Choosy fino a data da destinarsi

Volevo pubblicare un racconto, oggi. O scrivere qualcosa di buffo e/o ironico. O dedicare un pensiero alla bìltà di donna e di saccente core.

Ma poi ho pensato che sono carico di nervosismo e odio.

Premettiamo che non è un post di autocommiserazione, anche perché se mi trovo in una determinata situazione penso di esserne responsabile.

Sono fermo da un bel po’, ormai. L’idea che la vecchia azienda mi richiamasse per la terza volta è tramontata da tempo. Sono stato anche un po’ sfigato, secondo me. Mi avevano richiamato una seconda volta, dopo un solo mese da quando mi era finito il contratto. E questo non era scontato, credo un pochetto di essermelo guadagnato: non è un modo di dire, ma ero il primo ad arrivare e tra gli ultimi ad andarmene e cercavo di profondere quanto più impegno possibile, tanto che gli ultimi giorni di lavoro contavo quanto mancasse alle fine perché dovevo fermarmi a rifiatare.

Dicevo, mi avevano richiamato. Bestemmione perché avevo appena acquistato un biglietto per il Giappone (fortunatamente rimborsato), ma felicitazioni. Ora, bisogna sapere che l’azienda quando richiama una risorsa dis-umana lo fa almeno per 6 mesi, spesso per un anno. Molto spesso è per una sede in trasferta (e in quel caso è sicuro che il contratto sia minimo di un anno). Meglio ancora, dicevo io: ho dato disponibilità a tutto.

Io sono stato richiamato di nuovo a Napoli.
Ok!
Per tre mesi.
Ah…
Part-time.
Eh?
Part-time di 3 ore al pomeriggio!

Se non è culo, questo. Che quando ne parlavo in ufficio nessuno aveva mai sentito di un part-time pomeridiano. L’avranno creato solo per me.
Ironia della sorte, giusto un mese dopo, una temp. ind. è andata in maternità e uno stagista che era appena stato preso ha avuto il contratto convertito in temp. det. per sostituzione maternità un anno! Avrebbe potuto farsi ingravidare un mese prima, questa qui.

Poi scaduto quel contratto, fine. Mi hanno lasciato con un “speriamo di rivederci”, ma dalla sede centrale non ho più avuto notizie.

E attualmente io non sto facendo una beneamata cippa. E neanche ho voglia di farla. Sono settimane che non invio più un cv, o meglio, avrò risposto a qualche annuncio su Infojobs, giusto perché con un paio di click la cosa è immediata e non bisogna perdere tempo a riempire un form online, caricare documenti e quant’altro.

Non ho più voglia. Sono stanco.
Io ora sono ufficialmente un NEET.

Ah già, c’era quel bando per tirocini di 6 mesi proprio per i NEET. Io avevo superato i colloqui con un’azienda ed ero stato preso. Dal 17 di ottobre, data in cui io e l’azienda abbiamo inviato i documenti ad Italia Lavoro (che deve valutare l’ammissibilità della proposta di tirocinio), non si hanno più notizie. Non esiste una data in cui verranno pubblicate graduatorie, se telefoni dicono che “stanno valutando le domande pervenute”, sulla pagina di assistenza del sito ripetono con Ctrl+v cose come queste

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Io non me la prendo manco con loro, perché a rispondere su Facebook ci sarà un povero stagista, mi sa. Però Capitan Ovvio che domina nelle risposte è frustrante. “Dovete attendere”, ma va’?

È una vita che attendo, attendo risposte a CV inviati e che non hanno avuto risposta, ora sinceramente mi passa la voglia anche di rispondere a un’offerta di lavoro.

Eh certo che non trovi nulla, se invii migliaia di cv tutti uguali a raffica…

In realtà no. Ho inviato anche a raffica, che so che è sbagliato. Ma non prima di aver inviato cv personalizzati, con lettere di presentazione in cui si evinceva che conoscevo bene l’azienda. Ho inviato cv inserendo il domicilio nella zona dove era presente l’azienda, perché sennò non ti chiamano. Ma saranno cazzi miei se voglio farmi 1000 km per un lavoro, o  no? Ok, mentiamo pure e diciamo pure che ho uno zio che abita a Vergate sul Membro e mi ospita. Nulla.

