Paganini non ripete: per questo va male alle interrogazioni

Oggi ho iniziato oggi a dare ripetizioni a un ragazzino. “Ragazzino” è fuorviante, ha 17 anni. Ma credo che l’età biologica e quella reale non coincidano: il mio discepolo dipende in tutto e per tutto dalla madre e non è in grado di studiare in modo autonomo.

Insomma, non esiste – secondo me – che uno studente al quarto anno di liceo abbia ancora bisogno dell’aiuto della madre per studiare, che gli sottolinea il libro o che accorre alle 2 di notte perché lui la sveglia dicendole che ancora deve finire i compiti.

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Il ragazzo è sveglio e intelligente, fa domande argute, ma ha la mia stessa sindrome: il deficit di attenzione. Se sta da solo su una pagina aperta, non avanza d’un rigo perché poi si distrae a pensare alla riproduzione dei lepidotteri giganti dell’Amazzonia. Se deve svolgere un compito, due minuti dopo lo abbandona e si mette a fare altro. Quelli come noi ci impiegano di più a fare una cosa, perché siamo cattivi amministratori del tempo. A volte ci incantiamo a pensare ad altro.

Tra parentesi, mentre ero a metà di questo post mi sono alzato e sono andato a giocare col gatto. Così, perché mi girava.

Tornando a noi, più che di uno che gli insegni qualcosa, lui ha bisogno di uno che gli stia accanto e lo pungoli. Uno dei suoi problemi è che non ripete e che non ha proprietà espositiva, quindi oggi abbiamo provato a lavorare su questo, ragionare insieme, fare esempi. Il tutto senza paracadute per me, perché mi aspettavo di partire con storia e invece abbiam fatto filosofia, in cui mi trovavo molto arrugginito.

Aggiungiamo che non ho mai dato ripetizioni in vita mia, tranne che a me stesso ma senza frutto perché non faccio altro che ripetermi di fare o non fare delle cose e puntualmente non faccio delle cose che dovrei fare o faccio delle cose che non dovrei fare. Chiaro, no? Sennò ripeto.

La madre durante la lezione ci ha lasciati soli, ma credo di tanto in tanto prestasse orecchio dietro la porta. Mi ha fissato un altro appuntamento, quindi presumo sia soddisfatta. Il ragazzo non lo so, la scena finale si è svolta così:
– Quindi lei quando è libero?
– Io fino a domenica son qui.
– Allora potremmo fare venerdì. Oppure sabato, che dici, T. (rivolta al ragazzo)?
– … (il ragazzo fissa il vuoto)
– Allora va benissimo, facciamo venerdì. Ma lei è libero anche di mattina?
– Venerdì sì.
– Allora potremmo fare venerdì mattina che è festa a scuola. Va bene, vero, T.?
– …(il ragazzo fissa di nuovo il vuoto ma non si sa se è lo stesso di prima o ha trovato un altro vuoto da contemplare)
– Va bene, allora venerdì alle 10:30. Poi ci penso io a svegliarlo e farlo stare in piedi.

Nel frattempo io debbo rimettermi a studiare e non trovo più i miei libri del liceo.