Non è che i sub vadano sempre a fondo delle cose

Ci sono diverse cose di cui mi vergogno.

Una di queste l’avevo dimenticata. Ho paura della profondità. Mi ero abituato a nuotare in piscine profonde al massimo 3 metri e mezzo; questa sera, nuova casa nuovo quartiere, decido di inaugurare un nuovo impianto, spavaldo come un bracconiere.

Quando nuotando ho visto lo strapiombo in cui degradava la vasca mi è venuta ansia. Che poi saranno stati 5 metri ma laggiù, in quella fossa oceanica, ho visto con un sorriso sardonico quel bambino spaventato dai fondali che ero che mi stava aspettando proprio lì da diversi lustri.

Un’altra cosa di cui mi vergogno è dire che non ce la faccio. Mi sembra sempre il momento meno opportuno. Mi sembra che uno lo voglia fare per riportare l’attenzione su di sé. Mi sembra di sottrarsi alle responsabilità. Mi sembra che se poi anche gli altri non ce la fanno allora si contribuisce ad abbassare ancor di più il morale.

Delle volte non mi sembra niente perché non ce la faccio neanche a figurarmelo.

So solo che ci sono delle volte come in questi giorni che non ce la faccio. Parlavo settimana scorsa con una collega, mentre bevevamo una cosa come commiato perché ho terminato al lavoro – per la cronaca poi il giorno dopo la Capa mi ha chiesto di restare un altro mese. La collega mi ha chiesto se avessi mai pensato a fare terapia, come sta facendo lei che sta seguendo un percorso.

Io non voglio pagare qualcuno per dire che non ce la faccio e poi ritrovarmi a metà mese ad aggiungere alla lista di cose che Non ce la faccio anche Non ce la faccio a permettermi questo perché ora tra le varie spese sto pagando una psicoterapeuta.

D’altro canto è necessario andare a fondo delle cose per venirne fuori. E varrebbe sia in senso fisico come per la prima parte del post che metaforico come per la seconda.

Ma se poi non si riemerge più?

Non è che l’enigmista sotto sforzo si asciughi il sudoku

Io non ce la faccio.

Non è un buon esordio per un testo. Ricomincio.

ImmagineIl motivo per cui ho iniziato a fare nuoto è perché, per quelle 2 volte a estate che andavo al mare, ero stufo di dovermi muovere col passo dello Zoidberg e quindi desideravo imparare a nuotare, smettendo di fare la figura del totano.

La cosa poi mi ha preso la mano – e anche tutto il resto del corpo – e quindi non ne ho potuto più farne a meno.

Il nuoto in vasca in sé non ha molto senso a mio avviso. Non c’è una palla da buttare in/oltre una rete (a meno che tu non ti dia alla pallanuoto, perbacco!). Non c’è neanche un traguardo fisico. È vero che ci sono le distanze ma le fai avanti e indietro in 25/50 metri.

C’è però un grande vantaggio: non ti accorgi di sudare.

Sudare è una delle cose che odio di più in qualsiasi altro sport. In particolare odio quella goccia salata che si forma sulla fronte e che ti entra improvvidamente nell’occhio accecandoti mentre ti sta venendo addosso uno che si crede CR7 e tu a occhi chiusi allunghi la gamba ciccando il pallone e prendendolo in pieno dove non batte il sole scatenando una rissa che poi però alla fine finisce a pacche sulle spalle da Amaro Montenegro che non fanno altro che sollevare sudore nebulizzato.

C’è un altro motivo per cui ho detto sì al nuoto e no a Valsoia: è che posso prendere il mondo e farcelo entrare in quei 25 metri di vasca. Tenerlo con la testa giù, fagli provare il soffocamento e metterlo a tacere per un po’.

Perché io non ce la faccio.

Sento che la mia vita se ne sta andando un po’ a puttane, sotto al mio naso.

Forse l’avrò un po’ trascurata. Avrò ignorato i suoi messaggi non verbali di insoddisfazione. Perché succede sempre così: ci aspettiamo che ci dica chiaro e tondo fin dal primo momento che qualcosa non va, mentre invece quando ciò avviene è già ormai troppo tardi. E non vediamo o sottovalutiamo tutti i segnali critici nel percorso di avvicinamento a questa rottura. “Mah sarà un periodo”, “Mah oggi la vita avrà la luna storta” e così via.

Così un bel giorno la sorprendi che va a puttane e lei ti guarda anche con quell’aria di sfida dicendoti “Beh, che ti aspettavi?”.

Avrò speso in un anno 400 euro di piscina, senza contare costumi e accessori. Penso sia comunque più economico di un anno da uno psicanalista. Sono andato a nuotare perché sono esaurito.

E perché odio sudare.

Quelli del deodorante Borotalco saranno degli esauriti?

Non è che il pizzaiolo nervoso abbia una diavola per capello

Stasera in piscina mentre ravanavo l’acqua cercando la famosa “presa” – che non trovo mai; lo scopo dell’atto natatorio sarebbe quella di “prendere” l’acqua ma a me sembra sempre di prendere ‘sta ceppa e una volta mi è successo anche di attaccarmi alla verga di un signore che mi ha attraversato la corsia – mi si è impigliato tra le dita un lungo capello.

