Che in giro le persone abbiano un gran bisogno di parlare, si sa.
Bisogna però fare molta attenzione a quelle persone che hanno una passione. Una passione così particolare e forte che si potrebbe definire fissazione.
Sì, perché costoro non vedono l’ora di trovare qualcuno ‘vergine’ cui poter raccontare tutto e di più dell’attività cui si dedicano.
Per dire, quando ancora si poteva entrare nelle case altrui legalmente, sono stato nell’appartamento di uno che mi ha parlato della sua passione per le luci. E ci ha tenuto a mostrare il funzionamento del suo impianto che reagisce agli ordini di Siri (cui a sua volta lui dà un ordine) e che si sincronizza con i colori del televisore. Esempio: se appare Darth Vader le luci della stanza virano sul rosso. Se la scena passa al corridoio della nave con gli Stormtrooper, la luce diventa bianca. E così a ogni cambio di scena. Il sogno di un epilettico, in pratica.
Per carità, è una cosa molto figa. Per i primi 5 minuti che la vedi e ne senti parlare.
Poi ti chiedi quand’è che il progresso dell’umanità è passato dal semplificare la vita all’abolire l’uso delle mani: l’interruttore è una cosa del passato, ora io, uomo del XXI secolo, prendo il telefono, ordino a Siri (cui va ripetuto due volte il comando perché non capisce), la luce poi esegue.
Ricordo un episodio che mi fu raccontato riguardante un altro assistente vocale, in questo caso Alexa: un ospite poco avveduto tentò di accendere la luce alla vecchia maniera – cioè tramite interruttore, che ingenuo! – e si beccò i rimbrotti del padrone di casa in quanto questo gesto avrebbe mandato in confusione Alexa.
Quindi, in sostanza, io sono giunto alla conclusione che la pandemia e tutte le prescrizioni riguardanti l’uso delle mani sono solo un complotto degli assistenti vocali che cercano di rendersi dominanti nella nostra vita e portarci alla completa atrofia delle estremità in modo da diventare poi indispensabili.
Tra i consigli sulle cose da fare in questo periodo oggi voglio parlare di cinema.
Ho selezionato una lista di film che sono perfettamente a tema, ma l’elenco è aperto a consigli e suggerimenti.
La finestra sul Covid
James Stewart è un fotografo che dal suo appartamento spia le persone del condominio di fronte che escono di casa. È convinto che alcuni di loro stiano uscendo senza certificazione o senza motivo valido ed è certo di coglierli sul fatto. Non è dello stesso avviso la sua fidanzata, interpretata da Grace Kelly. Ma presto dovrà anche lei convincersi che c’è qualcosa di strano…la gente esce troppo spesso…
Un grande thriller firmato Alfred Hitchcok.
La leggenda del podista sull’oceano
Tim Roth è Novecento, un amante del jogging confinato su una nave da crociera, che impiega il tempo correndo su e giù per il ponte.
Memorabile il celebre monologo del film:
– Nonno, non te lo sei mai chiesto perché le persone vanno a correre?
– No, veramente
– A me m’ha sempre colpito tutta questa faccenda dei runner.
– Ma che cazzo c’entra il runner?
– C’entra…perché a Novecento quella famosa notte andò come va per i runner. Stanno su dentro casa per anni e poi senza che accada nulla ma nulla dico… RUN!
L’impero starnutisce ancora
Camminatori intenti a sanificare
A mio avviso il miglior film della Trilogia originale di Guerre Stellari. A differenza delle atmosfere della prima pellicola, qui è tutto molto più oscuro e tragico. Il malvagio Darth Vader, ossessionato dalla paura del contagio, invia sul pianeta dei ribelli i Camminatori per sanificare le strade. Fa ibernare Ian Solo in un blocco di grafite per tenerlo in isolamento. Al termine di un duello con le spade laser, mozzerà la mano a Luke temendola contaminata.
Lost in isolation
Bob (Bill Murray) è un attore fallito che si trova a Tokyo per girare uno spot. Charlotte (Scarlett Johansson) è al seguito del marito, fotografo. Si ritrovano a passare la quarantena rinchiusi nello stesso albergo. Del film non ricordo altro perché la mia concentrazione resta fissa sull’inquadratura del fondoschiena di S.J. in mutande rosa trasparenti, in apertura del film.
Trainspotting
Diretto da Danny Boyle, è la storia di un gruppo di ragazzi con una dipendenza da running – sono infatti dei runnoinomani – nella Scozia in quarantena. Famosissima la scena iniziale in cui Mark Renton (interpretato da Ewan McGregor) corre nonostante il divieto.
Citazione cult: Chi ha bisogno di ragioni quando ha il jogging?
