Mamma, posso avere l’autostima? Dai, ce l’hanno tutti i miei amici

Come avevo raccontato un mese fa, ho iniziato a dare ripetizioni a un ragazzo del liceo.

Avevo descritto il discepolo come il classico “intelligente che non si applica”: infatti, come una mensola priva di tasselli fischer, non c’è modo di farlo applicare.

Con me, va detto, lavora e non si schioda dalla sedia per 3 ore di fila; Madre Sua invece si lamenta che con lei non fa nulla: lui si siede, poi 10 minuti dopo si stufa e si alza, va a bere, poi va in bagno, poi si attacca alla playstation mentre lei gli fa i riassunti…

Il modo migliore per tener su una mensola che non sta dritta, è ingaggiare un pratico reggimensola umano. Si applica con facilità, per la gioia della soddisfatta casalinga nella dimostrazione. Correte a comprarne uno!

Ma se il ragazzo è un imbelle a mio avviso è anche colpa di Madre Sua che l’ha cresciuto facendolo sentire inadatto a far qualunque cosa da solo. Lui non fa altro che approfittarne.

Una volta Madre Sua mi chiese dei miei studi universitari e poi mi raccontò che lui vorrebbe iscriversi a lingue ma che in famiglia non son convinti perché non dà accesso a una professione sicura.

Io risposi che con le lingue si può lavorare in vari ambiti, certo è importante sapersi vendere. Madre Sua disse:
– Eh, appunto…(facendo davanti a lui con la mano un gesto come a dire “purtroppo lui è quel che è”)

Settimana dopo Discepolo ha preso 6 all’interrogazione. Certo, non è un risultato eclatante o da festeggiare, però Madre Sua fa:
– È stato fesso. Ha preso 6 senza ripetere, il che vuol dire che se apriva i libri poteva ambire almeno al 7. Invece si è fatto fregare come un fesso.

Settimana scorsa: Madre Sua mi racconta dell’andamento scolastico della settimana. Dice che lui ha combinato un pasticcio al compito di italiano: lei per farlo preparare su delle tracce di attualità gli aveva scaricato da internet il giorno prima dei temi svolti (…no comment) e lui per pigrizia bene ha pensato, il giorno dopo, di copiarne pari pari l’incipit da uno di questi. Se la professoressa se ne dovesse accorgere, sarebbe un guaio.
– Già è grave copiare – esclama Madre Sua – ma lui non è manco buono a farlo!

Sinceramente comincio a trovare un po’ fastidioso che critichi il figlio di fronte a me che in fondo sono un estraneo.

A Lulu, che gli dà altre ripetizioni e che lo segue da più tempo, lui ha detto che mi trova simpatico, perché dissi davanti a Madre Sua che lo trovavo un ragazzo sveglio.

Credo che a prescindere dalla svogliatezza o dal deficit cronico di concentrazione, il ragazzo sia abituato a sentirsi un perfetto incapace. E trovi un modo poi di girarla a proprio vantaggio con la giustificazione che da solo non sa studiare e gli serve una mano.

Da una parte non posso negare di sentire di comprenderlo per la scarsa autostima che ha.

Alle interrogazioni non si offre perché si vergogna. Aspetta che lo chiamino. A volte, anche quando ha studiato, si convince di non saper nulla e all’interrogazione fa scena muta.

E, ovviamente, visto che le scuole son quel che sono, è vittima di bullismo.

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Oggi ho iniziato oggi a dare ripetizioni a un ragazzino. “Ragazzino” è fuorviante, ha 17 anni. Ma credo che l’età biologica e quella reale non coincidano: il mio discepolo dipende in tutto e per tutto dalla madre e non è in grado di studiare in modo autonomo.

Insomma, non esiste – secondo me – che uno studente al quarto anno di liceo abbia ancora bisogno dell’aiuto della madre per studiare, che gli sottolinea il libro o che accorre alle 2 di notte perché lui la sveglia dicendole che ancora deve finire i compiti.

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Il ragazzo è sveglio e intelligente, fa domande argute, ma ha la mia stessa sindrome: il deficit di attenzione. Se sta da solo su una pagina aperta, non avanza d’un rigo perché poi si distrae a pensare alla riproduzione dei lepidotteri giganti dell’Amazzonia. Se deve svolgere un compito, due minuti dopo lo abbandona e si mette a fare altro. Quelli come noi ci impiegano di più a fare una cosa, perché siamo cattivi amministratori del tempo. A volte ci incantiamo a pensare ad altro.

Tra parentesi, mentre ero a metà di questo post mi sono alzato e sono andato a giocare col gatto. Così, perché mi girava.

Tornando a noi, più che di uno che gli insegni qualcosa, lui ha bisogno di uno che gli stia accanto e lo pungoli. Uno dei suoi problemi è che non ripete e che non ha proprietà espositiva, quindi oggi abbiamo provato a lavorare su questo, ragionare insieme, fare esempi. Il tutto senza paracadute per me, perché mi aspettavo di partire con storia e invece abbiam fatto filosofia, in cui mi trovavo molto arrugginito.

Aggiungiamo che non ho mai dato ripetizioni in vita mia, tranne che a me stesso ma senza frutto perché non faccio altro che ripetermi di fare o non fare delle cose e puntualmente non faccio delle cose che dovrei fare o faccio delle cose che non dovrei fare. Chiaro, no? Sennò ripeto.

La madre durante la lezione ci ha lasciati soli, ma credo di tanto in tanto prestasse orecchio dietro la porta. Mi ha fissato un altro appuntamento, quindi presumo sia soddisfatta. Il ragazzo non lo so, la scena finale si è svolta così:
– Quindi lei quando è libero?
– Io fino a domenica son qui.
– Allora potremmo fare venerdì. Oppure sabato, che dici, T. (rivolta al ragazzo)?
– … (il ragazzo fissa il vuoto)
– Allora va benissimo, facciamo venerdì. Ma lei è libero anche di mattina?
– Venerdì sì.
– Allora potremmo fare venerdì mattina che è festa a scuola. Va bene, vero, T.?
– …(il ragazzo fissa di nuovo il vuoto ma non si sa se è lo stesso di prima o ha trovato un altro vuoto da contemplare)
– Va bene, allora venerdì alle 10:30. Poi ci penso io a svegliarlo e farlo stare in piedi.

Nel frattempo io debbo rimettermi a studiare e non trovo più i miei libri del liceo.