Non è che ti compri una lampadina per avere un’illuminazione

Stasera mi trovavo a riflettere e condividere opinioni sulla condizione di difficoltà che vive il Mondo. Virus, crisi economica, conflitti, peli incarniti.

Guardavo il fondo di un bicchiere vuoto in attesa di un qualcosa che neanche io comprendevo.

Una guida, un faro, un gps, un’Alexa.

Un nuovo partito? No, è banale e troppo locale.

Poi ho ricevuto l’illuminazione.

La rivelazione si mesceva in me come il vino che prodigiosamente, per Grazia (la proprietaria dell’enoteca), colmava il calice. Su un tovagliolo ho trascritto le cose che ora vado a condividere di quello che è il vero e unico credo cui dovremo votarci per uscire dalla crisi.

Ho deciso di chiamarla Religione Pecorina, in omaggio al bianco Pecorino di cui mi son abbeverato.

I caratteri della Pecorina sono i seguenti:

– Esiste un’unica divinità. Ma ha migliaia di sessi: è parente alla lontana dello Schizophyllum commune, un fungo – fatto vero (come tutti quelli che scrivo qui, diamine!) che ha 23.328 “sessi” diversi. Può quindi accoppiarsi con altre migliaia di sessi. Ma essendo unico al mondo non fa mai sesso, se non a pagamento.

– Dalla verità di cui sopra deriva la sua non-binarietà. Si fa chiamare quindi Di*.

– Di* ha concesso agli umani due vite: se in entrambe ci si comporta bene, l’anima è salva. Se in entrambe ci si comporta male, è maledetta. Se in una ci si comporta bene e nell’altra male, si avrà a disposizione una vita supplementare (di durata ridotta) per definire il risultato. In caso di parità, si va ai calci di rigor mortis.

– Di* esiste ma solo nei giorni feriali e comunque raggiungibile solo dalle 8:30 alle 17:30.

– A Di* fa arrabbiare l’odore di ascella dei mezzi pubblici.

– A Di* piacciono i gatti ma anche i cagnoni gioconi simpaticoni.

– A domande quali: Ma perché esistono le malattie?, Ma perché ci sono le zanzare?, e altre simili, Di* risponde che è colpa dei governi precedenti.

– Di* è amore ma non sempre: delle volte solo sesso. Delle altre restiamo amici che è meglio.

– Di* non si arrabbia se non credi in lui e non ti giudicherà per questo. Però avrà un calo di autostima.

– Di* non fa miracoli. Però concede botte di culo per trovare parcheggio.

– A Di* non piace che lo stai a pregare. Piuttosto, mandagli un modulo con un elenco di richieste. Lo ignorerà, però è più pratico.

– Festeggia le festività che ti pare oppure non festeggiarle. Però comunque niente regali brutti o riciclati.

– Di* ti vede se commetti atti impuri. Ma non gliene frega niente. Al massimo si ecciterà.

Cosa aspettate? Convertitevi alla Pecorina!

Non è che ti serva una bottiglia per conservare il denaro liquido

I liquidi hanno la proprietà di assumere la forma del recipiente che li contiene.

Anche i gatti. Se ne avete conosciuto uno, lo avrete visto entrare in scatole, interstizi, cavità di qualsiasi formato e dimensione.

I gatti hanno capito che il senso della vita non è solido ma liquido.

La solidità è un inganno. La materia, che noi percepiamo solida, è in realtà fatta al 99% di vuoto.


Il raggio di un atomo, infatti, è 10.000 volte più grande del suo nucleo. Significa che tra il nucleo centrale e l’/gli elettrone/i che vi ruota/no intorno c’è un “enorme” (a livello subatomico) spazio vuoto.


Con queste premesse, io sono per ripensare alla nostra vita in forma più liquida.

Veniamo in parte da un liquido, che poi è un embrione immerso un altro liquido, per diventare un essere umano composto per la maggior parte da liquidi.

Dovremmo riuscire a catalizzare questa impronta liquida verso una liquidità anche caratteriale e comportamentale.

Adattarci. Senza cambiare essenza. I liquidi non mutano le loro caratteristiche. Il vino è sempre vino, a prescindere dal recipiente in cui lo versi.


Certo, il vino in un bicchiere di plastica fa un po’ senso. Mi sa di sangria a una festa di ventenni preparata col Tavernello e della frutta così matura che se la premi troppo esce del sidro.


Sovente, invece, le persone tendono a volersi cambiare o cercano di apparire diverse. Col risultato di ottenere l’infelicità propria (e anche quella altrui, direi).

Fatevi accogliere, invece, con la vostra liquidità in un vaso che vi contenga.

Basta che non sia un vaso da notte.

