Non è che un nobile non se ne vada mai per davvero perché i conti tornano sempre

Sono un appassionato di serie tv, come molti. Durante questi due mesi ho iniziato un rewatch di X Files, sono andato avanti con Kidding e Better Call Saul (appena chiusa la quinta stagione), ho cominciato finalmente Peaky Blinders.

Oggi vorrei analizzare la web serie più in voga in questo momento, Il Decreto, di cui domenica sera abbiamo visto il primo episodio della seconda stagione.

La serie, per chi non l’avesse ancora vista, è incentrata sul personaggio del “Conte”, la cui caratterizzazione è molto particolare e si snoda attraverso una evoluzione continua: per citare il grande attore Mariano Giusti, Questo Conte è un personaggio che cambia, che è cattivo ma poi diventa buono, ‘sto Conte si trasforma, ‘sto Conte è ‘na sinfonia!.

La prima stagione si era chiusa con un cliffhanger, che preannunciava grandi novità per la seconda.

Dopo aver visto l’episodio di domenica, però, a mente fredda in una lucida analisi devo dire che la serie non è ripartita col botto.

Il personaggio del Conte non ha mostrato la verve degli episodi migliori della prima stagione: uno su tutti quello intitolato “Nomi e Cognomi”. Anzi, un po’ come successo a Twin Peaks dopo che si scopre chi è il responsabile della morte di Laura Palmer (rivelazione anticipata imposta dalla produzione e non voluta da David Lynch), c’è stato un calo narrativo palese da quel momento.

La recitazione del Conte a tratti è sembrata sconnessa e incerta.

La sceneggiatura, che sinora aveva mantenuto un buon standard, ha mostrato dei buchi di trama evidenti: che ne è di tanti personaggi di cui non sappiamo che fine faranno?

La grande novità preannunciata dal finale sospeso della scorsa stagione quale è: l’arrivo dei misteriosi congiunti? Mi sembra un po’ poco per ridare piglio alla storia. Anche l’arrivo di questo nuovo cattivo, la misteriosa organizzazione Cei: un nemico che ha il potenziale per svilupparsi e crescere in una trama verticale o semplicemente un riempitivo per un episodio autoconclusivo?

La fotografia è buona come sempre, ma permettetemi di dire che la scelta registica della ripresa in camera fissa in piano sequenza ora sembra un cliché autoreferenziale: possiamo ancora parlare di scelta autoriale e non di semplice paravento per la scarsità di contenuti?

Non è una stroncatura definitiva, vedremo nei prossimi episodi se la stagione decollerà o meno.

Non è che ti serva un pastore per l’immunità di gregge

La situazione di vivere in un’unica, grande, bolla comune ha creato una narrazione condivisa e, mi sia consentito finché è consentito, appiattita.

Mi chiedo se tutto ciò ci stia facendo assomigliare a uno sciame d’api: una intelligenza collettiva, dove l’emergere della condotta di azione e/o della linea di pensiero è frutto del collettivo e non si può riferire al singolo componente.

In parole povere: il mio pensiero in questi giorni è ancora mio o è frutto dell’intelligenza – o della deficienza in certi casi – collettiva?

Pipponi esistenziali a parte, è diventato difficile trovare altri argomenti di conversazione. Scruto i giornali speranzoso alla ricerca di qualche maxi retata per corruzione e peculato, mi accontenterei pure di perculato, un bel – si fa per dire – regolamento di conti mafioso, un funambolico furto di opere d’arte e gioielli, qualcosa del genere. Il campionato non c’è più e non si esce di casa, quindi anche i rozzi e banali e sempreverdi calcio&pheega non hanno più motivo di esistere.

Mi sono reso conto che per una settimana ho raccontato agli amici sempre lo stesso aneddoto, cioè di me che mi sono auto-isolato nell’isolamento (isolamento^2) per un possibile contatto a rischio avuto.

E ho realizzato di star diventando come quelli che durante un attentato o una catastrofe vanno in giro a raccontare che 2 anni prima erano passati proprio lì, in quel punto. Anche questa è una forma di deficienza collettiva.

Poi mi è venuta l’ispirazione per uscire dalla bolla narrativa: gli alieni.

Ho iniziato a guardare le 9 stagioni storiche di X-Files, che all’epoca di quando lo trasmettevano non avevo seguito dall’inizio, a parte qualche puntata sparsa o venendo poi a conoscenza della storia per altre vie.

Negli anni ’90, forse sulla scia della iperproduzione di fantascienza del decennio precedente, c’era stato un nuovo boom del tema degli extraterrestri, al cinema sbancavano Independence Day e Man in Black, venivano pubblicati (o ripubblicati) libri sull’argomento e diversi siti di c.d. controinformazione trattavano dell’argomento. Oggi se chiedo a uno nato del 2000 del Triangolo delle Bermuda penserà magari a una acconciatura pubica e se parli di complotti ti nominano al massimo Soros e i laboratori cinesi.

Secondo me sarebbe ora di riportare in auge il tema degli alieni.

Perché sappiate che la verità è la fuori.

E circola senza autorizzazione scritta.