Non è che vai al Fatto Quotidiano per vedere un travaglio

Una coppia di amici ha avuto una bambina e siamo passati a far loro visita.

Ci hanno raccontato di come è stato il pre, il durante, il post parto. In maniera molto dettagliata. Dettagliata come se David Lynch e Quentin Tarantino avessero avuto un figlio e ne avessero fatto un film.

Ovviamente non è che un parto sia qualcosa di diverso da ciò. Come diceva Bernardo di Chiaravalle, inter faeces et urinam nascimur. Mi chiedevo se il loro raccontare fosse però

  • un momento di condivisione empatica
  • uno spoiler di quello che io ed M. potremmo vedere un giorno
  • uno sfogo: “oh, finalmente due persone con cui parlare in libertà”

Comunque, dato che sono una persona con una fantasia molto contorta, ho provato a immaginare – nell’era in cui i contenuti ormai non esistono più e contano i titoli, il clickbait, la notizia lanciata addosso come una pantofola – come racconterebbero un parto alcune testate/siti, con lo stile che li contraddistingue e li rende riconoscibili:

VICE
Abbiamo provato il parto per una settimana (non è andata benissimo)

HUFFINGTON POST
«Da quando vado in travaglio dalle 5 del mattino la mia vita è cambiata»

Libero (online)
+++ENTRA IN CLINICA E…QUELLO CHE SUCCEDE È INCREDIBILE+++ (si vede la patonza)

Libero (carta stampata)
IL CULO NON FA MALE SOLO AL PD E ALLA LOBBY GAY
Retroscena sui postumi del parto che la teoria gender non ci ha ancora tolto

Il Giornale
SIAMO COME I PANDA
Tra invasione migratoria e ideologia LGBT una coppia etero italiana che figlia è notizia

laRepubblica
Ha 15 anni il più giovane chirurgo ostetrico d’Italia
«Ai giovani dico fate la gavetta. Non cedete al reddito di cittadinanza»

il Post
Come funziona il parto (spiegato bene)

Fanpage
Può accadere alle donne fertili. I dettagli:

IlMeteo.it
SCIABOLATA AUTUNNALE: NASCERÀ L’ANTICRISTO?
Previsioni da incubo. Lacrime e sangue!

Leggo
«E poi ha detto divarica le gambe…» Il racconto shock:

Otto e Mezzo
Rapido rapido telegrafico vediamo questo parto e poi andiamo in pubblicità

(Nessun giornalista è stato maltrattato per questa minchiata)

Non è che un nobile non se ne vada mai per davvero perché i conti tornano sempre

Sono un appassionato di serie tv, come molti. Durante questi due mesi ho iniziato un rewatch di X Files, sono andato avanti con Kidding e Better Call Saul (appena chiusa la quinta stagione), ho cominciato finalmente Peaky Blinders.

Oggi vorrei analizzare la web serie più in voga in questo momento, Il Decreto, di cui domenica sera abbiamo visto il primo episodio della seconda stagione.

La serie, per chi non l’avesse ancora vista, è incentrata sul personaggio del “Conte”, la cui caratterizzazione è molto particolare e si snoda attraverso una evoluzione continua: per citare il grande attore Mariano Giusti, Questo Conte è un personaggio che cambia, che è cattivo ma poi diventa buono, ‘sto Conte si trasforma, ‘sto Conte è ‘na sinfonia!.

La prima stagione si era chiusa con un cliffhanger, che preannunciava grandi novità per la seconda.

Dopo aver visto l’episodio di domenica, però, a mente fredda in una lucida analisi devo dire che la serie non è ripartita col botto.

Il personaggio del Conte non ha mostrato la verve degli episodi migliori della prima stagione: uno su tutti quello intitolato “Nomi e Cognomi”. Anzi, un po’ come successo a Twin Peaks dopo che si scopre chi è il responsabile della morte di Laura Palmer (rivelazione anticipata imposta dalla produzione e non voluta da David Lynch), c’è stato un calo narrativo palese da quel momento.