Non è che per far svagare gli studenti la scuola organizzi viaggi d’istrazione

Un amico mi ha scritto oggi chiedendo se ascoltare tutto l’unplugged degli Alice in Chains sia nostalgia o desiderio di morte.

Ho risposto che, considerando che quando 20 anni fa ero nel pieno della fase del loro ascolto provavo desiderio di morte, suppongo che questa sia nostalgia di desiderio di morte.

Mi aveva pure inviato una curiosità, secondo non so quale studio – l’università della Pennsylvania, ci scommetterei – quelli che si definiscono gattari sono più intelligenti di quelli che si definiscono canari.

Io ho dei dubbi: vale anche se si hanno dei gatti palesemente stupidi?

Il secondo dubbio: vale anche se si insiste nell’arrecarsi danni domestici? Salve, sono Gintoki: forse vi ricorderete di me per post come Non è che se una cosa ti salta subito all’occhio poi devi disinfettarti col collirio, in cui raccontavo come provavo a rendermi orbo.

L’occhio è a posto, nel frattempo però ho una spalla fuori uso da 5 giorni a causa di una contrattura, originatasi per un esercizio fisico evidentemente svolto in maniera incauta al termine della mia ora di “muoviamoci un po’ così sembra che impiego in modo costruttivo il tempo”.

Questa storia dello stare a casa e del fare cose per riempire il tempo sta avendo evidenti effetti negativi. Sinceramente io da oggi mi propongo un impegno concreto: invece di #restoacasa, lancio e aderisco alla campagna #casoalresto: a forza di pensare all’isolamento e alla pandemia stiamo prestando poca attenzione al fare attenzione. Facciamo più caso alle cose: #casoalresto!

Lo slogan poi potrebbe venir riciclato anche per un eventuale domani in cui si tornerà a una vita più o meno normale. Io sono uno di quelli che ha difficoltà a contare i soldi (sarà che sono poco abituato non avendone mai avute grosse somme). Quando si è in tanti a tavola a mangiare fuori e bisogna mettere la propria quota vado sempre in crisi nel calcolare quanto dovrei lasciare e quanto prendere. Per risolvere, faccio sempre così: tiro fuori la/e banconota/e e, poggiandola sul tavolo con gesto ampio e lento, esclamo Allora, io metto 20 e prendo… lasciando dei puntini di sospensione aspettando che qualcuno faccia il conto per me.

Non parliamo poi di quando pago alla cassa mi chiedono “Hai x euro?” per arrotondare, a quel punto vado in crisi nel capire quanto resto mi sia dovuto e quando mi danno le monete anche se le contano davanti a me non riesco a tenere il conto. Potrebbero avermi imbrogliato per anni coi resti e io non ne sono conscio.

Ecco, per tutti gli impediti come me, una campagna di sensibilizzazione e attenzione #casoalresto.

Non è che il sacerdote stia bene in salute perché è curato

Ogni tanto mi metto a riflettere su cosa potrebbe essere utile per migliorare il mondo e cosa ci vorrebbe per risollevare le persone da ansie, stress, fastidi e alitosi che affliggono il quotidiano.

Una nuova religione, ecco cosa ci vorrebbe.

Parliamoci chiaro, sarebbe ora di rinnovare un po’ il mercato religioso. Introdurre qualcosa di un po’ più nuovo, al passo coi tempi senza dimenticare di strizzare un occhio alla tradizione.

E l’idea mi è venuta proprio osservando noi gatti. Conosciamo la storia della venerazione da parte degli Egizi, ma la mia idea non è di fare del gatto una divinità, ma prendere spunto dal suo stile di vita per impostare meglio il nostro.

Punto Primo: basta con le religioni che dicono fai questo, non fare quello, non fare sesso, fallo quando dico io, eccetera. Basta con il voler imporre agli altri quello che è giusto e non giusto fare sulla base del proprio essere praticanti.


Almeno a parole. Credo che il più pulito di quelli che vuole imporre il proprio punto di vista agli altri poi nel concreto della sua vita sarebbe perseguibile per un paio di scomuniche.


Fate invece come i gatti: fate il cavolo che vi pare. La porta è chiusa? La desiderate aperta. La porta è aperta? Avete cambiato idea e non volete uscire più.

Avete una comoda cuccia per dormire? Voi preferite la scatola delle pantofole dove ci entrate per un terzo.

Non dovete rendere conto di quel che volete o non volete fare.

Secondo punto: basta con lo stress. È un dato di fatto che sia la malattia della società sviluppata. Passiamo il tempo a correre avanti e indietro e anche quando avremmo del tempo libero continuiamo a correre per fare cose perché guai a fermarsi, sia mai che ci ritroviamo soli con noi stessi scoprendo di non piacerci.

