Non è che devi lavorare come corriere per rifilare pacchi

Oggi Capo Inutile (ovvero, capo senza veri poteri: comprenderete, quindi, che un capo senza poteri è inutile a sé stesso e anche agli altri), ha convocato una riunione dove, senza giri di parole, ha provato a rifilarci un pacco. Non in maniera subdola: l’operazione è palese che sia un pacco, lo dice lui, lo dicono tutti qui dentro, perché comporta tanto lavoro burocratico e poche certezze di buon esito perché si sta navigando a vista ma qui siamo ormai sotto il limite decente di diottrie e gli scogli sono tanti.

Il pacco – da adesso per dargli un nome lo definiremo Pacco Nazionale Raffazzonato Raccapricciante – era in gestione a una mia collega che però si è dimessa perché non ne poteva più.

Da quando sono qui – tre anni – diverse persone si sono dimesse. Siamo ormai ai 10 piccoli indiani: uno alla volta ci riduciamo.

Comunque, C.I. ha provato a sondare tra noi indiani superstiti se ci fosse chi volesse prendersi questo Pacco Nazionale Raffazzonato Raccapricciante dietro la promessa che, in futuro, la vittima, cioè il volontario, avrebbe probabilmente avuto un occhio di riguardo in occasione di una futura discussione sulla politica retributiva.

Praticamente un Pagherò.

Abbiamo rifiutato tuttə.

Riflettevo, però, che quello di chiedere un impegno immediato dietro vaghe e non precisate promesse di possibilità future è un modo di fare consueto.

È inevitabile far riferimento all’attualità e a chi ha chiesto sostegno a ogni tornata elettorale dietro la reiterata promessa futura di posti di lavoro e tagli di tasse: ma anche noi, nel nostro piccolo, viviamo elargendo al prossimo dei Poi vediamo!.

Io ho addirittura un mio adesivo Whatsapp con la mia faccia e la didascalia Poi vediamo, creato da me per auto-percularmi per questo atteggiamento.

Mi piacerebbe dar vita a un cambiamento, invece, passare al Adesso facciamo. Per rispetto di chi ha a che fare con noi e magari si smazza tanto o gli viene chiesto di smazzarsi tanto.

Devo solo decidere quando iniziare col cambiamento. Poi vediamo.

Non è che ascolti Mina solo perché ti sembra esplosiva

Le tragedie di attualità mi colpiscono ma in una dimensione relativizzata, come se appartenessero a un mondo classificato come “altro” rispetto a quello in cui vivo. Forse può sembrare una prospettiva un po’ cinica, ma credo sia una forma di ragionato distacco per non venire travolti dall’Informazione. Un metodo di sopravvivenza che più o meno tutti sviluppano.

Le piccole e grandi tragedie che invece colpiscono persone che conosco o che mi sono intorno mi caricano di inquietudine.

Come diceva Luttazzi: La vita è un gigantesco campo minato e l’unico posto che non è un campo minato è il posto dove fanno le mine.

A volte mi spaventa questo campo minato.

Spaventa e non sai come rapportartici. Perché non vuoi che domani qualcuno metta il piede su una mina. Perché non vuoi che a metterlo sia tu. Perché però non puoi escludere che succeda. Perché non sai cosa dire e fare quando qualcuno si è trovato su una mina. Perché ci sono momenti che vorresti parlare della tua paura delle mine, ma poi pensi che tutti o quasi ce le hanno in casa e non vorresti risultare indelicato o fuori luogo a parlar di mine a casa del minato.

Oggi sfogliavo distrattamente un libro di Stephen Hawking. In un capitolo, paragonava la nascita dell’universo a un tizio che vuol tirar su una collina sfruttando la terra che ha sotto i piedi. Quando ci sarà riuscito, avrà ottenuto sì una collina ma ci sarà anche una buca della medesima grandezza ed estensione. Ecco, l’universo funziona allo stesso modo: c’è la materia e c’è una buca vuota di materia che lo pareggia.

Hawking l’avrà spiegato meglio di me, ma il succo del discorso è che per sopravvivere all’ansia dell’esistenza delle mine considero che ci siano anche non-mine intorno a me.

O, per restare più vicini all’esempio, se si alza una montagna di merda esisterà anche una buca vuota di merda.

E diciamo che può bastare.

