Non è che un esame ti riempia di fiducia perché ti dà il credito

Giovedì ho sostenuto l’ultimo esame. Ora manca solo il tassello finale, la seduta ad aprile (certo, in mezzo ho una tesi da completare).

È una bella soddisfazione e anche una liberazione. Anche perché questo esame l’avevo rimandato a lungo: doveva essere il primo, poi pensai di riprovarlo l’anno successivo (cioè l’anno scorso), e, alla fine, è diventato l’ultimo.

Mi sono reso conto che portare avanti un percorso di laurea, per il me stesso attuale, è un po’ faticoso.

Fin quando si tratta di preparare esami in forma scritta, ricerche, presentazioni, tesine eccetera riesco a conciliare l’attività con il resto della mia vita, anche perché per scrivere qualcosa basta anche una mezz’ora al giorno. Tra l’altro, come ho già raccontato su questo blog, mi capita durante il giorno mentre sto facendo altro di pensare a quel che devo scrivere – sia un post di cazzeggio qui sopra o una ricerca – e, quando mi metto davanti al pc, devo solo trascrivere quel che avevo in mente.


Delle volte appartenere alla specie dei rimuginanti, quelli col cervello diviso in omaso, abomaso e rumine, ha i suoi vantaggi.


Prendere in mano un libro da 600 pagine da conoscere a fondo mi è invece impegnativo. Tra il lavoro, lo sport, la gestione di una vita di coppia e di una casa, non basta aprirlo per mezz’ora al giorno come fosse un testo di narrativa. Mezz’ora mi serve giusto per concentrarmi, mi ci vorrebbero 3 ore in cui avere la certezza e la tranquillità di non avere altro da fare. Cosa che, mi son reso conto, attualmente non ho.

È quindi per questo sono ancor più soddisfatto del risultato. Nel 2020 quando decisi di prendere una seconda laurea, in storia, lo feci un po’ per sfida, un po’ per hobby, un po’ per passione. Un po’ perché se a settembre di ogni anno non inizio qualcosa mi sento demotivato. Non nascondo a tratti mi sia stata di peso questa scelta, per il discorso di sopra. Però sempre meglio far qualcosa che piace che ricevere un calcione, diceva il saggio, quindi il senso è: non ti lamentare o riceverai un calcione.

Diciamo però che studiare lo metto nella lista delle “Cose divertenti che non farò mai più”. Per ora.

Non è che ti serva la colla per applicarti

In quanto figlio degli anni ’80 ho vissuto un’infanzia in cui supereroi e videogiochi erano qualcosa da sfigati. Raccontare di considerarli come propri hobby equivaleva a un’ammissione di scarsa vita sociale. Se dicevi di preferire startene a casa ti guardavano in modo strano. Oggi a vedere i film Marvel ci va chiunque e un qualsiasi ragazzino ti considererà uno sfigato se non sai cosa siano Fortnite, Minecraft o CoD.

Qualche settimana fa parlavo con un amico che organizza da quasi vent’anni una rassegna di cinema d’autore. Affermava che secondo lui il cinema sta andando verso la morte. Ha sempre la tendenza a parlare con toni apocalittici di qualunque cosa e credo l’ultima volta che abbia guardato alla vita con ottimismo sarà stato all’ultimo scudetto del Napoli.

Però questa volta mi sa che ragione ne ha. La pandemia ha accelerato un declino. Le sale non si riempiono più. Leggevo un commento, a caso, sotto un articolo sulla crisi dei cinema, di un tizio che diceva “Preferisco stare a casa sul divano”.

Ecco. Vent’anni fa “preferisco stare a casa sul divano”, come accennavo, era un atto coraggioso che andava incontro al giudizio altrui. Oggi, invece, è la normalità.

Certo, a casa ti puoi alzare quando vuoi, ti stendi, parli.

