Cassandra,
da oggi ti chiamo così, perché dicesti di averlo previsto perché te l’aspettavi ma io non ci credevo.
Debbo ora dire che mi sento diverso. Potrò sembrare ipocrita dopo così poco tempo ma è così che va.
Sarà che forse mi ricorda te, ma non ne son certo. Magari è pareidolìa. Hai presente? Come quando guardi un drago e ci vedi una nuvola. O forse era il contrario. Io comunque vedo questa farfalla e trovo che somigli alle nubi delle tue preoccupazioni e al sereno del tuo sorriso. Ma forse mi inganno, è tutto un delirio meteorologico, molto meteoropatico e poco logico.
Che poi io non l’ho manco capita ‘sta cosa delle farfalle, quelle nello stomaco intendo. Qualcuno le ha mai ingoiate e sa come ci si sente dopo? Io in ogni caso non le percepisco, sono ancora dei bachi, bachi da seta, mi stanno chiudendo l’esofago filo dopo filo e temo di finirne strozzato.
Oggi il cielo è un telo azzurro tanto che sarei sceso al lungomare a vedere quell’azzurro farsi acqua ma poi ho deviato dato che a me vengono sovente le devianze e ho raggiunto il negozio di tè e mi han dato del tè anche se avrei voluto chieder di te perché chiedo ovunque con lo sguardo un po’ come Petrarca che andava cercando – pardon – cerchando in altrui la disiata forma eh sì ho un ego ipertrofico e dalla mia bassezza faccio alti paragoni ed è così che mi perdo nell’apparenza come oggi che ho perso il treno ma solo per indolenza non come quella volta che dovevo andar su e il treno non c’era più essendo l’Italia tagliata in due dalla neve e metà da una nave al largo di un’isola ma a me interessava la neve sì quella che c’era fuori casa tua e alta e bianca che poi subito si fa sporca e che brutta quand’è così dovrebbero vendere un candeggiante per neve io lo comprerei e te ne farei dono e perdono per tutti i miei peccati sperando che vengano mondati e si facciano neve e nevvero che poi mi scioglievo col calore tuo non mentire che eri chiara come il cielo e ora cielo cielo cielo no mi manca.
I mercatini sì sì facciamo i mercatini a dicembre come fanno in grandi città ma noi chi abbiamo qua non lo so però quattro tristi casette qui-là là là la vuoi la faccia di Hamsik sul cuscino? No grazie voglio Justin Bieber e poi compro pure una collanina di perline e dopo mi fermo anche alla casetta delle chincaglierie cinesi oh sì sì che mercatino-ino-inopportuno questo qui io ricordo invece il viale il freddo nelle ossa che ci entrava dentro anche qualche schizzo di neve dal cielo ma noi ci scaldavamo mano a mano con l’assaggio di liquore e poi l’odore del tartufo e del porcino sì mi sentivo anche io un po’ porcino quando annusavo la tua pelle all’interno coscia e poscia poi addentrarsi non si può dire ma ricordo pure sempre a quel mercatino il simpatico salumiere toscano mi diverte troppo l’accento e hai miha visto la Mi’ela? come disse il granchio la sapevi già ma a me diverte oh sì sì ho deciso io sposerò una toscana e combinazione a tedesco c’è una cestista livornese di uno e ottanta sì proprio ottanta voglia oh che bello ci proverò sì sì ci proverò ma poi boh non so no no no meglio di no guarda un po’ io alle donne ho detto di no ma non ho cambiato gusti solo che non voglio più e Patti Smith mi dice guarda tu non devi per forza cercare la storia seria va bene anche un’avventura ma io ecco guarda devo confessare c’ho questa malattia sì non lo sapevi ho questa cosa che poi mi si fa il rash cardiaco io mi affeziono sempre e comunque è per questo che non posso perché io fingo di essere un gatto e infatti sono un po’ scostante a tratti diffidente e sembra non me ne freghi niente ma poi come un randagino inseguo il primo paio di gambe che mi fa uno sguardo e allora voglio solo soltanto solitaria solitudine perché in autostrada non ci finisco piuttosto dimentico sì dimentico la tua assenza mi consolo con l’essenza dell’assenzio e faccio senza. Di te.
