Se Baudelaire avesse fatto il tappezziere, di stampe di fiori e gatti riempirei le mura

Sul corpo ho due piccole cicatrici.

Sull’interno coscia, una ferita che mi sono procurato all’età di 12 anni, quando sono stato investito da una Panda rossa guidata da una ragazza molto carina mentre ero in bicicletta. La poverina andò in paranoia totale, tre giorni dopo passò anche a trovarmi. Per la cronaca, era colpa mia: andavo contromano con le mani dietro la testa.

Sulla testa, il segno di una caduta all’età di 17 anni e 364 giorni, quando per inseguire un mio compagno di classe cademmo entrambi e io andai a sbattere la testa sul cemento (ah, ecco perché ora sei ridotto così! Tutto si spiega, Gintoki! Spiacente, ero così anche prima!).

Due episodi molto coglioni.

Una ragazza una volta mi chiese se poteva toccarmi le cicatrici. Disse le piacevano i segni sulle persone. Ok detta così suona male e sembrerebbe pronunciata da una discendente di de Sade, ma in realtà era detta in modo molto leggero e goliardico. O alla fine forse era solo una scusa. Alla fine diventammo intimi ma non gliele feci toccare.

I segni sul corpo sono come dei punti di contatto dei nostri ricordi. Ora, i miei son ricordi di cazzate o cazzate di ricordi, ma mi aprono collegamenti sul chi ero e cosa facevo in quei periodi.

Forse è per questo che non potrei farmele toccare.

Ho pensato a quante cose tengo nascoste sotto pelle evitando il contatto perché mi arreca fastidio.

Una persona in questi giorni mi ha fatto riflettere su una cosa. Scrivere su un blog, essere dentro quella che può definirsi una comunità seppur dai confini eterei e mobili, aiuta a sentire intorno a sé un’atmosfera di comprensione; nasce, spontaneo, un senso di riconoscimento a vista. Se io scrivo che compro solo calzini a righe arriverà sicuramente qualcuno, per statistica, a dire ehi, ma sai che anche io impazzisco per i calzini a righe?.

E io mi sentirò un po’ compreso, Ma tu guarda, un altro che ama i calzini a righe!.

Tra parentesi questa cosa è molto strana: io compro solo camicie a quadri. Però i calzini li preferisco a righe, quelli coi quadretti mi fanno orrore. Non è buffo?
Invece alle pareti, al posto di una vernice a tinta unita o di righe o quadri, preferirei avere dei disegni. Gatti, ovviamente, silhouette di questo tipo

Ecco, su un blog io ci scrivo proprio per il motivo di cui parlavo. Posso decidere come, dove e quando far sentire qualcosa sotto pelle. E vedere se c’è qualcuno che risponde Ehi, sì! Anche io sono fan dei calzini a righe!.

All’esterno ciò non sempre è realizzabile con facilità e non è detto che vogliamo far venire fuori qualcosa che abbiamo sotto pelle. Magari i miei amici pensano che io invece abbia un cassetto di calzini a quadri. E non voglio parlar loro del contrario. Non sempre, almeno.

Qui funziona in modo diverso.
Spengo quando voglio.

Il gatto

Nel mio cervello passeggia come se fosse in casa sua un bel gatto: forte, dolce e grazioso. Se miagola lo si sente appena, tanto il suo timbro è tenero e discreto; ma se la sua voce si allarga o incupisce essa diviene ricca e profonda. Sta in questo il suo incanto e il suo segreto.
La voce, che stilla e sgoccia nel mio intimo più tenebroso, mi riempie come verso un ritmato e mi rallegra come un filtro.
Addorme i miei mali più crudeli, contiene tutte le estasi; per dire le più lunghe frasi non ha bisogno di parole.
Non v’è archetto che morda sul mio cuore, strumento perfetto, o faccia più regalmente cantare la sua corda più vibrante, della tua voce, gatto misterioso, gatto strano e serafico, in cui tutto, come in un angelo, è sottile e armonioso.

Dal suo pelame biondo e bruno esce un profumo così dolce che una sera, per averlo carezzato una volta, una sola, ne fui tutto impregnato.
È il genio familiare del luogo: giudica, presiede e ispira ogni cosa nel suo regno. È forse una fata, forse un dio?
Quando i miei occhi, tirati come da una calamita, si volgono docilmente verso questo gatto che amo (e guardo dentro me stesso), con stupore vedo il fuoco delle sue pupille pallide, chiare lanterne, opali viventi, che mi contemplano fissamente.

(scommetto che queste rivelazioni sulle righe hanno scioccato un po’ tutti. Chi si aspettava un mondo di Gintoki a quadretti, sbagliava. Se una donna vuol farmi morire, deve presentarsi con un paio di parigine a righe. Eh sì, ognuno ha i propri feticismi, lo so)