Due delle azioni che ho elencato sono a mio avviso sindromi di un deficit di attenzione. Non è più concepibile nell’homo applicans (cioè l’essere umano che si dedica a fare un sacco di cose, tutte male) l’idea di stare fermi e dedicarsi a una singola attività per un tempo prolungato. Magari anche in silenzio. Mi vengono in mente quelli che dicono «Non riesco a leggere». Apri il libro e mettitelo davanti agli occhi: è un buon inizio.

Anche io, già distratto di mio di natura, vivo saltando da una cosa all’altra. Con tutte le conseguenze del caso: per dire, ormai sono oltre l’entrare in una stanza e dimenticarmi il perché di averlo fatto. Mi dimentico proprio di entrare nella stanza.

Voglio provare a fermarmi. A tornare a ragionare di più sulle singole azioni. A fare esercizio di consapevolezza. E se magari il cinema non muore, pure sarei contento.

Non è che se i tuoi amici hanno reazioni esagerate allora sono una compagnia teatrale

Sono momenti particolari alla Spurghi&Clisteri SpA dove io lavoro.

Per dire, c’è uno che impiega il tempo libero con il teatro e la recitazione ma in concreto si comporta come se fosse il lavoro a essere il suo hobby. Comparirà anche in una particina in una popolare soap. Sono ansioso di vederlo perché dicono sia bravo. Al che forse penso di capire, magari sta soltanto recitando di lavorare con noi.

Ci sono poi momenti di paranoia inconsulti, come quando, scherzando, ho detto alla ragazza del Servizio Civile chi glielo fa fare di presentarsi, se ne stesse pure a casa. Dopo, con apprensione, sono stato ripreso perché “Non bisogna dire ai ragazzi del SC che se ne possono stare a casa, loro poi ci credono e se qui viene un controllo poi ci tolgono la convenzione…”.

Io da quando sto qua l’unico controllo che ho visto è quello effettuato dalla tizia della macchinetta del caffè in comodato d’uso che viene a controllare che le versiamo la quota mensile.

Poi avverto ogni tanto la sensazione di un controllo della prostata non richiesto quando ti sbolognano all’ultimo momento cose sgradevoli ma questa è un’altra storia.

Necessiteremmo invece di una visita di un qualche ispettore della sicurezza sul lavoro, viste le condizioni in cui versa la sede. Se non altro per il livello di umidità che trasuda dalle pareti – siam al di sotto del livello del mare che è lì a 200 metri, ho chiesto di diventar enclave dei Paesi Bassi – e che mi ha causato diversi malanni in tutti questi mesi. Non voglio accampar scuse, sono sempre stato di salute cagionevole e irragionevole ma credo qui si sia superata la soglia di ragionevolezza.

Se chiedi su (e con su intendo sempre dirigenzialmente e geograficamente) ti rispondono di cercartene una nuovo, loro senza problemi provvederebbero a prenderla in affitto. Purché rispetti tutti i requisiti di sicurezza e abbia l’accesso per disabili e i bagni a norma  (tre bagni e non uno solo come ora) e l’impianto di aerazione e deve essere visibile fronte strada, insomma tutte le cose che qui attualmente non ci sono.

Riassumendo:

– Abbiamo una sede non a norma
– Per averne una nuova debbo cercarmela io
– Deve soddisfare tutti i requisiti e anche più sennò niente

Ho capito perché il tizio di cui sopra recita: siamo nel teatro dell’assurdo.

Se il proprietario di casa è triste vuol dire che paghi l’afflitto?

Le vacanze son finite ed è tempo di resoconti. In particolare, avendo trascorso il soggiorno per la terza volta di fila con Airbnb, credo sia tempo di fare un piccolo bilancio della mia esperienza con questo sito.


COS’È AIRBNB?
È un sito tramite il quale potete trovare un alloggio per le vacanze, dalla singola stanza a un intero appartamento, il tutto messo a disposizione dagli iscritti. Per non incappare in fregature è bene controllare foto e recensioni, poi dal momento in cui prenotate vi viene bloccato dal sito l’importo del soggiorno sulla carta di credito, ma verrà effettivamente versato a chi vi ospita solo 24h dopo il check-in.


