Non è che la filosofia con Kant poi ti pass

Si dice che Immanuel Kant fosse così abitudinario e preciso che gli abitanti di Königsberg potessero regolare gli orologi sulla base del suo passaggio durante le sue regolari camminate.

Io ho il privilegio di poter regolare l’orario grazie a non una ma due persone:

– Quella del piano di sopra che alle 23 sposta i mobili
– Quello che il sabato alle 18 passa in auto sotto casa con la trap ad alto volume nello stereo.

A ognuno i propri filosofi.

Un’altra mente geniale è il parcheggiatore nella strada di fronte. Ha un commercialista. Ripeto: il parcheggiatore abusivo ha un commercialista.

Ha preso a cuore la mia auto. L’altro giorno notò un urto su una portiera. Un paio di giorni dopo mi è venuto incontro chiedendomi se l’avessi fatta sistemare. Gli ho detto di no e lui si rammaricava di non conoscere un carrozziere di fiducia e per bene. Poi ci ha tenuto ad avvertirmi «Ah ho visto tua moglie, è appena rientrata».

In pratica svolge anche il servizio spia coniugale.

L’altro giorno invece ci ha tenuto a dirmi che lui è fascista ma che il fascismo vero è quello che stiamo vivendo oggi.

Premesso che saranno 15 anni che rinuncio a prender parte a una qualsiasi discussione in materia politica, preferendo liquidare la conversazione con degli Eh beh d’altronde, Eh ma d’altra parte dando ragione a tutti, c’è una cosa che mi colpisce. La crescente diffusione di proiezioni psicologiche che c’è in giro.

Mi si perdonerà se non utilizzo un linguaggio psicoanalitico corretto e circostanziato: serve più da esempio.

Il parcheggiatore non nega la sua identità, chiariamo: lui si dice orgoglioso fascista e devoto del duce. Però proietta su altri le componenti negative del suo credo: per lui infatti il fascismo, inteso come privazione della libertà e coercizione, è quello della realtà di oggi.

Ci sono poi quelli che dicono di non essere razzisti perché in realtà i veri razzisti sono altri.

O quelli che dicono che non è vero che gli omosessuali sono discriminati: in realtà oggi con tutto questo gender e gli stilisti e Malgioglio in tv sono gli eterosessuali a esser discriminati.

E che dire di Nicola Schiavone (padre di Francesco Schiavone, alias Sandokan, boss dei Casalesi) che in un intervista esclamò che «I camorristi sono gli altri».

Ma vuoi vede’ che alla fine con tutta questa gente che non è questo e quest’altro il cattivo son io?

 

 

Non è che in Grecia si finisca tutti giù per Thera

Santorini è un’isola della Grecia, una di quelle molto note a livello turistico.


Quante cazzo di isolacce deve averci questa merda di una Grecia (citazione).


Circa 3500 anni fa non aveva la conformazione attuale (una mezzaluna): era di forma circolare, finché fu sventrata dall’eruzione del vulcano sommerso su cui poggia. Sembra che la violenza dell’eruzione dello tsunami che ne seguì sia all’origine del mito di Atlantide. Un libro che negli anni ’90 comprai da bambino in edicola per 5900 Lire – un tascabile Newton – si intitolava proprio La fine di Atlantide. L’autore, John Victor Luce – che mi ero immaginato avesse l’aspetto di Indiana Jones mentre invece era un distinto professore del Trinity College – ricollegava la storia di Atlantide all’evento catastrofico di Thera (Santorini), individuando nel declino della civiltà minoica a Creta, probabilmente proprio in seguito ai disastri causati dallo tsunami, l’altra componente del mito insieme all’inabissamento di un’isola: il crollo di una potente civiltà.

Non è un pensiero tanto peregrino che la mitologia antica si nutrisse di fondi di verità.

Anche il mito del Minotauro, del tributo di sangue dovuto da Atene, dell’impresa di Teseo, sembra attingesse dalla realtà storica di una sudditanza ateniese nei confronti di Creta e della sua successiva emancipazione.

È comprensibile il romanzare gli eventi così come, in un’epoca di circolazione delle informazioni molto dilatata e meno precisa e intensiva, affidare a spiegazioni fantasiose gli accadimenti passati.

Capisco meno che accada oggi, dove l’informazione è immediata e accessibile in qualunque momento. Eppure gli eventi vengono distorti e stravolti, fino a creare delle mitologie istantanee ed estemporanee.

Un battito di penna in California crea un uragano di polemiche nel resto del Mondo. Siamo ben oltre la mitologia e le eccentriche spiegazioni di Erodoto e di Plinio il Vecchio. Siamo alla completa distorsione della realtà.

Voglio essere comprensivo e accettare il fatto che alla base di tutto ciò possa esserci la paura. Mi immagino una mamma preoccupata per il destino del proprio figlio, minacciato da ogni dove da scambi di vestiti all’asilo per insegnare il gender (cit. di un esponente politico), dai vaccini che contengono piombo e feti (…no comment) e dall’abolizione delle favole perché non inclusive (lassamo perde…). L’ansia le farà credere di tutto.

