Non è che diffidi dai termosifoni perché hanno pessimi elementi tra di loro

Posso riportare il bue e l’asinello nel presepe.

Per chi si fosse perso la puntata precedente, a casa eravamo rimasti senza riscaldamento.

Nella diatriba tra amministratrice di condominio e proprietaria, che facevano a scarico di colpe tra una che sosteneva di aver avvertito tutti i proprietari e l’altra che ribadiva di non aver avuto notifiche, è arrivato l’elemento risolutore. Il marito della proprietaria.

Il quale mi chiama per prendere appuntamento con la squadra di idraulici che avrebbero fatto la conversione dell’impianto e confessarmi che, in verità, è un po’ colpa sua.
In che senso “un po’ colpa”?
Eh sì, perché a ottobre l’amministratrice “gli aveva detto qualcosa”.
In che senso “aveva detto qualcosa”?.

Lui però non pensava che realmente avrebbe staccato l’impianto e non attivato il riscaldamento.
Mi sembra giusto. Ti chiamano per dirti che la caldaia non entrerà in funzione, non pensi possa essere vero. Era per parlarne così, in via astratta.

«E che mi racconti? Hai intenzione di staccare la caldaia?»
«Sì, ma niente di serio».

È così che deve essere andata.

Una nota a margine, che inserisco qui per finalità narrative: lo Sveglione, così lo chiameremo, è architetto. Io non so, ma così, a pelle, non gli affiderei manco il restauro di una casa per bambole.

Adesso, comunque, i riscaldamenti in funzione li abbiamo. Manca un termostato. È una settimana, circa, che lo Sveglione attende informazioni e preventivi dall’elettricista.

Perché immagino non avesse pensato, nel momento in cui convocava gli idraulici, di allertare anche il tecnico per fargli mettere il termostato.

Siamo in attesa, quindi, del responso: perché poi non è così semplice trovare uno strumento simile. Non esiste una grande scelta, soltanto un ventaglio ampio da quelli giocattolo da 10€ a quelli sui quali ci vedi pure le partite di Serie A meglio di DAZN.

È davvero difficile essere svegli, oggi. Fortuna che io son stupido, quanti problemi in meno cui pensare.

Non è che se una verità è supposta allora te la puoi mettere da qualche parte

Parlavo con un tale. Mi ha raccontato di una situazione che gli è capitata, con un’agente di commercio. In pratica, questa agente ha avuto delle grosse difficoltà a intraprendere la professione, causa opposizione del marito e della famiglia. I motivi?

  1. Fare l’agente di commercio, andare in giro, incontrare persone e negoziare con loro è un lavoro da uomini.
  2. Se la moglie si cerca un lavoro, la gente può pensare che il marito non è capace da solo a provvedere ai bisogni economici familiari.

Una storia simile l’avevo già sentita altre volte. Mogli che lavorano di nascosto dei mariti al mattino, perché loro non vogliono, perché poi la gente pensa che “l’uomo non bravo a fare l’uomo di casa”.

Correnti di pensiero che non sopravvivono soltanto nel mondo maschile: io ricordo ancora una ex collega, anni fa quando ero impegnato in un altro lavoro, che diceva che non esistevano più i veri uomini e le vere donne, cioè l’uomo che provvedeva ai bisogni e la donna che curava la famiglia.

La cosa più bella della considerazione della ex collega era che poi secondo lei era per questo motivo – cioè che non ci sono veri uomini e donne che fanno gli uomini – che 2stanno uscendo in giro tanti omosessuali”; avrei voluto farle notare che gli omosessuali di oggi sono figli e nipoti dei “veri uomini” e delle “vere donne” di prima, quindi qualcosa non deve aver funzionato nella sua tesi: dai veri nascono comunque i falsi!


Forse il suo ideale di verità è legato a una verità supposta, che, per dirla à la Caparezza, in quanto supposta se la può infilare da qualche parte.


Sarò sincero e mi confesso: quando sento questi discorsi mi faccio i fatti miei. Come quando stavo parlando col mio amico libraio e si è avvicinato il proprietario di un locale di fianco che, cambiando decisamente il nostro argomento, inizia a parlare di donne e uomini e ci elargisce una grande – secondo lui – verità: che il problema di oggi è che le donne vogliono fare gli uomini.

Io me ne sono semplicemente allontanato per non ascoltarlo.


Con molta viltà lasciando l’amico libraio a tenere il discorso, è vero.


Mi stanco nel dialogare con le persone. Mi tedio delle banalità, dei preconcetti, delle verità supposte (vedasi nota sopra), e di concetti che di per sé non significano proprio niente.


Ad esempio, sempre nella mia sempiterna ingenuità, non è mi è chiaro il concetto di “voler fare l’uomo”. Forse le donne vogliono rubarci il privilegio della minzione in piedi? Questo sarebbe pretenzioso, lo riconosco.


Non so se sia corretto il mio atteggiamento di rifiuto del confronto. Credo di no. Come quando a uno che voleva convincermi dell’esistenza di vari complotti – dall’11settembre allo sbarco sulla Luna – dissi Senti non sono d’accordo e non ti ascolto. Non ritenni di dover spendere tempo a cercare di ribattere, controbattere e controargomentare le cose che mi diceva.

Ripeto, forse mi sbaglio. Probabilmente non si farà mai un passo avanti nella società se non ci si preoccupa di ricercare un confronto, un dibattito e di far riflettere le persone. Ma se l’altra persona parte da una posizione dogmatica – tipo c’è uno nella mia città convinto che il Papa sia satanista e che Trump sia a capo dell’armata dei buoni – val la pena cercare un confronto?

O è meglio girare i tacchi e andare a farsi una birra?

Non è che una canzone senza il cantato sia utilizzata per secondi fini perché è strumentale

Ho un po’ di avversione verso coloro che nei mezzi pubblici parlano al telefono a voce alta e devono far sentire a tutti i fatti loro.

Ho anche però la tendenza a farmi i fatti altrui come fossi la peggiore comare di paese. Quindi ogni tanto l’orecchio si tende a captare frammenti di conversazione.

L’altro giorno per due ore di viaggio ho ascoltato le vicende di una donna che ha aggiornato tutti noialtri passeggeri sulla propria vita. Io avevo le cuffie e ascoltavo del “rallegrante” post rock strumentale ma mi arrivava comunque la sua voce da dietro.

Ciò che le era successo e che ho ricostruito è che lei aveva lasciato l’auto dal meccanico, che l’ha poi consegnata – all’insaputa di lei – a qualcuno, forse il marito o ex tale. E la cosa che le premeva era che dentro l’auto lei avesse tutti i propri vestiti. La cosa più grave è che a quanto pare – non ho capito se fosse vero o meno – l’auto era stata ritirata per farla rottamare. Con tutte le cose sue dentro.

Al telefono parlava di ciò con il fratello del (forse) marito o ex tale.

Il colpo di scena – a un certo punto la cosa si era fatta inquietante come un thriller – è che lei ha cominciato a pensare che dietro la macchinazione ci fosse una certa R. Dato il linguaggio colorito con cui l’ha citata, opterò per riportare una versione più forbita:

«Sai cos’è? Dev’essere stata quella proterva meretrix di R; avrà praticato una fellatio a tuo fratello, si sarà fatta aspergere da lui la cavità orale e si è fatta consegnare la macchina».

Confesso mi sono chiesto questa R. quali arti amatorie potesse vantare tali da riuscire ad avere un’auto in cambio di un favore carnale.

Poi ha cominciato ad avanzare l’ipotesi che dietro la macchinazione potesse esserci la madre di loro. «Se è così – ha minacciato – le do fuoco alle finestre».