Non so che tipologia di persona possa essere uno che affitta la casa in cui vive a un estraneo lasciandogli le chiavi. Per quelle che sono le mie esperienze – tre, come dicevo – bisogna essere secondo me persone un po’ stravaganti.

La mia prima esperienza fu nel 2013, a Berlino, a casa del buon Sebastian, che affittava la propria stanza mentre lui dormiva invece sotto un ponte nel camper di famiglia.

Non sto scherzando: abitava sotto un ponte della S-Bahn. Una volta gli chiesi il perché, lui disse che era andato a Bonn a vivere con la ragazza e a lavorare e nel frattempo la casa – che appartiene alla famiglia – la affittava, poi la love story finì e quindi è tornato a Berlino ma ha continuato ad affittare la casa (“sossoldi“). Aveva una bandiera gigante del Partito Pirata tedesco all’ingresso e durante il giorno capitava di trovarlo in cucina perché utilizzava il wifi di casa che gli serviva per lavorare (all’estero pare vada alla grande il telelavoro).

Il secondo fu Ivan di Bruxelles l’anno dopo: un tipo abbastanza anonimo e con l’aria afflitta come uno che ha ricevuto una inopportuna cartella di Equitalia. Sicuramente divorziato – c’era una stanza per bambini tenuta in ordine e completa di tutto, tranne che di bambini, presenti solo nel week end -, aveva una bella casa, con tanti libri sull’arte e un pianoforte d’epoca. Ma la cosa più interessante è che aveva piazzato nel proprio studio un’amaca giusto in mezzo la stanza. Non ho capito di cosa si occupasse, una volta scambiando due parole gli chiesi cosa stesse facendo, lui disse sto scrivendo la tesi per il mio master. Gli chiesi di cosa si occupasse come lavoro e lui fece vari versi che potremmo traslitterare in buuh beeeh pffff prima di dire no è troppo avvilente per parlarne. E non ho più affrontato l’argomento.

All’epoca poi sul mio profilo Airbnb avevo questa foto di Kurt Cobain:

Lui pensò fossi io, perché quando prenotai per me e un amico mi chiese: il tuo amico è il gatto? e io pensavo fosse una battuta. Se non che, quando ci incontrammo disse: Ah, non ti riconoscevo, hai tagliato i capelli.

Non sono stupito del fatto che fosse divorziato, ma che avesse trovato una moglie.


Per la cronaca: non c’è alcuna somiglianza tra me e KC e penso sarebbe più facile scambiarmi per uno dell’ISIS.


Infine quest’anno è stato il turno di Elizabeth la viennese, 32 anni, che affitta casa mentre lei va a farsi ospitare dal ragazzo. Aveva il frigo pieno di cose bio-vegan e l’appartamento era caratterizzato dal fatto di non avere mobilia. Nel salotto c’erano un divano e un tavolo e nient’altro: incassata sotto le finestre c’era un minilibreria contenente di tutto, dalle spezie ai soprammobili alle piante. Tutto tranne i libri, che occupavano invece la parete opposta, impilati da terra l’uno sull’altro contro il muro. Si alternavano volumi sulla storia della musica, libri di economia, guide (tipo “impara lo yoga in 10 minuti” o qualcosa di simile) e biografie come quella di Kurt Cobain.

La camera da letto era in linea con il non-arredamento del salotto: al posto di armadio o cassettiere, aveva una libreria Ikea fatta a scomparti quadrati in cui riponeva alla rinfusa tutti i propri abiti. Sulla parete opposta, appesi a dei ganci appendiabiti non c’erano ovviamente dei soprabiti – che senso avrebbe, in una casa dove era tutto al contrario! – ma c’era invece in bella vista tutta la sua collezione di reggiseni: ai quali confesso di aver gettato un’occhiata di sfuggita, constatando che la ragazza avesse buon gusto ma che fosse anche un’ingannatrice perché alcuni sembravano palesemente imbottiti.