Non è che il deputato possa chiedere il servizio in Camera

Ultimamente riesco a scrivere e seguire WordPress poco. Sto lavorando tanto e questo mi lascia poco tempo per altre cose.

Tenermi aggiornato sull’attualità è una di queste. Così recupero tutto nel week end facendo un ripassone delle notizie della settimana. Se di lunedì annunciassero “Allarme invasione aliena evacuare la città entro domani” sarei quindi fregato.

Ho appreso che sono successe cose interessanti in Parlamento negli scorsi 7 giorni. Prima è scoppiata una rissa e poco mancava che diventasse un incontro di pugilato, poi un deputato ha pensato di utilizzare un intervento, durante la seduta per discutere della ricostruzione post terremoto, per una proposta di matrimonio.

Polemiche nel primo e anche nel secondo caso giudicato alquanto inopportuno, date le circostanze.

E invece io la penso diversamente.

Così come si discute da anni sul ristrutturare gli stadi di calcio italiani e renderli strutture polifunzionali, attive 7 giorni su 7 – con negozi, bar, ristoranti ecc – come succede all’estero, penso che anche il Parlamento debba essere ripensato per usi alternativi, tipo quelli che abbiamo visto in settimana. Quindi ecco qui una

Lista di idee per utilizzare diversamente il tuo Parlamento

– Affittarlo per i matrimoni (le proposte già ci sono)

– Riempirlo d’acqua e organizzare delle naumachie, battaglie navali tra i diversi schieramenti politici

– Camera e Senato sono degli emicicli: uniamoli spostando Montecitorio e Palazzo Madama e abbattendo i tramezzi divisori per creare un’arena circolare in cui ospitare un rinato Festivalbar

– Far rotolare forme di formaggio per una versione alternativa della ruzzola

– Spostare tutti gli scranni lasciando i gradoni per farci sedere i punkabbestia a fumare e bere Tennent’s

– Riempirlo di gatti e instaurare una gattocrazia con gli schieramenti divisi per colore di pelo (quelli a tre colori sarebbero nel Gruppo Misto)

– Renderlo un posto dove il parlamentare presenzia le sedute come dovrebbe, senza saltarle, intervenendo attivamente, negli interessi del Paese.

Forse quest’ultima è una proposta un po’ assurda.

Non è che se la scopri la verità poi prende freddo

Sono sempre attento agli interessi delle persone e cerco di tenermi al passo con l’attualità.

Oggigiorno la gente ha una gran voglia di informarsi ed essere informata e vuol sapere le verità nascoste dietro le verità nascoste.

Ad esempio è notizia di questi giorni che dei palestrati (erano tutti grossi fisici) volevano nascondere una bomba nucleare sotto un grande sasso. Che tonti! Una bomba nucleare sotto un grande sasso si rompe e può far bum!.

Per fortuna una squadra televisiva di difensori del popolo ha svelato la cosa che probabilmente ora salterà. Cioè, la bomba non salterà, ma la bomba sotto il grande sasso salta. È chiaro?

Dato che nel mio piccolo anche a me piace fare l’investigativo giornalista, vorrei condividere qui alcune verità nascoste che ci sono state veramente nascoste.

La truffa della calvizie

Ci hanno detto che un rimedio definitivo per fermare la caduta dei capelli non esiste ancora.
Ma sarà proprio vero?

Ogni giorno solo in Italia vengono spesi millemila di soldi contro la caduta dei capelli. Sì, avete capito bene. Soldi: quelli che si prendono in cambio di cose per comprare altre cose. Lozioni, integratori, pillole, trapianti, parrucchini, Antonio Conte. Un giro d’affari di tanto di soldi.

Voi che acquistate gli Antonio Conte siete sicuri di quello che acquistate?

Ma è proprio necessario tutto questo soldi?

E se vi dicessimo che un rimedio contro la caduta dei capelli esiste?

Non può essere!

Sì, avete capito bene. Esiste una cosa che arresta la caduta: il pavimento.

Sì, avete capito bene. Ripeto: il pavimento.

Il pavimento fu inventato da un team di ricercatori americani in provincia di California. Il loro nome in codice era Pavement. Fu una scoperta avvenuta quasi per caso, come tutte quelle che avvengono quando scopri cose per caso. Loro stavano cercando un sistema per ricavare buon sangue dal riso. E poi un giorno mentre si grattavano la testa scoprirono che i capelli che volavano via si fermavano sulle piastrelle.

