In Mongolia a fine pranzo chiederò il dessert del Gobi

Partire, dormire…sognare, forse.

E così domattina si parte per la Capitale.

Quando non mi fingerò un infiltrato dell’ISIS (vengo da Sud, ho la barba, sarebbe perfetto), impiegherò il mio tempo frequentando un master.

Alla fine vado a vivere nell’appartamento del regista-produttore-filmmaker-organizzatore di festival del cinema. Era la soluzione che al momento mi offriva maggiori vantaggi e convenienze. Lui appare come un tipo distinto e tranquillo. Certo, forse avrei dovuto controllare se nei vasi delle piante del terrazzo ci fossero i resti della precedente coinquilina, una giovane architetta. Lui ha detto che dopo tre anni ha lasciato la casa perché si è trasferita. Mi fido, comunque se all’improvviso non vedrete più il blog aggiornato per giorni, date l’allarme.

Nella mia vita pratica al momento non cambierà molto e poi nel week-end scenderò comunque giù. È invece l’approccio mentale verso la mia vita che subisce un cambiamento.

Ho rinunciato a un posto di lavoro circamenonquasi sicuro. Dove per sicuro intendiamo lavorare un paio d’anni con contratti a progetto di tre mesi in tre mesi, a 600 euro al mese per 40 ore a settimana. Anzi, 45 ore, perché la pausa in realtà è come se non si facesse. Una colf credo che all’ora guadagni di più, il che mi porta a pensare: perché non vado a fare la colf a progetto?

In attesa di diventar un provetto pulitore di case (nel frattempo vorrei propormi come lavapiatti, se qualcuno ha bisogno), voglio provare a costruirmi un’altra vita. Alla peggio c’avrò provato e poi andrò a lavare piatti.

Nel frattempo questa è la scena che si presenta a casa mia per ciò che concerne il mio trasferimento

Madre è convinta che io stia andando in Mongolia in mezzo al deserto del Gobi (uno juventino andrebbe nel deserto dei gobbi, invece? Ah ah…ah). Poco ci mancava mi volesse consigliare di mettere in valigia un paio di galline e un caciocavallo.

Non oso pensare se mai un giorno per lavoro realmente dovessi andare in un posto meno servito da comodità da qualche parte nel Mondo, cosa vorrebbe farmi portare in valigia.

Io ho deciso che, almeno all’inizio, queste tre cose mi saranno indispensabili in una nuova casa:

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Il testone è Jesus de Il Grande Lebowski, gentile regalo di amici. Veglierà su di me.
Il bancha, per chi non lo sapesse, è tè verde giapponese.
Il libro mi serve e lo pubblico senza imbarazzo, perché vorrei imparar a mangiare più salutare e non dover salutare il mangiare.

Sono Mr Gin, risolvo problemi

Senza titolo-1Da un bel post di 

1) da Pulp Fiction (1994)
Per dire una battuta simile occorre classe, eleganza e serietà, altrimenti non suonerebbe credibile. Tutte qualità di cui posso dire di sentirmi dotato.

2) da L’oro di Napoli (1954)
Conosco parecchie persone che meriterebbero un pernacchio. Ma di quelli fatti bene, come si creavano una volta. Insomma, ci vuole un’arte.

3) da Il favoloso mondo di Amélie (2001)
Oh, che volete. Il mio romanticismo è rimasto a livello adolescenziale e non si è smosso di una tacca da lì.

4) da Prendi i soldi e scappa (1969)
Un giorno voglio presentarmi a un colloquio di lavoro di cui non mi frega nulla e agire così:

5) da I compagni (1963)
Questa invece è stata detta spesso

6) da Taxi driver (1976)
Questa invece è un mio sogno segreto che rimarrà irrealizzato: conosco gente che si è presa una coltellata per un sopracciglio inarcato, figuriamoci mettersi a fare lo spavaldo:



Che poi ce ne sarebbe anche una versione siciliana (da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, 1970)

7) da Il grande Lebowski (1998)
E questo sarebbe ciò che succederebbe nel caso cercassero di fregarmi


Ce ne sarebbero tanti altri ancora da citare, ci penserò con calma e magari riprenderò l’idea più in là. Provateci anche voi!