Non vedo l’ora di partire per una nuova vacanza e scoprire chi mi ospiterà! Sarà un allevatore di cicale che per hobby suona il fagotto? Una stilista per giganti che in soggiorno ha un baobab? Lo scopriremo solo viaggiando.

Lui piantò una ragazza, ma non attecchì per via del terriccio.

Il mio coinquilino resta per me fonte di curiosità e riflessione.

Breve riassunto delle puntate precedenti:
Il nostro eroe Gintoki si è trasferito nella ridente-e-a-volte-piangente-e-a-volte-né-l’una-e-nell’altra-ma-solo-il-lunedì-mattina Roma. Ha una accogliente stanzetta e un confortevole bagnetto in un appartamento dove vive un placido e tranquillo 45-50enne.

Non ho ancora ben capito cosa faccia di preciso nella vita, se non che sia una sorta di produttore, regista occasionale, curatore di festival cinematografici. Ma in sostanza sulla carta d’identità mi chiedo cosa abbia scritto. Probabilmente “artista”: come faccio a dirlo?Beh, come tutti gli artisti si sveglia la mattina quando gli pare e si avvia al lavoro non prima delle 10 e poi torna a casa sempre quando gli pare. Ditemi chi se non un artista ha simili flessibilità orarie!

Vive a base di Saikebon (che per chi non lo sapesse sono i noodles istantanei che per scelta commerciale hanno chiamato “nudolini”, che a me tale nome fa pensare a tutto tranne che alla pasta), eppure ha una dispensa e un frigo pieni di roba, tanto che ogni volta provo vergogna per il mio ripiano semivuoto e decorato da un limone rinsecchito, due uova e una busta di pomodori. Composizione che forma una natura morta, anzi, putrescente.

È germofobo peggio di me. Quando sono risalito su, portandomi dietro un bel raffreddore, e ci siamo incrociati in casa, mi ha chiesto, un po’ preoccupato: Ma è solo raffreddore o una qualche forma influenzale? Quando gli ho detto che era un banale raffreddore si è rasserenato.

L’altra sera ci siamo incrociati in cucina: non ci becchiamo molto per casa, a parte sporadici attraversamenti di stanze accompagnati dal suono di un Ciao come va? che l’eco di un corridoio fa sembrare un discorso molto più lungo.
Butto lì qualche convenevole perché mi pesa il silenzio quando si condivide uno stesso spazio per più di 10 secondi.
Io: (mentre lavo una tazza e un bicchiere) Tutto bene?
– Tutto bene, grazie.
– Sai, ieri ho seguito il tuo consiglio, ho approfittato del giardino e del sole e mi son messo lì a lavorare al portatile.
(sorridendo) Ah, mi fa piacere tu abbia gradito.
– (non so come ma ho risporcato la tazza e mi tocca rilavarla quindi debbo continuare a parlare) Poi all’improvviso è piovuto un pallone dal cielo, non m’ha preso per poco (c’è un campo sportivo dietro casa).
– Ah sì? Ma tu pensa. L’hai ributtato dall’altra parte, immagino.
– Sì. Fortuna non ha colpito le piante.
– Eh, purtroppo capita, ogni tanto trovo qualche pallina da tennis che ributto di là, poi ho un pallone bucato nel ripostiglio…ah hai visto che la peonia è in fiore?
– Ehm…quale è la peonia?
– È impossibile tu non l’abbia vista, vieni, te la mostro.

Confesso e ammetto tutta la mia ignoranza botanica e floreale, ma io so distinguere solo ortensie, rose e margherite. Tutto il resto per me è classificabile come
1) pianta
2) bella pianta
3) pianta con fiore

Bene, fatto sta che dalla peonia è stato poi un buon venti minuti a illustrarmi le piante del piccolo (ma verdeggiante) giardino, con dovizia di particolari. Probabilmente non parla molto dei suoi hobby privati e aveva voglia di condividere.
Mi son chiesto se ne parli alle donne. Perché in tutto questo, mentre io lo ritenevo un asessuato, lui sembra invece non esserlo, almeno a giudicare da una sera in cui sono rientrato a casa e lui cenava con qualcuna in salotto.