In fondo è quel che succede a chiunque. La paura ci fa costruire scenari improbabili e assurdi, che ci sembrano verosimili perché, per quanto spaventosi, offrono delle spiegazioni a quel che ci è ignoto.

Mi ritengo un individuo privo di paure, ma in realtà non è così.

Paura della perdita, paura dell’abbandono, paura dell’inganno, mi espongono a una produzione mentale di miti e leggende sulle persone che mi circondano così arzigogolati e complessi che l’epica greca mi fa un baffo.

Delle volte mi sento così sciocco a credere alle fantasie che mi costruisco da chiedermi che problema io abbia per essere così bacato.

Poi ripenso ai tizi che credono ai microchip nel cervello e ai feti nei vaccini e mi sento meglio.

Non è che ti serva una sella per il cavallo dei pantaloni

Iniziando a uscire di nuovo di casa per qualche occasione di cazzeggio dopo le zone rosse, a pois e a losanghe, si è palesato un aspetto che non avevo considerato: sarà un anno e più che non compro un capo di abbigliamento.

E anche adesso che mi trovo a essere in giro più spesso non ho alcuna intenzione di entrare in un centro commerciale. Già avevo problemi a relazionarmici prima della pandemia, figuriamoci ora.


Essenzialmente quello che provo girando in un centro commerciale, anche in assenza di virus, è che vedo la gente intorno a me e vorrei avere dei respingenti come nel flipper per farla schizzare via. In particolare quelli che coi carrelli avanzano senza guardare.


Avrei bisogno di pantaloni nuovi. Pare che infatti servano, secondo la lobby del non si può andare in giro nudi. Ne parlavo in un precedente post.

Ho trovato la soluzione. Ho iniziato a rubare quelli della mia compagna. Ho un problema con i jeans stretti da uomo, che a me piacciono molto: mi fanno male al pacco.

I suoi invece sono più morbidi ed elastici. Lei dice che è perché non sono jeans veri ma dei leggings. Io dico che che hanno l’apparenza di un jeans, il taglio di un jeans, sono quindi dei jeans.

Ho rischiato un occhio nero per tenere il punto, ma non ho mollato la mia posizione.

La realtà è che lei non considera che pur se sono nati leggings magari vogliono essere jeans.

Voglio fare un ragionamento più ampio.

Ci sono nella società correnti radicali e/o conservatrici (e anche un po’ stronze, se mi è consentito) che ritengono che le persone trans sono e restano del sesso di nascita: quindi una persona trans m to f rimarrà maschio, una persona trans f to m rimarrà femmina. Con un chi se ne frega di cosa senta e cosa provi quella persona, perché, ovviamente, bisogna sempre arrogarsi il diritto di voler imporre alle persone cosa debbano essere e cosa debbano fare col proprio corpo.

La stessa cosa accade con i pantaloni protagonisti della mia storia: sono leggings e si sentono leggings? Oppure si sentono jeans? Perché non lasciamo quindi loro essere ciò che vogliono essere?

Io quindi dico sin da ora che mi sento jeander. Un jeans gender.

Non è che ti fai impartire lezioni da una strada maestra

Cercando spunti da notizie d’attualità oltre gli argomenti pandemici, oggi ho deciso di intervistare una maestra d’asilo. Non quella che è stata vittima delle azioni di omuncoli vari e persone da poco, ma un’altra che ha deciso di condividere alcune opinioni col sottoscritto.

Per tutelare l’identità dell’intervistata, le sue dichiarazioni saranno doppiate dalla voce del Pupazzo Uan.