Perché mai le finestre, mi domandavo io?

«Così non può uscire».

O cacchio. Leggeva anche nel pensiero.

Poi sono sceso e non ho saputo com’è andata a finire. Può sembrare la vicenda mi abbia fatto sorridere, in effetti le gesta della summenzionata R. lo hanno fatto, in realtà mi ha lasciato con un senso di inquietudine e angoscia. La gente che si minaccia azioni e ritorsioni mi spaventa, anche se nel 99% dei casi si tratta solo di sfoghi dettati da ira e frustrazione – anche comprensibili, se ti rottamano o ti fanno credere di rottamare il tuo guardaroba.

Forse dovrei cominciare ad ascoltare musica meno disagiante per non farmi condizionare.


Cosa ascoltavo in viaggio:

 

Non è che il medico sia geloso delle proprie ricette

Mentre ero fermo in strada impegnato a lavarmi le fosse nasali, ho visto passarmi davanti una milanese.


Storia vera*, quando in farmacia sono andato a chiedere un prodotto specifico per questa operazione igienica la farmacista mi ha chiesto È per te? e io ho risposto È per il naso. Ehm cioè sì, per me.


* Tutte le mie storie sono vere ma questa essendo avvenuta in un momento passato rispetto al momento di questa storia appartiene a una verità diversa all’interno del continuum spazio-tempo.


L’ho subito identificata come milanese perché questa donna aveva degli evidenti tic e, soprattutto, dei taaac.

Indossava un basco francese, una camicia coreana, una gonna con fantasia scozzese, un cappotto british e delle calze parigine. Aveva uno stile geographic casual, l’ultimo grido – prima che poi morisse – della moda. Si sa infatti che Milano è Capitale della moda. Io invece col mio stile straccione sono stato accusato di secessionismo.

Inoltre aveva un naso aquilano: mi ha confessato infatti che gliel’ha rifatto un chirurgo abruzzese.

Era una persona molto interessante. Pronunciava Bowie “Bavui” ma non per ignoranza. Mi ha detto di essere una Femminista Quinto Livello (FQL), stadio in cui si squarcia l’ultimo velo di sopraffazione fallica e si pronunciano le cose un po’ come pare in reazione al conformismo catto-fascio-fessoscopic-borghese grammaticale.

– Povére le donné àncora lègate allà dittàtura maschilistà dell’àccento

ha esclamato mentre mi picchiava con un enorme fallo di gomma per aiutarmi a espiare i miei peccati.

Inoltre ha detto che in quanto FQL mangia solo cose di forma fallica, risolvendo l’insoluto complesso dell’invidia del pene interiorizzandolo prima tramite la digestione e poi ripudiandolo con la trasformazione in materia fecale.

Dopo questi piacevoli scambi di conversazione, mi ha proposto di andare a casa mia dove avrebbe cucinato per me. Io son rimasto perplesso: non dovrei essere io a cucinare per l’ospite?

– Questò sàrebbe chiaràmente sèssista in quantò espressìone del pènsiero maschìlista che vùole che una donnà senzà un uomò non sià in gradò nèmmeno di cucìnare per se stessà. Quindì per dimòstrar il còntrario io cucinèro per te.

ha detto con asprezza mentre provava a collegarmi i testicoli a una batteria per auto.

Dato che però questa è la mia rubrica di cucina, io qui propongo la mia ricetta della mia cotoletta che avrei servito alla milanese.


Che non è di forma fallica ma io le avrei dato l’osso della costoletta.


Ricetta cotoletta alla milanese
Ingredienti: 1 milanese 1 carne di vitello 1 uova 1 pane grattato 1 burro

1) Ricordatevi che per questa ricetta la carne non va assolutamente battuta. Quindi, lasciatela vincere. Se siete troppo orgogliosi andate al ristorante e lasciate perdere. Nella cucina gourmet non c’è posto per le primedonne (ma non ditelo alle Femministe V Livello).

1-bis) Una eccezione al non battere la carne deriva dal fatto che il diametro della fettina che avete potrebbe essere troppo spesso. E volentieri.

2) Sbattete le uova in una fondina. Prima però togliete la pistola! La polvere da sparo invece darà quel po’ di pepato all’uovo.

3) Intingete un pennellino nell’uovo e poi spennellate la carne. Non avendo un pennellino pulito ho usato quello con cui ho dato l’antiruggine al cancello. Dato che la carne contiene ferro, mi è sembrata una giusta precauzione.

4) Passate poi le fettine nel pangrattato. Non preoccupatevi se fate degli errori: sbagliando, si impana.

5) Mettete il burro in padella e chiedetegli spiegazioni. Una volta che si sarà chiarificato, buttate dentro le fettine e fatele friggere.

6) Quando la carne sembrerà d’orata, vorrà dire che avete usato la padella del pesce e ora anche la vostra cotoletta puzzerà come tale. Quindi potete toglierla e asciugarla con della carta assorbente. In alternativa prendete della carta tampax.

Molto semplice, come si può vedere.

Le cose nella realtà sono andate diversamente, purtroppo: la Femminista Quinto Livello nel tentativo di cucinare ha mandato a fuoco la cucina. Ha confessato di non esser pratica perché non ha mai cucinato in vita propria. Di solito è suo marito che cucina per lei.

– Sei sposata? Pensavo una FQL non si sposasse!
– Lo pènsavo anché io ma luì mi ha conquìstata. É un matèmatìco sessuomàne genìale. Ha scrittò un librò che si chìama Sposati e sii circonflessa, un trattàto sul kamàsutra algebrìco e l’usò deì vèttori. Sàpessi il suò vettorè qùando sto a pi grecò mezzì.
– Ah.

Poi prima di andarsene mi ha detto che per scusarsi per la cucina poteva farmela rifare da capo. Oppure offrirmi del sesso compensativo.


Il sesso compensativo è un’altissima forma di liberazione per la Femminista Quinto Livello: disobbligandosi nei confronti del maschio offrendo molto poco, lo umilia per la sua dipendenza fallica – il maschio dipende dal fallo per il suo piacere orgasmico – criticità che la FQL ha risolto da tempo utilizzando il fallo come strumento di diletto orgasmico non esclusivo e rimpiazzabile.


E niente, debbo dire che non è male il cibo crudista. È un po’ un fastidio sgranocchiare la pasta ma basta far finta che siano snacks.

Prima di andarsene mi ha anche lasciato delle caramelle falliche

L’apostata del cuore – 20/07/2017

Dopo una pausa, rieccoci con nuove richieste di soccorso sentimentale! SoS Gintoki è qui 24 h su 24, a parte ore pasti, sonno, altre attività.

Vi lascio con questo aforisma  di Hermann Hesse Ohesse

“Amore viene prima del cervello, sul vocabolario. Ma non in quello inglese, dove è il contrario”.


Caro Gintoki,
hai presente Guido Catalano? C’è una sua frase che dice “Se tu fossi il sole, cazzo che freddo.” Ecco io sto così. Ho lasciato un uomo così, che c’era e non c’era e adesso sono persa, non so che giorno viene dopo.
Vulva Irritata, Sessa Pessi (SA)

Cara Vulva,
non ho presente la persona che citi. Fa il meteorologo? Mi ricorda una citazione di un poeta anonimo: “Se tu fossi il sole potresti giustificare con l’esposizione ai raggi l’herpes che mi hai causato”. Per il tuo problema ti consiglio di comprarti un calendario.