Invece per i gatti il tempo scorre in maniera relativa. Possono incantarsi a guardare il vuoto o trascorrere una giornata a dormire investendo le energie giusto per rigirarsi al sole. La fretta? Cos’è la fretta?

Terzo punto: lavatevi bene. Non dico di passare le giornate a leccarvi, ma tenete presente il comandamento pulizia soprattutto la mattina prima di prendere i mezzi pubblici.

Quarto punto: se i gatti stanno male si ritirano da qualche parte dove stare tranquilli. Pertanto, quando state male non rompete le palle al prossimo: il partner vi ha lasciato? Avete 37 di febbre? Ritiratevi in solitudine e non stressate chi vi sta intorno.

Ma come, un comandamento così egoistico?

Al contrario. Voi sarete altamente altruisti a non pesare sugli altri che, dal canto loro, si preoccuperanno e verranno da voi.

Perché il Miaoismo è amore! Prima di inseguire la felicità, inseguite la felinità.


Volevo intitolarlo Gattolicesimo ma hanno già registrato il marchio.


Per ora mi fermo qui, ché devo studiare un attimo come si fa a fondare realmente una religione. C’è bisogno di compilare dei moduli? Registrarsi alla Camera di Commercio? Avere un hashtag su Twitter?

Non è che a Natale il dietologo addobbi il di-abete natalizio

Quest’anno Natale cade il 25 Dicembre, lo sapevate? È una coincidenza che si verifica solo una volta all’anno. Avrete però notato che il clima natalizio si avverte già da molto prima, il che fa sorgere un dubbio: si può ancora dire che il Natale sia il solo giorno di Natale? Quella giornata potrebbe essere soltanto l’atto conclusivo di tutto il periodo di Natale.

Gli scienziati dell’Università di Baden-Baden (Germania-Germania) hanno calcolato che in realtà Natale inizia con il primo “Se non ci vediamo, auguri”.

Sembra che la prima volta che fu usata questa frase fu nell’Antica Grecia, nei confronti dell’indovino Tiresia che, essendo cieco, ci rimase molto male.

Esistono tante altre curiosità intorno al Natale: sapevate ad esempio che da anni esiste una proposta di legge, sepolta nel cassetto, per dichiarare perseguibili i messaggi copia-incolla del tipo “Che la scia della slitta possa indicarti il cammino verso la pace e la serenità eccetera eccetera”? Se non lo sapevate, sappiatelo, perché i poteri forti ce lo nascondono.

I maglioni kitsch di Natale sono legali solo in questo periodo. Pochi sanno che dopo il 25 sfoggiarli può portare all’arresto immediato da parte della buoncostume.

Da anni si combatte una battaglia tra il partito del panettone e quello del pandoro. Pochi però parlano del partito del pandorettone, cioè quelli che va bene tutto purché se magna.

Il presepe è uno dei simboli natalizi. Ognuno lo interpreta come gli pare ma sarebbero d’uopo alcune avvertenze:

  • Va bene arricchire di statuine di arti&mestieri, ma con moderazione: sì al fornaio, il pescivendolo, il macellaio, il fruttivendolo, l’arrotino e pure il pizzaiolo se è un presepe napoletano; no allo youtuber, all’influencer, al personal trainer
  • È vero che tradizione vuole che Gesù nasca il 25, ma se fate già il presepe a Novembre non mi sembra bello tenere San Giuseppe, la Madonna e i zampognari a fissare il nulla per un mese
  • Va bene decorare con la neve finta ma senza esagerare che sarebbe pur sempre Palestina, mica Courmayeur
  • Le pecore che hanno zampe zoppe vanno abbattute e sepolte nella scatola: è per il loro bene, per risparmiare la tristezza ogni volta di trovarle stese sul muschio perché non si reggono in piedi
  • I Magi arrivano il 6 gennaio, se uno vuol essere rigoroso li posiziona all’inizio lontani dalla Natività per sistemarli davanti l’evento all’Epifania; non smontate però il presepe subito dopo, è un mese che ‘sti poracci camminano, fateli almeno prendere fiato.

Il fatto che i Magi siano tre è un fattoide, ovvero una credenza che tutti ritengono vera ma che non è fondata. La tradizione parla soltanto dei Magi, senza specificare il numero. Il numero 3 è legato al numero dei regali: oro, incenso, mirra. Probabilmente i Magi erano di più e avevano fatto un po’ ciascuno per tre grossi regali collettivi come alla festa delle medie.

In Polonia, fatto vero (come tutti quelli che ho detto sinora, diamine!), il pranzo di Natale per tradizione è composto da 12 portate, 12 come gli apostoli; sempre per tradizione, una delle 12 portate ti si riproporrà tre volte fino all’alba del giorno dopo, mentre un’altra sarà proprio cattiva.