G: Togliamoci subito l’elefante dalla stanza. E non sto facendo allusioni alle proboscidi. Parliamo del sesso. Lei ne è stata esposta?
M: Sì, ammetto che ho fatto del sesso. Più volte. E mi è anche piaciuto.
G: Scusi, mi sta dicendo che lei, donna e maestra d’asilo, prova piacere nel fare certe cose?
M: Sì. Ho anche raggiunto più volte l’orgasmo.
G: Scusi se la blocco, ma qui parole come “orgasmo”, “godere”, “gender” e “fare il bagno dopo mangiato” non si possono utilizzare. Sa, ci leggono delle mamme.
M: Mi dispiace, mi perdoni. Comunque ho dei rapporti, col mio partner.
G: Immagino un partner stabile, col quale questi rapporti sono finalizzati a un concepimento?
M: Veramente ci frequentiamo da una settimana. Prima uscivo con un altro. E comunque usiamo contraccettivi.
G: Scusi, sono stato superficiale io. Neanche “contraccettivi” si può utilizzare in questa sede. Senta, mi sta quindi dicendo che lei cambia partner da una settimana all’altra? È conscia di essere una maestra, ha un ruolo pubblico nella società nel crescere i futuri manager di domani e non è mica una cocotte di Parigi dell’800?
M: Lo so, me ne vergogno assai. È che mi sono fatta influenzare da cattive compagnie e letture devianti. Dicono che le donne facciano sesso come e quando vogliono, che addirittura provino piacere…ho voluto provare anche io. E ora non riesco a smettere.
G: E quando al mattino va al lavoro e mette le mani su quegli innocenti pargoli con quelle stesse dita che hanno volgarmente e lascivamente tastato un corpo svestito, non prova alcuna vergogna?
M: Un po’ sì. Ne parlavo ieri con la commessa del supermercato qui vicino, anche lei ha un po’ di rimorsi.
G: Una cassiera del Despar? Quale? Anche quella fa sesso?
M: Tutte le cassiere del Despar lo fanno.
G: Devo cambiare posto dove faccio la spesa. Non riesco a tollerare che il mio cibo passi davanti a corpi che chissà quali volgarità hanno compiuto. Non oso immaginare quali pensieri osceni si affaccino nelle loro menti quando vedono scorrere sul nastro cetrioli e zucchine. Mi dovrò sfogare parlandone con la mia analista.
M: La dott.ssa XYZ? Ci vado anche io. Parliamo spesso di sesso, mi ha dato dei consigli.
G: Anche la dottoressa fa sesso? E dispensa addirittura consigli per diffondere questo morbo tra le femmine? Ma questa è una epidemia! Altro che Covid19 che guarda caso è una malattia e la malattia chi la curano? I dottori! E pensare che alla dottoressa ho anche parlato delle mie abitudini sessuali. Chissà che pensieri libidinosi avrà fatto mentre mi ascoltava…
M: Temo che siamo in tante, purtroppo, a essere cadute in questa storia del sesso. Ma lei, scusi, quindi sesso ne fa? Non le crea problemi?
G: Che c’entra, io sono maschio. Mica debbo dare spiegazioni di quel che faccio, le pare?
M: Ha ragione, che stupida!

Non è che se Max Pezzali si desse alla biologia canterebbe “Sei un mitocondrio”

Oggi è stato il mio primo giorno di lavoro. La giornata sembrava esser costruita per svilupparsi per il meglio. Come primo giorno ero convocato un’ora più tardi, per le 10, con comodo. La mattinata si presentava soleggiata e dalla temperatura fresca ma non fredda. Ideale per andare al lavoro in bici.

Scendo giù le scale per andar a gettare la plastica nei bidoni in cortile e sento un fetore incredibile. Mi guardo intorno. Poi guardo a terra. Avevo calpestato delle deiezioni canine posizionate strategicamente e proditoriamente giusto lì da qualche cane di qualche condomino scappato giù.

Quello era il segnale che qualcosa sarebbe andato storto.

Al lavoro abbiamo iniziato in 5. Le mie nuove colleghe sono tutte donne. La tizia dell’eich arr, parola inglese che sta per Risorses (perché è plurale) Umane, quando ci vede, esclama:

Benvenute! Anzi, BenvenutI! Finalmente abbiamo una quota maschile!

E le mie colleghe:

– È vero, ho sempre lavorato con donne
– Ma io infatti quando stamattina l’ho visto ho detto Un uomo?!

Sono uscito dalla stanza molto contrariato.

In base a cosa hanno pensato che io sia di maschilità uomo? Quale presunzione porta loro a etichettare con leggerezza una persona che non conoscono?

Avrei voluto alzarmi e dire Scusate, ma io sono Gender!. Ma non li leggete i telegiornali? Tutti oggi parlano dell’invasione del gender, addirittura denunciano che sia materia d’insegnamento! Ascoltate i giornali, il gender ormai è ovunque. I cibi che mangiate sono a base di gender. Il gender è il nuovo gender. Solo quelli che vivono nella preistoria non lo capiscono.

E dico preistoria non a caso. E dico che io non capiscono per un solo motivo: la mitocondrialità.

Sabato sera conversavo con due mitocondriologi milanesi, i quali mi hanno fatto aprire gli occhi. Come si sa, i mitocondri si ereditano solo per via materna. Una storia che parte dalla notte dei tempi, da quando le cellule hanno inglobato questi organelli e li hanno fatti propri.

Essendo le uniche a garantirne l’ereditarietà (tal da far parlare di “Eva mitocondriale” – riferendosi non a una sola donna, ovviamente – come origine della specie umana) le donne si può dire che detengono l’esplosivo potere mitocondriale. E vogliono tenerselo!

Per questo non riconoscono (o non vogliono) riconoscere un gender quando ne vedono uno, a mio avviso.

Per questo intendo stabilire regole chiare al lavoro: sono di uominità maschile ma solo perché l’ho deciso io, non perché mi ci avete etichettato voi!

Non è che il pizzaiolo nervoso abbia una diavola per capello

Stasera in piscina mentre ravanavo l’acqua cercando la famosa “presa” – che non trovo mai; lo scopo dell’atto natatorio sarebbe quella di “prendere” l’acqua ma a me sembra sempre di prendere ‘sta ceppa e una volta mi è successo anche di attaccarmi alla verga di un signore che mi ha attraversato la corsia – mi si è impigliato tra le dita un lungo capello.