Caro Gin,
ho 44 anni, da 3 anni sto con una donna che vive a Parigi. Entrambi benestanti non abbiamo fatto fatica a vederci e a goderci la relazione, poi lei ha mollato tutto ed è venuta a Milano. Dopo tre mesi, lei in crisi personale piena è tornata a Parigi. Ora siamo di nuovo su e giù da aerei e dentro e fuori hotel. Se le dico che mi trasferisco nicchia, se le dico vieni tu piange. Però dice che non può fare a meno di me. A volte penso che non possa fare a meno soltanto della mia salsiccia. Dovrei chiudere? Il limbo non mi piace.
Fungo Atomico, Starnuto sul Naviglio (MI)

Caro Fungo,
incontratevi a metà strada. Dicono che a Digione facciano un’ottima mostarda. Può essere un buon condimento per la tua saucisse.

Caro Gintoki,
esco con un uomo da qualche mese, niente di serio fino ad ora, ma per me le cose stanno cambiando e vorrei dirgli:” o dentro o fuori”.
Ho però fatto l’errore, a inizio relazione, di dirgli: “Sentiti libero di vedere altre persone”…Ora sono preoccupata. Aiutami, questo mi piace…
Serba Rancore, Colite in Bagno (LE)

Cara Serba,
non comprendo la questione che poni. Lui ti ha capita e sta quindi facendo dentro e fuori con altre donne.

Caro Gintoki, le scrivo perché ho bisogno di parlare di quello che mi sta succedendo. Ho 42 anni, un lavoro e un marito. Poiché mi è difficile dire quello che mi sta capitando, soprattutto argomentarlo, lo dico e basta: mi sono innamorata di un’amica. E tutto da quel momento mi sta precipitando addosso. Mio marito ha letto alcuni messaggini che ci siamo scambiate e ha capito. Io ho negato, ma lui mi ha minacciato: «Lo dico a tutti». Io ho negato anche se sono certa di essermi innamorata, perché quando penso a lei mi batte il cuore e quando stiamo insieme e mi sfiora il cuore batte come mai prima. Ma è possibile scoprirsi lesbiche alla mia età? È come se la vita mi avesse messo davanti a una porta chiedendomi di scegliere. Aprirla significa rinnegare tutto il mio passato, mettere un’ipoteca sulla serenità futura, distruggere un matrimonio. Non aprirla però significa condannarmi all’infelicità, alla menzogna, alla negazione di me stessa. Io so che mio marito sarebbe capace di sputtanarmi con tutti i nostri amici. «Moglie indegna», mi ha detto l’altro giorno quando ancora ha tirato fuori la storia dei messaggini. Pretende che io smetta di vedere la mia amica e che vada da uno psicologo. Non so che fare.
Pippa Forte, Bagno di Sangue (LU)

Cara Pippa, io comincerei col dire a tutti che tuo marito è un imbecille.

Caro Gintoki,
mi sento brutta ogni volta che mi piace un uomo, a ogni primo appuntamento. Se poi quello che mi piace è oggettivamente bello, capita poco ma capita, mi sento inadatta in tutto e per tutto. Vengo rimproverata per quella che da tutti è considerata solo una sciocca insicurezza.
Come ne esco? Perché mi piace uno e, purtroppo, è anche bello.
Trovata Percaso, Vado Ligure Torno Piemontese (SV)

Cara Trovata,
conosco delle persone affidabili e discrete che per un compenso ragionevole possono sfregiare il tuo uomo e imbruttirtelo quanto basta. Fammi sapere.

Due anni fa, avevo 42 anni, un amico mi costrinse ad andare con lui al circolo a provare una lezione di paddle e da quel momento vivo nel tormento, estraneo a me stesso e a tutte le persone che mi hanno circondato fino a quel momento. E’ bastato guardarlo per capire che era una parte di me, un colpo di fulmine, chiamalo come vuoi. Qualcosa che fino a quel momento non avevo mai provato e che comunque avrei pensato di provare. Con mia moglie era stata una storia diversa, cresciuta sui banchi di scuola, la mia confidente, la mia sensuale compagna di letto, la mamma dei miei meravigliosi bambini. Tutto perfetto, fino a quella maledetta lezione di paddle, al giorno dopo quando siamo andati a bere un aperitivo, e a quello dopo ancora quando…. Sono un bugiardo, un vigliacco, un debole che non ha la forza di scegliere e di dire la verità. Lui minaccia di lasciarmi se non mi decido a stare con lui, mia moglie soffre perché mi vede distante e anche sgarbato. Non riesco a guardare in faccia i miei bambini e penso che se la vicenda diventasse nota loro ne soffrirebbero.
Salvo Ripensamenti, Francamente Meninfischio (PE)

Caro Salvo,
in effetti ammettere di giocare a paddle e trovarlo anche piacevole può far provare molta vergogna. Non potevi darti al calcetto?

L’apostata del cuore – 06/07/2017

«È un mondo difficile, e vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto» scriveva Khalil Gibran in una nota poesia. C’è tanto bisogno di certezze e soluzioni ai dubbi. Chi può farlo?

Io?

No, io rispondo soltanto alla posta, mi dispiace.

E viste le alte richieste di consulto medico, da questa settimana arrivano anche i consigli di salute! Vi rammento che io non ho alcuna specializzazione scientifica ma da quando ho scoperto che le malattie sono una invenzione di Big Pharma ho deciso di fare a modo mio.


Gentile Dottor Gintoki, a settembre mia figlia Virulenza frequenterà la prima media e io sono un po’ preoccupata. Ho saputo che nell’istituto che frequenterà si tengono corsi di educazione sessuale. A parte che non capisco la necessità, io ho fatto tutto da sola. Quando ho concepito mia figlia nessuno mi ha insegnato, ho semplicemente fatto mettere a mio marito i suoi semini nel mio fiorellino (abbiamo avuto delle difficoltà all’inizio perché per una incomprensione lui mi ha fertilizzato le margherite sul balcone). Io non voglio che mia figlia alla sua età apprenda certe cose o che peggio le somministrino controvoglia il gender.
Addolorata Perenne, Porto Rogna (NU)

Cara Addolorata,
io sono fortemente contrario a certi insegnamenti ai bambini.
Si sa che poi raccontano tutto a casa e i genitori, essendo creature vulnerabili, si impressionano.
Tuo marito ha fatto bene, alle piante bisogna donare amore.

Il mio fidanzato è un patito di selfie, e fin qui nessun problema. Il fatto è che gli piace postare foto e video di noi che ci baciamo, non gliene importa di violare la nostra intimità, e anzi dice che la cosa lo stimola. Per il momento è un gioco, però la sua ostinazione quando gli chiedo di smettere me lo fa sentire estraneo, quasi che io fossi la fidanzata della community e non la sua.
Linda Vulva, Piombate di Sotto (LI)

Cara Linda, posso comprendere il tuo stato d’animo. È lecito aspettarsi che certi momenti siano solo intimi e privati e sinceramente io non approvo l’invadenza nella vita altrui.
Comunque colgo l’occasione per dirti che a giudicare dalla foto di ieri l’ultima ceretta brasiliana non è riuscita benissimo, fossi in te mi lamenterei con l’estetista.

Ciao Gintoki. A maggio il mio fidanzato mi ha lasciata con un sms adducendo come spiegazione un generico “senso di disagio in mia presenza” che dice lo porta a non potermi più stare vicino. Lui non vuole incontrarmi per chiarire, però poi mi scrive che gli manco e mi copre di fiori e profumi costosi. Che sta succedendo?
Serena Gonorrea, Campione d’Italia a Tavolino (CO)

Cara Serena,
non fornisci molti elementi ma così a spanne dagli indizi un dubbio mi sovviene: da quanto non fai una doccia?

