Brutte Strisce #16

Alzi la mano chi non ha mai avuto problemi  di matematica!

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Questa striscia è un po’ autobiografica. Ricordo quando mi trovai male a un corso di analisi, avevo raggiunto il limite! L’ansia che ne era derivata mi aveva fatto partire per la tangente. Da lì iniziò una parabola discendente, e non è un’iperbole questa! E fui anche frainteso quando durante un compito chiesi a una tizia di mostrarmi il seno!

Non è che un vestito verosimile non sia aderente alla realtà

Sono venuto a conoscenza che questa settimana una giornalista del Tg2, Manuela Moreno, ha fatto molto parlare di sé per essersi presentata in onda con un vestito definito, di volta in volta, aderente, audace, sexy, super sexy. I commenti sugli a-social network da parte dell’utenza sempre attenta ai problemi mondiali si sono sprecati. La stampa, sempre attenta a un’utenza attenta ai problemi del mondo è stata attenta a sottolinearlo.

Sono andato quindi a cercare una testimonianza video:

Sono rimasto in effetti sconvolto: la conduttrice ha un seno!
Nessuno gliel’ha mai detto? Se ne va in giro così? Si è fatta vedere da un medico? Il Governo che fa, dorme o ruba i risparmi agli onesti evasori?

Proporrei un’interrogazione parlamentare su queste donne dotate di seno che se ne vanno in giro così, con abiti stretti. E ai bambini chi ci pensa?

Quando la mia furia censoria si è placata, mi sono poi reso conto di predicare bene e razzolare male.

Io ho nell’armadio un jeans nero, con degli strappi, molto attillato. Lo metto ai concerti, perché mi piace sentirmi giuovine in mezzo ai giuovini e perché poi le grida di entusiasmo vengono meglio se ci si strizza laggiù.

E proprio qui sorge il mio dubbio. Con quel jeans indosso, a un occhio attento, molto attento e con dieci decimi, può non sfuggire che io sia un essere umano di sesso maschile.

La gente potrebbe commentare.
Guarda quello lì, ha un pene. Non si vergogna? Se ne va in giro portandolo a spasso?

Non voglio che la gente mi commenti il pene. Ho già dei dubbi di mio.
Vero è che nessuna donna con cui ho avuto a che fare mi ha mai fatto dei commenti. Ma io ho sempre frequentato donne educate. E se non avessero fatto commenti sul mio pene soltanto per educazione?

Sto quindi pensando, per evitare futuri imbarazzi, di farmelo asportare.

E consiglierei la stessa cosa alla signora giornalista. Si faccia asportare le tette, magari si fa impiantare degli agganci per poterle togliere e rimettere. A casa indossi tutte le tette che vuole, anche 3 come l’aliena nella locanda di Atto di Forza, ma in tv si presenti senza perché il pubblico non vuole sapere che le donne hanno le tette, oppure vuole saperlo ma soltanto a richiesta.


In Atto di forza, al di là delle tette, la cosa che più mi turbò la prima volta che lo vidi fu la frase, arrogante e minacciosa, che dicono a Schwarzenegger: Hanno cancellato la tua identità e te ne hanno innestato un’altra.

L’ho sempre trovata inquietante. E se qualcuno facesse lo stesso su di me? E se l’avessero già fatto e la mia esistenza fosse una farsa?


Le domeniche di agosto quanta neve che cadrà

Dopo aver assistito al concerto dei Verdena domenica sera mi sono soffermato a pensare su quanti no sense, significati criptici o altre cose oscure ci siano nei testi delle canzoni. I Verdena in questo dominano, anche se va detto (e il buon Alberto Ferrari l’ha precisato più volte) che i loro testi non hanno un vero significato oppure ce l’hanno ma ognuno ci può vedere quello che gli pare. Inoltre, lui scrive le canzoni pensando alla melodia, poi ci canticchia sopra qualcosa in inglese che si adatti bene e infine crea un testo italiano.

Ciò non toglie che in questa breve carrellata di assurdità io voglia metterceli. Ho escluso di citare Vasco Brondi perché lì sennò non si finisce più.

La passione per la geologia di Alberto Ferrari mi è ormai nota:
– In 40 secondi di niente (Il suicidio dei samurai, 2004), dice che settembre ci porterà via con se e come una roccia che pende avremo le stesse pretese, addosso a me e te/ poi ritorna l’alba che vibra è solo che sei in me come una roccia

Io non so una roccia che pende quali pretese abbia, forse quella di vincere la forza di gravità, magari, e di non cadere più. Poi essere dentro qualcuno come una roccia non mi sembra una frase carina, è un modo per dire “sei un peso sullo stomaco”?

