Non è che ti serva un’auto veloce per inseguire la perfezione

Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo.
È il 13 agosto. La camera di un B&b. Lo stesso dove il giorno dopo il cane della proprietaria proverà ad assaggiarmi la tibia (ma il 13 di agosto non sapevo sarebbe avvenuto ciò). È appena uscito il quarto film del Rebuild of Evangelion, nonostante la connessione pessima noi lo guardiamo in streaming da un portatile poggiato in bilico su un angolo del letto (perché lì, in quel punto, si concentrava il segnale wifi). Finalmente, dopo 3 film distribuiti in un arco di tempo di quasi 15 anni, arriviamo al finale del Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo.


Chi non ha mai visto Evangelion o non sa di cosa si tratti troverà le mie parole oscure. Pazienza: non sono determinanti per il prosieguo del post.


Perfezionarsi. È una vita che inseguo la versione migliore di me stesso. La perfezione non è di questo mondo, ne sono conscio. Lei me lo ripete spesso. Eppur vorrei essere sempre impeccabile, esente dal difetto, lindo, fresco di bidet [come la nota ansia materna, non sia mai tu avessi un incidente e ti portassero all’ospedale e poi ti dovessero svestire non trovandoti a posto la canottiera pulita eccetera e fai fare brutta figura, come se in quel momento la cosa fondamentale dovesse essere l’apparenza].

Eppure, ecco, io sbaglio, poi mi sento in colpa, mi pento; accade anche e spesso quando si è tanto vicini, contigui, legati, si finisce sempre poi per cozzare contro qualche spigolo che hai lasciato lì e non avevi visto che era da togliere per perfezionare.

Temo anche l’errore di una mancanza, che è come il batuffolo di polvere lanuginosa che non avevi visto, infido e insidioso. Così, l’altroieri: mi vesto, compiendo come usuale l’operazione sempre a rate. Metti i calzoni bevi il succo lavati la parte sopra (il sotto abbiamo già dato prima di mettere i calzoni, tranquilla mamma!), vai a prendere la polo riempi la borraccia torna in camera a prendere le scarpe.

Lei è lì, materassata, rannicchiata in posizione fetale, una maglietta (presa a un concerto per coprire le spalle dall’aria frizzante di campagna) e i miei pantaloncini. Ammiro la sua perfezione, i miei vestiti con la sua forma, il suo corpo che odora dei miei vestiti che odorano di me e i miei panni che odorano di lei, una è tutto. Devo prendere il portafogli – tanto è vuoto ma almeno la patente credo serva averla in giro (certo che quest’obbligo di avere la patente è una privazione della libertà eh!). In genere a questo punto della mia procedura di vestizione stile Re Luigi lei apre gli occhi e io la saluto, oggi invece no, è stanca – penso. Socchiudo la porta della camera da letto senza darle un bacio, esco cercando di non far rumore per non svegliarla.

Si sveglia in quel momento. «Sei scappato», mi scrive. Ma io ho raggiunto l’auto. Ho la connessione dati staccata, non ricevo il messaggio. La tangenziale è bloccata, una Smart e un camioncino hanno pensato di unirsi in terza corsia [niente conseguenze per gli umani interessati]. Arrivo 35 minuti dopo in ufficio, il mio intelligentofono si collega al wifi della struttura. Lei è preoccupata, pensava ce l’avessi con lei e per questo non l’avevo salutata.

Ecco, la mia idea di perfezionamento personale è anche questo, evitar qualcuno possa star male o soffrire per le mie azioni o dimenticanze o quel che volete, anche in casi come questo dove è stato solo un’equivoco, ma – diamine – è nei dettagli che si vede la perfezione [hanno detto che l’affermava Leonardo ma secondo me non è vero] e io, sincero, voglio darmi al dettaglio. Come un supermercato. Che da me si possa trovare solo convenienza e cortesia.


Comunque guardate Evangelion.


Non è che il barista per lo stupore esclami “Apperol!”

A. mi ha detto che lascia il lavoro.
Lascia la società a Bruxelles per volare a Madrid dal novio (il fidanzato).

Un po’ mi dispiace non lavorare più con lei, seppur a distanza. Dall’altro lato, sono sempre felice di sentire di persone che intraprendono dei cambiamenti.

Credo che il cambiamento sia sempre positivo. Fa bene al cervello, perché ne riceve nuovi stimoli. E più riceviamo input, più siamo in grado di comprendere, di avere una visione del mondo che non sia ristretta alla parete della nostra pagina facebook.