Ho continuato a frullare le braccia seppur avvertivo il fastidio di una cosa tra le dita, col pensiero del contatto indesiderato con un altro essere umano, cosa paradossale perché in fondo tu lì stai condividendo la stessa acqua con altre persone e coi loro batteri e fluidi corporei.

Mi son chiesto a chi appartenesse: alla simpatica culona? Simpatica non so se lo sia, ma già il fatto che mi lasci passare avanti per paura di intralciarmi – unica – la rende personcina a modo. Culona è un appellativo affettuoso, anzi, complimenti per la sua steatopigìa che in vasca le consente un baricentro più spostato in avanti e una linea di galleggiamento migliore.

Purtroppo questa società così gender non è pronta per simili apprezzamenti sportivi, anzi, il gender fa credere alle donne che esser culone sia qualcosa da nascondere, evitare, guarire. E allora il governo precedente??????? #iostoconleculone


#sempredettoinmodoaffettuoso


#ancheparaculo

 


Forse il capello apparteneva alla scassapalle? È una tizia che sembra venga a farsi il bagnetto, ride, si ferma, intralcia, scherza col fidanzato che le fa il solletico sott’acqua.

Ci sono: forse erano della ragazzina insicura: al termine di ogni 25 metri dimentica sempre che serie di vasche bisogna fare e chiede conferma per sicurezza.

No, ho capito.
Era del tizio della grande verità, quello de “Il nuoto è uno sport completo”, che ha una massa di capelli che manco Antonio Razzi giovane.

Nello spogliatoio, dopo, mi ha fatto: “Quando sei proprio carico…hai bisogno di scaricarti”.

È un grande. Dev’essere allievo anche lui del Prof. Durbans, dell’Università di Scarborough. Il Prof. in questo frangente avrebbe replicato: “Quando ti senti scarico hai bisogno di ricaricarti”.


Ultimamente sono monotematico, non voglio far di questo spazio un blog acquatico – anche perché gatti e acqua non van d’accordo – ma è che ultimamente la mia allegria è in ferie a tempo indeterminato e ciò mi rende poco creativo.


Non è che ti serva un elettricista per togliere le spine al pesce

Il bello di un lavoro dinamico è che non sai mai quel che ti può capitare.

Oggi una presa di corrente è bruciata. La cosa divertente è che su quattro persone presenti ero l’unico a sentire puzza di plastica in combustione.

G: Vi dico che da queste parti sento puzza di plastica che brucia
P1: Spostati, fammi sentire. No, io non sento niente…ma sono raffreddata
P2: Aspetta, vengo io. No, io neanche sento niente…ma ho il naso chiuso

Allora che minchia venite ad annusare?

Fatto sta che quando andando a naso ho trovato la fonte e tolto la spina, è venuto via con essa anche il filo interno, bello fumante.

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E questo mi ha dato spunto per scrivere questa breve guida sul cosa fare in caso di inconvenienti elettrici.

Logica vorrebbe in questi casi che intervenisse un elettricista. Un elettricista? Magari lo stesso che ci ha ridotto a queste condizioni coi soldi nostri? Io dico mandiamoli a casa tutti, è tempo di far da sé!

  1. La prima cosa da fare è isolare la corrente. Quindi fatela sentire emarginata, non invitatela più con voi.
  2. Prima di mettere le mani nella presa di corrente, fatele mettere a un altro. Se non muore fulminato, potete procedere.
  3. Per poter procedere alla sostituzione della presa, bisogna ovviamente rimuovere la placca che la ricopre. Si consiglia quindi un buon dentifricio e spazzolino.
  4. Sotto la placca c’è sempre un telaio che mantiene la presa vera e propria, collegata a tre fili: quello centrale serve al prete, per la messa a terra. Gli altri due sono la fase e il neutro, che in quanto tale è gender.
  5. Se ci sono più di tre fili sono cazzi vostri.
  6. Se svitate le viti poste sulla presa potrete liberare i fili: ve ne saranno grati.
  7. Gettate la vecchia presa. Per avere una nuova buona presa usate della colla.
  8. Installate la nuova presa rimettendo i fili al loro posto e stringendo forte le viti con un bell’abbraccio caloroso.
  9. Mettete la presa in sede nel telaio e rimontate il tutto nel muro.
  10. Riattivate la corrente: se non va niente in corto, avrete fatto un buon lavoro!

Spero di essere stato d’aiuto! Purtroppo in ufficio hanno una mentalità vecchia e ideologicamente orientata e quindi hanno preferito chiamare un elettricista, che verrà forse con mooolto comodo domani, a caro prezzo. Io dico mandiamolo a casa!