Sono un’espansiva, e temo che in amore sia un problema. Durante il sesso, mi piace parlare. Tanto. Ma gli uomini in questo anche a letto sono poco portati e non capisco perché.
Luce Spenta, Pasta al Paestum (SA)

Cara Luce, dipende da caso a caso. Se, ad esempio, parli con qualcun altro durante il sesso allora non è molto carino.
Inoltre ci sarebbero delle regole di educazione riguardo il quando non si parla e la bocca, ma siamo in fascia protetta quindi ti invito a consultare il manuale di galateo.

Gin, non so se sono un mostro o un idiota. Mi basta bere un bicchiere di vino per cominciare a flirtare con ogni donna. Le mie storie, anche quelle serie, finiscono così; mi lasciano perché mi giudicano poco serio o un alcolista o tutte e due, un alcolizzato poco serio. Invece sono uno che si fa il culo, lavoro 12 ore al giorno e non bevo mai, tranne magari nel weekend. L’ultima con cui stavo mi ha mollato in vacanza, sosteneva che volessi farmi l’istruttrice di vela. Si sbagliava di grosso, io puntavo alla maestra di tennis, comunque la capisco perché magari alla sera si alzava il gomito con la sangria e avrò certamente detto qualcosa che non andava. Non mi dire che l’amore mi farà cambiare perché comincio seriamente a dubitarne.
Dandolo Via, Frignando Moltoforte (BN)

Caro Dandolo,
è evidente che tu non abbia ancora incontrato la persona giusta.
Che nel tuo caso è una donna che beve per dimenticare.

Caro Gin,
pensavo di far parte di una coppia senza stupidi falsi (e anche un po’ moralisti) pudori, ultimamente però comincio a guardare con occhi diversi il mio partner, che è geloso del mio vibratore. Sembra uno scherzo ma non lo è. Un po’ per gioco sono andata in un sexy shop romano molto alla moda con un’amica e me ne sono comprata uno, che tra l’altro è pure un bellissimo oggetto di design tant’è che credo di averne visti di simili nei negozi di arredamento. Ammetto che quando sono in viaggio per lavoro da sola lo uso. Da quando l’ha scoperto, il mio fidanzato non perde occasione di mostrarmi il suo disappunto. Ho paura di urtare il suo amor proprio, ma non ti pare che lui esageri?
Maria Sole Cuoreamore, Smegma sul Clitunno (PG)

Cara Maria Sole,
sono un po’ confuso dal discorso sul design, o i sexy shop sono diversi da come li immaginavo oppure sei andata realmente in un negozio di arredamenti e quello che hai comprato è soltanto un raffinato Minipimer.
Venendo al tuo problema, è chiaro che il tuo lui soffra un po’ di gelosia. Quindi regalagli un vibratore per sollazzarsi durante la tua assenza. Fammi sapere.


ANGOLO SALUTE – L’aprostata del cuore

Dottor Gintoki,
ultimamente dalle mie parti intime affiora un odore di pesce. Cosa potrei metterci sopra?
Ottone Ossidato, Martina la fa Franca (TA)

Il vino bianco è un abbinamento sicuro e non si sbaglia mai.

Dottor Gintoki,
ma alla fine è vera o no la storia della lavanda di Coca Cola come anticoncezionale? Davvero basta solo quello?
Serva del Potere, San Piero in Bagno da Un’ora (FC)

No, non basta.
Ci vuole anche una Mentos.

Dottor Gintoki,
se non mi dedico ad alcuna attività e sto seduto, fumo e bevo come una spugna, mi sento bene. Quando però provo a fare attività fisica – dicono ci sia bisogno di farla – ho il fiato corto, mi fanno male il fegato e la milza e altri organi che non saprei identificare. Come si spiega?
Mistero della Fede, Medicina Trentatré (BO)

Caro Mistero, è evidente che lo sport stia nuocendo gravemente alla sua salute. Cessi immediatamente.

Dottor Gintoki, tendo ad avere la pelle delle mani molto sensibile e sottile, tal che basta un niente perché mi procuri un taglio con fuoriuscita di sangue che si interrompe dopo lungo tempo. Cosa posso fare?
Ugo la Doro, Campo Male (PZ)

Caro Ugo, si faccia proclamare santo.

L’apostata del cuore 22/06/2017

Nuova settimana, nuove turbe sentimentali. Ma no panic! Gintoki cura tutto o al massimo dà la colpa ai poteri forti.

Ancora dei distrattoni mandano le loro richieste di aiuto su altri siti e mi tocca andare a recuperarle, ma l’indirizzo ufficiale è solo questo: lapostatadelcuore@outlook.it! Per favore Signor Enlarge Your Penis, la smetta di scrivermi! Le risponderò appena possibile.


Spett.le Gintoki,
prendo questo appuntamento con Lei perché oggi sento diverse lame nel cuore. Sento questo sconsigliabile clang clang che accompagnandomi ovunque mi distrae e istupidisce come devono sentirsi quei gatti d’appartamento con un campanellino al collo (ha presente?). Non ho una vera e propria questione d’amore da sottoporle. O meglio, la questione sono io. Sentimentalmente non posso lamentami, ma ovunque mi volti a guardare accumulo altra ferraglia in petto. Lei ha qualche rimedio per fregarsene di tutto e magari essere un po’ egoisti e non attirare persone str…(ci siamo capiti)?
Puccio Biscotto, Cascina di Bagascia (FI)

Caro Puccio,
è indubbiamente un uomo dal fascino magnetico. Le consiglio di stare lontano dalle bussole e dagli hard disk. Smetta di lavarsi le ascelle e non attirerà più persone.

Caro Gintoki, da un paio di anni convivo con una ragazza che amo molto, ma non ho ancora fatto con lei un ufficiale “ingresso in società” come coppia lesbica. Ora mia sorella si sposa, e per non urtare la sensibilità dei miei parenti non ha invitato la mia compagna. Io non voglio guastare il matrimonio a nessuno, ma nemmeno far sentire la mia compagna come se fosse una clandestina.
Chiara Iperidrosi, Altolà Sudore (MO)

Cara Chiara,
le cerimonie dei matrimoni altrui sono una gran rottura di palle. Anche la propria, in alcuni casi. Se sei proprio certa di voler sottoporre la tua compagna a tale tortura, fa’ circolare prima del matrimonio mirate maldicenze sul parentado (tipo quella storia di zio Franco e il cavatappi o la strana abitudine della cugina Ermengarda coi suoi formichieri da passeggio) dimodoché avranno tutti altro cui pensare.

Tovarish Gin, sono un militante di un partito di sinistra radicata (da quando ci hanno piantato tutti) ispirato dal pensiero guida del compagno combattente masochista Tafazzi. Mi son sempre reputato “fedele alla linea” fino al giorno in cui non ho saputo resistere alle tentazioni e al fascino di una esponente della destra col braccio alzato. A letto è stato un crescendo di fuochi d’artificio – in cui senza falsa modestia lei è rimasta stregata dal mio “manganello” – e io mi trovo ad ammettere che me ne sono perdutamente innamorato. Lei questo lo sa e ora pretende da me varie “prove” che trovo francamente degradanti per le mie idee. Ora chiede che al momento del culmine del piacere gridi «Eja Eja Alalà!». Vuole anche che io la porti in pellegrinaggio a Predappio e sinceramente non so che accoglienza aspettarmi…Non trovi assurda questa storia? Che dovrei fare?
Desiderio di Gnocca, Porto Fregna (ME)

Caro Desiderio,
perché assurda? L’alchimia di una coppia si basa sullo scambio e la condivisione. Tu hai condiviso il tuo manganello con la tua fiamma (tricolore), lei e i suoi amici condivideranno con te il loro. Auguri e figli Razzi.

