Non è che il giudizio su un muro spetti ai poster

Durante il confronto televisivo, i tre candidati alla segreteria di un partito hanno parlato di quali poster durante l’adolescenza avevano nella propria cameretta e quali metterebbero oggi (fonte Sky):

“In Camera da ragazzino avevo il poster di Gigi Riva. Oggi metterei Yuri Chechi che si è rotto il tendine come me, mentre ballavo”

“Io avevo il poster di Berlinguer e Allende. Oggi aggiungerei Mandela”

“A 15 o 16 anni? Prima avevo Baggio, poi l’hanno venduto. Inoltre Duran Duran e Bob Kennedy. Oggi metterei Obama, ha cambiato la storia”

Tralasciando dibattito, opinioni politiche e giudizi, queste risposte mi hanno dato parecchio da riflettere.

Sono giunto alla conclusione che io non potrei mai essere un candidato alla Presidenza del Consiglio, né alla segreteria di un partito, né all’amministrazione di un condominio e forse neanche alla guida di un circolo di bocciofila non agonistica.

Se ripenso ai miei poster non so che immagine io possa mai trasmettere.

Ad esempio c’è una Suicide Girl. Mi scuso con Un Artista Minimalista (non uno a caso, ma L‘Artista Minimalista, anche se in realtà è Un Artista Minimalista ma non uno a caso) perché ho dimenticato di nuovo di recuperarne il nome. Prometto di farlo.

Poi c’è Brody Dalle, una spacciatrice punk. Spaccia sé stessa per cantante, infatti. In questa diapositiva è ritratta 15 anni fa prima di andare a un pranzo di gala dove conoscerà il futuro marito Josh Homme dei Queens Of The Stone Age:

E poi ci sono Darth Vader e Spiderman.

Quale ispirazione potrei mai trarre e che esempio fornire?

Immagino una mia intervista durante la campagna elettorale:

– Dottor Gintoki, cosa risponde all’appello del Presidente della Repubblica all’unità nazionale durante il periodo elettorale?
– “I tuoi poteri sono deboli, vecchio!”
– Parole forti. Alcuni punti del suo progetto politico sono poco chiari e oscuri e lei sembra reticente a spiegarli. Ritiene forse che l’elettorato debba creder ciecamente ai suoi intenti?
– Trovo insopportabile la sua mancanza di fede (prova a strangolarlo con il pensiero)!
– Mi scusi, cosa fa?
– Io sono tuo padre!

oppure

– Dottor Gintoki, come immagina essere Presidente del Consiglio?
– Da un grande potere derivano grandi responsabilità.
– Ah.

Al di là del discorso politico, i miei poster non avrebbero avuto alcun appeal neanche da un punto di vista puramente socio-antropologico. Chi mai li avrebbe voluti ammirare?

Vuoi mettere, invece, dire a una donna “Vuoi salire su da me a vedere i miei poster della Prima Repubblica?”?


La Seconda Repubblica è mainstream. La Prima Repubblica, un tempo disprezzata, oggi è vintage d’autore. È come quei jeans anni Ottanta che sembrava uno/a avesse il pannolone. Guardati con sospetto sino a qualche anno fa, ora tornano di moda.


Insomma, chi sa se mai sarà vera gloria. Ai poster l’ardua sentenza.

Non è che la recitazione sia l’aforisma di un sovrano

Tra i traumi infantili che mi porto dietro c’è quello legato alle recite scolastiche.
Uno strumento di tortura psicologica sui bambini a uso e consumo esclusivo del sadismo delle maestre, il compiacimento delle madri e il delirio di onnipotenza del dirigente scolastico che deve pur farsi ricordare in qualche modo.

Beniteso, il mio è solo il giudizio sprezzante tipico degli emarginati, di quelli condannati a vita a interpretare un albero o un cespuglio. Io ero ancora più indietro nella scala gerarchica: potevo aspirare al massimo a fare l’ombra del cespuglio.

