Non è che serva un consulente del lavoro per i muscoli doloranti perché sono contratti

Ogni tanto mi piace scrivere guide o tutorial o consigli in generale. Non l’avessi mai fatto. Sempre più persone mi fermano per strada dicendomi «E perché non parli di questo?!» cui fanno eco altri «E allora quest’altro?!». Io in genere svicolo indicando una ONG in lontananza e scappando.

Mi sono reso conto però di non aver affrontato mai, con dovizia di particolari, un tema importante come quello del lavoro. In particolare, i contratti. Quali sono? Come funzionano? Come ottenerne uno? A due di queste domande posso rispondere e, per farlo in maniera chiara e comprensibile, utilizzerò come esempio le relazioni  uomo-donna (o uomo-uomo o donna-donna).

TIPI DI CONTRATTI DI LAVORO

A chiamata
Quando ti cercano per andare a letto senza impegno, anche all’ultimo momento, non avendo trovato di meglio. Poi, ognuno per la propria strada.

Prestazione d’opera occasionale
Una trombamicizia: ci si vede quando capita, per non più giorni consecutivi e senza alcun vincolo. È possibile avere altre relazioni nello stesso tempo. Ha però una durata limitata, anche se c’è qualcuno che se ne approfitta e la trascina oltre quello che sarebbe il consentito. A volte capita che chi inizia questo tipo di contratto, pardon, di relazione, spera in qualcosa in più; oppure, capita che si affezioni alla situazione. Sbagliato. Le prestazioni occasionali difficilmente diventano qualcosa in più.

Partita IVA
Chi sostanzialmente si vede e tromba con chi gli pare perché tanto è convinto che non deve rendere conto a nessuno. Poi però arriva qualcuno incazzato, possono essere ex amanti o mariti traditi e rispondono ai nomi di Finanza, Commercialista, Agenzia delle Entrate.

Apprendistato
Chi inizia una relazione sperando che sia a lungo termine, ma, nel frattempo, deve superare tutta una serie di scogli e di prove per dimostrare di essere la persona giusta.

Tempo determinato
Una relazione che sembra stabile, in cui si fanno anche progetti e magari si va a vivere insieme e ci si abitua all’idea di qualcosa a lungo termine. Ed è in quel momento che finirà perché «Mi spiace, non posso tenerti con me».

Tempo indeterminato
Una relazione fissa, stabile, l’auto, il mutuo, gli animali domestici, il set per la fonduta. Hai investito per tutto questo e poi ti rendi conto che non era quel che volevi e ti senti incastrato. Ma ormai hai un’età, per non restare a spasso ti tieni quello che hai così com’è.

Stagista/Tirocinante
Chi si vede con qualcuno sperando di contare qualcosa, mentre invece magari è solo il suo oggetto sessuale. Pur rendendosi conto di essere sfruttato e di valere poco, spera che mettendo in luce le proprie qualità l’altra persona si accorga del suo valore e decida di tenerla con sé. Ed è in quel momento che questa persona dirà «Mi dispiace, non mi sento di impegnarmi in un rapporto a lungo termine». Due mesi dopo incontri questa persona per strada con la fede al dito.

Lavoro in nero
Chi è in una relazione clandestina. Può andare avanti per anni, con l’aspettativa che prima o poi le cose cambieranno e la relazione verrà ufficializzata e legittimata. Non avviene mai.

Spero ora sia tutto più chiaro!

L’apostata del cuore – Comunicazioni di servizio

La pagina di consigli sentimentali che curo su questo blog può sembrare una rubrica umoristica. In realtà cerco davvero di offrire degli spunti di riflessione, per vie non convenzionali. È un esercizio di pensiero posteriore, che è come un pensiero laterale però considerato un po’ sfigato perché troppo vicino al buco del culo.

Le lettere che pubblico, a parte qualcuna scritta da me di sana pianta, le recupero online, magari adattando il testo per le mie finalità o aggiungendo parti non presenti.

Pensavo di non far nulla di male.

Se non che ieri pomeriggio ho ricevuto l’email che riporto qui sotto.


Egregio Signor Gintoki,

sono Uterina Cervice, Direttrice di Non solo pegging, portale di fashion style, glamour, new trends, love & sex e naturopatia anale. Ma credo che lei già ci conosca, quindi scrivo queste cose giusto perché mi piace leggermi.