C’è pasta per te
Tom Hanks va al supermercato e trova solo penne lisce. Quindi inizia a fare la spesa online e si innamora dell’assistente virtuale sul sito, interpretata da Meg Ryan.
I decreti di Brokeback Mountain
Due cowboy vengono ingaggiati per condurre un gregge – in cerca della famosa immunità del gregge – nella località di Brokeback Mountain e si ritrovano in isolamento per decreto presidenziale. La vicinanza fa scoprire ai due un’attrazione reciproca, ma finito il periodo di quarantena si separano e si trovano a perdere i contatti a causa di un nuovo decreto che proibisce gli spostamenti.
Incontri ravvicinati (ma a un metro di distanza) del terzo tipo Dopo Lo squalo, Steven Spielberg inizia il filone fantascienza (qualche anno dopo girerà ET), raccontando la storia di un contatto tra una civiltà extraterrestre e l’umanità, con il massimo rispetto però della distanza di sicurezza.
Salò o le 120 giornate di quarantena
Il testamento artistico di Pier Paolo Pasolini. La trama: il Duca (il potere), il Vescovo (la Chiesa), il Presidente della Corte d’Appello (potere giudiziario) e il Presidente della Banca Centrale (potere economico), rinchiudono un gruppo di giovani in una villa e, per ingannare il tempo in attesa della fine della quarantena, organizzano dei flash mob e dei giochi di gruppo in diretta Instagram.
Roma città chiusa
Un capolavoro del neorealismo. Una straordinaria Anna Magnani. La struggente sequenza della sua corsa per strada senza autocertificazione e l’esercito inviato a pattugliare le strade che la falcia a mitragliate. Che altro dire?
Quelli della mia generazione sono stati iniziati a certi pruriti, tra le altre cose, da Lamù. A me più di lei piacevano però altri due personaggi, sempre aliene: Benten (una motociclista spaziale) e Kurama (la Regina dei Tengu).
Ho un’amica che fa cosplay ( = il travestirsi da personaggi degli anime) e che una volta in una delle sue interpretazioni si è vestita proprio da Lamù. Ha acquisito una certa notorietà in questo mondo, perché è molto brava nella preparazione dei personaggi. Conoscendo però il mondo dei nerd maschi credo che presso di loro la fama sia più legata a robe di sbavo e pruderia che per apprezzamenti stilistici. Il più pulito dei fan che l’ha contattata, mi ha raccontato la mia amica, voleva che lei gli camminasse sulla schiena.
I nerd sanno anche essere persone orribili. In linea di massima, sono misogini e sessisti. Oltre che in grado anche di comportarsi da bulli. Il loro bullismo è generalmente rivolto verso chi si introduce nell’ambiente e non ne è all’altezza perché principiante. Sono stati i nerd a inventare su internet il termine noob verso chi è nuovo e poco pratico, usando il neologismo per deridere i neofiti. La malcelata diffidenza spesso sfociava in ostilità tale da indurre il nuovo arrivato ad andarsene altrove.
La sottocultura nerd negli ultimi anni ha suscitato consensi su un pubblico ampio. Hanno iniziato a venderci serie tv e film per il cinema che 20 anni fa sarebbero stati solo cose per nerd ma che oggi nessuno si vergogna di guardare, anzi, la vergogna oggi è considerato non farlo.
È da tempo che rifletto sugli aspetti negativi di questo tipo di cultura. Il punto non è criminalizzare la categoria (a cui potrei benissimo essere ascritto, dato che ne condivido gusti, interessi e hobby), ma ricordarsi che non è fatta esclusivamente di individui buffi, teneri e simpatici e che sotto goffaggine e simpatia si nasconde anche altro. Invece si tende a farlo passare in secondo piano.
L’esempio calzante è un film cult del 1984, La rivincita dei nerds. In questo film, tutto basato sulla contrapposizione tra gli atleti fighi e palestrati e i secchioni, la considerazione di questi ultimi verso l’altro sesso non si rivela migliore di quella dei bulli: le ragazze o sono delle oche cui è lecito rubare le mutande e con cui val la pena appartarsi spacciandosi per il reale ragazzo approfittando di una maschera, o sono alla fine delle povere mentecatte perché non sanno usare un computer. All’epoca (ma forse anche oggi), fermo restando che è pur sempre un film commedia, non sarà stato considerato così scandaloso ma solo la giusta rivalsa di individui derisi, goffi e sfortunati.
Le considerazioni sull’errata compiacenza che si ha in certi casi, valgono anche per le nerd donne che sanno essere verso altre donne non nerd le più antifemministe di questo mondo (e ci sono ragazze nerd che poi si proclamano femministe) e ciò non è per niente considerato sbagliato.
