Non è che il cannibale al ristorante chieda che gli mandino un cameriere. Ben cotto.

Credo che io e M. siamo i clienti migliori per i posti dove si mangia e/o dove si beve. Non perché facciamo qualcosa di particolare. Semplicemente applichiamo le buone regole del vivere civile. Salutiamo, ringraziamo, trattiamo con rispetto e cortesia il personale. Se ci chiedono se vogliamo far servire portate diverse tutte insieme, rispondiamo sempre che preferiamo ciò che causa meno disagio in cucina. Per me è un atteggiamento normale. Soltanto che poi noto diventiamo per i camerieri delle perle rare. Li vediamo raggianti quando parlano con noi, scambiamo qualche battutina, insomma sembra che quando ce ne andiamo li lasciamo col piacere di far il mestiere che svolgono. Delle volte ce l’hanno proprio detto che siamo brave e belle persone.

Beninteso, non capita sempre di trovare personale affabile: mi ricordo una volta un cameriere che ci lanciò, tipo frisbee, il piatto sul tavolo, così, mentre era di passaggio. O quello che provò a far finta di nulla nel portare una bottiglia di prosecco calda, lasciandola sul tavolo e scappando via. Ci saranno di sicuro poi camerieri che cercano di essere molto gentili semplicemente per ingraziarsi una mancia, magari. Ma la maggior parte mi accorgo che è sinceramente molto contenta di aver a che fare con noi due; me ne rendo conto vedendo come invece deve essere difficoltoso gestire, ai tavoli di fianco, clienti che sono tutto fuorché che cortesi o quantomeno memori del fatto che di fronte hanno pur sempre un essere umano.

Cosicché, per ciò che ho avuto modo di vedere, ho messo insieme una piccola lista di clienti a mio avviso insopportabili per i quali io finirei licenziato se fossi un cameriere, aggiungendo per qual motivo anche:

IL/LA VIP
Che sia da sola o in compagnia questa persona mantiene lo stesso copione: atteggiamento scocciato, infastidito, forse è l’atto proprio di dover mangiare a essere noioso, forse è il ritrovarsi insieme a dei plebei, non so. Mocassino e caviglia in vista, capello appena uscito dal parrucchiere che ogni due per tre scioglie al vento – anche se vento non ce ne è – passandosi la mano dietro l’orecchio, barbetta rada e occhiale da sole, borsetta da millemila euro, zainetto di pelle col porta tablet, questi i connotati per lui e per lei. Controlla in modo compulsivo il telefono, si fa degli autoscatti, siede magari di sbieco a gambe accavallate. Guarda dall’alto in basso il personale, a volte trattandolo proprio come un servitore, a cui rivolge dei veri e propri ordini del tipo “Sì però sbrigati”, oppure “Non mi piace, me lo rifai?”, e via così.
Motivo di licenziamento: un secchio di letame rovesciato in testa, arrivando alle spalle.

LEI NON SA CHI SONO IO
Arriva, magari con una comitiva degna di una squadra di calcio (più panchinari), senza avere prenotato e pretende di accomodarsi. Il cameriere magari si prodiga nel trovargli una soluzione: magari aspettare, oppure accomodarsi a un tavolo più defilato. Com’è ovvio, non solo non apprezzerà l’intenzione, ma se ne andrà via con visibile scocciatura perché è inaudito che un posto non faccia largo alla sua nobile persona.
Motivo di licenziamento: porgere una ciotola di avanzi dicendo di accomodarsi fuori e farsi bastare quelli. E prenotare, la prossima volta.

IL PADRONE DI TUTTO
Sovente sempre un uomo, spesso dalla classe di un cinghiale, sempre molesto e fastidioso. Entra e si siede senza chiedere se e dove può accomodarsi, tratta il personale con confidenza eccessiva, se è una cameriera a servirlo ci scappa anche qualche battuta molesta, ride e urla come se ci fosse soltanto lui nel locale e stesse a casa propria.
Motivo di licenziamento: una chiamata alla Guardia di Finanza per farlo perquisire perché sicuramente uno così sovraeccitato è in possesso di una dose di bamba. E se non ce l’ha troverei il modo di fargliela trovare addosso.