Abbiamo fatto da palestra per molte tra le più quotate fashion blogger del momento, tra cui Romina Stracciamaroni e Maria Elisabetta Catarrosa e anche Chiara Ferragni seppur dalle sue successive scelte di vita abbiamo preso le distanze.

Seguo con interesse il suo blog o almeno così sembra dai miei feed RSS. Oppure è una delle mie stagiste che usa il pc per scopi personali al lavoro e dovrò licenziarla. Scherzo: mi paga bene – lavorare con noi è un grande privilegio e questo lo capiamo offrendo comodi pagamenti rateali ai nostro volontari – come potrei? Al massimo le farò causa.

Vengo subito al dunque perché mi sono già stancata: trovo assolutamente inappropriato l’utilizzo che lei fa delle lettere che i nostri lettori e lettrici ci inviano per chiedere un aiuto in amore e/o sesso e che noi pubblichiamo. Lei, oltre a copiare e ripubblicare tali lettere senza autorizzazione, fornisce consulenza sentimentale privo di alcuna qualifica. Per giunta, si fa anche definire Dottore. Io ho effettuato dei controlli e all’Albo dei Consulenti Sentimentali non risulta alcun Gintoki iscritto.

Lei crede che in questo campo ci sia spazio all’improvvisazione? Sa se fosse un mio collaboratore per quanti anni dovrebbe leccare le mie secrezioni dalla mia biancheria intima per riuscire a essere degno quel tanto che basta per mettere le mani su una tastiera?

Potrei anche forse accettare il desiderio di emulazione nei confronti della Testata che dirigo ma dalle risposte che fornisce si nota tutta la sua inesperienza, la sua presunzione e i suoi non risolti conflitti anali.

Lei infatti soffre chiaramente di Sindrome Sannitica.

Ricorderà in modo vago, data la sua ignoranza, l’episodio delle Forche Caudine in cui i soldati Romani furono costretti dai Sanniti non solo a passare sotto il giogo seminudi, ma anche a subire un atto di sodomia. L’episodio fu fonte di infamia e scoramento a Roma tutta.

I Romani, negli anni successivi, riuscirono poi a prendere via via il controllo dei territori dei Sanniti in varie battaglie, lasciando una scia di sangue nemico sul terreno.

Ebbene, lei vive la condizione di chi vorrebbe praticar la sodomia su una donna per esprimere il suo controllo e dominio e non vi riesce per un blocco mentale, perché inconsciamente vive l’atto come impuro, innaturale e lesivo della dignità e teme per questo di incombere in una tremenda punizione. L’unico modo per sbloccarsi sarebbe una sodomia, ma la sodomia è proprio ciò che le impedisce di sbloccarsi. A causa di questo Limbo in cui si trova, lei scarica la sua frustrazione sui nostri lettori sodomizzandoli con le sue parole.

Con la presente, dunque, oltre a invitarla a praticare su sé stesso della sodomia, la diffido dal proseguire le sue attività con la sua rubrica.

Per qualsiasi chiarimento voglia da me, la invito nuovamente ad autosodomizzarsi.

ps. per dimostrarle comunque la mia assoluta bendisposizione nei suoi confronti, al di là dello spiacevole e fastidioso equivoco tra di noi, le svelo in anteprima la copertina del prossimo numero della nostra versione cartacea, con una esclusiva speciale. Sperando di farle cosa gradita e umiliarla sbattendole in faccia il mio successo.

In Fede,

Uterina Cervice,
General Art Director & Stylish Manager


Sto valutando come approcciare una replica con questa persona, nel frattempo, in ogni caso, mi vedo costretto a sospendere la pubblicazione della rubrica.

Non è che se riduci il coffee break allora sei in meno-pausa

Io e il Sam Tarly che ho in ufficio cerchiamo ancora di trovare la giusta lunghezza d’onda. Credo lui stia profondendo sforzi in timidi tentativi di stabilire contatti con me.

Adesso la mattina, appena arrivati in ufficio, mi fa una piccola rassegna stampa.

Mi ha detto del ragazzino che ha vinto una fornitura di pollo fritto per un anno per aver ottenuto il record di retweet. Chissà poi quanti tweet otterrà per commemorare il suo fegato.

Stamattina mi ha chiesto se fossi a conoscenza della storia di Cicciolina che è stata morsa da un cane e ha chiesto un risarcimento ma si è scoperto fosse una truffa.

Insomma, come si può notare si interessa di grandi temi di attualità e geopolitica.