Anche io ho affrontato dei cambiamenti nella mia vita.

Come quando intorno ai 3-4 anni ho smesso di far pipì nel bidet.
A dire il vero non fu un passo totalmente spontaneo e voluto. La spinta venne da qualche sonoro scappellotto genitoriale.

Un’altra svolta importante in giuovine età fu passare dalle mutande ai boxer. Non avere più qualcosa che quando l’elastico si slarga lascia sfuggire il meglio di uomo (cit.)  costringendo a vari contorsionismi per ritrovare l’assetto perduto, migliora in modo sensibile le proprie giornate.

A proposito di Gillette, cambiare rasoio da un comune trilama ai pentalama fusion power rangers dragon ball smise di trasformarmi in Freddy Krueger a ogni rasatura.

A far da contraltare ci fu poi la decisione successiva di far crescere la barba, avendo la forza di volontà di superare la fase iniziale in cui sembra che tu abbia fatto naufragio su un’isola deserta e stia or ora tornando alla civiltà.

Ovviamente non tutte le strade nuove portano a risultati positivi. Ma è l’esperienza quella che conta, perché a suo modo è sempre formativa.

Come quando mi sono trovato in uno chalet in montagna lontano 20 km dalla civiltà e col prosecco per lo spritz che era terminato. Non c’era neanche il wifi. Roba da far imbufalire un Salveo Mattini.

Salveo Mattini con il caratteristico maglione verde infuriato perché gli italiani non hanno come farsi lo Spritz

Salveo Mattini con il caratteristico maglione verde infuriato perché gli italiani non hanno come farsi lo Spritz

A quel punto abbiamo tirato fuori dalla valigia il nostro Veneto – inteso come abitante del – da viaggio (occorre sempre averne uno dietro quando si tratta di alcool, a maggior ragione di spritz) che ha avuto l’idea di prepararne uno con quel che c’era in casa:

– Aperol (almeno la base)
– Birra rossa (…)
– Amaro del Capo (!)
– Acqua (serve come moderatore della miscela, come nei reattori nucleari per evitare che la reazione vada fuori controllo)

Il risultato non è esploso e non ci ha uccisi. Già questo  fu un buon risultato. Non credo però che lo ripeterò mai a casa ma resterò fedele alla ricetta classica.

Come dicevo sopra, è l’esperienza quella che conta.

Non è che il buddhista faccia sempre tutto con karma

Sono in treno. Alla partenza da Napoli il vagone è quasi vuoto. Mi siedo in un’altra fila di posti per stare più largo e comodo: accanto al posto assegnatomi c’è invece seduto un tipo con una camicia orribile.

Arrivati a Roma mi alzo. Bevo un lungo sorso d’acqua e poi getto la bottiglietta sul mio sedile, di fianco al tipo con la camicia orribile. Esco fuori a prendere una boccata d’aria durante la sosta.

Quando rientro, non trovo più la mia bottiglietta. Mi guardo intorno e poi incrocio il mio sguardo con quello del tipo dalla camicia orribile.

– Ah…la bottiglia?
Mi fa.
– Ehm…L’ho gettata…pensavo l’avesse buttata perché era sceso…
Dice giustificandosi.
– No no…era il mio posto.
Dico con un sorriso di circostanza mentre mi siedo.

Certo se ne incontra di gente che non si fa i cazzi propri.


Sono in treno.
C’è un ragazzo accanto a me, è salito anche lui a Bologna. Sembra simpatico, mi ha dato una mano a connettermi col wifi.

Tira fuori un libro e poi mette le cuffie. Io lavoro sul mio notebook, intanto.

A un certo punto dal suo cellulare parte una cover slow version della sigla di Jeeg Robot. Lui guarda fuori dal finestrino noncurante.

Mi viene da ridere. Attiro la sua attenzione dandogli un colpo di gomito. Lui si gira e mi guarda perplesso. Gli indico il cellulare: la musica vien fuori dall’altoparlante.

– Oh cavolo! Io convintissimo…scusami…mi sembrava di ascoltare con le cuffie, non mi ero proprio accorto!
Risponde.
– Tranquillo!
Faccio io.

Certo se ne incontra di gente stordita.


In questi due episodi avvenuti nell’arco di 24 ore non sono io il narratore: dato che sono solito prendermi gioco degli altri, ho pensato di riequilibrare il karma immaginando cosa avranno pensato i miei due vicini di posto in treno di fronte alle mie ‘prodezze’.