L’origine dell’albero di Natale non è certa; già Celti, Germani e Norreni usavano decorare gli alberi; l’abete decorato invece si farebbe risalire al Medioevo, in Estonia secondo alcuni, Germania secondo altri. Purtroppo non ci sono molte tracce storiche, dato che gli abeti decorati furono immediatamente distrutti da dei gatti.

Spero di avervi dato spunti in più per stupire parenti e amici con i vostri aneddoti durante il pranzo di Natale!

Non è che affidi un cane a un vigile perché è un incrocio

Pensieri sparsi.

Gli anziani che portano a spasso il cagnetto mi fanno molta tenerezza. Quando sono in bici e ne incrocio uno di fronte a me però mi viene l’ansia. Penso sempre “Oddio, se adesso il cane facesse un movimento inconsulto e/o io perdessi il controllo della bicicletta e lo investissi, farei morire di crepacuore questa persona”. Poi li supero e tiro un sospiro di sollievo e rifletto su quanto mi facciano tenerezza gli anziani col cagnetto.

Nella cascina sede del mio lavoro ci sono dei gatti che si aggirano nei paraggi. Sono schivi e fuggenti, semi-selvatici. Si nascondono nelle siepi. Spesso mi sento osservato e, guardando fuori dalla finestra, mi accorgo che uno di essi mi sta fissando. Sono giorni che provo a far loro una foto ma quando prendo il cellulare loro si girano e se ne vanno correndo verso le siepi.

In questa cascina terremo un aperitivo. Lo scrivo lungo, aaaa-peeee-riiii-tiiii-voooo, perché sentir dire ape mi fa venire l’orticaria. Ape cosa? Ape regina? Ape operaia? Ape tito?

Per questo aperitivo mi hanno chiesto di mettere su una playlist di musica di sottofondo. Penso di aver inserito cose buone, ho ricevuto apprezzamenti dalle mie colleghe che ho utilizzato come tester. Pensavo sarebbe stato complicato raggiungere almeno un’ora di musica invece ho superato le tre ore e mi sono accorto che tante cose che avrei voluto mettere non le avevo ancora inserite. Spero che piaceranno, qui sono molto attenti all’atmosfera dell’aaaaaa-peeeee-riiii-tiiiiii-vooooo.

Oggi io e due colleghe siamo andati in giro a fare spese per l’organizzazione di questo aaaaa-peeee-riiiii-tiiiii-voooo. Hanno detto che la mia guida è un po’ troppo “meridionale”. Io non ho capito cosa volessero insinuare. Rispetto il codice, metto sempre la freccia per ogni minima svolta, lascio passare i pedoni, accelero quando esce il giallo che vuol dire “corri fai presto!”, segnalo col clacson a tutti gli automobilisti in prossimità di incroci/uscite laterali di non osare inserirsi in carreggiata, cosa c’è da contestare? Al massimo avrò esagerato facendo 30 metri in senso vietato, ma è la stradina deserta dove c’è la nostra sede e poi ho evitato loro un lungo giro, lungo ben 3 minuti.

Stando qui ho compreso finalmente cosa si intenda quando si dice che a una ragazza si vede “lo zoccolo di cammello” o cameltoe come dicono gli esperti del settore (non so quale settore ma mi sembrano esperti). Non mi era chiaro fino a che non ho visto su un tram ciò:

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Un cameltoe eccellente, da sfoggiare con fierezza!

Non è che se ti ritiri da solo a Foligno tu sia umbratile

Le settimana scorsa ero a Perugia per l’Umbria Jazz, concerto dei King Crimson. Combinazione, negli stessi giorni degli amici umbri dei miei erano a Napoli.

Ritornando da giri vari nelle terre umbre, in luoghi in cui ho trascorso per anni le vacanze da ragazzino, mi sono chiesto come sia l’impatto per chi, originario di luoghi come questi, aerosi e statici e acusticamente ovattati, si trova di fronte la chiassosa e confusa realtà partenopea.

Il mio pensiero è che per me sarebbe uno shock. Già a volte in genere ne ho uno quando ritorno da luoghi ameni, in cui mi sono mentalmente sintonizzato sull’equilibrio acustico e urbano dell’ambiente, dopo pochi giorni di assenza da casa. Chissà allora come potrebbe essere per chi ci è sempre vissuto in tali luoghi ameni e si confronta con una realtà totalmente opposta la sua.

D’altro canto sento dire che la vivacità di Napoli è in fondo ciò che la rende fascinosa. Comprendo che in fondo trattasi di una sorta di attrazione per l’esotico e inusitato, laddove per chi ci vive non è altri che la banale normalità.