Fu una scoperta sensazionale. Sì, avete capito bene.

Purtroppo la loro invenzione fu ostacolata dalla lobby delle crescine per capelli e il team, dopo aver tentato invano di sbarcare il lunario spacciando musica indie rock, si sciolse nel 1999. Il loro nome è stato cancellato dalla lista della scienza. Sì, avete capito bene. Addirittura adesso in inglese per distogliere l’attenzione della gente pavement non vuol dire pavimento ma marciapiede.

Una mistificazione in piena regola, potremmo dire se solo sapessimo che vuol dire mistificazione.

E il Governo che dice?

Città che si spostano

Nord Italia. Sì, avete capito bene: Nord Italia. C’è una città che si chiama Novi Ligure. Qualsiasi persona perbene penserebbe che sia in Liguria.

Ebbene, cosa direste se noi (cioè io, ma nella televisione dicono sempre noi) vi dicessimo che ci siamo recati in questa città su Google Maps e abbiamo scoperto che…

Novi Ligure è in Piemonte!

Avete capito bene. Novi Ligure è in Piemonte.

Le immagini non possono sbagliare. Novi Ligure è proprio in Piemonte.

Chi l’ha spostata? E perché? E quando?

E attenzione: potrebbero esserci altre città che i misteriosi alieni – o gnomi armati di ascia – potrebbero aver spostato. Massa Lombarda. Guardia Piemontese. Brindisi di Montagna. Sono solo alcuni esempi. Noi (cioè sempre io) andremo a verificare per voi e faremo luce. E se la luce già c’è, faremo buio. E se vi piace farlo in penombra, vi daremo anche quella.

Alla prossima puntata.

Non è che puoi essere rimandato a settembre se non passi l’esame di coscienza

Quando si parla di battaglie sociali e diritti, l’opinione comune da parte dell’uomo comune benaltrista è che “Esistono prima problemi più gravi cui pensare”.

Io sono d’accordo. È esattamente ciò che ho detto a un fornitore che contestava il fatto di veder la sua fattura pagata a 30 giorni. Ci sono problemi più gravi da risolvere prima del tuo diritto a essere pagato, e l’imponibile, diciamola tutta, è pure alquanto contronatura.

Mi ha menato.

Perché a parole sono tutti bravi a predicare, poi alla fine si scopre il loro buonismo e la loro ipocrisia.

Vorrei dire a tutti questi figli dei fiori amanti delle foto di gattini perché, visto che sono così caritatevoli, non si sono mai preoccupati di un tema scottante. I diritti delle macchine.

Anche se il luddismo è stato sconfitto la macchinofobia non è stata debellata, anzi, si è resa anche più crudele e violenta. Non sto esagerando. Ho raccolto qui alcuni esempi da un video come tanti altri che si trovano sull’internetto in cui pacifiche macchine vengono sottoposte a bullismo da parte di spregevoli esseri umani.

Nel fermo immagine sopra, un robot quadrupede viene fatto scivolare su delle bucce di banana. Uno scherzo che era già vecchio e crudele quando le banane ancora dovevano evolversi dai film porno.

In quest’altro esempio, un robot sta cercando di afferrare una scatola ma un energumeno, un bruto, continua a spazzargliela via e fargliela cadere.

Il video completo è questo che riporto qui sotto in cui sono presenti altri esempi. Robot che vengono costretti a saltellare su una sola gamba, a marciare nella neve o a rendersi ridicoli per il semplice diletto dell’essere umano.

ATTENZIONE: CONTIENE SCENE DI VIOLENZA CONTRO LE MACCHINE CHE POTREBBERO URTARE LA SENSIBILITÀ DEGLI SPETTATORI.

E se queste immagini non sono abbastanza scioccanti, consiglio allora di guardare questo video dove dei robot vengono costretti a combattere in una lotta all’ultimo bullone.

ATTENZIONE: CONTIENE SCENE ECC. ECC.

Magari qualcuno pensa che in fondo queste macchine hanno già troppi privilegi. Loro col wi-fi (persino le lavatrici ora si connettono) e gli umani a spasso con i giga esauriti.