Non è che il postino prenda tutto alla lettera

Mentre ero seduto ad attendere il treno, la signora di fianco a me si è avvicinata con una lettera in mano dicendomi:

– Mi scusi, mi può aiutare che non capisco tutto?…Non so leggere bene italiano e lei visto che è uomo può aiutarmi…

La signora avrà chiaramente imparato l’italiano ascoltandolo ma non leggendolo; un po’ il problema contrario che abbiamo noi italiani con l’inglese, che lo studiamo sui libri ma non lo parliamo.

L’ho aiutata volentieri. Dopo ho però riflettuto sulle sue parole.

Che vuol dire “visto che è uomo”? Perché sottolineare che io lo fossi? Pensa che io non sappia di esserlo? La signora mi stava forse facendo del mansplaining?


Cioè quando si spiega a un uomo che è un uomo.


In quanto uomo, poi, avrei avuto l’obbligo di aiutarla? Cos’è questa imposizione?

Al contrario, proprio perché uomo sono in possesso di ottime capacità logico-spaziali ma carente in abilità comunicative e linguistiche. Ed è un fatto risaputo. La signora mi stava prendendo in giro? Voleva forse umiliarmi insinuando il mio essere inferiore in quanto uomo?

O forse voleva sovvertire l’ordine delle cose mettendomi a interpretare testi? Stava facendo del gender facile? A quando un uomo che chiede informazioni stradali?

O forse, infine, la signora stava cercando di estorcere il mio aiuto tramite la via dell’adulazione della mascolinità? Non sa che io prima che un uomo sono una persona e dovrebbe trattarmi come tale e non far leva su attribuzioni di virilità?

Adesso so che tutti rideranno o prenderanno la cosa con leggerezza o si arrabbieranno perché con tutto quel che succede nel campo delle discriminazioni sessuali questo racconto suona ridicolo se non irrispettoso.

Ebbene, io chiamo tutte le persone ferite nell’orgoglio come me a uno scatto del summenzionato: quante volte vi hanno fatto aprire barattoli di sottaceti solo perché siete maschi? A me neanche piacciono i sottaceti!


Solo che non ho mai confessato questa idiosincrasia e per questo per me sono dei…sottaciuti.


Quante volte vi hanno detto “comportati da uomo” o, da ragazzini, “adesso sei un ometto”? Non è ora di smetterla con queste imposizioni di ruoli?

È il momento di Basta!

Come vedono gli uomini chi fa aprire loro controvoglia vasetti di sottaceti

Non è che il tifoso della Lazio non degusti i cibi perché odia l’a-roma

Sono tornato dal Festival a Utrecht con alcune indicazioni e riflessioni e un alito importante.

Confermo innanzitutto che nei Paesi Bassi siano dediti ad attività alquanto libere, al limite talvolta della licenziosità.

Una statua dedicata a Satana in centro a Utrecht ne è la prova.

Nelle ore notturne la statua rallegra e rischiara l’ambiente lanciando globi di luce

Come forse inoltre è noto, da quelle parti praticano il gender, come ben dimostra questo cartello appeso all’entrata di una toilette.

Un po’ confuso sono entrato, dovendo rispondere a un impellente richiamo fisiologico.

Avevo delle vaghe idee sul funzionamento del gender, apprese in Italia assistendo a un comizio pubblico – o forse ero tra una folla scostumata al banco ortofrutta del mercato, non ricordo bene -, e cioè che ci si sveglia la mattina e si cambia sesso o addirittura si debba dimenticare di avere un sesso e comportarsi come fossimo tutti uguali (di sesso).

Potete quindi immaginare la mia difficoltà: ho creduto di dover lasciare il mio sesso all’entrata del bagno per essere gender neutral ma non avevo idea di dove poggiarlo. Ho chiesto a una ragazza dello staff del festival se potesse tenermelo per un po’ – in cambio potevo offrirmi di tenere il suo sesso se avesse avuto bisogno – ma un po’ spiazzata ha convocato un energumeno. Pensavo fosse l’addetto guardarobiere dei sessi e notando i suoi muscoli ho detto No guardi il mio non è così pesante da portare, sono onorato mi sovrastimiate ma sono molto umile e modesto. Mi ha spintonato.

Comunque alla fine sono entrato in bagno col mio sesso e forse ho fatto brutta figura col gender.

Sessi a parte, altra peculiarità di quelle zone è che è tutto composto con la cipolla. Gli unici cibi che non contengono cipolla sono quelli cui la cipolla è stata tolta prima di essere serviti, in modo da lasciarne solo l’aroma.

Anche le persone sono fatte di cipolla, visto gli effluvi che fuoriescono quando aprono bocca.

È per questo che quando ho provato a capire come si chiamassero gli abitanti di Utrecht – vero scopo del mio viaggio – mi è stato detto che le persone lì non si chiamano. Si cercano a fiuto.