La recitazione del Conte a tratti è sembrata sconnessa e incerta.

La sceneggiatura, che sinora aveva mantenuto un buon standard, ha mostrato dei buchi di trama evidenti: che ne è di tanti personaggi di cui non sappiamo che fine faranno?

La grande novità preannunciata dal finale sospeso della scorsa stagione quale è: l’arrivo dei misteriosi congiunti? Mi sembra un po’ poco per ridare piglio alla storia. Anche l’arrivo di questo nuovo cattivo, la misteriosa organizzazione Cei: un nemico che ha il potenziale per svilupparsi e crescere in una trama verticale o semplicemente un riempitivo per un episodio autoconclusivo?

La fotografia è buona come sempre, ma permettetemi di dire che la scelta registica della ripresa in camera fissa in piano sequenza ora sembra un cliché autoreferenziale: possiamo ancora parlare di scelta autoriale e non di semplice paravento per la scarsità di contenuti?

Non è una stroncatura definitiva, vedremo nei prossimi episodi se la stagione decollerà o meno.

Non è che serva un regista per girare l’angolo

La processione di zombie che tutte le mattine si spostano per andare al lavoro.
I senzatetto che dormono nei sottopassaggi, nelle stazioni o che si aggirano come spettri tra la folla distaccata.
Le chiazze di vomito vivido sull’asfalto.
Il cagnetto da portare a spasso la domenica, rigorosamente un Maltese bianco perché is the new Yorkshire.
Ubriachi diurni e ubriachi notturni che cantano o si abbracciano o cantano abbracciandosi.
Un tenore asiatico che una volta alla settimana intona Pavarotti a Nyugati.
Gruppi di ragazze possenti come Valchirie che nei locali cercano prede forse per sacrifici umani.
Gruppi di maschi-betabloccati che, spaventati dalle Valchirie, cercano ragazze isolate da agganciare.

Più osservo e più vedo deformazioni urbane grottesche.
Vagamente lynchiane.
Non so se sono miei incubi da dissociazione o sintomi da carenza di vitamine ma le sensazioni che mi dà questa città mi richiamano alla mente un set di un film inquietante e nonsense.

Uno di quelli da circolo culturale ristretto e impegnato (al Monte di Pietà per pagare l’affitto).

Ho un rapporto ondivago con il cinema.
Il giorno prima guardo l’ultimo film Marvel, il giorno dopo l’ultimo lavoro di un regista iraniano perseguitato dal governo che ha girato tutto in primo piano con una telecamera su un taxi.


Taxi di Jafar Panahi. Che consiglio di vedere.


Il cinema di intrattenimento è un servizio reso allo spettatore tramite un atto di acquisto.
Io compro un biglietto e in cambio mi forniscono un prodotto già pronto e confezionato per essere il più adatto alle mie esigenze. Potremmo definirlo un sogno pilotato e proiettato su schermo. Non a caso non è raro – anzi è considerata una delle magie del cinema – immedesimarsi negli attori sullo schermo.


Invece il motto del regista di documentari è: Non vendiamo sogni ma solidi real-time.


Che si tratti di un prodotto standardizzato, a prescindere dal genere, è intuibile in modo molto semplice: un film commerciale segue uno schema prestabilito nel proprio svolgimento. All’incirca 15-20 minuti dopo l’inizio c’è un colpo di scena che rompe la condizione preesistente. Il resto del film sarà un eterno inseguimento e un susseguirsi di eventi per tornare a quella condizione di equilibrio (non necessariamente la stessa, anzi nella maggior parte dei casi sarà un equilibrio a condizioni più vantaggiose); a 20 minuti dalla fine ci sarà un altro colpo di scena, risolutivo: a volte tale punto di rottura è volutamente un fake perché, quando si pensa che il film sia terminato, a 5 minuti dalla fine ci sarà un contro-colpo di scena definitivo.