Tra le recite vergognose ne ricordo, a sprazzi e frammenti, una molto particolare che non so da quale gran-de-mente addetto alla regia sia stata partorita. Quanto sto per raccontare è tutto vero. Neanche la mia perversa fantasia sarebbe arrivata a tanto.

La recita, che coinvolgeva vari plessi scolastici, credo fosse una sorta di allegoria dell’Italia gaudente di quegli anni (son quasi certo fosse il 1993), contenente varie sottotrame: ricordo un mio compagno di classe riccioluto che leggeva finti notiziari interpretando Enrico Mentana e un’altra, che si chiamava Carmen, che andava in scena nel ruolo di un’improbabile “Carmen Lacugina”*, bambine scelte tra quelle che delle quinte sembravano più grandi per impersonare ragazze di Non è la RAI, un balletto coreografico sulle note di What is love di Haddaway e, per restare in tema con l’attualità, Poggiolini e il suo famoso lingotto d’oro**.


* Carmen Lasorella, volto noto del giornalismo televisivo di quegli anni.


** Breve flashback sulla Prima Repubblica: Duilio Poggiolini era il n.1 della Commissione farmaceutica della CEE ed elemento di spicco all’interno del Ministero della Sanità. Fu coinvolto in episodi di corruzione e tangenti ricevute dalle case farmaceutiche, oltre a vari scandali tra cui quello del sangue infetto (sacche per trasfusioni messe in circolazione provenienti da soggetti a rischio). Viveva in apparente sobrietà ma quando le FdO perquisirono il suo appartamento trovarono un vero e proprio tesoro (lingotti compresi) nascosto negli armadi, nei materassi e nel pouf.


Mancavano solo OK il prezzo è giusto!, Guido Nicheli, il cocktail di gamberi e il campionario trash nazional popolare era completo.

Non so di quanti reati – a cominciare dalla pedofilia – e quanti processi su Facebook oggi si macchierebbe una simile rappresentazione. Per fortuna erano gli anni ’90 e anche i genitori all’epoca erano più tolleranti: erano di quella generazione che se dicevi loro che la maestra ti aveva dato uno schiaffo se ti andava bene le davano ragione. Se ti andava male, ne prendevi un altro.

Che parte avevo io in questo carrozzone?
Io c’ero e non c’ero: ero dentro lo show ma al di fuori di esso. Recitavo nell’intermezzo pubblicitario tra i due atti.

Rimanendo in linea con i tempi storici, si trattava di una parodia degli spot Melegatti e delle Ferrari che regalava in premio.


Anche la pubblicità occulta credo vada aggiunta alla lista di reati.


Desideroso di mettere in mostra le mie abilità recitative, mi esercitavo nella mia battuta ogni giorno. Stressavo qualunque parente avessi a tiro per chiedergli di aiutarmi nelle prove. Quando venni abbandonato da tutti, al suon del sbrigativo “Ora non ho tempo, ho da fare”, passai a esercitarmi davanti allo specchio.

Non ricordo affatto cosa dovessi dire, rammento soltanto l’attacco: alla vista dei due tapini che recitavano con me, con dei pacchi di pandori tra le braccia, dovevo iniziare, con enfasi, dicendo “Ma come, non avete preso Melegatti?!…”. Anche qui è evidente il citazionismo: era lo stile stalker del supermercato che appare all’improvviso e chiede alla massaia perché mai abbia scelto un prodotto invece di un altro.

Provavo differenti pose e intonazioni.


Si prega di leggere le frasi seguenti con tono diverso ognuna.


Ma come?!
Ma come?!
Ma come?!
Ma dici a me?

A una settimana dalla recita, le maestre cambiarono le battute dello sketch. Non le ricordo, ma l’attacco era ovviamente diverso.

Non fu un problema adattarmi, per un professionista del mio calibro.