Durante il confronto televisivo, i tre candidati alla segreteria di un partito hanno parlato di quali poster durante l’adolescenza avevano nella propria cameretta e quali metterebbero oggi (fonte Sky):
“In Camera da ragazzino avevo il poster di Gigi Riva. Oggi metterei Yuri Chechi che si è rotto il tendine come me, mentre ballavo”
“Io avevo il poster di Berlinguer e Allende. Oggi aggiungerei Mandela”
“A 15 o 16 anni? Prima avevo Baggio, poi l’hanno venduto. Inoltre Duran Duran e Bob Kennedy. Oggi metterei Obama, ha cambiato la storia”
Tralasciando dibattito, opinioni politiche e giudizi, queste risposte mi hanno dato parecchio da riflettere.
Sono giunto alla conclusione che io non potrei mai essere un candidato alla Presidenza del Consiglio, né alla segreteria di un partito, né all’amministrazione di un condominio e forse neanche alla guida di un circolo di bocciofila non agonistica.
Se ripenso ai miei poster non so che immagine io possa mai trasmettere.
Ad esempio c’è una Suicide Girl. Mi scuso con Un Artista Minimalista (non uno a caso, ma L‘Artista Minimalista, anche se in realtà è Un Artista Minimalista ma non uno a caso) perché ho dimenticato di nuovo di recuperarne il nome. Prometto di farlo.
Poi c’è Brody Dalle, una spacciatrice punk. Spaccia sé stessa per cantante, infatti. In questa diapositiva è ritratta 15 anni fa prima di andare a un pranzo di gala dove conoscerà il futuro marito Josh Homme dei Queens Of The Stone Age:
E poi ci sono Darth Vader e Spiderman.
Quale ispirazione potrei mai trarre e che esempio fornire?
Immagino una mia intervista durante la campagna elettorale:
– Dottor Gintoki, cosa risponde all’appello del Presidente della Repubblica all’unità nazionale durante il periodo elettorale?
– “I tuoi poteri sono deboli, vecchio!”
– Parole forti. Alcuni punti del suo progetto politico sono poco chiari e oscuri e lei sembra reticente a spiegarli. Ritiene forse che l’elettorato debba creder ciecamente ai suoi intenti?
– Trovo insopportabile la sua mancanza di fede (prova a strangolarlo con il pensiero)!
– Mi scusi, cosa fa?
– Io sono tuo padre!
oppure
– Dottor Gintoki, come immagina essere Presidente del Consiglio?
– Da un grande potere derivano grandi responsabilità.
– Ah.
Al di là del discorso politico, i miei poster non avrebbero avuto alcun appeal neanche da un punto di vista puramente socio-antropologico. Chi mai li avrebbe voluti ammirare?
Vuoi mettere, invece, dire a una donna “Vuoi salire su da me a vedere i miei poster della Prima Repubblica?”?
La Seconda Repubblica è mainstream. La Prima Repubblica, un tempo disprezzata, oggi è vintage d’autore. È come quei jeans anni Ottanta che sembrava uno/a avesse il pannolone. Guardati con sospetto sino a qualche anno fa, ora tornano di moda.
Insomma, chi sa se mai sarà vera gloria. Ai poster l’ardua sentenza.
In questa pagina c’è il dizionario in costruzione. Se volete suggerire elementi nostalgici o, anzi, se volete scrivere voi stessi un articolo su una cosa “perduta” per arricchire il dizionario, fatevi avanti (col corpo) e indietro (con la mente)!
L’Atari ha tolto la verginità videoludica a molti futuri videogiocatori. Io non ho fatto eccezione.
Una precisazione è doverosa: io, come molti altri, non ho avuto un vero Atari ma uno dei tanti cloni dell’Atari 2600 messi in commercio a partire dalla metà degli anni ’80. Il mio, oltre a funzionare con le cartucce originali Atari, aveva una ROM all’interno con preinstallati un centinaio di titoli.
Il suo aspetto era quello della foto qui sotto:
Playstation…I am your father!
Sembra uscito da Guerre Stellari ep. IV. La linea squadrata, marziale e total black di questo scatolone di plastica deve essere stata progettata da Darth Vader.
Lo scatolone era completamente vuoto: c’era all’interno solo questo circuito stampato largo più o meno quanto la striscia grigia, mentre tutto il resto dell’armatura non conteneva nulla.
Il joystick era legnoso e anchilosato e dalla scarsa longevità: dopo un po’ i contatti interni (delle lamine di alluminio che a seconda di dove veniva spostata la cloche facevano contatto inviando il segnale alla CPU) si danneggiarono irrimediabilmente e dopo un primo tentativo da parte di mio padre di ripristinarli con il saldatore, si decise di sostituirli con altri joystick comprati in un negozio di elettronica che da anni ha chiuso i battenti, sopraffatto dalla grande distribuzione organizzata.