– In Trovami un modo semplice per uscirne (Requiem, 2007) invece canta Il paradiso è lei e non ho più rocce leggere ormai. Immagino parli della pietra pomice, è l’unica roccia leggera che mi viene in mente possa esistere. E il non averla è un problema se vuoi farti gli strappi nei jeans.

– Infine, nella recente Un po’ esageri (Endkadenz vol. 1, 2015) dà un utile avvertimento: Stai sulle rocce/Ti ferirai. Probabilmente qui siamo in riva al mare, sugli scogli. Si sa che son scivolosi e quindi può essere molto pericoloso camminarci su.

Sorvolerei poi sulla passione per il colore blu che ricorre in più canzoni, vorrei citarne solo una: Ultranoia (Verdena, 1999), in cui canta Tu seno blu, credo qui siamo in presenza di un caso di ipossia o di ipotermia, insomma la ragazza è cianotica. Altrimenti, avevo ipotizzato un’altra spiegazione e per questo ricorro ai Marlene Kuntz.

In Overflash (da Il vile, 1996), il buon Godano a un certo punto grida Voglio una figa blu.

Mi sono interrogato per anni su cosa volesse dire, finché poi non ho visto al cinema quella immane cagata del film Avatar. Lì ho capito tutto. E se i blu abitanti del pianeta Pandora esistessero davvero e qualcuno ne fosse a conoscenza prima ancora della versione cinematografica? Insomma, può essere un caso che due cantanti parlino di tette e patonze blu?

Tornando a parlar di blu, ancora mi chiedo cosa fossero i lampi di blu citati nella sigla di Jeeg robot d’acciaio. Sirene della polizia forse? Il nostro eroe doveva correre perché inseguito dalla madama?

Infine, di blu era anche il fiocco di Lady Oscar, come cantato dalla sigla del cartone animato. Ciò che non mi è chiaro è un passaggio nel testo: tre briganti con spada e con lancia: agguato a sua Maestà/Lady Oscar si è proprio nascosta nella grande stanza del re/ con scatto felino ed abile mossa colpirà tutti e tre!
Ora, io non voglio malignare, anzi faccio i complimenti alla spadaccina per aver fatto fuori i tre briganti. Ma che ci faceva nascosta nella stanza del re? Anzi, “proprio nascosta” (e perché mai proprio?)?

Tornando alle band, ripensavo a Ballata per la mia piccola iena (Ballate per piccole iene, 2005) degli Afterhours. Bellissima canzone, con un testo che mi colpisce molto. Ma ogni volta che la riascolto e arriva al punto in cui Manuel Agnelli grida Aiutami a trovare qualcosa di pulito a me viene da ridere, perché immagino la scena di uno che ha fretta di vestirsi  e apre i cassetti in cerca di vestiti, perché son tutti o a lavare o nel cesto dei panni sporchi. Aiutami! C’è un paio di calzini puliti in questa casa?!

Un cantautore che un tempo seguivo molto (e del quale ho assistito a un concerto) era Moltheni (oggi Umberto Maria Giardini): ricordo che In porpora cantava a un certo punto  Grazia e lealtà marcite che produrrò. Qualsiasi tentativo da parte mia di trovarne un senso mi sfuggiva. La marcita è un tipo di campo coltivato, va bene. Ma quale è il collegamento semantico e sintattico con grazia e lealtà?!

Sono ben accetti contributi ulteriori: però non sparate sulle croci rosse, tipo Gigi d’Alessio (che ho comunque citato nel titolo) perché è troppo facile.

E cercherò la mia strada su Google Map

Attuale Lavoro in termini di mansioni si potrebbe dire un piccolo passo in avanti rispetto a Vecchio Lavoro. In termini di ore però lavoro di più, con una retribuzione molto molto molto molto inferiore. There’s something wrong, here.
Eh, te piacess! Vaije truvann a votta chiena e a mugliera ‘mbriaca!

Silence, please.
Di questi tempi, con una disoccupazione tra gli under 30 a livelli da post apocalisse, è solo una fortuna mettere le terga su una sedia, ne son conscio.
E per me conta in modo marginale quanto paghino. È solo che sento che in nome di una piccola sicurezza io non segua una mia strada.

E quale sarebbe la tua strada?
Non lo so.
Tutti hanno una strada, una statale, un vicolo, un sentiero.
Puttanate. Non è che nasciamo con un cammino già tracciato.