Il turista nativo di luoghi ameni si giovi allora di queste pillole sulla realtà napoletana che fornisco di seguito, senza anticipare troppo ma per renderlo comunque più coinvolto e consapevole di quel che si troverà di fronte.

Innanzitutto si sappia che molte donne dei quartieri di Napoli a partire dalla pubertà sviluppano l’enfisema vulgaris, altresì dicasi voce sfiatata, ovvero una voce roca e gutturale degna di uno che ha passato la serata a cantare in una cover band di un gruppo brutal metal. L’enfisema vulgaris è permanente, ma ciò non impedisce al soggetto di urlare di continuo le proprie comunicazioni per strada o dal balcone.

L’urlofono è l’immediato mezzo di comunicazione nelle strade, più pratico del telefono e più efficace di un intimo giudiziario.

Per attraversare la strada si fa come i gatti. Ci si lancia tra le auto correndo velocemente verso il lato opposto.

I parcheggiatori chiedono sempre qualcosa a piacere. È sottinteso che però deve trattarsi del piacere suo.

Prestando attenzione alle voci di strada, si noterà che una frase ogni tre è un’imprecazione alla Madonna.


Le restanti due frasi sono discorsi sul calcio.


È ormai diventato un luogo comune banale quello della famiglia intera sul motorino, padre alla guida, madre e figli piccoli dietro. Oggigiorno è il figlio piccolo a guidare e il resto della famiglia dietro.

Se il cibo non ha almeno una di queste caratteristiche, grasso, frittura, sugo, vi trovate in un’altra città e questa lista non fa per voi.

Il babà, la pizza, la sfogliatella. Prodotti tipici che in qualsiasi luogo andrete a mangiare ci sarà qualcuno che, sentendo ciò, dirà che state sbagliando perché il vero babà, la vera pizza, la vera sfogliatella si mangia solo da…


Saluto Foligno e la sua servizievole accoglienza:


Non è che per smaltire il cibo spazzatura tu debba chiamare la nettezza urbana

Siamo i nati negli ’80. Forse la prima generazione che ha realmente usufruito della cultura ‘pop’ senza troppa vergogna e stigmatizzazione.


Tralasciando i conflitti generazionali – che sono sempre esistiti e sempre esisteranno – su quanto tutto fosse migliore al tempo dei genitori e su quanto facciano schifo i gusti dei figli.


Negli anni ’80-’90 abbiamo ciucciato dalla enorme tetta della civiltà dei consumi a volontà e voluttà come se ci fosse dovuto. Tanto vivevamo senza incubi.

Il mondo sembrava entrare in una lunga era di pace – sì va be’ la Guerra del Golfo, quella in Iugoslavia, il conflitto israelo-palestinese: scaramucce provinciali! – e l’economia con le nuove tecnologie sembrava proiettarci ad atterrare su Marte negli anni 2000.

Cartoni giapponesi, merendine, videogiochi, sticker puzzolenti, cibo spazzatura, i primi passi in internet, Willy, il principe di Bel-Air e Beverly Hills 90210, Cioè, le Spice Girls. Una palla di fuffa plasticosa e di minchiate pop con la quale abbiamo giocato come gatti credendo di vivere a Bengodi.

Poi un giorno ci hanno tolto la tetta e ci hanno messo di fronte la verità. G8 di Genova, 11 settembre, la crisi economica, lo stage gratuito, il precariato, niente mutuo e niente pensione, le rate intestate ai genitori, la carne rossa fa male. Stop, Bengodi è finita. Anzi, non è mai esistita e se è esistita l’hanno occupata e saccheggiata prima di te.

Prima che riuscissimo a capirne qualcosa e trovare la quadra, sono arrivati quelli della generazione dopo di noi e ci siamo anche scoperti vecchi.

È un po’ come vivere la propria educazione sessuale col porno e poi ritrovarsi un giorno ad avere un tête-à-tête nel mondo reale. Il porno non ti ha mai raccontato che ci sono gli odori corporei e che tu avrai l’ansia di puzzare e ti sarai spruzzato l’Axe pure tra le cosce, cosa che ti ha causato un’irritazione che ti fa camminare a gambe larghe come un lottatore di sumo. Il porno non ti ha mai detto che dall’altra parte c’è una persona che ha più ansie di te (ma la tua ansia è autoreferenziale e ti fa concentrare solo su te stesso) e teme più di te di puzzare e si sarà fatta un bidet con lo Svelto. Il porno non ti ha mai raccontato che non è detto che troverai davanti a te un’autostrada tre corsie ove si accede comodamente: spesso, è più che altro una via di un borgo dove cozzi gli specchietti e il parafango. E il porno non ti ha mai detto che mentre tu, homo erectus mononeurale, sei solo preoccupato a come far passare il tuo mezzo (mezzo…non esageriamo, facciamo un quarto), chi detiene il borgo ha paura che tu gli possa danneggiare le pareti sottoposte a vincolo artistico.