Eh certo, se pretendi di lavorare solo in banca…bisogna prendere quello che c’è! Non fare il choosy…

Scartando i call center, perché veramente con tutto il rispetto per chi ci lavora ma io mi rifiuto, per il resto non faccio lo schizzinoso su nulla. Ma a quanto pare pure per scaricare pacchi da un camion è richiesta esperienza pluriennale.

Devi aggiornarti, bello mio! Segui le aziende su Twitter, fatti un profilo Linkedin, sii social, partecipa a forum e gruppi di discussione, fai rete!

Ma vai a quel Paese tu, Zuckerberg, la rete e compagnia grillesca. E quando ci sei andato, condividilo su Facebook, magari con bella una foto Instagram.
Mentre passo le mie giornate ad abbattere il mio digital divide lavorativo mi chiedo quanta gente venga assunta senza nemmeno accendere un piccì. Non parlo dei raccomandati, eh, quelli ci son sempre stati e sempre ci saranno. E non fatemi cominciare a parlare di certi fenomeni che conosco, gente che ci mette 10 anni per prendersi una laurea triennale perché il papà ha detto “basta che ti prendi una laurea” e nel frattempo fanno bellamente sex drugs & r ‘n r tanto poi il papi li assumerà nell’azienda di famiglia.

Ma perché non vai all’estero? Fai il cameriere, perfezioni la lingua, chissà…

Non è che non voglia, ma preferisco servire birre nel pub a dieci minuti da casa mia che spendere un capitale per vivere a Londra e fare la stessa cosa. E detto tra parentesi, è un po’ un mito questa storia, basta leggere blog di italiani che realmente ci vivono all’estero. E detto sempre tra parentesi, ci avessi pensato a 20 anni l’avrei fatto, tanto non avevo nulla da perdere. A che pensassi a quell’epoca, non lo so.
In questi casi mi viene sempre in mente una canzone de Lo Stato Sociale:

mi sono rotto il cazzo di quelli che vogliono andare un anno all’estero 
ma prima tre mesi da cameriere, così guadagno qualche soldo 
svegliati stronzo che sono trent’anni che mamma ti mantiene 
e le dispiace pure che vai a fare il cameriere

Una faccia per tutte le stagioni III (Gintoki vs Zeus)

Come nelle migliori saghe cinematografiche, dal Padrino al Signore degli Anelli, passando per Guerre Stellari, anche questa serie di post sugli attori più legnosi e ingessati della storia va a comporre la sua trilogia; per l’occasione questo episodio si intitolerà “Il ritorno dello Yeti”, dove ad essere Abominevole è la recitazione dei personaggi sullo schermo. Come due attaccanti di razza, io e zeusstamina (che mi ha ceduto l’onore di ospitare sul blog la sua creazione) ci spartiremo la lista, uno inventa e l’altro realizza e viceversa, sperando di non urtare troppo i gusti del lettore che dovesse capitare su questi lidi. Ad aprire le danze sarà zeus, poi verrà la mia recensione e così via, 5 facce di marmo vs 5 in alternanza.

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Non c’è niente da fare. Quando un’attrice è dotata di ironia, non la si può imbottigliare. Non si può limitare l’estro creativo. Non sapete di quello che sto parlando? Ebbene, come non apprezzare l’ironia dare il personaggio di BELLA a Kristen Stewart che di bello non ha praticamente niente? Un castoro con il traforo del Monte Bianco fra i denti, uno sguardo sintonizzato su “spiacenti siamo fuori casa, ripassate più tardi” e le capacità recitative di un termosifone! Uno spettacolo. E, per di più, in Twilight è anche completamente stordita. Una top ten di (im)perfezione recitativa. Niente da fare. Il mio voto andrà sempre e comunque a Charlize Theron in quella porcheria chiamata Biancaneve ed il Cacciatore.