Nei film impegnati o d’autore che dir si voglia, invece, tale schema non c’è. Delle volte è del tutto assente una struttura narrativa. Una simile opera si sposta dal piano dell’intrattenimento a quello filosofico/estetico. La visione può risultare più faticosa perché allo spettatore è richiesto un ruolo attivo. In quel momento non sto più pagando per vivere un sogno preconfenzionato ma per partecipare al film con un lavoro interpretativo.


Esistono anche film come quelli di Lynch (tipo Inland Empire) dove ci si può lambiccarsi quanto si vuole ma una vera interpretazione secondo me non c’è perché esiste soltanto nella mente di David Lynch.


Beninteso, la suddivisione non è sempre così netta tra le due fattispecie di cinema. Esistono registi che seguono una terza via cinematografica. Alcuni esempi tra questi possono essere Iñárritu, Anderson, Sorrentino, Malick.

Di Paolo Sorrentino penso che sia diventato un onanista cinematografico seriale.


Lo dico sottovoce perché è entrato a far parte di quella schiera di argomenti quali religione, movimentismo politico, abitudini alimentari, calcio, per le quali una voce contraria risveglia ancestrali e aggressivi istinti nell’interlocutore¹.


¹ Perché la gente è sempre così irascibile come se gli stessero defecando nel salotto?


Sorrentino è bravissimo nel dipingere dei quadri con la macchina da presa. Ma si pasce e si compiace di questo senso artistico vendendo secondo me un mappazzone ben confezionato.


Il Golfo di Napoli.
Un elefante indiano cieco.
Un attore ritiratosi a vita privata.
Una donna nuda stesa in mezzo a un prato con delle giunchiglie in fiore.

Cucite il tutto ed ecco un possibile nuovo film di Sorrentino.


Un altro che ho visto ammalato di Sorrentinite è Malick (The Tree of Life), anche se confesso di non aver visto altro dopo To the Wonder con Ben Afflitt.

Affleck felice/triste/preoccupato/curioso/indispettito


In realtà poi sarebbe il contario: è Sorrentino che registicamente è rimasto ammalickiato.


Iñárritu invece secondo me ci ha presi tutti per i fondelli.
Produce film commerciali vestiti da film d’autore o film d’autore vestiti da film commerciale. Non ho ancora deciso.


Anche se io non sono nessuno per decidere e parlo a titolo del tutto personale di catalogatore compulsivo.


Dopo un anno ho rivisto le mie impressioni su Birdman. All’epoca ero entusiasta, un’opera di sintesi cinematografica, raccordo tra film d’autore e d’intrattenimento. Un film sul cinema che parla di cinema, metateatro a celluloide dilagante.

E dopo però mi chiedo: un film girato in finto piano sequenza unico, è sintesi, è arte, è citazione o soltanto una presa per il sedere?


Un piano sequenza superlativo nel suo tratto artistico secondo me è ad esempio questo qui


Degli esempi di terza via che ho citato, Wes Anderson è secondo me il più particolare. I suoi film oscillano di continuo tra reale e surreale ed è proprio questa ambivalenza, come se fosse un luna park le cui giostre cambiano mentre ci sei sopra, a rendere il suo cinema tanto interessante.


E poi non posso non apprezzare uno che ha un gusto compulsivo per la simmetria


Tutto quello che ho detto sinora nasce dal fatto che vorrei vedere un film (sto andando in overdose da serie tv ultimamente e dopo aver finito House of Cards 4 è arrivato Daredevil stagione 2) ma non so su cosa rivolgermi.
Ho tentato tre volte di guardare Il gusto del sake di Yasujiro Ozu altamente consigliato da tanti intenditori e comprendimucche ma non ci riesco perché mi stanco. Forse alle 23 di sera non va bene, ma è l’unico momento che ho a disposizione. E neanche la domenica pomeriggio è indicato, dopo gli gnocchi di patate al forno con la bolognese.


Ma se il ragù l’ho preparato con macinato di manzo locale, è sempre bolognese o è una ungherese?