LA DISCOTECA
Guarda video YouTube e storie Instagram col volume dello smartphone al massimo, perché tanto di sicuro i vicini apprezzano.
Motivo di licenziamento: una tromba da stadio suonata all’improvviso alle sue spalle.

LA FAMIGLIA CON PROLE
La famiglia con prole vede il ristorante come un momento di pace personale: dato che i gentili pargoli, evidentemente, a casa rompono e tediano, portarli fuori vuol dire lasciarli razzolare liberamente in uno spazio delimitato mentre i genitori possono mangiare tranquilli. Certo, fa niente se corrono tra i tavoli, disturbano, tirano fuori un Super Santos che fanno volare sopra le teste altrui: son ragazzi, dai.
Motivo di licenziamento: monterei una recinzione elettrificata intorno al loro tavolo.

GUSTI DIFFICILI
A tutti può capitare di chiedere una variazione: metti che un ingrediente non sia gradito o non si possa mangiare ma che a quel piatto non si voglia proprio rinunciare, si chiede la cortesia di non inserirlo. La mia filosofia è: se è qualcosa che si aggiunge ma non entra nella preparazione, allora chiedo la variazione. Se invece è un ingrediente che entra a far parte del processo produttivo, desisto. Esempio: un tuorlo su una tartare si può non mettere. Ma dalla crema pasticcera di certo non puoi toglierlo né chiedere una torta alla crema senza crema! Però ci sono quelli che invece chiedono rivisitazioni così puntuali e complete che, a un certo punto, diventa un altro piatto. Come chiedere una carbonara senza uovo e senza guanciale. Praticamente la cacio e pepe, chiedi quella, no?!
Motivo di licenziamento: se si tratta solo di gusti e non di allergie/intolleranze, servirei tutto ciò che ha chiesto di non mettere e obbligherei a mangiarlo.

E ci sarebbero tanti altri begli esemplari da descrivere ancora!

Non è che vai all’ufficio oggetti smarriti perché hai perso il lavoro

Avrei voluto iniziare la settimana Pasquale parlando di una tradizione folkloristica che c’è qui in Ungheria proprio per il giorno di Pasqua e che consiste nel fare un gavettone alle ragazze.

Questo venerdì, invece, un po’ in anticipo con questa tradizione, è arrivata una doccia fredda su CR.

È stata licenziata.

Senza preavviso. A meno che con preavviso non debba intendersi il “Mi spiace, devo darti una brutta notizia” da parte del Capo Tacchino. Al che alzo le mani. Su di lui.

La cosa strana è che le hanno sì comunicato di licenziarla ma davanti le hanno presentato un foglio di risoluzione consensuale da firmare. Non mi è ben chiaro dove risieda il consenso del licenziato. È un po’ come quando il Prof al liceo mi diceva “Gintoki, ti offri volontario o ti chiamo io?”.

La motivazione del licenziamento è che non la ritengono adatta a questo lavoro.

Dopo tre anni e mezzo e tre rinnovi contrattuali – fino all’ultimo dello scorso anno, a tempo indeterminato – è un po’ tardiva come presa di coscienza! Ma qui magari amano prendersi un tempo per ogni cosa.

La verità è che da quando il Tacchino è salito al rango di Capo l’estate scorsa, dando anche più spazio alla Castora, i rapporti col management si sono deteriorati alquanto. Mancava poco ci si scambiasse lanci di saliva negli occhi durante le riunioni.

Dopo aver ricevuto la pessima notizia, CR ha ricevuto una mail personale da parte della Castora in cui le comunicava tutto il suo dispiacere per una decisione che comunque fa bene a entrambi – società e dipendente – e le augurava poi tante care cose.

I rispettivi uffici distano due metri in linea d’aria e due porte di separazione. Lei però manda una mail. Purtroppo soffre di una grave forma di sbilanciamento del peso verso il deretano, che la porta a limitare i movimenti. Lo cantano anche Tiziano Iron e Carmen Sconsoli: Pesare il culo con entrambe le mani ci vuole coraggio.

Quando ha dato la notizia a me e S. la stagista, il Tacchino mi ha anche detto che sarei stato io il Senior dell’ufficio da ora in poi. Ne avrei fatto volentieri a meno.