Tra le abitudini alimentari particolari c’è quella di mangiare kebab di carne di Bambi

Il clima presenta due modalità: pioggia e non pioggia, che si alternano più volte nel corso di un minuto. Tale rapida alternanza agevola la vita in quanto i passaggi da uno stato climatico all’altro sono così impercettibili che alla gente non gliene frega niente di che tempo ci sia fuori e continua a vivere come se niente fosse. In questo modo liberi da pensieri possono dedicarsi ad altre attività, come l’andare in bici sfrecciando da un capo all’altro della città accelerando quando davanti a loro appare un passante.

Capitano comunque a volte quelle che loro definiscono “belle giornate” e che noi definiamo “che tempo di merda ora mi giro dall’altro lato del letto”.

Questa foto l’ho scattata ad esempio in una tipica bella giornata. Poi lì sono morto per aver fumato troppa cipolla in un Onion Shop e il mio viaggio è terminato.

Un gatto del II sec. a.C a caso

L’apostata del cuore – 06/07/2017

«È un mondo difficile, e vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto» scriveva Khalil Gibran in una nota poesia. C’è tanto bisogno di certezze e soluzioni ai dubbi. Chi può farlo?

Io?

No, io rispondo soltanto alla posta, mi dispiace.

E viste le alte richieste di consulto medico, da questa settimana arrivano anche i consigli di salute! Vi rammento che io non ho alcuna specializzazione scientifica ma da quando ho scoperto che le malattie sono una invenzione di Big Pharma ho deciso di fare a modo mio.


Gentile Dottor Gintoki, a settembre mia figlia Virulenza frequenterà la prima media e io sono un po’ preoccupata. Ho saputo che nell’istituto che frequenterà si tengono corsi di educazione sessuale. A parte che non capisco la necessità, io ho fatto tutto da sola. Quando ho concepito mia figlia nessuno mi ha insegnato, ho semplicemente fatto mettere a mio marito i suoi semini nel mio fiorellino (abbiamo avuto delle difficoltà all’inizio perché per una incomprensione lui mi ha fertilizzato le margherite sul balcone). Io non voglio che mia figlia alla sua età apprenda certe cose o che peggio le somministrino controvoglia il gender.
Addolorata Perenne, Porto Rogna (NU)

Cara Addolorata,
io sono fortemente contrario a certi insegnamenti ai bambini.
Si sa che poi raccontano tutto a casa e i genitori, essendo creature vulnerabili, si impressionano.
Tuo marito ha fatto bene, alle piante bisogna donare amore.

Il mio fidanzato è un patito di selfie, e fin qui nessun problema. Il fatto è che gli piace postare foto e video di noi che ci baciamo, non gliene importa di violare la nostra intimità, e anzi dice che la cosa lo stimola. Per il momento è un gioco, però la sua ostinazione quando gli chiedo di smettere me lo fa sentire estraneo, quasi che io fossi la fidanzata della community e non la sua.
Linda Vulva, Piombate di Sotto (LI)

Cara Linda, posso comprendere il tuo stato d’animo. È lecito aspettarsi che certi momenti siano solo intimi e privati e sinceramente io non approvo l’invadenza nella vita altrui.
Comunque colgo l’occasione per dirti che a giudicare dalla foto di ieri l’ultima ceretta brasiliana non è riuscita benissimo, fossi in te mi lamenterei con l’estetista.

Ciao Gintoki. A maggio il mio fidanzato mi ha lasciata con un sms adducendo come spiegazione un generico “senso di disagio in mia presenza” che dice lo porta a non potermi più stare vicino. Lui non vuole incontrarmi per chiarire, però poi mi scrive che gli manco e mi copre di fiori e profumi costosi. Che sta succedendo?
Serena Gonorrea, Campione d’Italia a Tavolino (CO)

Cara Serena,
non fornisci molti elementi ma così a spanne dagli indizi un dubbio mi sovviene: da quanto non fai una doccia?

Sono un’espansiva, e temo che in amore sia un problema. Durante il sesso, mi piace parlare. Tanto. Ma gli uomini in questo anche a letto sono poco portati e non capisco perché.
Luce Spenta, Pasta al Paestum (SA)

Cara Luce, dipende da caso a caso. Se, ad esempio, parli con qualcun altro durante il sesso allora non è molto carino.
Inoltre ci sarebbero delle regole di educazione riguardo il quando non si parla e la bocca, ma siamo in fascia protetta quindi ti invito a consultare il manuale di galateo.

Gin, non so se sono un mostro o un idiota. Mi basta bere un bicchiere di vino per cominciare a flirtare con ogni donna. Le mie storie, anche quelle serie, finiscono così; mi lasciano perché mi giudicano poco serio o un alcolista o tutte e due, un alcolizzato poco serio. Invece sono uno che si fa il culo, lavoro 12 ore al giorno e non bevo mai, tranne magari nel weekend. L’ultima con cui stavo mi ha mollato in vacanza, sosteneva che volessi farmi l’istruttrice di vela. Si sbagliava di grosso, io puntavo alla maestra di tennis, comunque la capisco perché magari alla sera si alzava il gomito con la sangria e avrò certamente detto qualcosa che non andava. Non mi dire che l’amore mi farà cambiare perché comincio seriamente a dubitarne.
Dandolo Via, Frignando Moltoforte (BN)

Caro Dandolo,
è evidente che tu non abbia ancora incontrato la persona giusta.
Che nel tuo caso è una donna che beve per dimenticare.