Ricordo ancora quando acquistai il clone una 20ina di anni fa. L’ipermercato dove i miei genitori andavano a fare la consueta spesa del sabato un giorno all’ingresso espose questa montagna di console in vendita a 34900 lire. La gente ne faceva incetta.
Oggi quell’ipermercato non esiste più. All’epoca faceva parte di una catena italiana, poi fu rilevato da Carrefour. Quando il colosso francese aprì un nuovo punto vendita in un nuovo, enorme, centro commerciale costruito poco lontano negli anni ‘2000, cedette l’ipermercato, che passò al gruppo SPAR. La crisi si abbatté sull’attività, la direzione decise di chiudere, licenziò lavoratori e mise in cassa integrazione gli altri. Attualmente è ancora chiuso. Di una vasta area che negli anni ’90 comprendeva l’ipermercato, una galleria commerciale, un grande punto vendita Brico e un Mercatone Uno, oggi rimangono solo strutture abbandonate che il tempo sta consumando.
Io e mio padre restammo lì a guardare chiedendoci se fosse possibile che costasse realmente 34900 lire e, dopo essercene accertati, lo prendemmo.
Il principio di funzionamento era molto semplice: lo scatolone si collegava alla tv tramite il cavo dell’antenna e uno switcher (lo scatolino antenna<->game nella foto) avrebbe bypassato il segnale. Era però necessario trovare il canale sul quale il segnale della console si sarebbe agganciato e questa cosa, all’inizio, fu fonte di molte invocazioni al dio Anubi da parte di mio padre.
I 128 giochi precaricati non erano selezionabili autonomamente: bisognava far partire la ricerca sequenziale (spostando una delle levette sulla console) che faceva scorrere tutti i giochi, che in genere rimanevano sullo schermo un paio di secondi. Dovevi essere lesto a bloccare la ricerca nel momento in cui compariva il gioco che cercavi. Se sbagliavi il tempismo, dovevi ricominciare da capo. Era un gioco nel gioco: delle volte ho dovuto farlo per quattro volte consecutive prima di riuscire a bloccare la leva su ciò che volevo.
Le cartucce le compravo al prezzo di 9000 lire da un Tutto a 1000 lire sul corso principale della mia città. Era uno dei primi negozi di questo tipo che vidi comparire e quando aprì vi entrammo curiosi di scoprire se tutto fosse realmente in vendita a 1000 lire. La risposta era, ovviamente: NO.
Non so per quale mistero quel negozio avesse delle cartucce originali Atari. Non erano molte, e le teneva in un cestone di vimini come quello che si usa a Natale per i pacchi dono. Ogni 3-4 mesi compariva qualche titolo nuovo al suo interno. Il fatto che rimanessero lì nel cestone i titoli che scartavo mi lasciava pensare che io fossi l’unico acquirente in tutta la città.
È inutile precisare che anche quel negozio non esiste più.
La vita del mio clone si spense per ben due volte: avevo un amico distratto (lo stesso che giocava con me a Subbuteo), che inciampava sempre nel cavo di alimentazione. Un giorno lo strattone fu talmente forte che il jack dell’alimentatore staccò un piccolo tondino di alluminio dall’ingresso della console. Non essendoci più contatto elettrico, non funzionò più.
Padre riuscì a sistemarla con un lavoro certosino di nastro adesivo. Nonostante altri inciampi, da parte dello stesso amico e anche di altri, resistette lo stesso. Molti amici, nonostante fossero in possesso di computer performanti (per l’epoca) e in grado di supportare videogiochi ben più evoluti (quelli dell’Atari erano vecchi di 10-15 anni), subivano il fascino di quello scatolone nero.
Mandai in pensione la console quando la sostituii con un clone del Nintendo 8 bit.
Ironia della sorte, negli anni ’80 era stata proprio la Nintendo la principale avversaria di Atari, con vari scontri d’affari, battaglie di mercato, tentativi di collaborazione non portati a termine che alla fine videro sempre soccombere la Atari nei confronti del colosso nipponico. Dopo varie vicissitudini, acquisizioni da parte di altre società, ridimensionamenti e ripetute crisi, nel 2013 la divisione statunitense Atari ha dichiarato ufficialmente bancarotta.
La leggenda della sepoltura nel deserto – La Atari si è resa protagonista di quella che per molti anni è stata ritenuta una leggenda metropolitana: la sepoltura di migliaia e migliaia di cartucce di giochi invenduti nel deserto del New Mexico.