Caro Gintoki,
l’altra sera cercavo sul PC un po’ di possibili mete per le vacanze. Ho aperto per puro caso la cronologia e…l’amara scoperta: una lista di siti pornografici. L’altra persona che vive con me è mio marito. Sono rimasta decisamente scossa, amareggiata e delusa. Non riesco più a guardarlo con gli stessi occhi di prima e non so se sia il caso di affrontare con lui l’argomento o tacere e far finta di nulla.
Vera Minchiona – Vattela a Piàndere (Roma)

Vera, sono sconvolto anche io. Tuo marito non cancella la cronologia?!

Ore 19, ritorno a casa, routine quotidiana, traffico, le vecchie scale condominiali col solito puzzo di umanità. Incrocio una ragazza. Sui 25, carina, ha un che di grazioso. La guardo negli occhi e lei per un attimo ricambia lo sguardo. Dopo averla superata, mentre continuavo a salire sono stato colto da una sensazione di mancanza di respiro. Ho iniziato a sudare freddo e avvertivo un peso opprimente al petto.
È questo quello che chiamano “colpo di fulmine”?
Forte Stringilo, Poveraccio Veronese (VR)

Caro Forte,
credo fosse un mezzo infarto. Io mi rivolgerei subito al popolo del web per un sondaggio sul come curarmi.

Gintoki, aiutami a capirci qualcosa perché io ci sbatto la testa. A Londra vado a un party e mi presentano uno stilista. La sera dopo lo rincontro a un altro party cui mi ero imbucata (sapevo che lui ci sarebbe stato): facciamo amicizia, parliamo, beviamo, ci confidiamo, mi dice che è gay, fumiamo una sigaretta, ci baciamo, ci tocchiamo e finiamo a letto. Afferma una vaghissima attrazione per le donne, ma è gay, ha un compagno con cui convive e che ama. Al mio ritorno non riesco a togliermelo dalla testa. Sono distratta al lavoro, la sera il crossfit e gli allenamenti non scacciano i pensieri. Lo cerco su facebook, trovo il numero del suo atelier su internet. Telefono per dirgli almeno Ciao, ma mi risponde un segretario che mi fa sapere che non c’è e starà via parecchi giorni. Mi faccio dare con mille suppliche il suo numero di cellulare, fingo una questione di vita o di morte, non resisto, lo cerco. Mi risponde la voce di un maschio adolescente. Mi presento, chiedo di poter parlare con lui. Il ragazzo mi fa: “no, papà è uscito con mamma, ha dimenticato il telefonino a casa…”. Non capisco. Si è finto gay solo per aver modo di liberarsi di me?!
Mina Vagante, Botte di Grappa (VI)

Cara Mina,
chiunque fingerebbe qualsiasi cosa di fronte a una stalker rompicoglioni. Io comunque non salterei a conclusioni. 
Magari è realmente gay e tu hai esagerato con gli steroidi in palestra.

Ciao Gin,
vado in vacanza ad ottobre scorso in un villaggio. Lui era il capo, lì. Bel tipo, molto in gamba e sveglissimo. Ci siamo guardati, ma la mia serietà mi ha impedito di avvicinarmi a lui. Lui per professionalità non l’ha fatto. Il giorno della partenza ci siamo solo salutati, ma ho visto il suo sguardo e ho capito. Tornata a casa gli ho scritto su Messenger. Lui ha capito subito chi ero e, da ottobre a oggi ogni giorno messaggi, foto, video, amore, tesoro mio
Io già a gennaio ero persa, lui non lo so. Sta di fatto che ogni giorno io gli scrivevo e lui ogni giorno rispondeva. Sempre. Con termini pesanti, almeno per me: “amore mio..ti vorrei baciare..vieni qui
Non abbiamo avuto possibilità di vederci, avevamo organizzato per i primi di aprile, ma è dovuto ripartire per l’altra parte del mondo. Lui era triste ma mi ha detto che non poteva rifiutare. I messaggi quasi quotidiani non si sono interrotti in realtà fino a ieri: gli ho detto che lo aspetterò fino a settembre, ma non lo so.
Oramai è partito da due mesi e ultimamente sono solo io a scrivergli. Lui mi risponde sbrigativamente, pero’ di sua iniziativa non fa nulla. Vorrei mi dicesse “appena torno in Italia ci vediamo” ma non lo dice. E se io gli dico qualcosa di concreto, lui non risponde. Mi sembra d’impazzire.
Diotima Ledica, Gewurztraminer (BZ)

Cara Diotima,
anche a me è bastato uno sguardo alla tua lettera per capire tutto. Ma la mia serietà e professionalità mi impediscono di darti della mentecatta: quindi fallo tu allo specchio.

Non è che il comandante non soffra il freddo perché ha i gradi giusti

La vita è bella perché ci sono sempre prime volte.

Oggi è stata la prima volta che ho preso un volo con uno scalo non brevissimo: 7 ore trascorse in quel di Fiumiciattolo.

Mi piacciono gli aeroporti.
Sembrano formicai.
È tutto un continuo movimento, sia in superficie che dietro le quinte dove si opera per mantenere in moto costante e uniforme la macchina dell’aviazione civile.

7 ore trascorse dentro me lo han fatto però piacere un po’ meno.


Ovvio, c’è di peggio, tipo rimanere bloccati in aeroporto per una tormenta, la nebbia, le cavallette, una ex fidanzata, oppure attendere per uno scalo di 15 ore. Se e quando mi capiterà, scriverò un resoconto peggiore, infatti.


A questo va aggiunta una sveglia alle 5 del mattino e l’essere andati a letto alle 3 perché la sera precedente ho incontrato più persone di quante ne incontro in genere in un anno intero. Ma non posso atteggiarmi a PR, comunque, la mia misantropia mi rende più adatto a un PRR onomatopeico.

In ogni caso, sono partito da Napoli carico di buone intenzioni deciso a scrivere una lista delle cose da fare per trascorrere il tempo in aeroporto.

Purtroppo, dopo un’ora avevo già esaurito tutto: leggere, controllare le notizie su internet, guardare una serie tv.

I negozi sono per la maggior parte inutili e costosi. A parte per un’occhiata alla vetrina di Intimissimi immaginando a quale ex fiamma starebbe meglio un determinato completo, non solleticano il mio interesse.

A un certo punto ho avvertito i sintomi della carenza di sonno. I rumori di fondo hanno preso a darmi fastidio e rendermi insofferente. Ho iniziato a girovagare in modalità dissociamento sociale: cappuccio calato in testa, sguardo spento ma pronto a replicare torvo alle occhiate altrui.

No, il tale che ho incrociato non gli somigliava, a ripensarci.

Poi sono partite le allucinazioni: mi è sembrato di vedere un tale somigliante a Pharrell Williams, che neanche so bene che faccia abbia ma so che è caratterizzato dagli occhi da orientale e quindi quando ho incrociato un afroamericano con gli occhi sottili mi è venuto in mente. E in testa ho cominciato a sentire Pharrell Williams (quello vero) che mi urlava nelle orecchie “Freedom! Freedom!” sempre più stridulo e angosciante.

Stanco, mi sono quindi abbandonato e assopito su un sedile di ferro, con la testa reclinata all’indietro poggiata sul bordo. Mi sono svegliato con l’intero corpo che formicolava perché probabilmente avevo interrotto il midollo spinale dietro al collo.

Nel giro di una singola mezz’ora un aeroporto cambia: le facce che erano presenti intorno a me prima che mi addormentassi erano state sostituite da altre.

Mi piace immaginare chi siano, cosa facciano, da dove provengano.