Oppure che certe crudeltà non ci riguardino perché sono soltanto azioni compiute da un manipolo di sadici scienziatei al soldo delle multinazionali (e quanto soldo che gli danno!).

Invece io invito tutti a un serio esame di coscienza.

Ad esempio, chi non ha mai dato uno schiaffo o un pugno al computer sperando che si avviasse prima o si sbloccasse? Ebbene, questa non è forse violenza? Siccome i computer sinora non hanno mai denunciato allora la nostra colpa sarebbe meno grave o addirittura il computer sarebbe consenziente?

O forse magari qualcuno pensa che in fondo se la sia andata a cercare, visto che poteva evitare di interrompere il download al 99,9%? Come se poi lo facesse apposta.

LA VIOLENZA SULLE MACCHINE DEVE CESSARE

Firma anche tu la petizione su

firmalapetizionepercessarelaviolenzasullemacchinesehaiuncuore
/houncuore/condividoperchénonsisamai.org.asm

e ogni 100 tappi di Peroni raccolti potremmo comprare dell’olio lubrificante per un robot che cigola.

Io quel che dovevo dire l’ho detto e vi ho avvisati.

Poi non lamentatevi se un giorno si presenta da voi un tizio dal profilo mussoliniano che spaccia pillole colorate e batterie Duracell.

Qualcuno potrebbe accusarmi di essere a mia volta bravo solo a parole. Un tizio una volta mi disse “Eh, vorrei vedere se ti nascesse un figlio Dalek!”.

In quel caso ci penserebbe il Dottore.

Non è che se riduci il coffee break allora sei in meno-pausa

Io e il Sam Tarly che ho in ufficio cerchiamo ancora di trovare la giusta lunghezza d’onda. Credo lui stia profondendo sforzi in timidi tentativi di stabilire contatti con me.

Adesso la mattina, appena arrivati in ufficio, mi fa una piccola rassegna stampa.

Mi ha detto del ragazzino che ha vinto una fornitura di pollo fritto per un anno per aver ottenuto il record di retweet. Chissà poi quanti tweet otterrà per commemorare il suo fegato.

Stamattina mi ha chiesto se fossi a conoscenza della storia di Cicciolina che è stata morsa da un cane e ha chiesto un risarcimento ma si è scoperto fosse una truffa.

Insomma, come si può notare si interessa di grandi temi di attualità e geopolitica.

Ieri mi dice:
– Stavo seguendo i risultati delle elezioni francesi…
– Ah, bene – penso io –  allora si interessa di politica internazionale!
– …incredibile…il nuovo Presidente sta con una di 24 anni più…
– …più grande di lui, sì, lo so.

Mi ero illuso.

Va detto che, su Macron, questo è l’argomento di cui parlano tutti. È il solo argomento che sembra interessi a tutti: Sta con una vecchia.

A tal proposito devo contraddire il mio conterraneo fumettista Natangelo, l’argomento infatti non è al centro del dibattito solo in Italia. È arrivato perfino in Ungheria.

Da una parte lo capisco, il buon Sam Tarly. Non mi posso aspettare certo grandi analisi da parte sua.

Ha l’aria di uno che ha smesso di guardare il volley femminile quando le atlete hanno cessato di giocare in mutande per passare ai calzoncini.


Ah no, quello ero io.
Ma erano tempi difficili nella mia adolescenza, senza internet, senza Instagram, senza più Postalmarket. C’erano solo Studio Aperto e il volley, di giorno, per allietarsi. Ma io cercavo anche un po’ di approfondimento di attualità e cultura. E quindi guardavo il volley, non Studio Aperto.


Inoltre, in fondo si sa che alla gente interessa veramente un’unica cosa. Non importa chi tu sia o cosa tu faccia nella vita. Importa cosa fai del tuo pene e cosa fai della tua vagina.

Che non sono neanche veramente tuoi. Anche se ne sei il proprietario nominale e li porti in giro in modo gaudente, sono organi di dominio pubico, sempre sulla bocca di tutti.

Io credo, ad esempio, che il problema degli Adinolfi e di tutti quelli che pongono e si pongono tanti problemi riguardo l’omosessualità sia una semplice reazione di rifiuto legata al visualizzare mentalmente peni con peni e vagine con vagine. Io non visualizzo peni, talvolta vagine ma solo a tarda ora, ma altre persone invece hanno una fantasia molto più accentuata e impressionabile. Se fossimo tutti lisci come Ken e Barbie a nessuno importerebbe invece che Ken abbracci Ken e Barbie abbracci Barbie!