Solitudine la vana attesa del treno al binario 2,
un ciuf ciuf malandato, affollato, ritardato;
e ripensi ai progetti Grandi Stazioni
e ti chiedi a noi Piccoletti ormai chi ci pensi più;
Solitudine il parcheggio non nato immediato
l’impazienza del gigante alle tue spalle
la lista di onorati avi che gli rammenti
e la sosta a cui rinunci per irritazione;
Solitudine una asettica sala d’aspetto
un centro espiantato da una base X-Men,
a te affidato il ruolo della X, l’ignoto
amici dello specialista a tassametro ti scavalcano;
Solitudine la convenzionale opinione comune
eleva le persone per un Avv., Cav., Dott., Ing. avanti al nome,
salvo profondersi in sbigottimento e incredulità
quando son svelati i loro pederastici prudori;
Solitudine i tuoi messaggi in orari improduttivi,
contatti di educata compagnia
di noia trasmessa come influenza
nell’attesa che ti si asciughi lo smalto sulle unghie;
Solitudine la tua preoccupazione nei miei confronti
che ti preme solo di un’altra tacca al letto
subodorato il tutto prendo le distanze
e non mi chiedi più manco come stai
Solitudine due occhi felini che denudano il cuore
un sussurro sfiorato all’orecchio
e poi una enorme scritta NO FLY ZONE
perché è già classificata come territorio interdetto;
Solitudine il gioco sulla pelle
vestiti che scivolano via
la mente che non si trova più
annegando nel rimorso;
Voglio dirti alcune cose che mi sono venute in mente
A un certo punto ho sentito un suono come di un gong accompagnare questa frase. No, anzi, era più simile a una campana, tipo Hells Bells, infatti poi ha fatto irruzione Brian Johnson con la sua coppola e non è stato molto bello.
Mi sento gratificato delle attenzioni di cui mi stanno onorando le persone, rendendomi partecipe delle loro opinioni su di me. Procedimenti che sono stato io a innescare.
Voglio giustificarmi, mio lettore, io sono piccolo come un pulcino e le mie parole sono pigolii, ma non faccio il pollo e scrivo più morbido (ce lo ricordiamo in 3 questo spot della Bic) e allora abbandonati sullo schienale e ascoltami.
Ho dei cicli mentali irregolari, è per questo che poi resto facilmente gravido di idee malsane che finisco col condividere col resto del mondo. Perché non si può essere sempre una Vergine di Norimberga, dura fuori e con le spine dentro che poi ti fanno questa cosa di tortura e sanguinamento interno. Io poi son pure Pesci e l’astrologia la odio e a Norimberga non ho mai messo piede né ho subito processi, se non alle intenzioni.
Ho però visto Dachau, il KZ Gedenkstatte, che, pure se non c’è più niente o quasi, ti gela le spalle a camminarci dentro, soprattutto se ci entri appena aperto quando non sono arrivati ancora i turistotti che si fanno le foto in posa.
Ecco, la divagazione era proposito di brutture partorite dalla mente, che poi nel mondo ce ne sono state, ce ne sono e ce ne saranno tante, quindi uno ne sceglie una come simbolo del Male per non dimenticare, ma poi dimentichiamo sempre.
E anche noi, nel nostro piccolo, subatomico mondo di quotidianità, bottoni e bollette della luce, finiamo per obliare e commettere errori.
Tutto questo per dire che arriva un bel giorno e FRAN!, va come va per i quadri, lettore.
E a volte mi viene, sì, così, e finisco per non capirci nemmeno molto. Ma forse la realtà è che non so niente.
Per questo, pure se mi danno spiegazioni, a me mancano le basi e non imparo.
Ho dovuto riempire questo post perché sto ancora aspettando le rivelazioni, forse è meglio così, sto ancora macinando le verità non più nascoste venute fuori da un’altra vita. Ne ho fatto farina per il mio pane quotidiano, debbo sfamarmi per placare i rimorsi della fame.
Cosa ci faccio qui? Ho un abito che non mi appartiene, un ruolo che non mi appartiene, una città che non mi appartiene. Stringo il pugno. Raccolgo solo aria, molecole di O2 da intrappolare nelle pieghe del palmo, tra la linea della vite da uva e la linea delle more. Io sono frutto di un sottobosco dimenticato.
Il vento comincia a tagliarmi la gola. Fiotti di cattivo umore dalle mie vene, plasma spinto giù da qualche zona del cervello che non ricordo. Lobo frontale, parietale, temporale?
Temporale, sì. Tempesta ormonale.
