Ho un amico che si è messo in auto-isolamento per panico da panico. Nel senso che non ha il panico del contagio – gliene frega poco – ma gli è venuto il panico del panico delle persone: pur vivendo in una zona non toccata da alcuna emergenza, le persone hanno cominciato ad agitarsi, gli scaffali dei supermercati a svuotarsi, i ristoranti di sushi a chiudere per desolazione.
Il panico del panico è difficile da trattare. L’unico rimedio è appunto astenersi dal venire a contatto con impanicati.
Da piccolo credevo che i maniglioni antipanico si chiamassero così perché infondevano sicurezza: se uno cominciava ad avere un attacco d’ansia, si aggrappava alla maniglia e si sentiva meglio. Una volta quindi ci ho provato e ho fatto scattare un allarme. Mi sono spaventato assai.
Morale: la via immediata contro il panico non sempre è la soluzione giusta per il panico.
Il concetto però di aggrapparsi a qualcosa di per sé non è errato. Una persona mi aveva raccontato che quando si sente precipitare nell’ansia ha bisogno di qualcosa cui avvinghiarsi, foss’anche sentirsi raccontare un episodio dei Teletubbies.
Che a me in realtà fanno venire ansia. Sono aberranti e inquietanti. Sono inquierranti.
Ognuno di noi ha quindi una maniglia cui aggrapparsi. Anche se il più delle volte si finisce per attaccarsi ad altro.