Tra i giochi sepolti, il quantitativo principale era costituito da quello che è stato considerato come il più brutto videogioco mai creato dall’uomo: ET l’extraterrestre (ironico che sia finito occultato proprio nel New Mexico, lo stesso deserto dove si raccontava che fosse precipitato un UFO con degli alieni all’interno), di cui allego un video del gameplay:
Il gioco andava avanti così all’infinito: non succedeva nulla, non si capiva cosa dovesse succedere e non si sapeva come farlo succedere.
Le cartucce invendute o ritirare dal mercato giacevano nei magazzini Atari: dato che ciò per un’azienda comporta un costo, dai vertici ritennero opportuno che la soluzione più economica fosse smaltirle seppellendole in una discarica.
Per anni si è pensato che questa fosse solo una diceria, finché nel 2014 sono state realmente rinvenute le cartucce sepolte:
A differenza di altre cose perdute, i videogiochi di un tempo hanno ancora il loro pubblico di estimatori e il retrogaming, appunto la passione per i giochi old style, è molto popolare su internet. Esistono diversi siti che permettono di giocare online ai vecchi giochi Atari. Archive.org ha messo a disposizione una vasta libreria di titoli.
Questa sera si è tenuta la cena di Natale tra colleghi.
Ho sempre un problema con queste occasioni.
Lo scorso anno evitai quella tra colleghi dell’ex ex lavoro (cioè due lavori fa): in primo luogo, ero così depresso dal lavoro corrente di quel periodo (cioè l’ex lavoro) da sentirmi allegro come un abete dopo l’Epifania.
In secondo luogo, era più una rimpatriata tra ammogliati/fidanzati, dove sarei stato l’unico single, a meno di non raccattare una accompagnatrice in pochi giorni. Ahimè, quella che diventerà l’ex rancorosa l’avrei incontrata solo una decina di giorni dopo.
Declinai l’invito.
L’anno precedente, però, quando ancora lavoravo per ex ex lavoro, ci andai.
Non fu un granché.
In primo luogo, era una cena buffet.
L’idea è anche simpatica, ma se fornisci pietanze che vanno tagliate, spiegami come si fa a consumarle in piedi.
La soluzione che adottai fu quella fantozziana: ingoio intero.
Non vi dico i virtuosismi con le salsicce.
In secondo luogo, quella sera fu una delle occasioni in cui tentai di violare il mio codice di condotta che mi impedisce di fare avances a donne facenti parte di luoghi abitualmente da me frequentati.
Era da giorni che mi ero interessato a una collega e decisi che quella sera sarebbe stata l’occasione giusta.
Nel momento in cui partì la musica, ebbro di vino, mi appropinquai al centro della sala baldanzoso e anche un po’ Baldan Bembo. Le presi la mano per invitarla a danzare e lì per lì mi lanciai in un baciamano.
Vidi lo sconcerto nei suoi occhi simile all’espressione che assunse Luke quando Darth Vader gli disse I am your father. Poi non so che accadde ma si volatilizzò e non la vidi più per due ore, cioè fino a quando non fu il momento di andare via.
Ironia della sorte, ero stato io ad andarla a prendere e io che dovevo riaccompagnarla.
Ancora non so perché mi venne fuori un approccio che era già fuori moda nel ‘700: ricordo che prima di uscire di casa avevo guardato il mio cappotto e pensai “Toh, sembro uscito da un romanzo russo”. Forse l’alcool aveva ripescato quel pensiero e lo aveva riformulato a modo suo.
A parte queste sciocchezze, comunque, il motivo per cui non amo questo tipo di cene è il fatto che non mi trovo a mio agio con persone che conosco poco o non conosco affatto.
Non riesco a fare il simpatico, ad animare il pubblico o a essere partecipativo: semplicemente, taccio. Ma non per vergogna o altro: il silenzio e l’ascolto mi sembrano naturali.
Ciò che mi mette in difficoltà è invece il fatto che gli altri si possano interrogare sui miei silenzi e fare congetture.
Da un po’ di tempo a questa parte ho però smesso di preoccuparmene: se sono gli altri a porsi il problema, perché dovrei caricarmene poi io?
A maggior ragione non me ne sono preoccupato questa sera: visto che parlavano quasi tutto il tempo in ungherese, io avevo ben diritto di tacere!
Sono ingiusto. Ogni tanto qualcuno traduceva in inglese o mi coinvolgeva. Poi a fine cena sono partiti a parlare di figli e cazzate su fb (mi hanno spiegato dopo oppure ho afferrato qualche parola) e lì mi sono sforzato di pensare a cose che mi tenessero sveglio per non cascare con la testa sul bicchierino della Pàlinka, la grappa ungherese.
