Il mosto di Loch Ness

La mia città avrà perso la sua vocazione agricola all’incirca una cinquantina d’anni fa. Ciò nonostante, nei decenni seguenti sopravvivevano gli usi della pre-industrializzazione, grazie a coloro che li avevano vissuti. Così, c’era ad esempio l’usanza di farsi in casa il vino, le conserve, la salsa di pomodoro.

Non che nelle campagne intorno ci fossero chissà quanti vigneti o coltivazioni di pomodori: chi non aveva l’orticello disponibile andava al mercato e ordinava le casse per vendemmiare o pummarolare in casa.

Poi quegli anziani dediti all’autoproduzione son diventati troppo anziani o sono venuti a mancare, così dagli anni ’90 ad oggi si son via via perse le usanze. Quando l’altroieri sera, passeggiando lungo il tragitto tra casa mia e la birreria, sono stato olfattivamente solleticato da un profumo di mosto proveniente da qualche cantina, sono riaffiorati tanti ricordi.

Essendo un cittadino, posso ritenermi privilegiato per aver vissuto certe cose. Per chi avrà vissuto in campagna o in zone dove si mantiene viva una tradizione, saranno cose comuni. Qui non più, invece.
Ero piccolo, ma ricordo.

Ricordo vasconi enormi nella cantina di casa, con questa melma violacea piena di moscerini.
Ricordo il torchio. Me l’hanno anche fatto girare: ne avevamo due, uno più grande e un altro più piccolo, pensavo fosse un torchietto pensato per i bambini.
Ricordo, ma qui ero proprio piccolo (4-5 anni), di aver anche pigiato l’uva con i piedi. Ne ho quasi smarrito la sensazione, anzi, non la percepisco più. Mi è rimasta in testa solo una fotografia mentale di me che tolgo le scarpe e salto in questa bacinella. Ciàf Ciàf Ciàf!

Ah, e le buatte di pomodori. Lì ero l’ingegnere del San Marzano, seguivo tutto il processo produttivo. Dovrei scriverlo sul curriculum.
Allora, prima si lavano i pomodori, in tre bacinelle: la prima, grande e rosso scuro, è per quelli zozzi, poi, quando sono così così, si spostano nella seconda, più piccola e color arancione, e, infine, la terza, la più piccola e azzurra, è per quelli ormai quasi puliti.

Quindi, il processo si divide: una parte dei pomodori si taglia a fette e si pesta (letteralmente) con un mortaio dentro dei barattoli, che andranno poi “cotti” in un pentolone.
Un’altra parte, invece, servirà per fare la passate. Si cuociono i pomodori, poi si versano nella macchina che ne farà salsa. A volte mi divertivo a gettare i pomodori nel tritatore direttamente con le mani: erano bollenti e gonfi, sembravano bombette rosse.
La cosa più divertente era quando bisognava riempire le bottiglie sotto una grossa cisterna gialla con un rubinetto in fondo. Quanta salsa mi son versato sulle mani.
Era tutto grosso. O, probabilmente, ero io piccolino.

Adesso è tutto sbiadito, quasi come non fosse esistito. Una leggenda. Il mosto di Loch Ness.

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L’antidiluviano oggetto che ho rinvenuto in cantina era quello che usavamo per mettere il tappo alle bottiglie. (Si ringrazia lo sponsor, il Sig. Gaierhof. Anzi, se volesse mandarmi una cassa di vino, perché questa l’ho finita…)

 

20 Pensieri su &Idquo;Il mosto di Loch Ness

  1. Mi ricordo le stesse cose (a parte il Ciàf Ciàf Ciàf del vino che non ho mai fatto ehehe). Mi ricordo quando i miei nonni facevano la conserva in casa, un’esplosione atomica di pomodoro in qualunque posto umanamente pensato! E l’odore che si spargeva per casa. La cosa divertente, e ci tengo a sottolinearlo a distanza di anni ormai, è che loro la passata di pomodoro, NON la mangiavano! Praticamente era un lavoro ad uso e consumo dei nipoti. Ed i sughi avevano il sapore di casa e non quello della macchina industriale. I tappi, poi, non venivano messi sulle bottiglie, venivano praticamente pressurizzati tramite un aggeggio simile a quello che hai messo in foto. Ed era divertente.
    Ma sono tempi andati. In tutti i sensi.

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    • Ahahah divertente questa cosa della produzione per conto terzi :D…penso lì subentrasse anche il piacere di vedere gustato il frutto del proprio lavoro.

      Che nostalgia. Sia la generazione spartiacque, in tanti ambiti.

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      • Si, una produzione per terzi. Incredibile. Come incredibile era la quantità di conserva prodotta… poteva sfamare l’intero esercito americano! 😀

        Si, siamo una generazione di passaggio… precariamente…

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  2. eh, anche in terra ‘bruzzese, noi la si faceva in casa la salsa di pomodoro.
    la mia nonna, a dire il vero, non ha ancora smesso, e io usufruisco dei risultati.

    però ecco quando ero piccina erano quasi giorni di festa, con il parentado allargato e i peperoni sulla brace. che vabè io non li masticavo neppure allora, come i funghi. comunque, discorsi.

    uào.
    che bel post.

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      • tu ci sorridi, e infatti si, fa sorridere. però è complicato mica no.

        mi ci guardano tutti torvo quando lo dico.
        ecco.

        cioè a me piacciono i funghi, e i peperoni,il sapore dico,ma non riesco a masticarli.
        sicchè o tutto giù, o frullo tutto.

        la prima volta che uscii a cena fuori con un mio ex omo ordinai pappardelle ai funghi porcini.

        è stato un gesto di totale e disarmante onestà, no?

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        • No no non guardavo torvo, anzi, ero anche io un seguace del “mi piace il sapore”. Poi un giorno all’improvviso decisi di masticare, feci questo gesto, questa rivoluzione copernicana, come una donna che ha sempre portato i capelli lunghi e un giorno se li accorcia.

          Disarmante onestà, non avrei saputo dirlo meglio. Per la serie: guardami come mangio e ti dirò chi sono 😀

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          • ecco io fò le involuzione ordinarie, gintoki, coi funghi, cioè regredisco, piuttosto.

            non è che non ci abbia provato, eh.
            solo mi viene proprio la pelle d’oca, mi fa impressione, mi viene l’uggia epidermica.

            eh, infatti: mangio in dissonanza cognitiva, mi piace qualcosa che non mastico.
            fattici delle domande, caro omo!

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  3. bei ricordi. mi sono rimaste impresse le gambe viola di mio padre che in questo periodo pestava da solo quintali e quintali di uva per farsi un po’ di riserva (poveretto, alla sera era distrutto!) e, in agosto, le quintalate di pomodori per preparare la conserva con mia madre. A volte mi domando come riescano a produrre salsa così scadente visto che in realtà bastano solo pomodori e qualche fogliolina di basilico. mah…

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  4. I miei genitori la conserva la fanno ancora in casa. Nel mio garage do’ asilo al fugaun, caldaia a legna su cui si appoggia il catino di rame dove bolle il pomodoro. Il prossimo fine settimana poi, nel mio paese, ci sarà la festa del mosto cotto, con disttibuzione di polenta e mosto, sughi (mosto e farina) e tanto altro. È diventato un privilegio vivere in provincia

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Si accettano miagolii

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