Mi fa: “Ma ti pare che 2000 anni fa mettessero le calze? Gli unici 30 denari che conoscevano erano quelli di Giuda, ah ah ah. A noi ci piace il realismo”. E mentre diceva quest’ultima cosa mi ha strofinato l’interno coscia con la mano. E ho dovuto pure impuntarmi per tenere le mutande. Secondo lui le orfanelle dell’anno 0 non le avevano.
– Secondo me questa è molestia.
– Noo, se vai a dirlo in giro sei una pazza mitomane che c’ha lei il sesso in testa perché affamata di mazza e quindi vede il marcio dappertutto. Oh certo che voi maschi (e pure qualche donna) come rigirate la frittata quando si tratta di sessismo, guarda…Lasciamo stare. Senti, a proposito di mazza, quand’è che te la levi dal sedere? Mi sembri tutto rigido.
– Oh?!
– Scherzavo, né. Mammamia e come prendi tutto sul serio. Dovresti scioglierti un po’. Oppure ti alleni a fare il pastore da presepe?
– Divertente. Senti, ma da dove vieni? Hai delle inflessioni regionali varie.
– Eh è perché siamo sempre in tournée. Mai un Natale nello stesso posto. Alla fine parlo come capita.
– Ho capito. Senti, non dirmi niente ma ora devo andare…ti disturba se ripasso a trovarti?
– Oh sì, guarda, mi dai proprio tanto fastidio. Una fa tanto per starsene tutto il giorno a rompersi i coglioni da sola e poi arrivano a distrarla. Che tempi.
– Ho capito. Ho capito che con te debbo evitare la retorica.
– Allora non sei così addormentato…Testina, passa quando vuoi!

Che incontro strano. Che conversazione assurda!

Non è che internet sia un posto fantasy solo perché ci sono i troll

Italia, A.D. a caso. Discorso di insediamento di un nuovo Presidente (della Repubblica, del Consiglio…fate voi):

– Sarò il Presidente di tutti gli…

Teste che annuiscono compiaciute. Conoscono già il discorso che un team di macachi ha battuto sotto dettatura. Di un macaco.

– …tutti gli…Australiani!

Sguardi di perplessità nell’assemblea.

– Ah Ah ve l’ho fatta.

Ecco, sarebbe bello che nei momenti formali, nelle situazioni in cui occorre esser rigidi e compassati e seri si potesse inserire, senza conseguenze, un elemento di pazzia, un guizzo di stravaganza, una trollata, come dicevamo noi giovani nell’era delle chat e dei forum.

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Al docente universitario alle prese col 50esimo studente di fila che gli recita a memoria il capitolo 4 del trattato “Storia del calcestruzzo armato comparato”, invece di far cadere la propria mascella sulla mano che la sostiene, abbattuto, aspettando che venga presto la fine della giornata, potrebbe esser concesso di saltar sul tavolo ed esercitarsi nel tip-tap.

A un colloquio di lavoro – ultimamente sembro monotematico ma è un po’ il tema del periodo – per stemperare la tensione e ammazzare l’ansia vorrei, senza che fosse considerato osceno oppure offensivo, calarmi i pantaloni e poggiar sulla scrivania – di vetro, lasciando l’impronta – quel che è ben intuibile.

E perché non far una pernacchia, uno sberleffo, lo scherzo del Eh? Cosa?….Puppa!…al proprio autorevole interlocutore?

Così, de botto, senza senso.

Penso che risparmieremmo tanti interventi di psicanalisi, ricorsi a coadiuvanti dell’umore, corsi di yoga acrobatico e altri scacciapensieri artificiosi se ci fosse concesso di viver qualche gettata di follia amichevole e non perniciosa per scaricarci.

Poi mi connetto al mondo e sento parlare persone. Persone che influiscono sulle vite degli altri. E sento tante di quelle cazzate esponenziali che mi rendo conto che già c’è troppa follia in giro e che allora vorrei trasformarmi nella Signorina Rottermeier e raddrizzar schiene a suon di scudiscio.

Folle, no?