È buio. Un vicolo deserto popolato di umani: mi guardano, inclinano la testa come cuccioli che non capiscono le direttive del padrone.
Gocce. Devo affrettare il passo, raggiungere la mia auto. Un utero metallico nel quale tornare, dal quale non uscire.
Disse il Buddha Sakyamuni (o chi per lui e propendo per questa ipotesi)
La mente è irrequieta come un bambino che gioca in un villaggio
Le sciocche parole di un imbecille possono talvolta confondere un uomo intelligente
(Nikolaj Gogol – Le anime morte)
Di come la mente inganni il corpo che la contiene.
Prima arrivò come un flash, un lampo a tradimento nel buio profondo di una conversazione.
Quella Parola cominciò a occuparmi l’intero spazio visivo. Mi alzai. Meglio non continuare a leggere.
Il silenzio mi tradì l’udito. Mi ripeteva Quella Parola. Sussurri di sillabe all’orecchio, colpi contro il timpano nel tentativo di entrare nella sede centrale delle emozioni. Rimpiansi di aver chiuso la succursale d’emergenza del cuore. Eh, colpa della crisi. Di nervi.
Sensazione di perdita di equilibrio.
Stavolta erano le gambe a cedere. Crik, Crak. No, in realtà non fecero nessun rumore. Era qualche rotella che saltava.
Mi appoggiai alla libreria. Carta, carta, carta. Tante letture, ma in quel momento vedevo solo carta e null’altro. Speravo di rammentare una massima, un aforisma, un insegnamento da usare in quel momento, come un coltellino svizzero.
Silenzio.
I libri ti parlano in testa. Quando sei lucido.
Senso di nausea.
Credo di aver desiderato piangere, per sfogare il malessere.
L’ultimo attacco fu il più crudele.
Il suono – immaginario – di Quella Parola che avevo tentato di ignorare, approfittando della guardia distratta, era riuscito a superare le difese, invadendomi la mente. Lì s’incontrò con gli altri squadroni d’invasione, formando immagini che davano il tormento.
Tu, lui, tutti e due, scene reali che venivano proiettate in un cinema virtuale.
Crollo.
Ripresomi, mi sentivo metà di ciò che fu un uomo, scisso tra chi ricorda e chi non vuol ricordare. Una stanza, nella mente, dove lo shock batte alla porta giorno e notte e lo scioccato finge di ignorarlo.
Tutti i blogger rimangono sorpresi dagli accessi al proprio blog tramite termini di ricerca strani, strampalati o, addirittura, inquietanti. Ho dato un’occhiata alle mie statistiche di un intero anno, debbo dire che sono niente male. È tutto vero (purtroppo).
geroglifici che trombano – I fumetti porno del 3000 a.C.. Ah, quelle belle immagini di Horus, Nefertari e Anubi che fanno una cosa a tre…Ma come fanno a trombare, così schiacciati e di profilo?
femmine nude shock – Capisco che la prima volta che scopri come siano fatte le donne sotto i vestiti non rimani indifferente, ma addirittura rimanere scioccati…Che pensavi che fossero come Barbie?
innamorarsi rende stupidi – È vero. Ma tanto non te ne rendi conto
donne morte nude, donne nude morte, morte nude, ragazze morte nude – Ma sono morte perché erano nude? Non capisco. A parte questo, c’è poco da ridere: ma che mente malata fa queste ricerche? Onde sgombrare il campo da equivoci, spiego cosa c’entri col mio blog. Una volta scrissi un articolo in cui menzionavo la “morte” (intesa come la signora con la falce, tant’é che anche questo è un termine di ricerca molto diffuso sul mio blog). Da qualche parte avrò parlato anche di donne nude, fatto sta che, sempre nel gioco del post riassuntivo dei termini di ricerca, compaiono assieme i due termini. Da allora non mi libero più del maniaco
un grande gusto del macabro – Ce l’ha il tizio che fa le ricerche qui sopra. Ma più che “grande”, lo avrei definito con termini sprezzanti
donne nude fanno la morre – La morre cinese?
cerco donne nude – Questo qui proprio non vuole perdere tempo, le vuole già pronte. Se te la presentano vestita e poi dopo si spoglia? Non va bene?
foto figa lolite grembiule – Non capisco se sia più feticista delle lolite o dei grembiuli
sono incazzato nero con i sistemi politici – Sì, ma stai calmo
berlusconi vestito da papa, foto berlusconi vestito da papa – Buongustaio
berlusconi vs papa – Tipo Freddy vs Jason?