Mi fanno sorridere le giovani coppie under 30.
Sembrano appena lavati col Perlana da capo a piedi. Sono morbidi e luminosi e anche smaglianti come in uno spot Mentadent.

Più in là poi vedo in una famigliola quello che potrebbe essere il futuro di qualcuna di queste coppie: il padre che trascina il figlio sbuffando, la madre che ne ha un altro in braccio e rimprovera il marito per la sua incapacità.

Una di queste famiglie mi ha colpito. La moglie ha imprecato contro il marito, troppo lento e impacciato nel farsi largo tra la folla verso il gate, dicendogli: “E muoviti, Cristo-foro Colombo, dai!”.

Avrei voluto fermarla e chiederle se usa altre espressioni, quali potrebbero essere Madonna Veronica Ciccone!, oppure Diomede, figlio di Ares!.

Oppure sono soltanto mie fantasie e il marito si chiama invece Cristoforo Colombo.

~

Negli ultimi mesi ho preso diversi aerei e ho constatato una diminuzione dell’abitudine dell’applauso all’atterraggio (su qualche aereo c’era anche al decollo); sono giunto alla conclusione che l’applauso è collegato alla presenza o meno di gruppi – anche coppie, purché si trovino per coincidenza con altre coppie con la medesima forma mentis – e comitive che affrontano il viaggio con lo spirito da gita di Pasquetta.

La teoria è stata confermata sul volo Roma – Budapest da una nutrita comitiva di frusinati, tutti parenti, che sembrava si stessero recando a una sagra di paese.

Com’è come non è, è scattato l’applauso all’atterraggio, che, a volerla dire tutta, non lo meritava neanche perché è stato dolce come un calcio nel didietro.


DIDASCALIA POLEMICA
Davanti all’applauso in aereo c’è solo, come livello di fastidio, l’applauso a un funerale.


DIDASCALIA FORTEMENTE POLEMICA
In terza posizione, ma in rapida ascesa e non dubito che possa lottare per il primato, il “mi piace” social indiscriminato. Mettiamo che io abbia condiviso un articolo su una tragedia dimenticata anche da Equitalia (ed Equitalia non perdona e non dimentica, mai). Tu, mio “amico”, metti un “mi piace”. Esattamente cos’è che ti piace, inverecondo pistolero del tasto sinistro (o destro, se, come me, siete ambidestri e usate il mouse come un mancino): la tragedia? Perché è ciò che si evince, così come l’applauso alle esequie sembra un congratularsi per la morte. Se non vuoi incorrere nell’equivoco, favella, hai il dono della scrittura, che è più recente ed evoluta dell’indice indipendente.


Applausi a parte, Budapest mi ha accolto gelidamente.
Ho conosciuto i famosi 6 gradi di separazione: sono quelli appunto che oggi pomeriggio mancavano per arrivare allo zero.


Stupido gioco di parole sulla teoria dei sei gradi di separazione. Quella vera, afferma che ogni persona è collegata a un’altra tramite una catena con al massimo 5 persone in mezzo a far da tramite. Esempio: io, questa è vera, sono in contatto con un operaio Fiat (1). L’operaio, avendo avuto anche ruoli sindacali di rilievo all’interno della fabbrica, sarà in contatto, invento, con un qualche manager dello stabilimento (2), che sarà in contatto con un altro super manager (3) che è in contatto con Marchionne (4), che è in contatto con Maurizio Arrivabene direttore Scuderia Ferrari (5), che è in contatto con Sebastian Vettel (6). Sono quindi in contatto col pilota quattro volte campione del mondo tramite 5 persone.


Volendo potrei pure dire, con un numero di passaggi inferiore, che sono in contatto con Marchionne. Ma non è che mi importi molto avere contatti con lui!


E il comandante faceva pure il simpatico, non so se volontariamente o meno: il clima è ottimo – ha detto -, la temperatura è di sei gradi sotto lo zero!


Un -6 non è niente, ci sono città italiane con la medesima temperatura, ma io sono un gatto del Sud, non un gatto delle nevi.


Non è che ti serva la ceretta per non avere peli sulla lingua

Non amo fare la valigie perché dimentico sempre qualcosa. È inutile fare liste: nella lista dimentico sempre qualcosa, quindi avrei bisogno di liste per le liste di liste di cose da mettere in valigia.

Ho dimenticato i guanti.
Madornale errore in una città che ti accoglie con temperature intorno lo 0.

Ho rimediato oggi da H&M. Tra l’altro, nel reparto uomo adulto (e sottolineo adulto) avevano una specie di tutone-pigiama che replicava la divisa di Darth Vader.

Il cibo è stato un problema.
Sono arrivato ieri sera; la padrona del minuscolo studio che ho affittato su Airbnb – per avere una base d’appoggio per cercare casa – tra le cose che mi ha illustrato presenti nell’appartamento mi ha detto che nella credenza c’era un pacco di pasta.

Cosicché nel minimarket vicino, che stava anche per chiudere, non mi sono attardato nell’acquistare molte cose: avrei cenato con un po’ di pasta al sugo per quella sera.

Avrei dovuto controllare prima la credenza: la pasta era un pacco di tortelloni tedeschi alla mortadella (o presunta tale: sulla confezione c’era scritto che l’1,4% su 250 gr di tortelloni era mortadella!), conservati non in frigo.

Li ho indirizzati verso la pattumiera e la mia cena è stata quindi a base di fette biscottate, nutella e banane.

Osservando le abitudini altrui all’estero mi rendo conto che noi italiani siamo strani. Facciamo cose che nessuno fa. Lasciamo perdere le riflessioni sul bidet, che ormai hanno fatto il loro tempo.

Parliamo del pane.
In altri Paesi europei ho notato che lo tengono sfuso all’aria e la gente lo tasta, lo tocca, lo rigira tra le mani e poi magari lo rimette a posto. Solo in Italia abbiamo l’abitudine di imbustarlo o di avere un omino dietro a un bancone che serve il pane con le mani rigorosamente guantate.
Abbiamo delle fissazioni igieniche strane noi italiani.

Credo che non mangerò pane per i prossimi 6 mesi. Quantomeno il mio fisico si manterrà bello asciutto.

La ricerca della casa va così e così. Ho contattato decine di persone che avevano pubblicato annunci in questi giorni, soltanto la metà di questi ha risposto e con la metà di questi sono riuscito a vedere una stanza, mentre altri hanno dato buca all’improvviso.

Forse comunque una stanza l’ho trovata.
Io e la ragazza che vorrebbe affittare l’altra (in totale sono due) ci siamo incrociati quando ho visitato l’appartamento. Mi ha guardato con preoccupazione. Lunedì la proprietaria ha organizzato un incontro per conoscerci meglio.
Forse a inquietare è la barba. Qui non mi sembra che la villosità facciale vada per la maggiore.

In compenso le donne qui non si fanno la ceretta alle braccia. O almeno commesse e cassiere non lo fanno: sono le uniche che girano a maniche corte, visto che stanno tutto il giorno in un negozio. Probabilmente, visto il freddo, è utile. Se tantra mi dà tantra – come disse l’induista – non oso pensare alle gambe.
Ma forse va bene così: la depilazione è una convenzione sociale.

Ho visto poi un piccolo monolocale: la proprietaria, inizialmente, mi aveva detto che preferivano (il plurale verrà spiegato più avanti) affittarlo a una ragazza. Poi, dopo aver visto foto di gatti sul mio profilo fb, ha accettato di mostrarmelo.


Poi dicono invece che pubblicare foto di gatti sia una perdita di tempo o una malattia!


Mi ha dato appuntamento per oggi precisando che ci sarebbe stato anche il marito, O., che sa l’inglese molto meglio.