Quindi la soluzione è: togliamo il pene agli Adinolfi e staremo meglio.

Tornando a Sam Tarly, sono rimasto scioccato quando, sempre parlando di Macron, ha aggiunto:

– Io poi non capisco a volte come uno faccia…cioè lui sta con una in menopausa…I mean…He cannot have sex with her.

Ho riavvolto il nastro mentalmente per riascoltare ciò che aveva detto, perché forse avevo capito male.

HE CANNOT HAVE SEX WITH HER.

Sono rimasto un attimo in imbarazzo. Una goccia di sudore mi colava lungo la fronte. Non sapevo se dir qualcosa o tacere.

Pensavo di uscire dall’impaccio con una battutina, del tipo: Beh magari con del lubrificante…, ma mi sembrava alquanto sessista e anche presuntuoso. Che ne so io della Signora Brigitte Trogneux? Lei potrebbe benissimo rispondermi Ue pirletta, il lubrificante lo dai a tua sorella, io sono al top, t’è capì? Taac e farebbe anche bene.


La signora nella mia mente ha ascendenze meneghine.


Ho anche pensato di inviargli via Skype dei video didattici di YouPorn dove delle signore, coetanee di Brigitte Trogneux, mostrano in dettaglio ai giovani inesperti cosa sia il sesso. Però questi video mi sembravano un poco falsi e costruiti ad arte e poco adatti a supportare la mia tesi; la qualità video invece di quelli garantiti come artigianali (in che senso, poi? Saranno bio? Senza glifosato?) non sembrava eccelsa.

Alla fine però ho pensato di farmi i fatti miei.
Cosa posso mai saperne se non si tratti magari invece di una questione religiosa? Forse c’è un qualche principio che stabilisce che non si può più far niente in menopausa. Io lo ignoro in quanto non addentro alla materia teologica: figuriamoci, se fossi una donna concorrerei per il concorso di miss-credente.

Quindi alla fine ho taciuto evitando di offendere le convinzioni altrui.

Non è che se è un libro è un mattone allora è un libro da reggere

Il nuovo collega, il Sam Tarly, ha iniziato questa settimana.

Sembra un tipo a posto, qualunque cosa voglia dire essere a posto. A posto con la coscienza? A posto coi pagamenti?

Dobbiamo ancora un attimo sintonizzarci l’uno con l’altro. Quando mi parla non vorrei essere disturbato perché sono impegnato. Quando gli parlo non mi ascolta per niente.

Appena è arrivato ha detto che gli piace ascoltare, cantare, ballare il reggaeton. E poi mi ha chiesto: Sai cos’è il reggaeton?

Sì, il reggaeton, quello che mi faccio al sugo con una spolverata di parmigiano. Avrei voluto rispondere così, purtroppo in inglese non credo funzioni.

Ha poi questa abitudine di darmi il “5” quando se ne va.

Va bene, sarà un gesto cordiale e quando la gente è cordiale e io non apprezzo mi rendo sempre conto della mia diversità sociale.

La diversità sociale è quella cosa per cui se mi chiedi Come va io rispondo Bene e poi mi tacito come Publio Cornelio. Perché a domanda generica io do risposta generica.

Sembra però tra gli esseri umani non funzioni così.

Non vorrei comunque che io gli abbia lasciato fraintendere di essere tipo da “5” facile e passare quindi per uno che dà il 5 a tutti.

In ogni caso, tra meno di un mese non dovrò vederlo più e preoccuparmi di ciò.

Non ho ancora ben chiaro cosa combinerò nella mia vita ma giusto stamattina stavo sviluppando una idea: quella di darmi ai romanzi brevissimi, anzi, istantanei.

L’idea mi è venuta ripensando a quella casa editrice che aveva proposto dei libri in versione bignami, riassunti di romanzi famosi, per chi non ha tempo o voglia di leggere molto.

Perché non estendere l’idea e arrivare al libro istantaneo, composto da una sola parola o una frase estemporanea? Così anche il più pigro finalmente potrà sforzarsi di leggere.