Poi non so che fine abbia fatto questa, non si è più rivista per casa. Forse, visto il pollice verde, l’avrà piantata.
Ebbene sì, anche questa volta, caro lettore, tutto il post mirava ad arrivare alla battuta del titolo.

La gigantesca scritta IKEA

Per andare dove devo andare, per dove devo andare?
Le strade sono due, o l’autostrada o la provinciale, dove, strano a dirsi, si risparmia tempo, oltre che il pedaggio.

Quando arrivo al bivio dove l’autostrada si biforca verso due direzioni diverse – nord/sud -, vedo svettare la gigantesca scritta IKEA. Di sera l’effetto è ancor più suggestivo, da lontano vedi approssimarsi questo bagliore giallo che ti indica la via: la cosa ha un che di mistico. Venite a me, venerate la divinità nordica. Organizzo le vostre vite, sono presente nella vostre case e di tanto in tanto vi faccio anche tirare qualche bestemmia per una vite fuori posto.

Ma sì, quasi quasi mi converto anche io e mi dedico a ristrutturare la mia anima, perché in fondo la casa è come un corpo e la mobilia che c’è dentro sono gli organi e, se qualcuno ci vive dentro, c’è un’anima.

E magari faccio spazio gettando ciò che non serve lungo la provinciale – quella che mi fa risparmiare il pedaggio – che passa poco lontano di lì.

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(notare la mia splendida camicia a quadretti)

Prima di postare le foto ho pensato: che immagine poi do ai lettori che abitano a Vergate sul Membro? Penseranno che qua viviamo nei rifiuti e siamo dei selvaggi incivili?
Poi ho pensato ancora: non so gli altri ma qua io vivo nella pulizia, il problema – caro lettore di Vergate – è che c’è anche chi vuole stare pulito sotto casa propria e preferisce allora nascondere lo sporco altrove, perché non è mica tutta colpa della camorra, io non credo infatti che sia sempre il Boss del Clan di Staminchia (Scissionista del Clan Stocazzo) a prendere il cesso – che non ho immortalato per buongusto – di casa propria e andarlo a gettare per strada. E il problema è che finché non ce l’hai sotto il naso va tutto bene, infatti nessuno si incula se questa strada è in queste condizioni, tanto non ci abita nessuno, ci son solo campi coltivati a tabacco e piante da frutta. Chissà dove andranno a finire mai questi prodotti, quindi perché preoccuparsi?!

Occhio non vede, cuore non duole.

È lo stesso ragionamento di chi vuol riaprire le case chiuse perché “almeno non si vedono certe cose per strada”. “Certe cose” (pensavo fossero esseri umani, non “cose”. Grullo io) io le vedo quando ritorno a casa la sera: un vialone dritto dove lateralmente scorrono via davanti ai miei occhi le operatrici del sesso. Vari clienti si fermano a chiedere il tariffario, scegliendo la donna che più incontra i loro gusti.

Per quanto mi riguarda io penso che del proprio corpo una persona possa fare quel che gli pare, purché gli sia data libertà di scelta e sia messo in condizioni di sicurezza, la propria e quella del prossimo. Vale in qualsiasi campo, dal sesso allo sport, dagli hobby al lavoro e così via.  Ma che devo sentir dire che bisogna togliere “certe cose” dalle strade solo perché così siamo tutti contenti che non le vediamo, mi fa girare la mobilia.

(le foto comunque non le ho prese per “bellezza” ma per girarle alla Polizia Locale. Come se non sapessero bene anche loro cosa accade)

Lucca Comics #2

Dov’ero rimasto? Ah, dovevo raccontare la seconda parte del mio viaggio.