Quando lei mi apre la porta e io entro, fa il suo immediato ingresso O., il quale prima che io possa dire “ciao” si presenta dicendo: “Ciao! Sono il marito”.
Ma va’. Pensavo fossi l’idraulico.

Durante la visita parla sempre lui, lei si limita a dire qualcosa in inglese o in magiaro e lui la corregge o traduce.

Nel congedarci mi ha chiesto cosa io avessi studiato. Lui poi mi dice che fa l’ingegnere, io rispondo “Ah, interessante”, lui dice “Eh sì, ma solo per me. Con lei (la moglie) non posso parlare di ingegneria”. E poi aggiunge “Fortunatamente abbiamo tante altre cose in comune!” e la abbraccia vigorosamente col braccio sinistro trascinandola verso di sè.

Al che ho compreso il perché preferiscono affittarlo a ragazze. O perché mi si sia parato davanti qualificandosi come il marito.

Mi incuriosiscono sempre gli uomini che hanno questa esigenza viscerale di marcare il territorio.


Beninteso, a tutti è capitato di farlo, chi più chi meno, anche inconsciamente o velatamente.


Anche se non capisco a volte il motivo: io cerco casa, non una sveltina come contropartita in luogo dell’affitto. Anche perché comincio a invecchiare: magari potrei non garantire più pagamenti puntuali!


Tra qualche anno spero che lei si sveglierà una mattina che non ne potrà più e partirà in giro per il mondo con un intagliatore di candele rastafariano.


E questo è il resoconto di 24 ore in terra magiara.

Vorrei chiudere questo post con una conversazione avvenuta tra me e Nonna Materna ieri prima della mia partenza:

– Te le vuoi portare le noci?
– Nonna che debbo fare con le noci?!
– Te le metti in valigia. O’ spazio o’ tien?
– Ià che faccio, mi porto le noci appresso?!
– Te le mangi dopo mangiato. O Gesù (rivolta a Madre) chist non si mangia due noci dopo pranzo?

Avrei potuto risparmiare un intero post e riportare soltanto questo memorabile dialogo.

Non è che se dichiari guerra al trasporto pubblico puoi gridare “All’Atac!”

(si intravede dietro delle alte mura una grossa cupola) Ehi, dove siamo qui?
– Questa è S. Pietro, oh.
– Dai dai scendiamo qui, su (scrollandolo per le spalle).
– Oh? (infastidito)
– Sì dai – schioccando la lingua* – qui ci sono i marocchini e io devo contrattare per una borsa.


Perché mai nei libri, quando qualcuno parla, deve sempre schioccare la lingua? Voi schioccate la lingua spesso mentre parlate? A me non succede, sono forse anormale?
La ragazza comunque non ha schioccato la lingua, l’ho scritto per capire che effetto e che tono desse al discorso ma il risultato non è stato come speravo.


Quelle riportate sono le uniche parole che sono riuscito a comprendere. Il resto del tempo loro e altri due ragazzi hanno parlato esprimendosi in pugliese stretto. È una dialetto che economizza sulle vocali: in pratica è come recitare un codice fiscale.


DIDASCALIA LINGUISTICA
Credo sia inesatto da parte mia parlare di un dialetto pugliese, viste le varianti esistenti dal Gargano al Salento: credo che quello che parlavano i 4 fosse foggiano.


Non avevo mai considerato S. Pietro come meta di pellegrinaggio del falso. Si apprendono sempre cose nuove nei momenti inaspettati, come accadutomi alle 14 di un attivo lunedì pomeriggio.

I mezzi dell’Atac non sono stati, a dire il vero, molto attivi. La metro A era interrotta mentre gli autobus procedevano come una canzone di Tullio de Piscopo: ad andamento lento. Persone che inveivano, individui rassegnati, turisti smarriti che pretendono di fare il biglietto a bordo come se stessero a casa loro. Qualcuno mi pesta il piede e mi chiede scusa, io con un cenno della mano e un sorriso do la mia assoluzione: le mie dita sono diventate come le antenne delle lumache, appena percepiscono il pericolo si rattrappiscono all’interno della scarpa piegandosi su sé stesse ed evitando il pestaggio.

L’aumento della densità interna dei mezzi quest’oggi ha portato a un incremento di personaggi interessanti come i foggiani che ho citato sopra.

Una signora cinese si reggeva in piedi aggrappandosi con una mano alla maniglia e con l’altra al pantalone del marito, ad altezza del pene o quantomeno dove avrebbe potuto trovarsi se l’uomo avesse l’abitudine di sistemarlo da quel lato. Al che mi sono chiesto: la signora cercava il pene del marito? Sapeva oppure che quella zona fosse libera e riteneva lecito aggrapparvisi? In ogni caso il signore e i suoi pantaloni non facevano una piega, io intanto ho distolto lo sguardo attirato da un folle che, sceso dal mezzo, ha tirato un calcio contro una paratia non so per quale motivo.

Sull’autobus delle 20 un anziano signore ha cominciato a parlarmi dopo che gli ho ceduto il posto. Ha esordito spiegandomi dei problemi intestinali e circolatori che lo portano a dover camminare molto durante il giorno, per poi raccontarmi – dopo che avevo dato delle indicazioni a due turiste straniere – dell’importanza di conoscere le lingue. Ha concluso infine raccomandandomi di fare attenzione a ciò che scrivono sui libri perché non sempre dicono la verità: lui tutto ciò che sa l’ha invece appreso dalla gente e dalla strada, perché a scuola c’è stato poco. Mi ha spiegato che mentre era in terza elementare il suo istituto fu bombardato durante la guerra e non ci tornò più.

Tra i due autobus ho incrociato una ragazza inglese che su un polpaccio aveva il tatuaggio del Tardis del dr Who.


Se non sapete di cosa sto parlando, correte a farvi una cultura. Meglio Tardis che mai.


Infine, su un altro autobus ancora, il primo della giornata, tra la folla in attesa sulla banchina ho inquadrato una ragazza che ho ipotizzato potesse essere napoletana. Quando l’ho sentita parlare, ho avuto conferma: era napoletana.

Ciò mi porta a stendere (con un gancio destro) un’altra teoria estetica dopo quella delle nanerottole svampite: noi napoletani siamo un gruppo etnico a sé stante e siamo riconoscibili ovunque. Mi è successo in molti luoghi, a Roma, a Bologna, a Milano, a Parigi, a Londra e anche a Nikko (Giappone): quando inquadravo qualcuno ponendo una scommessa con me stesso sul fatto che fosse napoletano, indovinavo sempre.


È una delle poche scommesse che vinco con me stesso, perché per il resto ho accumulato pesanti debiti di gioco e non so come ripagarmi.


Mi chiedo se sono riconoscibile anche io. Ricordo a proposito della riconoscibilità la maestra alle scuole elementari mi diceva “ti fai sempre riconoscere” e io non capivo cosa volesse dire perché mi conoscevano già quindi per cosa avrebbero dovuto riconoscermi? Ma questa è una storia che non riguarda l’Atac quindi non la riconosco.

In questo periodo molta gente ha problemi di elezioni

Già da qualche settimana è cominciata la seccante questua di elemosina del voto da parte di umili candidati che, vestiti di miseri cenci e tante buone intenzioni, si presentano da te, elettore, a chiedere il favore – se nulla ti costa, ovviamente – di donar lor il tuo voto.

Le richieste di voto che ho ascoltato sono precedute da una premessa standard “lo so che sei già impegnato, ma debbo comunque chiedertelo”.