Sessualmente parlando è facile rendersi subito conto di quale sia la realtà e adattarvisi – parlando di adulti funzionali, s’intende. In tutti gli altri campi della vita sembra invece che la mia generazione sia rimasta traumatizzata dalla perdita della sua tetta. Chi più chi meno, vedo che i miei coetanei vivono uno stato di smarrimento e frustrazione come un bambino cui hanno tolto il ciuccio.

Negli anni ’90 credevo che entro il 2020 l’uomo sarebbe andato su Marte.

Oggi spero che non avvenga mai e che ce lo lascino in pace.


* Da questo articolo inizia una collaborazione con ludovicamanfredi_art che presterà la sua opera illustrando i miei post. In questo modo spero di intercettare il pubblico che guarda solo le figure.



Non è che il solitario invidi il cambio della bici perché ha un sacco di rapporti

A volte provo un senso di colpa per il non aver mai coltivato relazioni con i parenti.

Non ho mai saputo da che parte iniziare. Non ho idea di come si costruisca un rapporto con loro.

Il fatto è che la famiglia te la ritrovi lì. Nessuno te li introduce. Nessuno te li fa scegliere.  Magari nulla ti dà qualcosa in comune. Niente ti spiega come devi rapportartici.

Con quel che non scelgo io ho difficoltà: quando seleziono una persona io so invece come comportarmi perché sono già tarato su di essa ancor prima di conoscerla.

Una volta una persona mi disse che le mie relazioni hanno valore perché io le persone me le scelgo; non so se sia vero o se fosse una presa per il mulo. Fatto sta però che il lato negativo di ciò è che si va a deprimere qualsiasi altro tipo di rapporto su cui non si è fatto investimento.

È proprio un comportamento del gatto.

La gente pensa che i gatti siano antipatici e anaffettivi. Il che è vero. Tranne che con la persona che loro hanno selezionato. Perché il gatto non te lo scegli tu: è lui che ti elegge a suo riferimento.


Riferimento paritario: il felino domestico non concepisce la logica padrone/animale.

 


Ci sono vari livelli di relazione col gatto: non è scontato che sia possibile scalarli. Uno stadio può rimanere lo stesso per sempre, per dire.

Lv I: Il gatto vi vede, soffia e poi scappa in un altro Stato – stadio “Mi fai schifo al gatto”;
Lv II: Il gatto vi vede, se rimanete a distanza non va via. Se gli lasciate il cibo, lui verrà a prenderlo ma solo quando vi sarete allontanati – stadio “Levati dal gatto”;
Lv III: Gli lasciate il cibo, lui si avvicina a mangiare in vostra presenza. Se però proverete a toccarlo scapperà – stadio “Non mi stare sul gatto”;
Lv IV: Il gatto si fa accarezzare, gioca con voi, vi si struscia addosso però manterrà sempre una certa indipendenza fissando dei paletti relazionali – stadio “Fatti comunque i gatti tuoi”;
Lv V: Senza che ve ne accorgiate il gatto ha preso possesso di casa vostra, del divano, vi si piazzerà sul computer quando dovete lavorare, vi farà noie sulle scatolette spingendovi a comprare quelle che più gradisce, etc. – stadio “E ora son gatti tuoi!”.

Ora che avete ben chiari i livelli, buon divertimento.

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Lettura consigliata

Non è che al pugliese piacciano oggetti di una particolare Foggia

Tra le cose che mi sono capitate ad agosto, c’è quella di aver appreso di un tizio che è stato esiliato a Foggia.

Costui è un classico figlio di papà.


Qualunque cosa voglia significare questa definizione. Vorrei dire, siamo tutti figli dei nostri padri a meno che non ci sia qualcuno prodotto per partogenesi senza intervento maschile.


Il tale viveva a Roma, dove si godeva la grande bellezza romana dando un esame a ogni Olimpiade.

Stando così le cose, i genitori, invece di indicargli la nobile via della disciplina della zappa, l’hanno spedito a studiare a Foggia.

Ho chiesto a un Foggiologo (un esperto di Foggia), ovvero il primo pugliese di passaggio, se Foggia fosse così terribile. Mi ha detto Sì, è un incubo.

Ai Foggiani diritto di replica, la mia casella di posta è sempre aperta (sarà per questo che mi rubano sempre la posta).

A proposito di persone in località improbabili, quando sono andato in visita alla Grotta Gigante fuori Trieste mi sono trovato in compagnia di un gruppo di suore straniere di non so quale ordine.