Ieri mi dice:
– Stavo seguendo i risultati delle elezioni francesi…
– Ah, bene – penso io –  allora si interessa di politica internazionale!
– …incredibile…il nuovo Presidente sta con una di 24 anni più…
– …più grande di lui, sì, lo so.

Mi ero illuso.

Va detto che, su Macron, questo è l’argomento di cui parlano tutti. È il solo argomento che sembra interessi a tutti: Sta con una vecchia.

A tal proposito devo contraddire il mio conterraneo fumettista Natangelo, l’argomento infatti non è al centro del dibattito solo in Italia. È arrivato perfino in Ungheria.

Da una parte lo capisco, il buon Sam Tarly. Non mi posso aspettare certo grandi analisi da parte sua.

Ha l’aria di uno che ha smesso di guardare il volley femminile quando le atlete hanno cessato di giocare in mutande per passare ai calzoncini.


Ah no, quello ero io.
Ma erano tempi difficili nella mia adolescenza, senza internet, senza Instagram, senza più Postalmarket. C’erano solo Studio Aperto e il volley, di giorno, per allietarsi. Ma io cercavo anche un po’ di approfondimento di attualità e cultura. E quindi guardavo il volley, non Studio Aperto.


Inoltre, in fondo si sa che alla gente interessa veramente un’unica cosa. Non importa chi tu sia o cosa tu faccia nella vita. Importa cosa fai del tuo pene e cosa fai della tua vagina.

Che non sono neanche veramente tuoi. Anche se ne sei il proprietario nominale e li porti in giro in modo gaudente, sono organi di dominio pubico, sempre sulla bocca di tutti.

Io credo, ad esempio, che il problema degli Adinolfi e di tutti quelli che pongono e si pongono tanti problemi riguardo l’omosessualità sia una semplice reazione di rifiuto legata al visualizzare mentalmente peni con peni e vagine con vagine. Io non visualizzo peni, talvolta vagine ma solo a tarda ora, ma altre persone invece hanno una fantasia molto più accentuata e impressionabile. Se fossimo tutti lisci come Ken e Barbie a nessuno importerebbe invece che Ken abbracci Ken e Barbie abbracci Barbie!

Quindi la soluzione è: togliamo il pene agli Adinolfi e staremo meglio.

Tornando a Sam Tarly, sono rimasto scioccato quando, sempre parlando di Macron, ha aggiunto:

– Io poi non capisco a volte come uno faccia…cioè lui sta con una in menopausa…I mean…He cannot have sex with her.

Ho riavvolto il nastro mentalmente per riascoltare ciò che aveva detto, perché forse avevo capito male.

HE CANNOT HAVE SEX WITH HER.

Sono rimasto un attimo in imbarazzo. Una goccia di sudore mi colava lungo la fronte. Non sapevo se dir qualcosa o tacere.

Pensavo di uscire dall’impaccio con una battutina, del tipo: Beh magari con del lubrificante…, ma mi sembrava alquanto sessista e anche presuntuoso. Che ne so io della Signora Brigitte Trogneux? Lei potrebbe benissimo rispondermi Ue pirletta, il lubrificante lo dai a tua sorella, io sono al top, t’è capì? Taac e farebbe anche bene.


La signora nella mia mente ha ascendenze meneghine.


Ho anche pensato di inviargli via Skype dei video didattici di YouPorn dove delle signore, coetanee di Brigitte Trogneux, mostrano in dettaglio ai giovani inesperti cosa sia il sesso. Però questi video mi sembravano un poco falsi e costruiti ad arte e poco adatti a supportare la mia tesi; la qualità video invece di quelli garantiti come artigianali (in che senso, poi? Saranno bio? Senza glifosato?) non sembrava eccelsa.

Alla fine però ho pensato di farmi i fatti miei.
Cosa posso mai saperne se non si tratti magari invece di una questione religiosa? Forse c’è un qualche principio che stabilisce che non si può più far niente in menopausa. Io lo ignoro in quanto non addentro alla materia teologica: figuriamoci, se fossi una donna concorrerei per il concorso di miss-credente.

Quindi alla fine ho taciuto evitando di offendere le convinzioni altrui.

Non è che l’impiegato nella galleria d’arte sia un “quadro”

Tanto tempo fa, almeno un paio di anni – che nel mondo di internet equivalgono a un’era geologica, giusto ieri infatti ho rinvenuto un fossile di MEDITATE GENTE MEDITATE del 2015 nel cranio di un imbecille -, su questo blog mi ero specializzato in liste.