“problemi?”

Si dice che “il riso faccia buon sangue”, allora i vampiri di Trù Blàd devono avere dei gusti pessimi per bere quello di una che non si fa una risata da quando Cesare varcò il Rubicone. Mi riferisco ad Anna Paquin. Chi? Ma sì, dai, è quella che se la fa con l’attore con la mascella che fa provincia, conosciuto proprio sul set del telefilm. L’aspetto da placida e ingenuotta coltivatrice di canapa della nostra eroina nasconde una teppistella di liceo di periferia: se un’inquadratura dura per più di un secondo lei assumerà l’espressione del “Eh? Che vuoi, scusa?”, tipica di chi vuol attaccare briga.  In X-Men la ricordiamo nel ruolo di Rogue, la mutante che tramite il contatto fisico può assorbire personalità, memoria e – nel caso la vittima ne abbia – poteri. Ecco, se avesse avuto il potere di rubare un po’ di abilità drammatiche sarebbe stato solo un bene.

“sto sorridendo”

Vi giuro, volevo parlare di un attore diverso (ed il buon Gintoki sa chi è), ma non potevo lasciare fuori il pelato più duro e puro che esista: Vin Diesel. 
L’abbiamo visto “recitare” in Fast&Furious e ci ha fatto piangere e anche tutte le leggi della fisica si sono ribellate. Come è possibile che non ne venga rispettata una neanche a volerlo? L’abbiamo visto cercare fortuna con Babylon A.D. e con XxX e siamo ancora a cercare un senso nella sua recitazione (fortunatamente c’è quella piccola perla di Pitch Black che lo salva). Vin è il classico macho con tanto testosterone e il fatto che si stia gonfiando come un canotto d’estate ne è la riprova. L’unica cosa che rimane immobile, scolpita nella roccia granitica, è il suo volto. Eternamente lasciato in modalità stand-by che tanto ripasso dopo. E lui è ancora la che lo aspetta. Lancio una petizione: Vin ritorna a prendere il tuo viso!!

“mò te meno”

Frutto di un esperimento genetico teso a creare un ibrido tra un metallaro anni ’80 e un truzzo de borgata, Lorenzo Lamas è entrato nelle nostre case (non invitato) nelle vesti di un ex poliziotto in cerca di giustizia. Che non si capisce perché la giustizia fosse necessario cercarla con bicipiti e addominali in mostra, più che poliziotto faceva tanto personal trainer in fuga dalle diete ipercaloriche. Sarebbe potuto diventare un idolo (???), ma il destino crudele ha voluto che proprio in quegli stessi anni esplodesse il fenomeno Walker Texas Ranger e contro Chuck Norris, si sa, non c’è partita. La sua pagina wikipedia italiana è una vera chicca, c’è scritto che “Lo scarso interesse del pubblico italiano verso un certo genere di film d’azione, ha fatto sì che non siano stati distribuiti i molti film interpretati da Lamas dal 2000 ad oggi”. Cioè, rendetevi conto: se non ha sfondato in presenza di un pubblico che si gode le peggiori boiate, qualcosa significherà.

Montagne di muscoli. Ma tanti tanti. Così tanti che non sapevi neanche esistessero nel corpo umano. Io sono convinto che li abbiano impiantati da un elefante. Praticamente una bestia d’uomo. Con una maschera di ferro al posto del viso. Il grande Dwayne “The Rock” Johnson ha perso gran parte della sua capacità motoria facciale in uno dei mille combattimenti Wrestling e ha portato questo suo pregio sul grande schermo. Fornisce chilogrammi e potenza alla recitazione, non portando niente con il viso. Lui rimane là. Sempre fermo. Una sfinge che ti sfida a contraddirla. E io non ci tengo. Assolutamente no. 