Caro Gin,
pensavo di far parte di una coppia senza stupidi falsi (e anche un po’ moralisti) pudori, ultimamente però comincio a guardare con occhi diversi il mio partner, che è geloso del mio vibratore. Sembra uno scherzo ma non lo è. Un po’ per gioco sono andata in un sexy shop romano molto alla moda con un’amica e me ne sono comprata uno, che tra l’altro è pure un bellissimo oggetto di design tant’è che credo di averne visti di simili nei negozi di arredamento. Ammetto che quando sono in viaggio per lavoro da sola lo uso. Da quando l’ha scoperto, il mio fidanzato non perde occasione di mostrarmi il suo disappunto. Ho paura di urtare il suo amor proprio, ma non ti pare che lui esageri?
Maria Sole Cuoreamore, Smegma sul Clitunno (PG)

Cara Maria Sole,
sono un po’ confuso dal discorso sul design, o i sexy shop sono diversi da come li immaginavo oppure sei andata realmente in un negozio di arredamenti e quello che hai comprato è soltanto un raffinato Minipimer.
Venendo al tuo problema, è chiaro che il tuo lui soffra un po’ di gelosia. Quindi regalagli un vibratore per sollazzarsi durante la tua assenza. Fammi sapere.


ANGOLO SALUTE – L’aprostata del cuore

Dottor Gintoki,
ultimamente dalle mie parti intime affiora un odore di pesce. Cosa potrei metterci sopra?
Ottone Ossidato, Martina la fa Franca (TA)

Il vino bianco è un abbinamento sicuro e non si sbaglia mai.

Dottor Gintoki,
ma alla fine è vera o no la storia della lavanda di Coca Cola come anticoncezionale? Davvero basta solo quello?
Serva del Potere, San Piero in Bagno da Un’ora (FC)

No, non basta.
Ci vuole anche una Mentos.

Dottor Gintoki,
se non mi dedico ad alcuna attività e sto seduto, fumo e bevo come una spugna, mi sento bene. Quando però provo a fare attività fisica – dicono ci sia bisogno di farla – ho il fiato corto, mi fanno male il fegato e la milza e altri organi che non saprei identificare. Come si spiega?
Mistero della Fede, Medicina Trentatré (BO)

Caro Mistero, è evidente che lo sport stia nuocendo gravemente alla sua salute. Cessi immediatamente.

Dottor Gintoki, tendo ad avere la pelle delle mani molto sensibile e sottile, tal che basta un niente perché mi procuri un taglio con fuoriuscita di sangue che si interrompe dopo lungo tempo. Cosa posso fare?
Ugo la Doro, Campo Male (PZ)

Caro Ugo, si faccia proclamare santo.

Non è che la ginecologa con dei disturbi legati al lavoro abbia le turbe di Falloppio

Non ho mai ricevuto un’educazione sessuale, se si esclude una precoce iniziazione con Postalmarket proseguita poi con l’anime di Lamù.
Senza andare poi a scomodare le pagine della finta posta del Cioè rubato alle compagne di classe.

Fin dal primo episodio evidenziava il proprio potenziale formativo.

Fin dal primo episodio evidenziava il proprio potenziale formativo.

Quel che ho poi imparato in maniera più seria l’ho appreso di mia iniziativa sui libri. Un po’ per desiderio di conoscenza, un po’ per quella pruriginosa curiosità che può avere un ragazzino.

La prima reazione fu quella di pentirmi del prurito. Insomma, uno dovrebbe poi infilarsi in un posto umido, a volte maleodorante, dalla dubbia estetica e pieno di batteri? In pratica è come entrare in un ristorante cinese.


Beata ingenuità infantile.


Gli insegnanti non hanno mai offerto molto supporto, seppur i vari testi scolastici trattassero l’argomento, con differenti modalità.

Il sussidiario di scienze delle scuole elementari spiegava in un paio di pagine la riproduzione, anche se senza alcun riferimento anatomico: ricordo i disegni di una cellula uovo (stilizzata) e di uno spermatozoo che vi si appropinquava. Quest’ultimo era raffigurato come fosse un biscione nero.


In pratica sul libro avevo il logo dei Queens of The Stone Age:


Il libro di educazione fisica delle scuole medie era molto più dettagliato e completo.

Peccato che un libro di educazione fisica in una classe sia cosa più inutile di un frigorifero in Groenlandia.

Le due ore scarse – il professore aveva divorziato dalla puntualità – di lezione a settimana erano dedicate soltanto a calcio (i maschi) e pallavolo (le femmine). E se eri masculo non giocavi con le femmine: oggi dicono che ci si ammala di gender, allora ti davano del ricchione.