Certo, se sei come Elettra (nome di fantasia) che il papà c’ha la fabbrichetta che è un porto sicuro, diciamo non dico la strada ma le indicazioni tracciate già ci sono. Quest’anno Elettra si è laureata, 9 anni per una triennale. E non in medicina o ingegneria. Apro una parentesi, mi preme rimarcare una cosa che ho sempre detto a tutti i miei colleghi universitari: il tempo impiegato per completare l’università non vale una beneamata cippetta. Non è una gara né una corsa contro il tempo. E chi impiega 3 anni non è migliore o più intelligente di chi ne impiega di più. Senza contare che ci possono essere attività, occupazioni o problemi che possono dilatare la tempistica indipendentemente dalla volontà dell’individuo.

Però, se magari dai un esame all’anno perché il resto del tempo cazzeggi, perché le tue giornate cominciano sempre dopo mezzogiorno, forse qualche responsabilità allora ce l’hai.

Ricordo quando la conobbi nel lontano 2005 e conversammo con cordialità. Mi fece una testa così parlando di RPG online e occulto. Crede alla magia nera (non c’è nulla di male: io credo alla sfiga nera, che secondo me è pure più potente) e una volta mi ha detto che uno che conosce ha visto fare a un altro tipo un incantesimo per togliere energie a un tizio che, subito dopo, è crollato a terra privo di forze.

Avrei voluto ribattere che mi ha detto mio cugino che sa un colpo segreto che dopo tre giorni muori, ma lei non apprezza molto l’umorismo. Anzi, non lo comprende: prende qualsiasi frase alla lettera.

L’anno scorso, dopo un lungo periodo che l’avevo persa di vista, mi capitava di incontrarla spesso mentre attendevo il treno. In una di quelle occasioni avevo notato che il suo abbigliamento a volte non coincideva col clima: troppo scoperta in caso di vento e pioggia, troppo coperta in caso di sole. Al che lei mi spiegò che era colpa del fidanzato. Chiesi lumi.
In pratica, quando lei si sveglia trova sul cellulare un messaggio del ragazzo che la informa del meteo della giornata. Quando sbagliava outfit era perché il ragazzo non l’aveva avvisata che durante la giornata il tempo sarebbe cambiato.

Non ritenni di fare altre domande né di tornare sull’argomento.

Elettra non è proprio una perdigiorno, comunque. Ogni tanto dava una mano in ufficio nell’azienda di proprietà del padre. In quell’azienda, come ho detto prima, ci lavorerà, il patto col genitore era che lei avrebbe dovuto prima prendersi una laurea, però. Una laurea a caso, a quanto ho capito.

Quando ho saputo questa cosa io ho pensato che al suo posto ci avrei messo 15 anni per terminare l’università. E mi sarei laureato tipo in Scienze e Culture delle Alpi.

Il padre le vuol molto bene. A 18 anni le ha regalato un seno nuovo. Apro una seconda parentesi: non trovo nulla di sbagliato in questo tipo di chirurgia (purché senza eccessi, ovviamente). Se una persona vive un proprio personale disagio, non trovo nulla di scandaloso nel farlo. Io personalmente sotto i ferri vorrei sempre andarci solo da morto per un’autopsia, ma chi non ha timori può andarci per un naso, per il seno o per che altro. Perché ne ho parlato, allora? Per un episodio che trovai buffo: quando la conobbi all’università girava voce che la sua esplosiva terza fosse finta. Tutte malelingue e invidie, pensavo. Poi invece scoprii che era lei stessa a diffondere la voce.

Me ne sono sempre chiesto il motivo. Io mi immagino nel presentarsi in un ambiente nuovo:
– Piacere, Gintoki. Mi occupo di…Ah, e ho fatto (invento) una prepuzioplastica.
– Ah…interessante…

Ora basta parlare, anzi, sparlare degli sconosciuti. Si parlava di strade. Un paio di mesi fa volevo andare in un posto dove le strade sono un optional (non è una battuta, ho guardato dal satellite). Volevo partire per andare a fare il Cooperante 12 mesi in un villaggio albanese. Non era neanche richiesta esperienza in campo internazionale, quindi provai a candidarmi con la ONG interessata. Purtroppo non sono stato ricontattato, ma la capata (trad. = intestardirsi con una cosa) ogni tanto mi risale. Ecco, forse sogno una strada del genere. Costruire strade per altri. Con tanti saluti ad Attuale Lavoro (che tanto poi saluterà lui me) e allo stipendio che non mi basta per farmi un paio di boccette nuove.

Torno su Google Map, vah.