domino gioco da stupidi – Dì la verità, ti hanno escluso dalla squadra rionale di domino e ora cerchi qualcuno che la pensi come te per sfogare la tua frustrazione
personaggi dei gdr non si cambiano i vestiti – Perché sono sudicioni
decreto brunetta anafilassi – Ti capisco. Anche a me venne una reazione allergica dopo aver letto il Decreto Brunetta
trenitalia shock allergico – Ognuno ha le sue reazioni. A me trenitalia stimola violentemente la peristalsi intestinale (per dirlo in modo elegante)
donne senza niente addosso, donne senza niente addosso in tv – Questo qui deve avere massimo 14 anni. La pruriginosa curiosità e l’ingenuità che trasudano da questa frase, mostrano tutta l’innocenza dei primi bollori. Comunque, mio buon amico, sappi che guardare le donne senza niente addosso in televisione, fa diventare ciechi!
come’fatta una fica vergine – Questo va a scuola con quello di sopra. E non impara niente, visto come scrive. Comunque, è fatta così. Perciò ti consiglierei di non provare mai a fare sesso
cuanti tipi di figheesistono nel mondo – Tantissime. C’è la figa figa, la figa un po’ così, la figa a vapore, la figa in fuga (è difficile acchiapparla), la figa sfiga (poverina, è iellata), la figa foga (travolgente) e via così… E tutte conoscono la lingua italiana meglio di te
poppe poppute – Le ho finite. Ho poppe paffute, poppe spoppate, poppe pepate e poppe poo popopo po poo
colloquio senza mutande – L’importante è avere la cravatta
se una donna continua a sistemarsi la gonna – Dev’essere il romanzo perduto di Calvino, dopo “Se una notte d’inverno un viaggiatore”
l’antica leggenda narra che il re mida per molto tempo inseguì – Chi? Cosa? Non mi lasciare così!
uomo basso capelli lunghi – Come si dice…uomo basso, tutto capellasso
capa rotta – No, era Capa rezza
camminare in salita – È come camminare in discesa, ma al contrario
è umorismo prendersela con i deboli? – No. E se hai bisogno di cercarlo su internet perché non lo capisci da solo, beh, hai qualche problema, amico
la mia tesi fa schifo – Cacchi tuoi. Consolati: non la leggerà mai nessuno, neanche il tuo relatore, probabilmente
io credo in un solo dio ronnie james onnipotent – Brav ragazz, fatt molt ben
sopravvivere ai concerti – Non andarci
“shock anafilattico” in giapponese – アナフィラキシーショック
ti piacciono le riviste di meccanica? – Sei proprio fuori dal tempo
Il trend dell’estate 2013 sembra sia quello di scattare foto vista mare con primo piano dei propri piedi. E, ovviamente, condividere il tutto su Instagram, Twitter, Facebook. Il non plus ultra l’ha raggiunto una coppia che ho su fb: veduta della spiaggia e primo piano di piede destro di lui affiancato a piede sinistro di lei. Ma che carini. Vi organizzerei un incontro con Jigsaw.
Vorrei dire a tutti queste persone che non state facendo nulla di artistico, non siete gli Helmut Newton delle spiagge, gli Steve McCurry degli alluci, gli Ansel Adams delle inquadrature. Siete persone che si stanno fotografando i piedi, fate il paio con i pornografi del cibo che condividono foto dei loro piatti, pure se sono delle carote frullate (perché poi devono informare il mondo che oggi hanno salvato una mucca, magari).
Poi ci ho riflettuto su. Mi son detto, è stato fatto il trend, voglio fare trend-uno (sì, faccio freddure anche peggiori di questa). Voglio compiere io un vero gesto artistico e, come tale, provocatorio. Mi cimento anche io nella veduta spiaggia con primo piano:
(sì, è un montaggio. Non amo andare in spiaggia e poi non ci andrei mica apposta a fare sta cretinata)
Ho mai riferito del rumore del silenzio? Il suono in sottofondo, come di un frigorifero vuoto, dentro mi faceva eco, dandomi il tormento. Forse ero io l’incapace di colmare quel vuoto, forse ero io il visionario cercatore di fantasmi dove non ve ne sono.
La presenza/assenza, va da sé, mi ha sopraffatto.