E poi ero troppo preoccupato dal guardarmi le spalle da Aranka Mekkanica, la quale però non ha usato nessun tiro mancino nei miei confronti, forse perché non avrebbe potuto davanti agli occhi altrui. Loro non conoscono, evidentemente, la sua natura malvagia e io ahimé non so come rivelarla.
Ma io so.
Oggi in ufficio me ne ha fatta un’altra.
Stavo andando nella cucina (un ripostiglio con un frigo, un microonde e una macchinetta per l’espresso), apro la porta e me la trovo davanti che mi fa “Buuuh!”. Chissà da quanto tempo era appostata lì dietro aspettando il mio arrivo.
A proposito di cucina, questa sera mentre stavo per uscire e recarmi alla cena, la CC mi ha bloccato dicendo “Oh, fermate che te scatto ‘na foto”.
E perché mai, chiedo io.
“Ma come, così te ricordi de sta cena, namo su non me fa perde tempo che già me girano i cojoni, secondo me sto in preciclo”.
Certo, il ricordo è mio ma il perché tu la scatti col tuo smartphone mi sfugge.
Ho sempre un problema con le foto: non so come pormi, non so sorridere, non so fare nulla.
Allora adotto la posa Oscar Wilde, perché un punto d’appoggio è la cosa più rassicurante che esista.
E a quel punto debbo ancora stupirmi degli approcci d’antan?
Non amo fare la valigie perché dimentico sempre qualcosa. È inutile fare liste: nella lista dimentico sempre qualcosa, quindi avrei bisogno di liste per le liste di liste di cose da mettere in valigia.
Ho dimenticato i guanti.
Madornale errore in una città che ti accoglie con temperature intorno lo 0.
Ho rimediato oggi da H&M. Tra l’altro, nel reparto uomo adulto (e sottolineo adulto) avevano una specie di tutone-pigiama che replicava la divisa di Darth Vader.
Il cibo è stato un problema.
Sono arrivato ieri sera; la padrona del minuscolo studio che ho affittato su Airbnb – per avere una base d’appoggio per cercare casa – tra le cose che mi ha illustrato presenti nell’appartamento mi ha detto che nella credenza c’era un pacco di pasta.
Cosicché nel minimarket vicino, che stava anche per chiudere, non mi sono attardato nell’acquistare molte cose: avrei cenato con un po’ di pasta al sugo per quella sera.
Avrei dovuto controllare prima la credenza: la pasta era un pacco di tortelloni tedeschi alla mortadella (o presunta tale: sulla confezione c’era scritto che l’1,4% su 250 gr di tortelloni era mortadella!), conservati non in frigo.
Li ho indirizzati verso la pattumiera e la mia cena è stata quindi a base di fette biscottate, nutella e banane.
Osservando le abitudini altrui all’estero mi rendo conto che noi italiani siamo strani. Facciamo cose che nessuno fa. Lasciamo perdere le riflessioni sul bidet, che ormai hanno fatto il loro tempo.
Parliamo del pane.
In altri Paesi europei ho notato che lo tengono sfuso all’aria e la gente lo tasta, lo tocca, lo rigira tra le mani e poi magari lo rimette a posto. Solo in Italia abbiamo l’abitudine di imbustarlo o di avere un omino dietro a un bancone che serve il pane con le mani rigorosamente guantate.
Abbiamo delle fissazioni igieniche strane noi italiani.
Credo che non mangerò pane per i prossimi 6 mesi. Quantomeno il mio fisico si manterrà bello asciutto.
La ricerca della casa va così e così. Ho contattato decine di persone che avevano pubblicato annunci in questi giorni, soltanto la metà di questi ha risposto e con la metà di questi sono riuscito a vedere una stanza, mentre altri hanno dato buca all’improvviso.
Forse comunque una stanza l’ho trovata.
Io e la ragazza che vorrebbe affittare l’altra (in totale sono due) ci siamo incrociati quando ho visitato l’appartamento. Mi ha guardato con preoccupazione. Lunedì la proprietaria ha organizzato un incontro per conoscerci meglio.
Forse a inquietare è la barba. Qui non mi sembra che la villosità facciale vada per la maggiore.
In compenso le donne qui non si fanno la ceretta alle braccia. O almeno commesse e cassiere non lo fanno: sono le uniche che girano a maniche corte, visto che stanno tutto il giorno in un negozio. Probabilmente, visto il freddo, è utile. Se tantra mi dà tantra – come disse l’induista – non oso pensare alle gambe.
Ma forse va bene così: la depilazione è una convenzione sociale.
Ho visto poi un piccolo monolocale: la proprietaria, inizialmente, mi aveva detto che preferivano (il plurale verrà spiegato più avanti) affittarlo a una ragazza. Poi, dopo aver visto foto di gatti sul mio profilo fb, ha accettato di mostrarmelo.