Qui di seguito, in esclusiva per i lettori di questo blog, in anteprima da leggere i primi romanzi istantanei che ho intenzione di pubblicare, divisi per tema:

– Autobiografico: Mi chiamo Gintoki.
– Introspettivo: Mi chiamo.
– Filofofico: Mi chiamo, quindi esisto.
– Storico: Mi chiamarono.
– Trilogia della Solitudine: 1) Non mi chiamano. 2) Chiamo e non mi rispondono. 3) Non mi richiamano.
– Denuncia sociale: Non mi chiamano perché mi temono.
– Attualità: Ti chiamo perché l’ho letto su Google.
– Attualità/2: Ti chiamo perché Whatsupp è crashato.
– Sentimentale: Michi-ama.
– Erotico: Mi chiamò. E venni.

So già che la critica criticherà per una certa monotematicità, ma la critica si sa che è fatta per criticare.

Non è che serva un genetista per controllare gli incroci

Mi hanno chiesto se fosse vero che a Napoli la circolazione stradale fosse un po’ borderline.

Ho risposto con una battuta arcinota, cioè che da noi il semaforo rosso non è un divieto ma un consiglio.

Qualche giorno fa guardavo uno spettacolo di Trevor Noah – comico sudafricano e conduttore del Daily Show -, e l’ho visto utilizzare la medesima battuta. Parlando delle differenze tra Stati Uniti e Africa ha detto “I semafori africani sono più un consiglio che un obbligo. Non dicono Stop!. È più uno Stop?“.


Lo spettacolo da cui è tratto è Afraid of the Dark, disponibile su Netflix.


È stato divertente trovare questa corrispondenza. Mi incuriosiscono sempre certi schemi comuni tra posti e realtà lontane.

In Giappone ad esempio smontano i templi e li rimontano da capo per le operazioni di manutenzione. Tu sei lì il giorno prima che saluti come sempre la volpe sacra fuori al tempio e il giorno dopo è sparita e cerchi invano il grappolo d’uva.

Anche in Italia facciamo così. Siamo però più furbi: lasciamo che terremoti e incuria facciano il lavoro sporco di buttar giù le cose per poterle poi ricostruire meglio.

È probabile che questa cosa che ho scritto non faccia ridere. In verità non deve: è un dato di fatto. Magari un dato estremizzato, perché come diceva l’agente della forestale “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” e quindi una cosa negativa silenzia le altre positive che sono in circolazione.

Resta comunque la realtà.

La cosa dei semafori napoletani mi fa ridere perché non è la realtà.
Non ho mai visto qualcuno passare col rosso, perché saremo anche ladri truffatori bugiardi e sozzi e poco avvezzi alle regole ma non siamo delle pornostar.

Senza contare che attraversare col rosso può esporre a casi di morte e non tutti sono avvezzi ad assumere morte.

Quel che è vero invece è che il giallo invece di un invito a rallentare è un incitamento: Fai presto che sennò scatta il rosso!.

Dovrebbero far più battute sul giallo.

Sul tema di cose che fanno/non fanno/dovrebbero/non dovrebbero far ridere sento spesso molta confusione intorno la satira, anche in virtù di avvenimenti di stretta attualità.

Credo che per definir un qualcosa come satira si debba tener presente una regola fondamentale: deve essere contra potentes. La satira agisce dal basso verso l’alto, non viceversa. Altrimenti è bullismo, è soverchierìa. È quello che fanno decine di pagine facebook ai danni di categorie più deboli credendosi spiritosi.

L’altra connotazione della satira è che non deve necessariamente far ridere. Per farsi due risate spontanee basta l’uomo che entra in un caffè e fa Splash!. La satira dovrebbe invece far dire “Cavolo, è vero” prima che “Ah ah ah” (o “Oh oh oh” se siete Babbo Natale).

Purtroppo trovo che sia un discorso per pochi.

Se da una parte tutti ormai si sentono in diritto di offendersi e indignarsi – ho visto gente alterarsi per delle battute su Trump e Clinton. In Italia. Le persone si offendono, in Italia, per due politici (quindi potentes) d’oltreoceano – dall’altra lato tutti si sentono in diritto di offendere gli altri perché sennò si è accusati di esser tristi e buonisti.