Vorrei cominciare da questo tipo qui a destra. Mi ero fermato a fargli semplicemente una foto, visto che era in costume e lui poi mi aggancia mettendomi in mano dei volantini: era uno di quelli che partecipano ai GdR e cercano continuamente adepti. Fatto sta che inizia a parlarmi di cose di cui non mi interessa niente, solo che sembrava così appassionato che mi sembrava brutto interromperlo e sganciarmi. Così me ne sto ad ascoltare tutto il pistolotto, comprese le notizie su un raduno che organizzano non mi ricordo dove, con una lotteria abbinata che al vincitore riserva un buono di 100 euro per acquistare presso la loro bottega, quella che confeziona i vestiti. Vabé, premio per la passione.

La giornata purtroppo è stata funestata dalla pioggia, a tratti piovigginava, a tratti smetteva, poi d’improvviso arrivavano scrosci violenti che facevano tremare i padiglioni del LC. É proprio per cercare rifugio dalla pioggia che io e la mia ragazza ci siamo infilati in un padiglione e, cercando posto per sederci, siamo incappati in una conferenza con Seth Tobocman, di cui, confesso tutta la mia ignoranza, non conoscevo l’esistenza.

Eccolo qui (è quello al centro impegnato a disegnare):

Ad ascoltarlo, a parte noi due, altre persone che credo fossero lì anche loro per lo stesso motivo nostro: trovare riparo e sedersi a riposare.

La pioggia comunque è stato un vero peccato, comunque, che sia arrivata; ma, del resto, se una manifestazione del genere si fa ad autunno inoltrato bisogna aspettarselo. Non per continuare con le critiche all’organizzazione, ma mi chiedo se fare il LC a settembre, con un clima più mite ad esempio, sia tanto una brutta cosa.

Ed a proposito di clima un plauso a coloro che, cosplayers indomiti, nonostante il freddo sfilavano in costumi poco coprenti. Non ho foto di tali eroi ed eroine, ma vi assicuro che ho visto uomini a torso nude e donne praticamente in bikini.

E così passò domenica. Il giorno dopo invece l’abbiamo passato in giro a Pisa, dove anche lì uno scroscio violento di pioggia ci ha innaffiati per bene.

Questo sono io che reggo la Torre, ovviamente essendo arrivati sin lì è doveroso fare il turista sino in fondo e prestarsi a queste pose 😀

Comunque è stata una bella esperienza e l’anno prossimo vedrò di ripeterla, organizzandomi anche meglio (chissà, magari anche un cosplay, l’avevo detto pure dopo il Comicon). Arrivederci Lucca.

Lucca Comics 2010

Mappa Japan Palace

Ebbene sì, dopo tanti anni che desideravo andarci, quest’anno finalmente ci sono riuscito ad andare al Lucca Comics. Ho temuto sino all’ultimo che qualche imprevisto mi impedisse di andarci, a cominciare da quando, ad un mese dalla partenza, qualcuno (che sicuramente starà leggendo ) aveva per sbaglio annullato la prenotazione della camera. Poi per fortuna si è riusciti a sistemare tutto. Il giorno dopo questo fatto, la fortuna ha proseguito ad assisterci, permettendomi di trovare gli ultimi due biglietti per il viaggio di ritorno (il 2 novembre mattina) con la promozione autunnale (19 euro l’uno).

Il tempo poi è volato e subito si è fatto 30 ottobre, giorno di partenza; non è volato invece il tempo nel treno, che da Napoli è partito con 25 minuti di ritardo, che sono lievitati a 50 una volta arrivati a Pisa (sede del nostro alloggio). A Roma scendono le nostre compagne di scompartimento, due cinesi silenziose e due ragazze addormentate. Acquistiamo invece due famiglie con tre marmocchi al seguito. Non è stato un cambio vantaggioso. Il più grande dei tre (6 anni al massimo) mi ha riempito di calci per tutto il viaggio. Quando una delle mamme ha chiesto scusa per il fastidio io, con una ipocrisia da Guinness, ho esclamato ma no, sono tranquilli.