La Grotta Gigante si chiama così in quanto grotta e gigante: si tratta di una singola cavità e in quanto tale è la più grande del mondo. Mi sono informato, non è semplice essere sia grotta che gigante.


Durante il viaggio in autobus, quando il mezzo ha raggiunto la cima del Monte Grisa, si è intravisto lo splendido Golfo triestino. Una delle suore ha esclamato È l’Atlantico!. Un’altra ha fatto eco Sì, è l’oceano.

A quel punto è intervenuta quella che era evidentemente la scienziata del gruppo, che ha detto Sì, deve essere l’oceano perché è grande.

Non ho commentato.

Uno scorcio dell’Oceano che bagna la costa friulana. Aguzzando lo sguardo si intravede in lontananza la Florida.

All’interno della grotta era tutto umido e bagnaticcio: col 95% di umidità è comprensibile.

Una delle suore invece non comprendeva e si chiedeva Ma perché è tutto così bagnato per terra?.

La scienziata del gruppo, sempre la stessa, è intervenuta dicendo Ci deve essere dell’acqua che scorre di notte che tengono controllata di giorno.

Avrei quasi desiderato intervenire, ma chi sono io per contestare le convinzioni altrui?

Proprio una grotta del Carso

Viviamo in un mondo di persone che contestano, mentre invece, delle volte, bisognerebbe solo lasciar scorrere. Come l’acqua che usano per bagnare le grotte.

L’altro giorno mi ha telefonato il coordinatore del mio lavoro mentre ero in treno. Durante l’emozionante racconto in cui mi parlava di una riunione del 13 in cui darmi un imprimatur, il treno è entrato in galleria e per una 40ina di secondi l’audio è andato via, pur restando in linea la telefonata.


Non so a cosa si riferisse con questo imprimatur, inizialmente avevo capito darmi un primate e io volevo ringraziare ma rifiutare in quanto ho troppi gatti da gestire ci manca solo una scimmia, a meno che con Primate non intendesse un Vescovo e anche in quel caso dovrei rifiutare perché non saprei proprio come accudirlo.


Usciti dalla galleria, con me pronto a scusarmi per l’interruzione, ho ritrovato il mio interlocutore che stava continuando a parlare come se niente fosse.

Perché le sue parole scorrono e formano un grande oceano. Le suore su questo mi han indicato la via (ma non quella di Foggia).

Non è che la morfina sia senza speranze perché è spacciata

Si dice che, visto da vicino, nessuno è normale.

È per questo che mi tengo a distanza dalle persone.

Esistono due categorie di individui strani. Quelli come me che cercano di conservare una parvenza di rispettabilità per stare in società e quelli che non se ne curano per niente.

Venerdì sera ho incontrato una persona della seconda categoria e vi ho quasi concluso un affare. Un gattino in cambio di un paio di fiale di morfina.

Costei, un’amica di un amico di amici, aveva la memoria del cellulare piena di foto dei suoi gatti. Io ho una teoria su chi ha foto monotematiche: bisogna stargli alla larga perché potrebbe essere pericoloso.

Anche io ho foto dei miei gatti e su facebook ogni tanto ne pubblico qualcuna: una sola per soggetto. Non mi interessa fotografare il gatto mentre sbadiglia, il gatto mentre beve, il gatto mentre è stato vestito – controvoglia – da sirenetto, il gatto mentre si lecca il pene.


Gli animali domestici per costoro sono un surrogato del neonato-trofeo. Capire se un neonato sia un neonato-trofeo, è semplice: se la mamma ci terrà a mostrare anche foto che dovrebbero essere private, come il primo vasino, il neonato è un neonato-trofeo.


Esauriti i racconti felini, tra cui l’emozionante e strappalacrime racconto della prima volta nella lettiera per un trovatello (vedasi sopra: il neonato-trofeo), ci ha raccontato della sua attività di anestesista. E di come sarebbe facile trafugar fiale di morfina dal policlinico, se solo volesse. Ma non lo fa perché la morfina È roba da vecchi. Serve ad abbattersi: che gusto c’è a farlo?.

Non lo so, pensavo, ma avrei avuto gusto a vedere lei abbattuta.

È possibile fosse una mitomane, ma ho preferito non contraddirla: non era priva di una certa arguzia, come quando sosteneva di notare, tra i graffiti con cui era decorata la camicia che indossavo, il profilo di un gatto.

– Non c’è
– Mi sembrava di averlo visto
– Se ci credi veramente allora c’è
– Questa cosa si dice ai malati di mente, lo sai?

Non la si poteva beffare, astuta come un cervo!

Dove l’avesse visto un gatto, non so. Poi lo strano sono io!