Non è che il monarca criticone dia opinioni perché è un re-censore

Un’amica mi ha chiesto il favore di lasciarle una recensione su Tripadvisor per il B&B che gestisce per conto di un amico.

Non essendoci mai stato nella suddetta struttura, se non per cordiali  e conviviali visite di cortesia, mi era quindi richiesto di inventare.

Dopo aver lottato con la mia morale sulla circostanza di contribuire ad alimentare il mercato di false recensioni online e aver convenuto che in fondo è una cosa che fanno anche gli altri quindi tanto vale farlo per chi conosci e sai che fa le cose per bene, classica giustificazione sempre in voga – tutti colpevoli, nessun colpevole -, ho messo a punto una bozza di recensione che vorrei sottoporre alla vostra attenzione.

Ho soggiornato per caso in questa struttura e ne sono rimasto piacevolmente colpito.

Alla reception sono gentili e disponibili: anche se non sono ammessi animali, al mio arrivo mi hanno consentito di tenere in camera il mio gatto a nove code.

Avrei preferito una stanza col bagno in camera, ma non era disponibile, così ho avuto la stanza col bagno in Comune. Ma ho trovato un po’ scomodo andare ogni volta al Municipio per le mie necessità.

Il lavandino perdeva. Poi ho fatto il tifo per lui e si è ripreso.

L’aria non è condizionata da nessuno.

Il wifi è libero e abbastanza veloce per vedere i film porno. Peccato durante il soggiorno io abbia trovato soltanto film dove i registi avevano inserito delle discutibili scene di “buffering” nel video.

Il letto è abbastanza comodo, anche se quando mi ci son sdraiato ha perso una vite. Non sapevo come rimetterla a posto e così ho passato la notte sveglio a interrogarmi sul senso della vite.

Per la colazione non ho assaggiato la cucina: mi sembrava un po’ dura da sgranocchiare.

Il parcheggio non è custodito, cosa che mi son trovato a constatare quando ho preso l’auto per andarmene.
Fortuna che ero arrivato a piedi.

Non è che non sai quel pregiato caffè quanto mi sia tostato

Qualche volta dovremmo prendere un caffè insieme.

Intendo proprio un locale, coi tavolini e le sedie e tutto.

Io e te.

Il posto si chiamerà proprio Io e Tè. Con buona pace del dizionario. E della Crusca. La useremo per qualche beverone salutare per Vegane.

Purché dimostrino la reale appartenenza a Re Vega. Non chiameremo Actarus.

Ordineremo prodotti biologici certificati e garantiti. Per chi è religiosamente devoto a bio.

Avremo poi caffè equo-solitario. Per chi ha bisogno di sedersi a riflettere da solo.

Unica regola: non produrremo caffè fatto coi chicchi d’orzo. Non voglio rendermi complice dell’aborto di una birra.

A metà pomeriggio serviremo spuntini. Di riflessione.

Ci saranno libri da reggere. Per chi ha poco tempo per la palestra.

Gli scrittori in erba avranno un angolo dove leggere i propri scritti. Purché lascino l’erba a casa perché, purtroppo, non siamo in Olanda.

Sarà concesso criticare, non demolire. Altrimenti chi demolisce dovrà ricostruire tutto con le proprie mani.

Ci sarà il wifi ma si potrà utilizzare soltanto se ci sarà una risposta convincente alla domanda Why-fai così? È proprio necessario che tu stia connesso ora?.

Ci dovrà essere un’adeguata musica in diffusione in sottofondo. Mi assumerò tutti i dischi del caso.

Dei gatti gireranno in libertà nel locale. A chi non piacciono, non saranno gatti che lo riguarderanno. Gatti chiari, micizia lunga.

Ho cambiato idea. Lo chiameremo Starmeows perché suona più internazionale e attira turisti.

Ne faremo una catena. Di S. Antonio. A chi pubblicizza il locale ad almeno 10 amici, un caffè omaggio.

I turisti verranno e non se ne vorranno andare più. Diverranno tu-resti?.

Gestirai tu i conti. E tutti gli altri nobili che verranno.

Sì, dai. Prendiamoci un caffè.

Ne avrei bisogno.

Se il proprietario di casa è triste vuol dire che paghi l’afflitto?

Le vacanze son finite ed è tempo di resoconti. In particolare, avendo trascorso il soggiorno per la terza volta di fila con Airbnb, credo sia tempo di fare un piccolo bilancio della mia esperienza con questo sito.