Abbandonate le piccole pesti, scendiamo a Pisa che sono quasi le 14. Tenete presente che alle 16 dovevamo essere al Japan Palace per la sfilata gothic lolita. Perciò ci si sistema in fretta e furia, si prende il regionale Pisa – Lucca delle 14.50 e si fa una corsa fare i biglietti ed arrivare in tempo al JP. Anche se per attraversare il centro di Lucca non ci vuole molto, comunque la stazione di arrivo ed il Jp si trovano a due estremi opposti della città. La cosa divertente è che pure avendo dietro la mappa con indicate le biglietterie sbaglio pure strada e mi ritrovo a camminare sopra la passeggiata delle mura, dove sarei rimasto se non avessi chiesto indicazioni.

Per il ritorno Lucca-Pisa cominciano invece le note dolenti: siamo alla stazione  prima delle 19 e riusciamo a prendere il treno solo alle 20:20 passate: ne abbiamo persi due nel frattempo, uno è troppo pieno e la polizia non fa salire più le persone, un altro arriva ma si ferma lontano dal grosso della gente (ci saranno state centinaia di persone ad aspettare il treno) e per giunta – la cosa più ridicola – è che questo treno aveva solo due vagoni. La cosa più indisponente è che poi ti passavano davanti treni per altre località praticamente vuoti, con una decina di vagoni e per giunta a due piani! Organizzazione zero da questo punto di vista.

Basta ragionarci su: ogni anno succede questo, quindi non si può dire che sia inaspettato. Inoltre, penso sia prevedibile anche il fatto che la tratta Lucca-Pisa sia la più frequentata, per il semplice motivo che chi non trova alloggio a Lucca si rivolge alla città immediatamente più vicina. É possibile che non potenzino i trasporti? Avere treni ogni mezz’ora nelle fasce di punta è troppo poco, come per giunta è ridicola la scelta di mandare dei trenini con pochi vagoni. Colpa di Trenitalia? Anche, ma Trenitalia sostanzialmente se ne sbatte, devono essere gli organizzatori, il Comune, la questura o chi per loro a sollecitare un potenziamento dei trasporti in occasione dell’evento. Per dirne una, quando ci sono partite di calcio in trasferta con molti tifosi al seguito, non vengono riservati treni speciali ai tifosi?

Comunque, morale della favola, il treno è arrivato quasi alle 22 a Pisa, dopo esser rimasto fermo per un’ora a San Giuliano Terme. Ad un certo punto pensavo di passare la notte lì e non sarebbe stato molto piacevole: in piedi, stretti come sardine e con un caldo infernale.

Il secondo punto a sfavore riguarda le biglietterie: è possibile che il 2° giorno, per chi ha l’abbonamento e deve cambiare il braccialetto c’è un’altra fila da fare? Tra l’altro arrivati nella piazza non c’era un cartello che indicasse quale fila fare, se quella per i biglietti/abbonamenti o quella per i braccialetti. C’era uno dello staff che si sgolava urlando le indicazioni appeso ad una parete : è mai possibile?

A parte questi inconvenienti, per quello che ho visto mi è piaciuto molto e mi dovevo trattenere dal cercare di comprare qualsiasi cosa mi capitasse a tiro. Alla fine sono tornato con un  Maneki Neko (ecco il mio qui a sinistra), un Roy Mustang ed una katana.

Per la seconda parte del racconto lucchese (che immagino sia molto interessante ed avvincente), scriverò un altro post (che suspense, eh).

 

 

EDIT

Per ciò che concerne le critiche al sistema dei trasporti, debbo segnalare che dopo aver inoltrato un reclamo via email all’organizzazione del LC, ho ricevuto una risposta, cito un estratto della mail

Il nodo della questione è che risulta impossibile (almeno lo è stato finora) trovare un accordo concreto con Trenitalia per ottenere la predisposizione di treni speciali, almeno sulle principali direttrici da e per Lucca.  Tra l’altro, consideri che noi continuiamo a praticare lo sconto di ¤ 2,00 a chi presenta il biglietto del treno, pur senza una convenzione con l’ente ferroviario! (noi lo pratichiamo perchè preferiamo disincentivare l’arrivo a Lucca in auto per evitare disagi e  congestionamenti di traffico).