Deve aver letto i miei pensieri, perché poco dopo, quando ha inviato una mail a tutti ringraziando CR per il lavoro svolto, ha scritto che la Castora coordinerà ora le attività.

Considerando che lei ha i modi di una tiranna sarmatica, la cosa non mi suona piacevole.

Praticamente io sono un Senior Pupazzo Rockfeller. Sento già la mano di lei nel sedere e i video su YouPorn: Hungarian longteeth & lazy ass, fisting Neapolitan Cat Worker.

Non è che racconti di quando ti piaceva uscire a bere iniziando con “C’era una vodka…”

Uno dei grandi limiti della democrazia è che tutti si sentono legittimati a far sentire con forza la propria opinione, anche chi democratico non è ma ritiene comunque di poter usufruire dei diritti della democrazia perché, altrimenti, Che democrazia è allora? Quindi fa bene uno a non credere nella democrazia, se questa si rivela una farsa!.

C’è sempre poi chi è lesto nel citare Voltaire, il quale, se fosse tra noi, citerebbe a sua volta volentieri per danni chi lo nomina a vanvera, visto che non ha mai enunciato l’aforisma sulla libertà di opinione che gli si attribuisce.

Facevo queste considerazioni mentre leggevo la notizia del licenziamento di un’insegnante che si era espressa in termini “un po’ accesi” (il gioco di parole non è involontario) contro gli immigrati. In parole povere, secondo lei dovrebbero svolgere un utile servizio come diavolina accendifuoco. Pare che l’ex insegnante voglia ora ricorrere al TAR, non mi è chiaro se per riavere il posto o per far gettare immigrati nei caminetti.

Questo è un caso di opinioni incompatibili con l’esercizio della propria professione. Si può berciare quanto si vuole appellandosi alla libertà di opinione e al diritto di esercitarla nel proprio privato: nel privato, per l’appunto. Se una cosa viene resa nota anche solo a un’altra persona, non è più privata.

Sapendo cosa costei pensa e dice pubblicamente, le fareste educare i vostri figli?


O comprereste un’auto da lei (cit.)?


Metti che poi tornano a casa e cominciano a chiedervi benzina e accendino per un progetto scolastico.

Sul rapporto tra espressioni private e immagine pubblica mi torna in mente un aneddoto di quando, qualche anno fa, ho frequentato un corso in risorse umane. O disumane, visti i partecipanti.

Il docente, un giorno, spiegava che, nel mondo di oggi, bisogna stare attenti a cosa si pubblica online. Se si sta cercando lavoro, non è bene avere come immagine del profilo pubblica su facebook una foto in cui state tra le gambe di un/a modello/a a suggere vodka pura fatta scorrere sul suo torace. Un selezionatore HR che cercherà informazioni su di voi online potrebbe rimanere colpito in modo negativo.


O riconoscersi nel modello.


Udendo ciò, si alzò nella classe una grande mente (o gran demente) e chiese: Ma io non capisco, saranno fatti miei se il sabato sera mi voglio sfondare di vodka?!.

Sì. Ma sarebbe bene non farlo sapere in giro.

Lei non si convinse.

Voi andreste ancora dal vostro commercialista se lo vedeste mentre si accende sigari col denaro (magari quello della vostra parcella) e sniffa coca dallo sfintere di una escort?


Di 3 ore di film di Scorsese ricordo solo:
– DiCaprio e il sorriso al contrario
– DiCaprio che si carica come Braccio di Ferro ma con la coca
– DiCaprio che sniffa dall’ano della escort.
E poi ci si chiede perché quel film non abbia vinto l’Oscar!


È bene quindi che delle cose non vengano mai fuori.

Ad esempio il mio vicino di casa in Terra Stantia pensa che io sia una persona sgradevole, probabilmente. O un imbecille. Comunque, quando mi vede si volta dall’altra parte a volte con torsioni del collo che neanche nell’Esorcista.

Io a mia volta penso che il mio vicino di casa sia una persona sgradevole e un imbecille. Quando lo vedo non mi volto, mi basta tenerlo fuori dal campo visivo guardando fisso un punto lontano.

Non ci siamo mai detti quanto ci troviamo sgradevoli.

Questa è la vera democrazia!