Non è che al vulcano consigli un digestivo per non farlo eruttare

Salve, sono Gintoki, forse vi ricorderete di me per post come Non è che se un libro è un mattone allora è un libro da reggere.

Credo sia giunto il momento di presentare in maniera un po’ più chiara e approfondita il mio nuovo collega, Sam Tarly.

L’ho rinominato così innanzitutto perché tutte le persone del mondo esterno che passano per questo blog devono essere ribattezzate, come prescrive il Gattolicesimo.

In secondo luogo, l’ho fatto per la sua somiglianza estetica con il personaggio di Game of Thrones.

Avrei forse dovuto più propriamente chiamarlo Shrek, per i suoi modi. Uno Shrek poco simpatico.


Ammesso che lo Shrek cinematografico lo sia: non lo conosciamo nella vita privata, magari è una persona orribile.


Sam Tarly (o Shrek) è alquanto invadente degli spazi vitali.

Burpa di continuo. Tutto il giorno. Ogni due per tre si sente il suono di eruttazioni che muoiono nella sua bocca, con le sue guance che si gonfiano come Wile E. Coyote cui esplode un candelotto di dinamite tra le fauci.

Beninteso, è più che comprensibile e umano che una persona possa avere problemi di salute indipendenti dalla sua volontà e che magari arrechino disagio prima a lui che agli altri. Meno comprensibile che avvenga in un under 30 che potrebbe anche far qualcosa per sé stesso: sigaretta ed energy drink gassati alle 8:40 e gyros con cipolla a pranzo quasi tutti i giorni non credo possano giovare allo stomaco e ai processi digestivi.

In ogni caso, 9 ore chiuso in una stanza con Barney Gumble sono alquanto provanti.

Quando non burpa, invece, snorta come un cavallo tediato.

Quando non burpa e snorta, parla e interrompe la concentrazione.

Intendiamoci, a me piace chiacchierare in ufficio. In particolare perché questo mi permette di interrompere il lavoro e non sentirmi colpevole a farlo in quanto è l’altra persona a interrompere.

Ma quando ho bisogno di rimanere concentrato e lavorare – cosa rara ma accade anche a me – vorrei rimanere concentrato e lavorare per almeno dieci minuti consecutivi senza sentire la sua boccaccia che dà forma a parole.

Ho anche provato a tenere su le cuffie per far capire “Sono concentrato”. Non funziona. Oggi ho impiegato mezz’ora per riuscire a finire di ascoltare Fell on black days – qualcuno capirà perché – a forza di pause.

Conversazioni profonde con lui, inoltre, non è che se ne possano fare: oltre le notizie su Cicciolina, la moglie di Macron che non ha più le mestruazioni e il tizio che ha vinto il pollo fritto per un anno, la cosa più interessante che gli ho sentito raccontare riguarda uno spot di McDonald’s in cui un bambino mangia nello stesso fast food in cui era solito mangiare il padre, morto (forse a causa proprio del McQualcosa che ingurgitava: non mi sembra marketing molto intelligente!).

Quando non burpa, snorta e ciancia, deambula per le stanze mostrando il portabiciclette posteriore che sbuca dai calzoni. Ho dovuto fermare S. dal parcheggiargli il monopattino – qui si usa molto come mezzo di locomozione – nel deretano.

Quando non burpa, snorta, ciancia, deambula, mangia grufolando e spalancando le fauci come i vampiri infetti di Blade 2.

Inoltre è ignorante come una capra ignorante.


Bisogna finirla di considerare capra come sinonimo di ignorante. Le capre non sono ignoranti. Le capre ignoranti – come un famoso film di Özpetek – sono invece, sì, ignoranti. Ma solo le capre ignoranti, per l’appunto.


Beninteso, per il lavoro che facciamo non è richiesta chissà quale cultura, ma almeno un minimo di geografia potrebbe essere utile. Se arriva un progetto da Barbados non puoi contattare, in qualità di esperto da inviare lì, un tizio in Pakistan chiedendo poi “Andrà bene come costo di viaggio aereo? È lontano?”.

Detto tutto ciò, a volte penso di essere io a esagerare e di molto.

Si sa che noi gatti facciamo molte difficoltà sugli esseri umani.

Va anche considerato che ho sempre lavorato fianco a fianco solo con donne e mi sono abituato forse a un tipo diverso di relazione lavorativa e di rispetto reciproco.

A oggi, come ho raccontato qualche volta in passato, preferisco lavorare accanto a una donna. Poi c’è chi potrà dire che sia peggio, invece, che magari ha esempi più negativi di uno Shrek da ufficio o che magari ha una collega che 5 giorni al mese non si fa la doccia perché pensa che muoiano le piante o qualcosa del genere.

Il mondo è bario, come disse il chimico.