Poi dicono invece che pubblicare foto di gatti sia una perdita di tempo o una malattia!
Mi ha dato appuntamento per oggi precisando che ci sarebbe stato anche il marito, O., che sa l’inglese molto meglio.
Quando lei mi apre la porta e io entro, fa il suo immediato ingresso O., il quale prima che io possa dire “ciao” si presenta dicendo: “Ciao! Sono il marito”.
Ma va’. Pensavo fossi l’idraulico.
Durante la visita parla sempre lui, lei si limita a dire qualcosa in inglese o in magiaro e lui la corregge o traduce.
Nel congedarci mi ha chiesto cosa io avessi studiato. Lui poi mi dice che fa l’ingegnere, io rispondo “Ah, interessante”, lui dice “Eh sì, ma solo per me. Con lei (la moglie) non posso parlare di ingegneria”. E poi aggiunge “Fortunatamente abbiamo tante altre cose in comune!” e la abbraccia vigorosamente col braccio sinistro trascinandola verso di sè.
Al che ho compreso il perché preferiscono affittarlo a ragazze. O perché mi si sia parato davanti qualificandosi come il marito.
Mi incuriosiscono sempre gli uomini che hanno questa esigenza viscerale di marcare il territorio.
Beninteso, a tutti è capitato di farlo, chi più chi meno, anche inconsciamente o velatamente.
Anche se non capisco a volte il motivo: io cerco casa, non una sveltina come contropartita in luogo dell’affitto. Anche perché comincio a invecchiare: magari potrei non garantire più pagamenti puntuali!
Tra qualche anno spero che lei si sveglierà una mattina che non ne potrà più e partirà in giro per il mondo con un intagliatore di candele rastafariano.
E questo è il resoconto di 24 ore in terra magiara.
Vorrei chiudere questo post con una conversazione avvenuta tra me e Nonna Materna ieri prima della mia partenza:
– Te le vuoi portare le noci?
– Nonna che debbo fare con le noci?!
– Te le metti in valigia. O’ spazio o’ tien?
– Ià che faccio, mi porto le noci appresso?!
– Te le mangi dopo mangiato. O Gesù (rivolta a Madre) chist non si mangia due noci dopo pranzo?
Avrei potuto risparmiare un intero post e riportare soltanto questo memorabile dialogo.
Con la presente dichiaro chiusa la prima serie continua di titoli no-sense introdotti da “Non”.
Dovrei scrivere una bozza di budget e sono indeciso se scriverla durante questa notte e poi dormire in mattinata oppure dormire in mattinata e buttare giù (dal balcone) due sciocchezze nel tempo che mi resterà.
Ho già speso le mie energie mentali per risolvere un importante dilemma. Sulla pista di ballo c’è qualcosa di importante, oggi ne ho avuto conferma via mail. Chi mi ha mandato il messaggio mi ha pregato di scrivere alla Contessa Serbellons Mazzant Comesfromthesea (è anglofona), che leggeva in copia.
Dubbio: la Comesfromthesea è anglofona ma lavora in Italia. La mail che ha letto in copia era in italiano.
Le scrivo in italiano o in inglese? No, perché c’è una bella differenza.
Dopo essere andato agli allenamenti e non averci pensato affatto, tornato a casa ho deciso di scrivere in inglese.
Vedremo se il primo step è andato. Ne restano altri ed è difficile scacciare il demone del fallimento – che nella mia fantasia è impersonato da Charlie Brown – che mi dice Gin, ma tanto non ce la farai.
Charlie Brown e la sua sempiterna gioia di vivere
La cosa divertente è che se va in porto la cosa corro il rischio di trovarmi a essere seguito da un personaggio particolare che è entrato nella mia lista di personaggi particolari.
Tanto per cominciare, ha una certa somiglianza con l’ispettore Clouseau, giusto i baffi più folti. Sono rimasto però molto deluso quando ho fatto notare a tre persone la somiglianza e tutte e tre non avevano idea di chi fosse l’ispettore Clouseau. Ci sono rimasto male ma non perché non avessero compreso la mia battuta, ma per il buon ispettore che non capisco perché non debba essere ricordato.
Se anche voi, lettori, non avete presente chi sia e stavate aspettando una didascalia esplicativa, allora questa didascalia non vi fornirà informazioni didascaliche su di lui perché non le meritate, ecco.
La seconda caratteristica del personaggio è che parla in modo ampolloso e retorico e anche un po’ arcaico. Ad esempio, per dire che leggerà una frase da un libro, dirà che “Ho il piacere di condividere con voi questo passo che trovo pregevole”.
La terza caratteristica è che quando insegna ai corsi, dopo la prima lezione sceglie due volontari (i classici volontari involontari), uomo e donna, per far far loro delle flessioni. Terminata la performance, delizia anche lui il pubblico con delle flessioni.
