Sono tornato a Roma mi-costi-un-Capitale e, per non perdere le mie vecchie abitudini, ho ovviamente dimenticato delle cose a casa.
In particolare, tra l’altro, due oggetti importanti: accappatoio e pettine. E dire che quest’ultimo neanche lo uso per i capelli, visto che quando sono corti stanno fermi da soli e quando cominciano a crescere basta infilarci la mano come a voler sistemare un ciuffo inesistente.
Io il pettine lo uso per la barba e i baffi.
La gente ride quando ascolta questa cosa, quella stessa gente che mi fa i complimenti per la barba curata: forse credono che una barba si curi da sola? Magari di notte mentre dormo se ne va a passeggio come le scope di Fantasia e va a darsi una sistemata davanti lo specchio?
Quanto è bella la sequenza della danza delle scope? E dire che da bambino un po’ mi terrorizzava, un po’ per le scope che si animavano con braccia e pseudo-gambe (ma senza occhi né bocca!) e un po’ per la musica che era un crescendo di inquietudine.
E dire che sino a questa mattina ho continuato a mettere in valigia sino all’ultimo momento cose che ricordavo di aver dimenticato. E mentre infilavo dentro anche il mio fido borsello mi sono ricordato troppo tardi che avevo dimenticato di togliere dall’interno i confetti che mi aveva dato M.. È stata a un matrimonio, i confetti non le piacciono e quindi quando ci siamo visti lunedì me li ha rifilati. Dato che non piacevano neanche a me, li ho dimenticati nel borsello. Non è stato bello quando nel prenderlo sono rotolati giù sul pavimento, col gatto che giocava a fare il calciatore e con la zampa a cucchiaio (al grido di “mo te faccio er cucchiaio”) li infilava sotto il letto.
Il mio ritorno è stato contrassegnato, nel regionale da Termini a Stazione-prossima-a-Casa-Romana, da uno spettacolo teatrale. Nel vagone precedente il mio quattro passeggeri (o persone che sembravano tali prima di rivelarsi attori – probabilmente squattrinati – che cercano di farsi conoscere), hanno cominciato a dar vita a una rappresentazione tra i sedili, sotto lo sguardo curioso, un po’ perplesso, a tratti distaccato e accompagnato da qualche ventata di alitosi, degli altri passeggeri.
Quando mi sono alzato per scendere ho assistito all’atto finale e mi ha colpito ciò che ha detto uno degli attori: “il viaggio è il viaggiatore”. Gli altri tre hanno iniziato a ripetere la stessa cosa come un mantra: “il viaggio è il viaggiatore”. Forse mettevano in scena Pessoa o forse l’hanno soltanto citato, non lo so.
Mi sono interrogato su cosa potesse significare e sono giunto alla conclusione che è una di quelle cose ovvie cui non pensi mai, ma che quando realizzi pensi “certo, è così!”. È un po’ come quando in un giallo avete avuto il colpevole sotto gli occhi sin dall’inizio ma non avete mai puntato il dito contro di lui: quando viene rivelato, voi esclamate: “Ma certo, era lui!”.
In fondo, il viaggio siamo noi stessi. Non è detto che due persone che si spostano da un punto A a un punto B vivano le stesse esperienze, provino le stesse sensazioni, ricevano allo stesso modo gli input dall’esterno. Da persone diverse, viaggi diversi.
Inebriato da questa mia scoperta e sentendomi ispirato, ho provato a ri-scoprire altre cose ovvie. Come ad esempio scoprire il detto mai fidarsi delle apparenze: entrato in casa e non vedendo in giro la coinquilina cinese, né notando nel frigo la sua solita provvista di bibite gassate di ogni sapore, colore, colorante ed emulsionante, ho sperato che avesse levato le tende.
Pia illusione: dormiva. Alle ore 13 si è alzata dal letto e ha iniziato a fare i suoi vocalizzi lirici.
Riassunto delle puntate precedenti per chi non c’era e se lo fosse perso e per chi c’era ma non gliene fregava niente e anche se lo riscrivo non so se gliene fregherà: a Casa Romana c’è una cinese, astro nascente della lirica, che è qui per specializzarsi come soprano.
Vorrei concludere questo post con una nota di colore. Ho appreso soltanto oggi che qualche giorno fa il Papa si fosse recato da un ottico per cambiare gli occhiali, destando curiosità e stupore nei cittadini.
Non capisco le reazioni: un Papa non usa occhiali? E se li usa, dovrebbe mica fabbricarseli da solo?!
Ho provato anche io grande curiosità e stupore nel rendermi conto che l’ottico era lo stesso cui mi ero recato io per far sistemare i miei occhiali, quello simpatico e sovrabbondante di lettere ‘a’.