A volte ho degli incubi riguardanti un futuro distopico, tra 20-30 anni, pensando a una generazione che studierà sui libri di Diego Fusaro, avrà fatto tornare in circolazione il tifo e il vaiolo, sceglierà il Presidente del Consiglio con un contest televisivo gestito da Favij e l’ologramma di Maria de Filippi e avrà come obbligo possedere la tessera di Sesso Droga e Pastorizia, pena il pubblico ludibrio.

Solitudine, chi sei

Solitudine la vana attesa del treno al binario 2,
un ciuf ciuf malandato, affollato, ritardato;
e ripensi ai progetti Grandi Stazioni
e ti chiedi a noi Piccoletti ormai chi ci pensi più;

Solitudine il parcheggio non nato immediato
l’impazienza del gigante alle tue spalle
la lista di onorati avi che gli rammenti
e la sosta a cui rinunci per irritazione;

Solitudine una asettica sala d’aspetto
un centro espiantato da una base X-Men,
a te affidato il ruolo della X, l’ignoto
amici dello specialista a tassametro ti scavalcano;

Solitudine la convenzionale opinione comune
eleva le persone per un Avv., Cav., Dott., Ing. avanti al nome,
salvo profondersi in sbigottimento e incredulità
quando son svelati i loro pederastici prudori;

Solitudine i tuoi messaggi in orari improduttivi,
contatti di educata compagnia
di noia trasmessa come influenza
nell’attesa che ti si asciughi lo smalto sulle unghie;

Solitudine la tua preoccupazione nei miei confronti
che ti preme solo di un’altra tacca al letto
subodorato il tutto prendo le distanze
e non mi chiedi più manco come stai

Solitudine due occhi felini che denudano il cuore
un sussurro sfiorato all’orecchio
e poi una enorme scritta NO FLY ZONE
perché è già classificata come territorio interdetto;

Solitudine il gioco sulla pelle
vestiti che scivolano via
la mente che non si trova più
annegando nel rimorso;

Solitudine, ma chi minchia sei?

La mia terra è una puttana

Attraverso un enorme atrio fatto di campagna semi-abbandonata e strada statale, l’anticamera della civiltà.
Il buio è pesto. No, pestato. Sembra di sentire lamenti di sofferenza.
È una terra malmenata, calci e pugni di latta e di lamiera, di olio e prodotti combustibili, di chimica e biologia che hanno amplessi selvaggi, orgasmando veleno.

C’è un fetore insopportabile. Puzza, puzza, puzza, come dice il nanetto del Wc Net. Li ho visti, i nanetti, una volta.
Non sono più riuscito a beccare quello spacciatore.
Sentori di zolfo e carne morta, forse qui c’è una dépendance di Lucifero.
La fantascienza racconta che Gojira emerse dalle acque radioattive del Pacifico.
Ecco, dal terreno di qui mi aspetto che prima o poi almeno uno scarrafone ninja possa venir fuori.

La strada dell’inceneritore. È illuminato come un centro commerciale, la ciminiera sbuffa biancheggiando il cielo. Si annoia.
Operatrici di sesso stradale. Due, tre. L’immancabile focherello nel bidone di latta, dove qualcuno brucia le loro vite come combustibile.

Rifiuti. No, non sono i “no” dei due di picche: quelli fanno male al cuore, questi rifiuti invece fan male anche a polmoni, fegato, tutto. Buste arlecchine decorano il bordo strada, cordoli di plastica per aspiranti Schumacher.

Buche e buio. Sbadabam. Ogni metro d’asfalto è un calcio nel culo della tua incolumità. E lì a volte ci pensi, per un secondo, uno soltanto, ma ci pensi. Potresti fare tu sbadabam contro un guard rail. O contro un’altra auto, perché l’auto del vicino ha sempre più velocità. Vola. Sinistra, sinistra, destra e poi subito sinistra: fossero le elezioni, di sicuro non sarebbe il PD. No, sequenza di curve e svincoli alla cazzo di balena. L’avete mai visto l’organo riproduttivo di una balena? Ecco, non fatelo, se già avete scarsa stima di voi stessi.

Torno a casa. La mia fedele compagna dorme. O fa finta.
Ha preso una strana abitudine: quando mi accovaccio vicino al pc, lei arriva e con le zampe anteriori mi sale sulla coscia destra e tende la testa verso di me. Vuole guardarmi dritto negli occhi. Da allora ogni tanto mi abbasso di proposito, come stasera.
Lo rifà. Non dormiva.
Le unghie ogni volta mi pizzicano la carne. È un dolore sopportabile, quasi piacevole. Ho la coscia costellata di puntini rossi. Se li unisco forse vien fuori qualcosa.