Liste di persone, categorizzate in base alle loro specificità per identificarle e, se possibile, evitarle. Tutto questo per offrire un servizio pubblico, visto che c’è tanto bisogno di liste nella società.

Per riprendere le vecchie abitudini e offrire sempre di più al lettore, ho qui pronta una lista di individui che è possibile ritrovare, volenti o nolenti, come colleghi di lavoro.


L’Uomo Ombra
Non lo si vede mai. Forse non esiste nemmeno. Eppure se ne avverte la presenza oscura. Appone la sua firma sui documenti mentre voi vi assentate alla macchina del caffè. Contatta clienti anche se il suo telefono è impolverato dal 1990. Appare fisicamente soltanto se c’è un rinfresco aziendale, fa sparire qualche pasticcino e poi ritorna nell’ombra. Nessuno conosce il suo nome, l’amministrazione stessa ogni fine mese quando controlla le buste paga si chiede “Ma chi è questo qui che abbiamo a libro paga?”.
Frase tipica: – (nessuno l’ha mai sentito parlare).

Gola profonda
Colui o colei che tiene sempre aggiornati gli altri riguardo le proprie avventure sessuali, spesso con tal dovizia di dettagli che 50 Sfumature sembra un fumetto di Topolino. Di tali resoconti i colleghi farebbero ovviamente a meno, in particolare mentre stanno mangiando oppure revisionando un documento così importante e delicato che in caso di errori vedrebbero la propria testa finire su una picca. A Gola profonda tutto questo però non interessa, perché tutto ruota intorno al suo Ego.
Frase tipica: Ah, ti ho raccontato di…?

Il Dottor Stranodore

Il Dottor Stranodore ha sviluppato un efficace sistema di difesa della propria bolla prossemica. Spargendo nell’aria afrori molesti, come alito di gyros con cipolla e paprika, scarpa da tennis annata McEnroe ’79, ascella da autobus dell’Atac in sciopero bloccato a Corso Vittorio Emanuele, avrà la certezza di non essere avvicinato da nessuno. Il problema sorge quando è lui ad avvicinarsi agli altri.
Frase tipica: Ma sentite anche voi una puzza? Devono essere i lavori alle fogne qui di fianco.

Adolf
A dispetto dell’appellativo, l’Adolf non è una persona aggressiva. Ha soltanto il piccolo difetto di avere una concezione estrema di Lebensraum, ovvero di spazio vitale. Sentendosi troppo stretto all’interno dei confini della propria scrivania, l’Adolf comincerà a ritagliarsi spazio a danno dei vicini. I malcapitati, magari poveri stagisti posti come cuscinetto strategico intorno a lui, vedranno le proprie postazioni invase dalle sue carabattole. L’Adolf a volte è invadente anche a livello sonoro, costringendo gli altri a subire l’ascolto delle sue telefonate private o della musica che diffonde dalle casse del computer. Quest’ultima è una tattica di logoramento per costringere gli avversari alla resa e a concedere spontaneamente un Anschluss.
Frase tipica: Scusa, mica ti do fastidio se appoggio questo qui?

Occhio di falco
All’Occhio di Falco non sfugge niente, anzi le sue doti sono direttamente proporzionali ai vostri tentativi di occultamento. Più cercherete di tener nascosto quel pacchettino minuscolo che avete ricevuto poco prima di entrare in ufficio, più la sua vista si acuirà per individuare
– l’oggetto
– la forma
– il colore
– il costo
Come qualsiasi supereroe, l’Occhio di Falco è però geloso della propria identità e ci tiene invece a tener celate le cose che lo riguardano. Reagirà in maniera violenta ai vostri tentativi di intromissione nella sua privacy.
Frase tipica: Che cos’hai lì?

Ciccio di Nonna Papera

Probabilmente non è umano. Forse il suo stomaco contiene un buco nero. Con l’energia creata dal movimento continuo delle sue mascelle si potrebbe fornire elettricità a una città. Con le quantità di cibo che ingurgita si potrebbe sfamare una Nazione. Il Ciccio, nei cassetti non ha documenti e materiale da cancelleria ma provviste di cibo. Il suono che proviene dalla sua postazione durante le otto ore è soltanto quello di un crunch crunch continuo.
Frase tipica: Lo finisci quello o posso mangiarlo?