Da parte nostra, Le garantisco che torneremo immediatamente ad attivarci per risolvere questa annosa questione. Lo faremo con proposte di partnership e sponsorizzazione, in modo che Trenitalia possa trovare un tornaconto che non sia solo lo svolgimento di un buon servizio all’utenza.

Che dire, spero che anche Trenitalia si attivi in tal senso e che l’anno prossimo le cose migliorino. Da parte mia non posso che ringraziare gli organizzatori per la disponibilità.

Regali natalizi

 
Si si lo sappiamo c’è crisi, c’è grossa crisi come diceva Guzzanti portando la parola di Quelo, c’è crisi dappertutto come canta Bugo, quindi questo sarà un Natale all’insegna del risparmio.
Ogni anno si sente dire questo, che sarà un Natale all’insegna del risparmio: o i tg non sanno che dire in questo periodo e riciclano sempre le stesse cose mostrando puntualmente la classica sciura milanese con una pelliccia addosso da mille euro che davanti ai panettoni dice “eh quest’anno per i pranzi si spende meno”, e il coatto romano trentenne davanti ad un negozio che dice “eh quest’anno pochi regali…solo ai genitori, i fratelli, la ragazza, gli amici, i colleghi di ufficio, i compagni di squadra di calcetto, il portinaio, il cognato del portinaio…”, oppure ogni anno andiamo sempre peggio.
 
Ma in ogni caso non si deve dire, non bisogna diffondere questo clima di pessimismo, l’avete sentito il nostro premier, no? Bisogna consumare, spendere, far volare l’ottimismo! come direbbe Tonino Guerra. Certo, se il premier ci firmasse qualche bell’assegno correremmo a spendere, ma non facciamo la solita figura che poi ci dicono che siamo comunisti arraffoni: uscite e andate a spendere, e se volete essere originali potete far regali come quelli presentati di seguito, statene certi che chi li riceverà si ricorderà di voi, lascerete il segno.
 
(o forse il segno lo avrete voi, dopo che il vostro regalo vi sarà tornato indietro scontrandosi con la vostra fronte)
 
 
Tutti gli oggetti presentati qui sono realmente esistenti ed in vendita, purtroppo.
 
 
  • TOILETTE
 La persona a cui volete fare il regalo è uno che ama leggere oppure dedicarsi alla settimana enigmistica in bagno? Fategli unire quindi l’utile al dilettevole, regalategli questa originalissima carta igienica con delle strisce a fumetti!

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 Si chiama Machigai Sagashi, una roba tipo “caccia all’errore”, bisogna infatti trovare le differenze nelle vignette.

C’è anche la versione col Sudoku!

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  • HI TECH

 Questo sinceramente non ho capito a cosa serva, ma è originale, no? E’ un orologio con delle barrette che fanno su e giù, si illuminano…bello, no?

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  • La scrivania accumula polvere, residui di gomma da cancellare, forfora (bleah) che fanno impazzire il vostro collega d’ufficio maniaco della pulizia? No problem, c’è l’aspirapolvere da scrivania, che si collega alla porta usb!

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Il prossimo passo: una mini colf polacca usb che fa le pulizie sulla scrivania!

  • SCACCIAPENSIERI

Dite la verità, siete quelli che quando trovano la carta da imballaggio con le bollicine si divertono a farla scoppiare? Ci rimanete male quando finisce il giochino? Nienta paura, con questo portachiavi potrete andare avanti all’infinito, fate scoppiare le bollicine…che poi si riformano!

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Roba da andarci al manicomio.

  • BAMBINI

 

Gli orsetti? Naa, oggi i bambini vogliono un bel triceratopo morbidoso nella loro cameretta!

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  • PER LEI

Non può mancare un regalo per far felice la vostra lei, ovviamente. 

 

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Questo non ve lo descrivo. Sarà un porta i-pod da coscia? Ehm, no. Provate ad arrivarci, e soprattutto immaginate le potenzialità della musica, le vibrazioni che trasmette…

AVVERTENZA: Non regalatelo a fan sfegatate della musica metal, ne va della loro…ehm incolumità.