Quando arrivò il fatidico giorno io entrai in scena titubante. Le gambe tremavano un po’ per la tensione un po’ perché lo spazio tra il sipario e la fine del palco mi sembrava esiguo e avevo paura di cadere di sotto.
Arrivarono i due tapini dal verso opposto al mio. Io inspirai, gonfiai il petto e dissi, spalancando le braccia:
– Ma come?!
oh cazz (esclamai nella mia testa)
– No! (gridai)
E mi diedi uno schiaffo in testa.

Poi ricominciai da capo, stavolta con la battuta giusta, ma ci furono risate, qualche buu e qualche fischio impietoso da parte di quelli delle altre classi presenti in platea.

E quello fu l’inizio e la fine della mia carriera teatrale.

Note allegoriche:

  • Lo spettacolo si concludeva con “Enrico Mentana” e Carmen Lacugina che annunciavano a reti unificate che tutto il mondo proclamava la pace sempiterna
  • Poggiolini regalava il suo lingotto a una famiglia indigente
  • Una povera bambina che impersonava la pace, o forse il mondo o forse la pace nel mondo, che durante la coreografia musicale doveva saltellare sul palco indossando una calzamaglia integrale di lana grezza che le starà ancora oggi provocando eritemi da prurito e che sotto i riflettori era trasparente e mostrava i suoi mutandoni della nonna e l’adipe sulle zinne
  • Alla fine c’era il coro, di cui feci parte seminascosto: indossavamo il saio da Comunione – un’altra geniale idea della regia – che a me andava larghissimo perché me l’ero fatto prestare. Mi faceva sembrare un misto tra un fantasma e uno del Ku Klux Klan
  • La SNAI per eccesso di giocate smise di accettare scommesse sulle bestemmie dei padri costretti a trovare parcheggio in pieno centro storico e a subire tutto questo scempio.

Dalla politica cool alla politica del fun cool

A ogni giro di elezioni aumenta il numero di coloro che, per dirla con un’orribile locuzione giornalistica, sono membri del partito dell’astensionismo*.
Se si chiede il perché di un numero così elevato di persone che non si recano a votare, la risposta più comune è che è diventato molto difficile esercitare il diritto di voto e scegliere qualcuno che vada a proprio genio, perché ormai sono tutti quanti dei ladri che pensano soltanto i propri interessi.

Questa è la giustificazione diffusa e accettata dall’opinione pubblica.

Balle.

Credete che -enta o -anta anni fa i politici fossero più onesti?

Interrogato sull’argomento onestà della classe politica**, l’Uomo Della Strada risponderà che “Anche una volta rubavano, ma soltanto il necessario e poi ce ne era per tutti, ora invece quel poco che c’è vogliono prenderselo tutto”.***

Tralasciando cosa vorrebbe significare “il necessario” e quale sarebbe “la necessità” di un dirigente politico, l’enunciato lascia perplessi per la implicita giustificazione dell’arte dell’appropriazione indebita da Prima Repubblica. È come incontrare un rapinatore e dirgli “Senti, se vuoi svaligiare quella banca almeno non prendere tutto ma lascia cadere qualche banconota per gli altri”****.

A questo punto in colui che vi scrive dopo aver parlato con l’UDS sorge allora una domanda: i governati hanno forse i governanti che meritano?

Al di là di simili considerazioni, a mio avviso la crescita dell’astensionismo va ricercata in una diminuzione di personaggi cool: coloro che possono essere definiti tali, pur riuscendo a far del proprio meglio, non sono in grado di far breccia nell’intero elettorato.

Ad esempio, un personaggio con un armadio pieno di felpe che anche negli anni ’80 sarebbero state pulciose e che si fa fotografare nudo può apparir ridicolo, invece è cool.