Legge 626
Risponde al telefono: lesione al timpano guaribile in giorni 30.
Finestra aperta: colpo di vento e dolore cervicale per una settimana.
Sposta il mouse: infrazione carpale con prognosi di venti giorni.
Suono delle sveglia: emicrania lancinante per giorni tre.
Il tutto sempre corredato da certificati rilasciati da un sedicente medico curante che in realtà ha il diploma da geometra. Acquistato online.
Frase tipica: Oggi non mi sento tanto bene…

Quinto Fabio Massimo ovvero Il Temporeggiatore
Per lui il tempo è un concetto talmente relativo che Einsten al confronto è un dilettante. Procrastinatore inveterato, qualsiasi cosa gli venga chiesta, qualsiasi cosa vada fatta, lui risponderà sempre con Poi vedo/Poi lo faccio/Poi telefono/Poi correggo.
Frase tipica: …(poi la scrivo).

Viaggi di nozze/Una mamma per amica
Viaggi di nozze è la classica collega che sta preparando il matrimonio. Comincia a fracassare le palle ai colleghi con questo argomento 2 anni prima delle nozze, ma probabilmente sta solo ripetendo discorsi che già faceva quando era bambina. Un giorno parlerà del vestito, un altro del luogo della cerimonia, un giorno del menù, un giorno del vestito di lui…per poi cominciare ciclicamente da capo perché nel frattempo saranno sorti imprevisti o saranno emerse cose nuove, anche se, gira e rigira, non si sa come alla fine tornerà sempre alle idee di partenza.
Attenzione: l’esemplare Viaggi di nozze non si spegne con il matrimonio e il resoconto del seguente viaggio. Un giorno si trasformerà in Una mamma per amica e qualsiasi suo discorso verterà sui figli e, in casi gravi, tale processo può durare fino a che il figlio non va all’università.
Frase tipica: Guarda questa/o che carinaaaaaaa/ooooooo (mostrando, a caso, foto di abiti da cerimonia, case, hotel, spiagge, neonati a caso, cucine, girarrosti, creme per arrossamenti anali…)

Dead man walking
Il contratto a progetto reclutato per coprire quello che è partito per un giro intorno al mondo di tre mesi. Lo stagista cooptato grazie a Fondi Regionali+Borsa di studio+Bollini spesa Coop+Sovvenzioni genitoriali, insomma a gratis, che spera di essere assunto anche se l’azienda non firma un contratto dal 1980. Il tempo determinato che non verrà rinnovato perché la ditta è in crisi. Insomma, quello cui è meglio non affezionarsi perché tanto alla fine muore. Ma tanto in fondo se deve succedere, meglio a lui, è giovane, a 35 anni ha modo di fare esperienza.
Frase tipica: Beh dai almeno fa curriculum…

Non è che per descrivere il Cenacolo parti con “Cena una volta…”

Prima di scrivere questo post ho riflettuto a lungo, per capire se realmente me la sentissi fino in fondo di condividere l’esperienza traumatica che ho vissuto.

Sono giunto alla conclusione che, forse, aprirmi e raccontare potrebbe aiutare altre persone a farsi coraggio e portare all’attenzione dell’opinione pubblica un tema così delicato.

La cena di Natale aziendale.

Ieri sera ho avuto la mia seconda cena natalizia con la Società di qui a Budapest.

L’anno scorso mi tediava un po’ l’idea di parteciparvi. Più che altro era dovuto alla mia avversione per i contesti sociali nuovi. Un po’ come portare un gatto in vacanza: la vivrà come un trauma.


Il primo giorno.
Dal secondo comincerà a farsi le unghie su ogni superficie raggiungibile dalle sue zampe.


Alla fine fu però una cena squisita – ancora sogno quel carpaccio di pescespada – e molto elegante. Non elegante come quelle di Berlusconi, s’intende.

Quest’anno, con la nuova direzione Tacchino&Castora, l’organizzazione era tutta a sorpresa.

Ci hanno portato, ignari della destinazione, camminando al freddo e al gelo, verso un edificio malmesso e chiuso da un immenso portone di ferro arrugginito.

Una ragazza ha aperto e ci ha condotti verso un seminterrato gelido e umido. Lì è stato chiaro che prima della cena ci sarebbe stato un gioco come aperitivo: il luogo trattavasi infatti di una escape room.