Ho continuato a frullare le braccia seppur avvertivo il fastidio di una cosa tra le dita, col pensiero del contatto indesiderato con un altro essere umano, cosa paradossale perché in fondo tu lì stai condividendo la stessa acqua con altre persone e coi loro batteri e fluidi corporei.

Mi son chiesto a chi appartenesse: alla simpatica culona? Simpatica non so se lo sia, ma già il fatto che mi lasci passare avanti per paura di intralciarmi – unica – la rende personcina a modo. Culona è un appellativo affettuoso, anzi, complimenti per la sua steatopigìa che in vasca le consente un baricentro più spostato in avanti e una linea di galleggiamento migliore.

Purtroppo questa società così gender non è pronta per simili apprezzamenti sportivi, anzi, il gender fa credere alle donne che esser culone sia qualcosa da nascondere, evitare, guarire. E allora il governo precedente??????? #iostoconleculone


#sempredettoinmodoaffettuoso


#ancheparaculo

 


Forse il capello apparteneva alla scassapalle? È una tizia che sembra venga a farsi il bagnetto, ride, si ferma, intralcia, scherza col fidanzato che le fa il solletico sott’acqua.

Ci sono: forse erano della ragazzina insicura: al termine di ogni 25 metri dimentica sempre che serie di vasche bisogna fare e chiede conferma per sicurezza.

No, ho capito.
Era del tizio della grande verità, quello de “Il nuoto è uno sport completo”, che ha una massa di capelli che manco Antonio Razzi giovane.

Nello spogliatoio, dopo, mi ha fatto: “Quando sei proprio carico…hai bisogno di scaricarti”.

È un grande. Dev’essere allievo anche lui del Prof. Durbans, dell’Università di Scarborough. Il Prof. in questo frangente avrebbe replicato: “Quando ti senti scarico hai bisogno di ricaricarti”.


Ultimamente sono monotematico, non voglio far di questo spazio un blog acquatico – anche perché gatti e acqua non van d’accordo – ma è che ultimamente la mia allegria è in ferie a tempo indeterminato e ciò mi rende poco creativo.


Non è che l’erede al trono nuoti solo con lo stile Delfino

Devo avere un problema con gli addetti alla reception per le attività sportive. Li trovo tutti dotati di uno strano senso di ovvietà.

Mi successe ad aprile quando andai a chiedere informazioni in una palestra di Budapest.

Mi è accaduto di nuovo stamattina, quando sono andato a chiedere informazioni in piscina.

Ho deciso infatti di praticare nuoto. Non so per quale insano motivo. Sarà che nelle ultime settimane nell’acqua di rubinetto comunale hanno aumentato la concentrazione di cloro e ne sento il richiamo. Il cloro è stata una buona cosa, ha coperto quel sapore di terra che quell’acqua aveva negli ultimi mesi. Spero facciano qualcosa anche per le blatte che sbucano dai tubi: un mio conoscente se ne è trovata in casa una così grossa che non sapeva se fosse un insetto o Gregor Samsa trasformato.

Quando sono entrato nella reception della piscina mi ha accolto una zaffata di aria al cloro. Per riflesso condizionato mi è venuta sete e volevo il mio rubinetto di casa.

Al tizio che mi accolto ho detto:

– Buongiorno, volevo delle informazioni sulle iscrizioni…
– Prego, qui abbiamo corsi di nuoto

Ma non mi dire. Stavo per replicare Peccato, io cercavo corsi di tamburello!

Mi ha messo davanti una brochure indicando un riquadro:

– Questi sono gli orari.

Ha detto, mostrandosi sempre più sorprendente. Aspettavo mi dicesse che entrando in acqua ci si bagna.

– Come vedi sono indicati gli orari di inizio e fine…inizia un corso e poi finisce…

La sua spiegazione mi ha lasciato un po’ perplesso: in base al suo ragionamento, se quelli nel riquadro sono gli orari di inizio e anche di termine, il martedì e il giovedì per esempio c’è quindi un corso che inizia alle 13:30 e dura 5 ore.

– Scusami, quindi alle 20 inizia un corso o è solo l’orario di fine lezioni?

Chiedo, per metterlo in difficoltà.

– No, alle 20 finisce. Credo. No aspetta ci dovrebbe essere. Non ne sono sicuro.

L’ho mandato in tilt. Magari a quest’ora sta ancora pensando al corso delle 20.

Mi ha poi mostrato la vasca. Abbiamo incrociato una istruttrice. Lei mi ha guardato e ha esclamato Tu mica vieni quando ci sono io?.

Devo aver dimenticato di lavarmi la faccia stamattina e togliere dalla fronte la scritta TOTALMENTE INABILE ALL’ATTIVITÀ NATATORIA.


Ho una fronte spaziosa.


In ogni caso non mi faccio scoraggiare e andrò a fondo della vicenda.
O a fondo della vasca.