In fondo basta sforzarsi di guardare le cose da un’altra prospettiva. Vivete in una zona che fino a qualche tempo fa poteva dirsi ricca ma che è stata investita dalla crisi, negozi che chiudono, imprese che falliscono. Pensate che la pressione fiscale sia troppo alta e il commercialista non è vostro buon amico. Tornate a casa e al telegiornale vi dicono che in una scuola di Vergate sul Membro non si farà il presepe per non offendere i bambini di altri credo religiosi. Voi in chiesa non ci andate dal giorno delle nozze, avete saltato anche il battesimo del primogenito perché c’era un derby in tv, però questa cosa vi rode e gettate un occhio dal balcone dove di fronte la vostra villetta ci sono un kebabbaro e un ristorante indiano e voi non sopportate più l’odore di curry e cipolle. Sempre il telegiornale vi riporta la notizia di una rapina in villa nelle vostre zone.
Se qualcuno vi parla di ruspe voi esclamerete, rivolto alla vostra compagna: “Ecco cosa ci vuole!”. Non avete voglia di ascoltare qualcuno che vi parli di Keynes o di Kelsen e di teorie sulla democrazia*****.

Può sembrare un discorso enfatizzato al massimo, ma ritengo che l’elettore non voglia paternalismi e sentirsi trattato con condiscendenza o anche ascoltare discorsi che non facciano altro che farlo sentire un idiota: preferisce qualcuno che gli parli come se gli stesse di fronte al tavolino del bar, che si rivolga a lui come se lo stesse considerando davvero una persona e che lo faccia sentire importante e possibile artefice di un cambiamento.

Nella città di chi vi scrive è stato riconfermato sindaco un signore over 70 che, per festeggiare la rielezione, ha pensato bene di far sfilare per strada una gigantografia con il fotomontaggio del suo volto sul corpo di Rocky Balboa. Ai comizi parla in dialetto alle persone delle zone più popolari e offre panem et circenses tutto l’anno. È un personaggio cool, e lo è ancor di più da quando qualche anno fa è stato assolto con formula piena da accuse di legami con la camorra, retaggi di storie di fine anni ’80 che andavano di moda. Fermo restando che un uomo assolto è innocente e onde evitare di cadere nel travaglismo, non racconterò di quando il noto capo del locale clan camorristico si aggirava per le sale del Municipio, sedendosi alla scrivania del Sindaco per colloqui privati. E non dirò che se è vero che avere un amico “difficile” non rende anche te un poco di buono, è anche vero che dovresti fare in modo di non riceverlo sul posto di lavoro. Perché questo non ti rende cool.

NOTA
Sull’astensionismo si sprecano le analisi politiche e di certo non si può esaurire il discorso in poche righe. Ciò che va valutato è che esiste in tutte le democrazie una quota di astensione fisiologica che aumenta all’invecchiare della popolazione; accanto a questo esiste un astensionismo dovuto alla crisi delle ideologie e dei partiti di massa, un fenomeno partito negli anni ’80 e che credo oggigiorno si sia ridimensionato e di molto. Esiste infine l’astensionismo di sfiducia verso i partiti e la politica ma non va sottovalutata anche l’astensione che definirei relativa: le persone non si recano a votare ma non vuol dire che si disinteressino di politica. Preferiscono invece altre forme di partecipazione che consentono (o lasciano credere di consentire) un legame più diretto coi processi decisionali. Da questo punto di vista, il voto diventa allora un momento irrilevante nella vita politica dell’individuo.

* A proposito di locuzioni giornalistiche, attendo con ansia il ritorno del “popolo dei vacanzieri”.
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 Il più delle volte non c’è bisogno di interrogarlo, perché l’UDS è propenso a condividere spontaneamente le proprie opinioni con il primo che passa.
*** Ne esistono differenti versioni di tale linea di pensiero, ma tutte convergono sul punto cardine: cioè che anche una volta si rubava ma si stava meglio. Chiunque, prima o poi, avrà sentito qualcun altro esprimersi in tal guisa.
**** Ho sempre avuto un debole per le similitudini estremizzate. In effetti forse sono un apostolo dello straw men argument.
***** Ammesso e non concesso che si trovi qualcuno che parli così.