Il gioco sarebbe stato anche divertente, se non fosse che mi ritrovavo con la Castora in squadra. In quanto persona assetata di potere e protagonismo, non lasciava esaminare un enigma o una suppellettile della stanza senza che intervenisse a togliertelo dalle mani per dare ordini o dire la propria.

A un certo punto, esasperato, ho pensato di trastullarmi col mio pene e dirle “Vuoi sottrarmi anche questo?”, ma ho desistito perché sono un gentiluomo.


E perché faceva troppo freddo e non mi andava di far brutte figure.


Finito in qualche modo il gioco, è arrivata la seconda sorpresa: la cena si sarebbe tenuta lì dentro. Al freddo e al gelo in un seminterrato a grotta, per onorare la memoria del Sacro Bambino, probabilmente.

La terza sorpresa – e a questo punto eran già troppe – è stata che la cena consisteva in: tranci di pizza di Mamma Sophia.


E non era una gentile signora, la pizzeria si chiama Mamma Sophia. Non capisco perché il fake italiano all’estero debba essere sempre brandizzato “mamma”, “nonna”, “nonno”: e il cugino? E il cognato? Perché non ho mai visto una “Trattoria del cognato”? Cos’è questa discriminazione?


Queste sono le pizze della famosa “Mamma Sophia”:

mammasophia

E qualcuno potrebbe dire “Mah! L’aspetto non sembra male!

No.

Questa non è pizza.

Questa è pizza:

La pizza di Gino Sorbillo

Una volta per tutte: cornicione alto e soffice, l’interno non deve essere croccante e la mozzarella non deve essere ridotta in particelle atomiche bruciacchiate.

Tra l’altro, provenendo dall’esterno dove c’erano -4°, la pizza è arrivata con un principio di assideramento.

Nessuno inoltre aveva pensato che S., la stagista presente nel mio ufficio, non può mangiare farinacei. La poverina è andata al supermercato a comprarsi insalata e tonno (non a sue spese, precisiamo).

La quarta sorpresa erano i regali. Bisognava scegliere un pacchetto a caso e io mi sono fiondato su uno dalla forma familiare: o erano due bottiglie di vino o le guglie di Notre Dame. Era vino.

La quinta sorpresa era che, una volta scartati tutti i regali, ce li saremmo giocati a dadi. 5 turni a disposizione e ognuno poteva scegliere chi sfidare per vincergli il regalo. Nel qual caso, gli avrebbe dato in cambio il proprio.

Per 4 volte di seguito sono stato sfidato dall’ex capo, che puntava al mio vino. Ingordo, in quanto dal suo pacchetto era uscita una bottiglia di crema di liquore irlandese con due bicchieri.

Dopo averlo battuto tre volte – e la terza con un sorprendente 11 contro il suo 10 -, alla quarta ho dovuto capitolare.

Stavo già beandomi comunque della crema di liquore, quando la Castora nell’ultimo turno ha deciso di sfidarmi. Ho perso e alla fine mi sono ritrovato con una candela profumata:

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Credo che a me sia andata peggio di tutti gli altri.
Perfino di B.B. (non Brigitte Bardot), che è tornata a casa con un asciugamanino con su ricamato “Mr”.

Insomma, una tovaglietta da culo pur se maschile può sempre tornare utile, io cosa faccio con una candela profumata?

La accendo mentre faccio un bagno di schiuma come una diva del cinema? Non posso, non ho la vasca da bagno.

La accendo durante una cena seduttiva?
Neanche.
Qui a Budapest mi troverei solo io e il mio notebook con un video di Sasha Grey che, poverina, non potrebbe annusare la fragranza e quindi sarebbe tutto sprecato.

La cena delle beffe non è finita qui.

Al termine abbiamo anche dovuto ripulire tutto.

Sono ancora sconvolto dall’accaduto, ma scrivere mi ha fatto sentire meglio.

Non è che il parroco non percepisca i contributi perché lavora in nero

– Posso chiamarti su Skype?

È un messaggio da parte di CR. Io dico di sì e 5 minuti dopo chiama, con la videocamera accesa.

– Come mai non ti vedo?
– Ehm…non sono presentabile.

Ero in mutande, l’occhio vitreo e i capelli incollati sulla fronte. E il cuscino attaccato ai capelli.