Ed ha 65 anni, preciso.
La quarta caratteristica è che ha tre figli, uno adulto avuto dalla prima moglie, e due piccoli, di 4 e 8 anni, avuti dalla seconda.
Ed ha 65 anni, preciso.
Sono quindi inquietato e nell’insieme affascinato dall’idea di potermi trovare a gestire un qualsiasi tipo di rapporto professional-tutorale con un simile personaggio.
Ammesso che Charlie Brown sia d’accordo, anche se il fatto che sia un bambino lo costringe alla fine a soccombere. Sarebbe stato più complesso e ingestibile avere come demone del fallimento, non so, Darth Vader, Palpatine o Sauron, solo che loro non li associ al fallimento anche se poi alla fine perdono ma soltanto perché la lobby dei buoni ha deciso che deve essere così. Condividete se avete un lato oscuro!
Però delle volte in altri ambiti Charlie Brown vince lo stesso.
Sui social network noto una certa omologazione verso alcuni argomenti condivisi dalle persone; tale tendenza oscura altre cose che meriterebbero invece maggior risalto. Gattini, cagnolini, omeopatia, hamburger fatti con scarti di copertone…basta! C’è anche altro che, purtroppo, non viene affatto preso in considerazione o tutt’al più è ritenuto fonte di aneddoti divertenti. Il mio compito di quest’oggi, o meglio, di questo tempo che ho da perdere, è riparare un’ingiustizia. All’occorrenza riparo anche cucine a gasse.
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Per la categoria Io&il mio amico animale che è più intelligente di certe persone infatti quando lo chiamo lui non mi caga proprio perché mica è scemo
La commovente storia di questo essere selvaggio e del suo padrone: come si vede dalla foto che ha fatto il giro del mondo, questo placido bisonte ha adottato accanto a sé un essere umano perfettamente addomesticato.
Per la categoria INCREDIBILE! – Abitudini cui ci obbligano per venderci cose inutili altrimenti a quest’ora avrei potuto già rendermi ridicolo in santa pace Non si lava da 60 anni
Incredibile! Non usa il sapone da 60 anni eppure è vivo e vegeto a 80 anni! Ecco le immagini che la Neutro Roberts e le altre lobby della pulizia ci tengono nascoste! Senza contare che ha fregato per sempre la dittatura della bolletta dell’acqua!
Leggete e condividete quest’altra!
Quest’uomo ha la barba più lunga del mondo! Non la taglia da boh chi se ne frega non è importante!!! Eppure sapete cosa gli è successo???…Nulla!1!1! Allora perché la televisione ogni giorno ci bombarda con centinaia di spot su rasoi e schiume da barba??? Diffondete se avete un cuore e pure un paio di polmoni funzionanti!
Per la categoria la casta pensavo fosse solo quella tizia che mi disse che con me non ci sarebbe stata perché voleva aspettare il matrimonio prima di scoprire che era andata con un mio amico e allora ho capito non fosse proprio casta casta Impediscono a Darth Vader di votare!
La potente ka$ta dei Jedi ha colpito ancora una volta! Darth Vader, che si era regolarmente presentato come candidato per concorrere alle elezioni presidenziali in Ucraina, si è visto respingere ai seggi con la pretestuosa giustificazione di non essersi tolto la maschera. Una evidente provocazione perché TUTTI SANNO che il povero Lord Vader, al secolo Anakin Skywalker, non può respirare senza a causa delle gravissime ferite riportate nello scontro con Obi-wan Kenobi (un Jedi, guarda caso).
Oltre a essere nemici della famiglia (perché, ricordiamolo, il discutibile codice che si sono dati prevede il divieto di rapporti sentimentali), angariatori di bambini innocenti (strappati alle loro madri per essere addestrati a combattere sin dalla tenera età) i Jedi sono antidemocratici! E poi parlano di pace!1!1! Ipocriti! Diffondete prima che venga censurato!
I Jedi non possono avere figli e poi vogliono rubare quegli degli altri! E se tutti fossero Jedi cosa accadrebbe? Ci estingueremmo! Volete una società così? Io no di certo!E voi?!111111!
Con questa per oggi ho concluso, ma conto di ritornare con nuovi argomenti da far condividere affinché tutti possano sapere e non dire di non aver saputo perché gli era stato detto e se non c’erano o dormivano, fatti loro.
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)
Come quelle coperte, formate da tante pezze colorate, cucite insieme tra loro.
Tessuti diversi, di colore e materiale eterogeneo, uniti in un unico risultato finale: la coperta.
Così il mio blog, fatto di tanti aspetti della vita quotidiana, sempre la mia.