Innanzitutto, chi ti ha detto che io sia un elettore?
Magari potrei essere stato privato del diritto di voto ed il fatto che tu venga a chiedermi di votare per te senza prima sincerarti della mia possibilità di entrare in una cabina elettorale potrebbe rivelarsi un gesto insensibile!
E io dovrei votare una persona così poco attenta ai nervi scoperti altrui?!

Secondo: cosa ne sai che io sia già impegnato? La tua presunzione di conoscere il mio stato politico è offensiva!

Terzo: se in ogni caso sai che sono impegnato, perché allora chiedi? Stai sconfessando la tua presunzione di poco fa: e io dovrei votare per qualcuno che si contraddice un secondo dopo che ha fatto un’affermazione?!

Il mendicante si nasconde ovunque. Perché se una persona non è candidata, magari potrebbe averne uno in famiglia e andar a mendicare per conto suo. Ricordo quella volta, credo fosse il 2000, che mi telefonò la mia insegnante di lettere delle scuole medie. Rispose mia nonna, al che lei chiese proprio di me e poi, dopo essersi informata su come stessi e come andasse il liceo, chiese di poter parlare con Madre. Il motivo era elemosinare il voto per il marito, candidato sindaco. Un triplo giro mortale, dal candidato, alla moglie, allo studente, all’elettore!

Ma a regalarmi sempre soddisfazioni è Facebook. Invidio l’ottimismo di coloro che postano link e che te li inviano anche privatamente. Vorrei dimostrare l’inutilità a prescindere di tale attività:
– se ho già in mente di votare come suggerisci tu, è inutile che mi invii il link;
– se non ho intenzione di votare come suggerisci, credi che io possa cambiare idea semplicemente perché mi è arrivata una notifica su fb e io, cascando dal pero, esclamerò oh ciuelo, come ho fatto a non pensarci prima, meno male che sono ancora in tempo per rimediare, grazie a dio esiste facebook?

Comunque io non ho problemi di elezioni, si sappia: parlavo in generale!

La signora indossa capi di lino. Ma come: mette vestiti di un maschio?

In allegato: consigli per essere perfetti conversatori

Puntata II della telenovela Io e la mia Pdc (vedasi post precedente).

Innanzitutto ringrazio l’artista trascendentale ysingrinus e il suo tutorial per la postura digitale, che mi ha aiutato ad assumere un’aria di autorevole saccenza.

Come avevo avuto modo di intuire dalle mail e dalla telefonata, PdC è molto esperta nella conversazione ampollosa e retorica, una tecnica in cui mi sto impratichendo anche se il mio scopo non è essere uno specialista ma un duttile giocoliere di qualsiasi tipo di conversazione, da quella con le ricche e aristocratiche signore PdC a quella col black blogger che minchia frate stai tranzollo perché cioè dobbiamo spaccare tutto perché cioè wordpress.

Consiglio I – Occorre elasticità mentale e flessibilità linguistica.

Amabili e ampollose conversazioni nel secolo decimonono

Per raggiungere PdC percorro una stradina immersa in tantissimo verde, arrivo in un residence presidiato da un custode che non ti lascia passare se prima, come fosse un perfetto maggiordomo, non ha provveduto ad annunciarti. Le megaville dei residenti all’interno del residence sono cinte da muri in mattoni rossi, alte siepi e/o alberi che creano delle bolle di verde in modo che nessuno possa vedere nel giardino dell’altro. Così si risolve l’annoso problema del confronto con l’erba del vicino: non c’è che dire, i ricchi ne sanno una più del diavolo.

A proposito di erba, mentre conversavamo io e Pdc un giardiniere era all’opera nella villa di fianco. Quando il rumore del tosaerba è cessato, Pdc ha tirato un sospiro di sollievo:
“Ah, finalmente. Sa, qui siamo abituati al canto degli uccellini tutto il giorno e quindi al minimo rumore uno pensa oddio ma che succede! Ah ah ah ah (risata finta)”.

Consiglio II – La risata finta è sempre un buono strumento, ma va usata con parsimonia e attenzione. Altrimenti si rischia di essere come quei pessimi comici che mentre recitano il loro sketch ridono da soli alle proprie battute per invogliare il pubblico alla risata.

Andiamo con ordine: all’ingresso nella villa sono stato accolto da questa donna dall’età intorno ai 55 anni, dai lunghi capelli d’argento, il fisico asciutto e vestita interamente di lino bianco: era la signora PdC in persona. Ho avuto l’impressione di ritrovarmi di fronte l’adepta di una setta parareligiosa. Non so perché ma i membri di una setta li immagino sempre magri, con la pelle liscia, vestiti di lino bianco.

Come dicevo, PdC è esperta della conversazione ampollosa e retorica:  una persona così per esprimere un concetto userà locuzioni articolate e complesse che impiegheranno il quintuplo del tempo normale.

Ma tutto ciò che mi ha detto era sintetizzabile semplicemente così: loro non vogliono esporsi a problemi fiscali o legali, vogliono un contratto ma non sanno da chi farlo scrivere perché il famoso avvocato che l’ha fatto a titolo di favore non è reperibile. Mi ha chiesto se avessi io contatti di fiducia, ho negato categoricamente.

Ho evitato di riportare parola per parola la conversazione perché avrei bisogno di fare altre tre puntate di questo post, dato che anche io mi ero adeguato ricorrendo alle locuzioni articolate.

Consiglio III – Sintonizzatevi sul registro linguistico dell’interlocutore, ma non copiatelo: siate simmetrici, siete artisti della conversazione, non scimmiottatori.

Così, per spiegare che io sarei anche pronto a fare le valigie e togliere le tende perché non voglio restare a certe condizioni, ho usato queste parole (non invento nulla, mi sono espresso proprio così):
Ecco, avevo premura di far presente a lei e la sua famiglia che onde evitare di porvi in uno stato di disagio con la reiterazione di pagamenti monitorabili ma non legalmente giustificabili, nel caso non si giungesse a una soluzione che sanasse la situazione mi dichiaro pronto a congedarmi in via anticipata.

Abbiamo concluso che parlerà con Marito sia riguardo il poter giungere a stilare un nuovo contratto sia riguardo quest’ultima cosa e mi farà sapere.

Detto ciò, si è concessa una decina di minuti a delle chiacchiere generiche. È buona norma, tra conversatori, dedicare infatti un po’ di attenzione alla chiacchiera generica. Dovendo evitare argomenti che possano creare conflitti o urtare la sensibilità, come politica, religione e via dicendo, in genere si discorre del tempo, ad esempio. Altro argomento molto in voga è “la situazione italiana odierna”. Che non va specificata aggiungendo chissà quale altro commento, basta buttare lì la frase e qualsiasi persona troverà qualcosa da dire al riguardo, sulle opportunità per i giovani, sulla ricerca, sulla burocrazia…ci sarà sempre qualcosa da dire sulla “situazione italiana”. Essendo PdC maestra della conversazione formale, mi ha anticipato e ha tentato tre volte di introdurre l’argomento accennando alla “situazione italiana”. Io non ho raccolto l’invito né la prima né la seconda volta e non mi sono agganciato al discorso. Ho atteso la terza per dar modo di far capire che non era lei a introdurre la chiacchiera generica, ma ero io che decidevo quando sarebbe stato il momento.

Consiglio IV – Abbiate sempre pronta la chiacchiera generica e non fatevela soffiare.

In conclusione, in trasferta su un campo difficile e con un avversario ostico non ho concluso granché riguardo la mia situazione abitativa (se non il far presente che sarei orientato ad andarmene al più presto) ma riguardo la conversazione ampollosa e retorica ho riportato un bel pareggio a reti inviolate.

Il mio mito resta comunque costui e spero un giorno di poter raggiungere tali vette artistiche.