A volte mi sento in colpa per utilizzare il telefono in condizioni troppo casalinghe, come quando rispondo mentre son nudo, appena uscito dalla doccia. E penso che non vorrei lo facessero quando telefono io, a meno che non siano donne. Ma una volta a una ragazza che mi aveva detto di esser in bagno chiesi, con voce bassa e profonda “Sei appena uscita dalla doccia?” – inarcando anche le sopracciglia che chi è al telefono ovviamente non vede ma che intuisce lo stesso – e mi sentii rispondere “No, sto sulla tazza da un’ora”.


“Ben mi sta”, pensai.


Mi aggiorna su un po’ di situazioni interne lì nella società, dice che le manco e che avrebbe tanto voluto assaggiare il mio cannellone. Ebbasta!, penso nella mia testa.


Per chi si fosse perso il precedente cui fa riferimento il doppio senso (mio, non suo): clic


Io so già che il motivo per cui mi ha chiamato non è per fare due chiacchiere o per fare riferimenti ambigui senza volerlo.

Sin da quando me ne sono andato ha sempre detto che avrebbe voluto ci fosse un modo per farmi ritornare. E così stava spingendo all’interno della compagnia affinché si facesse uno sforzo economico in tal senso.

Come si vedrà in seguito, “sforzo economico” è stato inteso non come intervento finanziario ma come “azione con il minor dispendio di risorse”.

Questo era stato già ben chiaro nei giorni antecedenti la telefonata di CR.

Una prima ipotesi che mi era stata illustrata in modo molto vago, al suon di “Ma che ne penseresti di…?” è stata quella di tornare lì, ma senza contratto. In pratica, io avrei lavorato per loro, poi una società terza – che fa questo di professione, evidentemente – avrebbe preparato una fattura di consulenza per la mia società, la quale avrebbe versato il dovuto a tale società terza, che poi mi avrebbe pagato in contanti, trattenendo un 6% perché nessuno lavora gratis.


A parte gli stagisti, ma lo stagista nasce per essere angariato. Altrimenti che gusto c’è ad averne uno? Stavo pensando quest’estate di prenderne un paio per farci giocare i gatti.


Ricapitolando: A (mia società) tramite bonifico paga B (società terza) che pagherà G (io) sottobanco trattenendo un 6% di una cifra non certo da favola.


Quale sarebbe la convenienza per A nel fare ciò è molto semplice da spiegare: in primo luogo, pagando la società B non evaderebbe le tasse e in secondo luogo c’è il vantaggio fiscale rispetto al dover pagare invece direttamente un dipendente contrattualizzato.


Dopo averci pensato a lungo, durante tutto l’arco di tempo in cui pulivo la lettiera del gatto e mi interrogavo sulle proporzioni della “produzione” rispetto alle dimensioni del felino – sarebbe come se un umano producesse quanto un rinoceronte –  sono giunto un parere unanime tra me, me stesso ed io sulla proposta:

Dopo aver detto a CR di provare a tradurre in ungherese la mia risposta a chi di dovere, sono rimasto in attesa di qualche nuova ipotesi sul mio futuro.

Ed è così che arriviamo alla telefonata dell’altro giorno.
CR mi informa che ha messo alle strette la Triade che attualmente guida la società, che sarebbe composta dal Capo, che a luglio andrà via, dalla Capa dell’ufficio finanziario e da quello che da luglio diventerà il nuovo Capo. Un bel gruppo di teste, insomma.

Dopo che CR aveva perorato la mia causa e aveva chiesto uno sforzo economico per assicurarmi un ritorno alle loro dipendenze, la risposta è stata che, sì, loro hanno proprio intenzione di esser economici e che quindi preferirebbero avere come risorsa aggiunta un ungherese. Possibilmente neolaureato, ancor meglio se studente in corso.

Ho ringraziato CR per averci provato e le ho rinnovato i miei attestati di stima nei suoi confronti, come collega e come amica. E le ho dato un ultimo compito, cioè di tradurre in ungherese questo:

Non è che l’universitaria ansiosa è una tesa di laurea

Negli ultimi tre mesi ho fatto da ‘consulente’ a una ragazza per la stesura della tesi di laurea. Ho avuto modo di comprendere, grazie a questa esperienza, come è fatta una persona che vive fuori dal mondo.