Ora, non so se nel negozio Sua Santità abbia incontrato lo stesso tizio con cui ho avuto a che fare io, ma ho provato a immaginare la scena:
PF: Mi scusi fratelo…sono aquì porqué coi miei occiali non vedo bene…
O: ‘a Francé: ma chi t’aaaa dato ‘ste lenti? Pure ‘na talpa ce vede mejo, mò t’aaaa dò io ‘na lente seria.
PF: Grassie…
Sì, più o meno sarà andata così.
ERRATA CORRIGE
Purtroppo non è lo stesso. Il mio era all’inizio di via del Corso (partendo da Piazza del Popolo), il Papa è andato in quello nella parallela, a via del Babuino.
E so anche il motivo: PF deve aver letto il mio post e deciso che quello dove sono stato non gli piaceva.
Geniale!!
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grande imitazione del papa!
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Grazie, grazie. Mi sono esercitato più volte e ho anche ascoltato la mia voce registrata per migliorarmi 😛
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Il Metodo Stanislavskij applicato alla scrittura, sei un innovatore!
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I quattro artisti di treno erano in realtà una cellula evoluta di in fight club.
Il papa legge il tuo blog.
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Sospetto che dietro a qualcuno dei nickname che si aggira qui su wp ci sia lui!
Magari potresti anche essere tu!
Questa cosa della cellula di fight club mi inquieta. Anche perché non ho visto gli altri passeggeri interagire con gli attori e le loro espressioni potevano essere normali espressioni da viaggio in treno e non espressioni da gente che guarda attori su un treno!…E se non esistesse nessun quartetto di attori da treno?
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Ancora piú inquietante!!
Chi lo sa, caro fratelo, chi lo sa…
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Ora non mi ricordi più qualcun altro! Non ti riconosco più
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Oh no!!
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Fa notizia come una Canalis qualunque quando dovrebbe essere la massima autorità spirituale occidentale. Spesso anche la profondità delle dichiarazioni è simile.
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Tanto è vero che ” Il viaggiatore è il viaggio” quanto è vero che ” il viaggio in treno è teatro ambulante”!
Ho viaggiato per anni in treno e ogni viaggio, ogni scomparto ogni fermata è una scena!
Mosse conosciute o improvvisate…attori veterani e nuovi aspiranti attori…giù gli attori ne salgono di nuovi e un nuovo atto inizia!
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Gli attori inconsapevoli sono il massimo. Ci sono persone che in pubblico riescono a mettere su dei siparietti che a volte ti spingono a chiederti “ma dov’è la telecamera?”.
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Sappi che quella parte del film fantasia, insieme a un’altra, son state delle cose terribbbili (da pronunciarsi alla romana e le loro 800 doppie) per una piccolina come me (ai tempi).
Sospetto che il mio odio a far le pulizie di casa dipenda da quel trauma
(avrei potuto dire che il mio problema a scopare dipenda da quello, ma poi sai comè, la gente pensa male)
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C’erano tante parti inquietanti in quell’opera, ora le ricordo a sprazzi, quella che più mi è impressa è il ballo degli ippopotami, però era carino
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Le ippopotale ❤ bellissime
quello che mi faceva paura ero questo
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Avendo anch’io un gatto, ho potuto quasi vedere fisicamente la scena del ‘mo te faccio er cucchiaio’ coi confetti 🙂
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bellissima conclusione.
quelle robe sul treno, invece, le faccio pure io. il mio però si chiama teatro invisibile, non si svela alla fine, e l’ideatore nella forma che rappresento fu davvero un genio (augusto boal).
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Dimmi la tua fascia oraria di pendolarismo, sia mai che capitando per caso da quelle zone ti becchi in una performance 😀
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mitica la Cinese che si alza alle 13. Però strano che abbia il frigo vuoto, quale sublime pietanza avrà preparato per saziare la sua fame?
PS: esprime il suo momento digestivo con sonori rutti?
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La vuotezza è durata solo un giorno: oggi il frigo straborda di cibo ipercalorico.
Secondo me se fa un rutto in do minore causa un uragano in florida.
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Una ragazza che lavorava con me, quando ero in Cina, era capace di farne una decina di seguito senza scomporsi…
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Un’ovvietà molto tranchante, “il viaggio è il viaggiatore”. Detta questa, pare non esserci spazio per dire altro se non, appunto, ripeterla a mo’ di mantra. Sul treno prova con un “non esistono più le mezze stagioni”. Ma se il viaggio è particolarmente lungo e vuoi strafare, con “io non sono razzista, ma…” non sbagli mai!
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…no vabbè! ma stamattina leggo papi ovunque! sto chiacchierando di la con ysintricchio e sogna di papi, qui tu cambi gli occhiali come il papa…. wow! che strana congiunzione astrale che mi ha buttato dritta dritta nell’occhio di un buco nero…
vabbè… non mi conosci e già dico cose strane! scusa!
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Ma ysingrinus È il papa, ormai ha gettato la maschera (nella differenziata)
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…ma come è papa? Questo non lo sapevo! Mi toccherâ esser più compita e dilogente allora!
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