Ho mai riferito del silenzio di una conversazione? Possiamo parlare senza dirci nulla. Ascolto, interessato, la melodia della voce, ma non ne ricavo nulla, è come ammirare un fiore senza profumo, è lì, menomato di una sua qualità.
Aspettiamo che faccia rumore, come osservare il cielo che si nuvola? Oppure, andrà bene così?
Due stati, sensazioni diverse, rumore di fondo e fondo senza rumore, due inquietudini che risiedono in me. Passato, presente, crollo.
Ieri sera Soldato Joker mi dice che non sono un tipo allegro. Non ho detto nulla, ho solo abbozzato un sorriso e null’altro. Io e Soldato Joker non siamo in confidenza tale da permettermi di introdurlo in una dissertazione sul concetto di allegria e i miei stati d’animo.
Mi ha dato da riflettere, comunque, sul significato da dare a questa parola: “allegria”. Mi chiedevo se avesse senso definire una persona “un tipo allegro”. Per me, ad esempio, non esiste un individuo così, è un falso. Ben fatto, ma pur sempre un falso. L’allegria è legata a una situazione concreta e, in quanto tale, tendente a esaurirsi: mi rende allegro ciò che dici, mi rallegra questa situazione, questo vino mi dà allegria, eccetera. È come il senso di sazietà, lo si avverte dopo un pasto. Non si è sempre sazi, chi dice così o riempie lo stomaco di continuo o mente. Così è per il tipo allegro, è un artificio, si nasconde dietro una maschera.
Vero è che chi mi guarda in faccia potrebbe pensare che non mangio da una vita. Aggiungiamo anche che non riesco a rendere imperscrutabile il mio volto, delle volte mi sento come Giacomo di cristallo, mi si legge tutto. Il fatto è che la mia mente non sta mai ferma, mentre mi trovo in un luogo qualcosa o qualcuno dentro di me comincia a rovistare negli archivi della mente e mi propone di continuo immagini, pensieri, sensazioni, riflessioni. Quindi, chi mi osserva mi vede fisicamente presente, come può esserlo una sagoma di cartone, ma con la testa altrove. Incline alla malinconia, forse, ma è colpa di alcuni pensieri dominanti e, in ogni caso, a mio avviso la riflessione tende sempre a ridurre il buonumore in qualunque individuo.
Rene Magritte, Décalcomanie, 1966
Scriveva Leopardi
“quando l’uomo non ha sentimento di alcun bene o male particolare, sente in generale l’infelicità nativa dell’uomo, e questo è quel sentimento che si chiama noia”
Le mie riflessioni convergono sempre sullo stesso punto, facendomi percepire un senso di inadeguatezza tra la realtà percepita e la realtà concepita; può darmi allegria qualcosa (torniamo al discorso che facevo all’inizio), ma non trovo realistico mantenere uno status di allegria costante, né, d’altro canto, ne avverto i presupposti.
D’estate, verso sera, mi piace sedermi sul davanzale della finestra della mia stanza e leggere. Un po’ perché mi sento figo e mi sparo le pose (ma tanto non mi vede nessuno, quindi è solo masturbazione), un po’ perché mi piace godermi l’arietta al tramonto.
È stato in quel momento, oggi, che ho realizzato cos’è che sento che manca nella mia vita. L’ho compreso quando ho chiuso il libro e ho guardato il cielo che da rossastro sfumava via via nell’azzurrino fino a farsi più scuro.
Io sono solo.
Ci sono determinati momenti in cui vorrei accanto una persona che provi le mie stesse emozioni per condividerle: quando guardo un tramonto (che poi il tramonto da casa mia fa cagare, a parte che manco lo vedo il sole, chiuso come sono dall’autostrada e dai palazzi), il mare, quando nell’aria, dopo la pioggia, c’è odore di terra bagnata, quando guardo due tizi che fanno canottaggio nei Navigli di Milano
Ok, l’ultima non è poetica, ma quando li ho visti mi veniva da sorridere.
Comunque, più della mancanza di contatto fisico, più della mancanza di qualcuno che ti dica quanto ci tiene a te e così via, sento la mancanza di qualcuno che veda con i miei occhi e senta ciò che provo. Le mie sensazioni soffrono di solitudine.
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)
Come quelle coperte, formate da tante pezze colorate, cucite insieme tra loro.
Tessuti diversi, di colore e materiale eterogeneo, uniti in un unico risultato finale: la coperta.
Così il mio blog, fatto di tanti aspetti della vita quotidiana, sempre la mia.