Il Maestro di maturità

Pensavo di vivere io fuori dal mondo, perché ad esempio sono il tipo che quando vede un grande negozio di giocattoli devo entrare per cercare le spade laser di Star Wars oppure per guardare i Lego o provare le maschere dei supereroi. Forse si tratta di differenti modi di essere fuori dal mondo, la mia maturità – personificata dal tipo con la barba lunga delle serie Conosciamoci un po’ e Siamo fatti così – me lo dice sempre: “Gintò, ma o’ vir che gli altri trentenni e pure quelli più giovani si sposano e fanno figli?”. Al che ho realizzato una cosa: debbo sposarmi e fare figli così da avere il pretesto, per gli anni a venire, per poter frequentare i negozi di giocattoli.


La mia ‘cliente’ pur essendo al quinto anno complessivo di università e con  già una triennale alle spalle, non aveva la benché minima idea di come fosse fatta una tesi di laurea nella sua struttura basilare, intesa quindi come un testo composto da indice-introduzione-capitoli-conclusioni-bibliografia.


Poi ho avuto modo di capire che per la triennale fosse stato il padre a farle da ‘consulente’ e questo spiega tutto.


Non aveva alcuna idea, inoltre, su come si reperisse il materiale. Ma quello non è stato un problema: il padre le ha fornito dei libri, la madre dei documenti.

Specifico: la madre ha incaricato gli stagisti del suo ufficio di cercarle dei documenti.


E voi che scommetto associate lo stagista a uno che fa le fotocopie. Invece, se siete fortunati, potreste ritrovarvi nell’ufficio di una persona importante che vi incarica di cercare materiale per la tesi della figlia.


A quel punto è stato chiaro come questa famiglia rappresentasse bene un comandamento presente nella civiltà umana sin dai tempi più antichi, sembra fosse scritto anche sulle tavole di Mosè che poi per distrazione deve essersi dimenticato di tramandarlo: non fare qualcosa se gli altri possono farlo per te*. In questo meccanismo mi sono fatto volontariamente coinvolgere anche io, in cerca di possibilità di guadagno facendo il ‘consulente’.


 *A riprova della storicità di tale ammonimento c’è il fatto che il Dio biblico per l’appunto agiva spesso per interposta persona!


La ragazza, comunque, era molto in ansia per il rush finale verso la conquista di ciò che è volgarmente denominato “pezzo di carta”: il suo desiderio è il 110, cosa di cui non si riteneva sicura, partendo da un misero 108-109.

L’altra sua fonte di ansia riguardava la natura della consulenza: sarà giusto – si chiedeva – ricorrere a un piccolo aiutino? Per sicurezza, mi confessò una volta, aveva cancellato tutte le nostre mail per il timore di essere intercettata dalla polizia postale.

Non ritenni di dover fare domande (Quello il pazzo va assecondato, diceva Totò) e mi assicurai che le portiere della sua Smart – stavamo parlando in auto – non fossero bloccate.

Il fondo l’abbiamo toccato quando mi ha inviato un documento riservato, in possesso della madre, da utilizzare nella tesi, ovviamente senza citarlo né riportandone il contenuto, ma utilizzandolo soltanto come ispirazione. La raccomandazione era quella di eliminarlo una volta letto.


Non so che livello di riservatezza potesse avere – non parliamo di segreti di Stato, ovviamente – però di certo credo fosse un documento non disponibile per terze persone e privati cittadini. Ciò mi ha fatto riflettere sul funzionamento delle cose in Italia: la madre dà alla figlia un documento riservato – e già qui non ci siamo proprio – che, a sua insaputa, lo consegna poi a un illustre sconosciuto.

Ho pensato sarebbe stato divertente rintracciare la madre e presentarsi da lei facendole un discorso di questo tipo:
– Signora, in questa penna usb c’è il documento e la mail che sua figlia mi ha inviato. Ne ho una copia conservata in un posto sicuro. Sarebbe un fatto veramente increscioso se si venisse a sapere che simili importanti comunicazioni siano alla mercé del primo che capita, non trova? Per sua fortuna ha trovato una persona onesta come me…Le lascio qui la pennetta. Ah, posso chiederle un’informazione? Sa se per caso da queste parti o una qualche sua conoscenza assume dipendenti? Sa, cerco lavoro e pensavo che forse lei con le sue competenze e capacità potrebbe essermi d’aiuto…sa, se non ci si aiuta tra noi persone oneste dove si andrebbe a finire?

Sì, più o meno l’avevo visualizzata così la scena, prima di eliminare il file.


Vorrei poter raccontare altre perle ma scenderei troppo nei dettagli. Sono grato alla mia vita comunque per farmi incontrare sempre persone che non mi annoiano.