COS’È AIRBNB?
È un sito tramite il quale potete trovare un alloggio per le vacanze, dalla singola stanza a un intero appartamento, il tutto messo a disposizione dagli iscritti. Per non incappare in fregature è bene controllare foto e recensioni, poi dal momento in cui prenotate vi viene bloccato dal sito l’importo del soggiorno sulla carta di credito, ma verrà effettivamente versato a chi vi ospita solo 24h dopo il check-in.


Non so che tipologia di persona possa essere uno che affitta la casa in cui vive a un estraneo lasciandogli le chiavi. Per quelle che sono le mie esperienze – tre, come dicevo – bisogna essere secondo me persone un po’ stravaganti.

La mia prima esperienza fu nel 2013, a Berlino, a casa del buon Sebastian, che affittava la propria stanza mentre lui dormiva invece sotto un ponte nel camper di famiglia.

Non sto scherzando: abitava sotto un ponte della S-Bahn. Una volta gli chiesi il perché, lui disse che era andato a Bonn a vivere con la ragazza e a lavorare e nel frattempo la casa – che appartiene alla famiglia – la affittava, poi la love story finì e quindi è tornato a Berlino ma ha continuato ad affittare la casa (“sossoldi“). Aveva una bandiera gigante del Partito Pirata tedesco all’ingresso e durante il giorno capitava di trovarlo in cucina perché utilizzava il wifi di casa che gli serviva per lavorare (all’estero pare vada alla grande il telelavoro).

Il secondo fu Ivan di Bruxelles l’anno dopo: un tipo abbastanza anonimo e con l’aria afflitta come uno che ha ricevuto una inopportuna cartella di Equitalia. Sicuramente divorziato – c’era una stanza per bambini tenuta in ordine e completa di tutto, tranne che di bambini, presenti solo nel week end -, aveva una bella casa, con tanti libri sull’arte e un pianoforte d’epoca. Ma la cosa più interessante è che aveva piazzato nel proprio studio un’amaca giusto in mezzo la stanza. Non ho capito di cosa si occupasse, una volta scambiando due parole gli chiesi cosa stesse facendo, lui disse sto scrivendo la tesi per il mio master. Gli chiesi di cosa si occupasse come lavoro e lui fece vari versi che potremmo traslitterare in buuh beeeh pffff prima di dire no è troppo avvilente per parlarne. E non ho più affrontato l’argomento.

All’epoca poi sul mio profilo Airbnb avevo questa foto di Kurt Cobain:

Lui pensò fossi io, perché quando prenotai per me e un amico mi chiese: il tuo amico è il gatto? e io pensavo fosse una battuta. Se non che, quando ci incontrammo disse: Ah, non ti riconoscevo, hai tagliato i capelli.

Non sono stupito del fatto che fosse divorziato, ma che avesse trovato una moglie.


Per la cronaca: non c’è alcuna somiglianza tra me e KC e penso sarebbe più facile scambiarmi per uno dell’ISIS.


Infine quest’anno è stato il turno di Elizabeth la viennese, 32 anni, che affitta casa mentre lei va a farsi ospitare dal ragazzo. Aveva il frigo pieno di cose bio-vegan e l’appartamento era caratterizzato dal fatto di non avere mobilia. Nel salotto c’erano un divano e un tavolo e nient’altro: incassata sotto le finestre c’era un minilibreria contenente di tutto, dalle spezie ai soprammobili alle piante. Tutto tranne i libri, che occupavano invece la parete opposta, impilati da terra l’uno sull’altro contro il muro. Si alternavano volumi sulla storia della musica, libri di economia, guide (tipo “impara lo yoga in 10 minuti” o qualcosa di simile) e biografie come quella di Kurt Cobain.

La camera da letto era in linea con il non-arredamento del salotto: al posto di armadio o cassettiere, aveva una libreria Ikea fatta a scomparti quadrati in cui riponeva alla rinfusa tutti i propri abiti. Sulla parete opposta, appesi a dei ganci appendiabiti non c’erano ovviamente dei soprabiti – che senso avrebbe, in una casa dove era tutto al contrario! – ma c’era invece in bella vista tutta la sua collezione di reggiseni: ai quali confesso di aver gettato un’occhiata di sfuggita, constatando che la ragazza avesse buon gusto ma che fosse anche un’ingannatrice perché alcuni sembravano palesemente imbottiti.

Non vedo l’ora di partire per una nuova vacanza e scoprire chi mi ospiterà! Sarà un allevatore di cicale che per hobby suona il fagotto? Una stilista per giganti che in soggiorno ha un baobab? Lo scopriremo solo viaggiando.