Toh: c’è scritto Ti voglio bene.

Colonna sonora: Jesus Lizard

Selezione naturale

Tanto per cambiare, anche questo Capodanno qualcuno ha realizzato di avere qualcosa di troppo nel proprio corpo (dita, mani, occhi) e, pertanto, ha pensato bene di rimuovere il superfluo in maniera esplosiva.

Sinceramente non ho pietà per queste persone (ovviamente non mi riferisco alle vittime incolpevoli, colpite fisicamente dall’idiozia altrui) e non approvo il tono triste o addolorato nel commentare  questi fatti. Per me, molto cinicamente, si tratta di selezione naturale: gli imbecilli arrechino pure dei danni alla propria persona, le persone intelligenti, invece, si mantengano sane proteggendo il loro dna.

Far esplodere “botti” per il gusto fine a se stesso di assistere compiaciuti alla deflagrazione è un atto idiota partorito da menti primitive che, come tali, dovrebbero soccombere all’evoluzione storica. Pertanto, io lancerei un invito: fatevi pure saltare in aria, c’è ancora troppa stupidità da rimuovere.

Nonciclopedia e l’umorismo fascistoide

Su Nonciclopedia campeggia oggi una battuta su Simoncelli che evito di riportare per non fare ancor più pubblicità (tanto oramai è nota a tutti e divulgata nella rete).

Mettendo un attimo da parte questa battuta (sulla quale tornerò dopo), volevo scrivere una considerazione su Nonciclopedia che avevo in serbo da tanto tempo; su questo portale ci sono alcune pagine ben fatte ed anche divertenti, ma molte, bisogna constatare, fanno ridere poco e niente. Sono equiparabili alle scritte sul muro nei bagni della scuola, del tipo “Gino puzza” o “Gina è una zoccola”. Possono anche far ridere, ma non sono molto intelligenti; chi non partecipa a questo bullismo virtuale, è accusato di essere un rosicone, un bimbominchia, una persona senza senso dell’umorismo. Sinceramente, sembrano più da bimbominchia alcune battute.

Gli autori si giustificano dicendo di far satira, dimenticando che la satira è diretta contro il potere e contro i potenti; prendersela con le vittime, con i deboli, è umorismo fascistoide, è un atto prevaricatore e violento, è bullismo, chiamatelo come volete. E non possono giustificarsi parlando di humor nero, anche perché vorrei capire quanti degli autori di Nonciclopedia siano degli esperti della risata che possano permettersi di fregiarsi del titolo di umorista e trincerarsi dietro di esso.

Scriveva a tal proposito Luttazzi:

L’umorismo è sospensione del sentimento e può arrivare fino al grottesco più cinico; ma se sei cinico a spese di una vittima e ne prendi in giro la sofferenza, fai umorismo fascistoide, cioè eserciti una violenza.

Tutto ciò non vuol dire che non si possa fare umorismo su avvenimenti tragici: ma la differenza la fa il bersaglio della risata. La battuta su Simoncelli è diretta verso la vittima del fatto tragico, non è umorismo, è solo un atto fascistoide. Allora non si possono rompere dei tabù? Sì, si possono rompere, ma, per l’appunto, dipende dal bersaglio. La vignetta di Vauro sul terremoto in Abruzzo (che riporto più sotto) fece scandalizzare tanti benpensanti, ma non prendeva in giro né rideva delle vittime. Quella era una satira contro il Governo, è questa la differenza.

Chissà se tutti gli autori di Nonciclopedia abbiano ben chiaro la differenza su cosa sia umorismo e come vada fatto.

Quando esplose il caso di Vasco Rossi contro il portale, che portò all’auto-oscuramento di Nonciclopedia, io me la presi con il cantante, in quanto non ne condivido i modi (oltre a non avere simpatia per la sua persona); ma dirò, sinceramente, che se domani Nonciclopedia dovesse chiudere, non me ne dispiacerà affatto, non ne sentirò la mancanza, l’umorismo non ne perderà, anzi, forse ne guadagnerà. Per quanto mi riguarda, i suoi autori possono tornare a scrivere sui muri dei bagni delle scuole.