Sono stato dal barbiere e c’ho dato un taglio coi titoli strambi.

Mi incuriosisce sempre il rapporto esistente tra il mio barbiere (da ora in avanti il masto, come si usa dire da queste parti) e il suo giovane assistente (da qui in poi, o guaglione).

Oltre a insegnargli i rudimenti della barberia, quando vado a tagliarmi i capelli trovo sempre il masto intento a rivolgere al guaglione dei rimproveri mirati a impartirgli insegnamenti di vita. E il guaglione, ogni volta, prosegue nel proprio lavoro con occhi bassi senza replicare, con l’aria un po’ frustrata. Un rapporto discepolo-allievo degno di una scuola dell’Antica Grecia. Mi chiedo se il guaglione sia conscio dell’importanza di ricevere lezioni che esulano dal mestiere e che investono anche la sfera del saper vivere oppure un giorno troverò il mio barbiere riverso a terra con un paio di forbici nella gola.

Oggi il masto rimproverava il guaglione perché quest’ultimo da un paio di giorni soffre di una zoppia al piede destro, imputabile, secondo il masto, alle scarpe poco comode che indossava. E a ogni cliente indicava sempre le calzature, dicendo: guardate, ha le scarpe storte, ha le scarpe piegate, cercando in loro segni di assenso.

Questo tema coinvolgente, unito all’apprensione per le condizioni di salute del guaglione, mi ha distolto dal tentare di introdurre l’argomento aeroporti come tema ignorante del giorno dal barbiere (forse ricorderete in un post precedente le mie riflessioni sulle conversazioni ignoranti).

E dire che sarei stato sul pezzo, perché sono in ansia dato che a Fiumiciattolo sono ben 3-4 giorni che non accade nulla: niente incendi, niente black-out, niente sommosse popolari per aggredire delle hostess dietro un bancone. Questo vuol dire due cose: o finalmente è tutto tranquillo o si sta per scatenare un cataclisma.

Spero vada tutto bene, in quanto in vista di una giornata da passare a Bratislava (passando per Vienna) ho imparato anche qualche parola di slovacco. Mi piace sentirmi ignorante nel maggior numero possibile di lingue e cerco sempre di imparare qualche parola nuova.

Sono rimasto però sconcertato nello scoprire che in Slovacchia “sì” si dice àno. Istantaneamente la mia perversa fantasia ha pensato che quando un ragazzo fa la proposta di matrimonio a una ragazza, le sta chiedendo un “sì”: in Slovacchia, quindi, un ragazzo si inginocchia davanti una ragazza per chiederle “l’àno”. E poi ho pensato che un matrimonio che cominci con una richiesta (e accettazione) dell’àno nasca su solide basi di fiducia e condivisione e che la società avrebbe bisogno maggiormente quindi di tali valori.

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Dopo aver toccato il fondo (schiena), penso ora di poter andare in vacanza e riscaldarmi le idee (visto che in Austria troverò 35°).

Se vai sempre dove si tocca si diventa ciechi?

Non amo l’acqua.

No, così è equivoco.

Mi piace l’acqua, da bere e per l’igiene personale.

Non mi piace molto fare il bagno, al mare o in piscina.

Anche perché non so nuotare, nonostante da bambino sia stato iscritto controvoglia in piscina. E dire che qualcosina l’avevo imparata: lo stile semi-libero (il movimento era un po’ macchinoso come se le braccia fossero legate a una catena), il dorso (di mulo, perché ero un po’ ingobbito e affondavo) e anche il delfino curioso (perché era proprio curioso il modo in cui mi muovevo!). Non parliamo dei tuffi, dopo essermi specializzato nella spanciata frontale avevo imparato il tuffo a candela consumata, perché non stavo dritto e mi afflosciavo.

Nonostante tutta questa “esperienza” ho poi dimenticato come si nuota. Non è vero che per certe cose è come andare in bicicletta, anche perché andare in bicicletta sott’acqua è un po’ faticoso, mentre per andarci sopra l’acqua bisognerebbe chiedere a un signore di Nazareth.

Conscio delle mie inabilità acquatiche, preferisco optare per andare dove si tocca adattandomi a stili del tutto personali.

Invece di fare il morto, ad esempio, si può fare lo zombie: in piedi in acqua, ginocchia flesse e schiena un po’ curva in avanti, braccia larghe e stese sul pelo dell’acqua (rilassate, non in tensione) e si sta lì lasciandosi cullare dalla corrente. Se qualcuno vi si avvicina e rompe le balle, prendetelo a morsi.

Per muovermi, adotto il Dr Zoidberg:  ci si sposta lateralmente tenendo le gambe a parentesi, con le mani che escono dall’acqua rivolte verso l’alto. Col mento immerso in acqua sino alla bocca e soffiando aria si può riprodurre il caratteristico blblblblblb del Dr Zoidberg.

Da settembre mi iscrivo in piscina, ho deciso.

Non per imparare, per diffondere il Zoidberg.