E qui che si capisce che non serve alcuna educazione sessuale: non si deve inculcare ai ragazzi l’idea che non sia normale dare del ricchione a qualcuno.


Qualche volta, quando si era in pochi in classe, abbiamo permesso alle femmine di giocare a calcio con noi. Loro potevano fare cose riservate all’altro sesso ma solo per gentile e temporanea concessione da parte nostra, revocabile in qualsiasi momento.

In genere la partita finiva quando una ragazza rimaneva acciaccata da una pallonata sul petto o sul basso ventre. Quella fu un’altra lezione di anatomia: le parti intime femminili sono delicate e sensibili anche al Super Santos.

Ricordo una sola occasione in cui aprimmo il libro di educazione fisica, in un giorno di pioggia e con le palestre inagibili.

Il professore lesse un capitolo riguardante la pubertà. Finita la lezione chiuse il libro senza aggiungere una parola di spiegazione, della serie Questo è, il mio dovere l’ho fatto.

Quella si potrebbe avvicinare a essere stata una lezione di educazione sessuale avuta a scuola.

A casa invece l’unico insegnamento ricevuto fu quando Madre mi disse “Non portarci nessun dispiacere a casa, capisci a me“, alludendo al prestare attenzione a non impollinare improvvidamente qualche fiore.

Mi sono tornati in mente questi ricordi dopo aver visto un video su Internazionale in cui una giornalista e una regista si interrogano su quanto le persone, in particolare le donne, conoscano la struttura dei genitali.

I risultati sono un po’ sconfortanti. Saranno magari casi estremi ed estrapolati da un contesto, anche se a volte mi chiedo quanta educazione intorno certi temi ci sia tra la gente.

Se molti devono istruirsi da sé – e io almeno avevo l’interesse verso libri di divulgazione – non posso allora considerare inusitato che ci sia chi confonde vagina e vulva o che pensi che l’uretra sia una cantante soul.


La famosa Urethra Franklin.


In realtà tutto il post era teso ad arrivare a questa battuta.


Non è che se lanciano un prodotto sul mercato tu debba scansarti

Sono stato al Nagycsarnok, il Grande Mercato Coperto di Budapest, per comprare della paccottiglia dei souvenir per il parentame. Tutta produzione cinese, com’è ovvio. Del resto il vero artigianato locale delle volte è confinato in botteghe che ospitano brutture inusitate e dai costi inauditi, come un po’ succede in tutto il mondo con tutti i vari esempi di artigianato locale, oggetti che poi vengono strappati dal luogo di origine per finire a svolgere la funzione di raccoglipolvere in case altrui.


Ricordo la bomboniera del matrimonio di mio zio, un orrendo orologio grossolanamente intagliato in una corteccia d’albero, direttamente dalla Romania, da dove era originaria la moglie.


Avevo il dilemma etico sul contribuire o meno al parassitario mercato della paccottiglia cinese con i miei acquisti. Ho poi pensato che, da qualche parte in uno scantinato, un caporeparto cinese stava battendo con un bastone di bambù le schiene degli operai in quanto avevano venduto meno prodotti in quest’annata. Non volendomi accollare tale rimorso, ho deciso di supportare l’economia cinese per il bene delle schiene dei suoi operai.


Avrò sempre modo di salvare l’Occidente per altre vie, magari con qualche barricata o una manifestazione anti gender o una campagna contro l’olio di palma, che oggi se non caghi il cazzo inutilmente non adotti una causa stai veramente sprecando la tua vita.


Ho chiesto al proprietario di uno dei chioschetti del mercato, mentre rigiravo tra le dita un oggettino, se accettasse carta di credito. Lui ha risposto:

– Eh ma costa 900 fiorini (circa 3 euro), non mi sembra il caso di usare la carta…
– No ma io ne volevo prendere 2 insieme a quell’altra cosa lì…
– Sì ma sai cos’è qui la connessione è lenta, aspetti 5 minuti per pagare 10 euro…

E poi si è fiondato addosso a due clienti cinesi lasciandomi lì.

Trovo anche io ridicoli quelli che vogliono pagare con la carta un pacchetto di gomme, ma la neghittosità e l’indolenza con cui il tale mi si è rivolto mi ha fatto passare la voglia di qualsiasi acquisto. Mi dispiace per le schiene dei cinesi, ma non per i profitti di costui.

A proposito di profitti, l’altro giorno si è svolta questa conversazione in ufficio:

– Gintokiiii…com’è che con sto progetto abbiamo un margine così basso?
– Eh, il consulente costava caro, d’altro canto è grazie a lui che siamo andati avanti nella selezione, quindi ho pensato che basso margine fosse meglio di zero margine…E poi, suvvia, è pur sempre per un progetto di cooperazione internazionale!
– Sì, va bene, ma noi non siamo un ente no profit
– È mia intenzione farvici diventare. Come diceva Gandhi? Sii il cambiamento che vuoi vedere nella tua azienda
– Bene. Allora potresti cominciare a lavorare gratis, che dici?
– E mica sono Gandhi, io?