“hehehe”

L’abbiamo conosciuto nelle vesti di un “Friend”, ma son sicuro che non lo vorreste come amico vostro: di chi parlo? Di David Schwimmer, attore con la tipica espressione di chi, dopo aver bevuto uno spritz, ti guarda, sorride in modo inquietante ed esclama “heheh…sono ubriaco…heheh” e comincia a rompere le scatole con cose tipo “ti voglio bene…sei un amico…la mia vita è un disastro…voglio una donna…”. Ecco, immaginate di andare in giro tutto il giorno con una faccia così, perennemente sintonizzata su un’espressione da babbeo. Le donne la troveranno tanto carina e pucciosa. Le donne nella finzione, ovviamente.

“anche stasera in bianco”

Lo sfigato di tutte le commedie romantiche. L’ammiraglio della tragedia amorosa. Il paladino delle commedie frizzanti e così vuote da togliere il respiro. John Cusack ha un dono: portare il nulla nella recitazione. Sapete nominarmi un film dove c’è ed è realmente pesante come personaggio? Uno di quelli che cambiano la trama? No. A stento ti ricordi un film. E lo fai perché hai letto il libro di Hornby. Lui però continua a portare in giro una facciotta triste, bastonata e con lo sguardo impallato. Un vero cocker spaniel di sfiga e affetto malcelato. Fa tenerezza, eh! Ma ti verrebbe da prendere un bastone e raddrizzargli la schiena. Non una, tante volte. Nota di merito per il suo sguardo da ciuoto che lo accomuna al grande Cage. 

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“mi sa che non ho pagato l’Enel”

Inerte come un cumulo di ghiaia, Riccardo Scamarcio può vantare una filmografia più lunga di quella di Al Pacino, tanto con quegli occhi verdi e quei ricci neri potrebbe fare quel che vuole. Potrebbe, ma non lo fa:  sublime interprete della recitazione bisbigliata, sicuramente sponsorizzata dall’Amplifon perché hai l’impressione di star perdendo l’udito durante un film, il buon Scafandro pare perennemente bloccato su una esistenziale domanda: avrò chiuso il gas? Il piglio deciso e intenso che vorrebbe assumere con quelle sopracciglia a tetto spiovente rende in realtà la sua recitazione significativa come il Due di coppe a briscola.


Per questa tornata di Facce di Marmo, mi tocca ricomporre una delle coppie più insulse e fastidiose del globo terrestre. Praticamente l’apologia alla distruzione di massa e alla sterilizzazione di certe forme di morti viventi. Fino a poco tempo fa i vampiri erano mostri rispettabili, con sete di sangue e con il morso che è qualcosa di altamente sessuale. Con Twilight e la coppia regina Stewart-Pattinson si riesce a distruggere questo grande mito. Provocante e attrattivo come un gabinetto, con capacità recitative da oratorio ed un potenziale erotico pari a quello delle ciabatte che indosso, il buon Pattinson porta in Twilight qualcosa di simile all’antipatia fatta attore. Già in Harry Potter era simpatico come una colonscopia, in Twilight riesce ad unire nel disappunto sia uomini (che non vedono come non prenda Bella, solo di nome e non di fatto, e la ribalti come una giacca a vento, così, per frustrazione verso l’idiozia umana) sia le donne (che lo vedono con la faccia incavata come fosse reduce da una seduta prolungata sul cesso e non capiscono perché non prenda Bella e la  ribalti come una giacca a vento, così, per frustrazione verso l’idiozia umana). Un miracolo bipartisan. Ha però un grande pregio: riesce a far sembrare attori tutti quelli che lo circondano. Grande! 

Christopher Lambert, lo ricordiamo come Highlander, l’Immortale, come la sua espressione granitica, che sfida i secoli rimanendo sempre fedele a sé stessa. L’occhio spento come un merluzzo rimasto invenduto sul banco pescheria rende la sua presenza in un film così imbarazzante da far sembrare chiunque un vero attore al suo fianco. Anche Nicolas Cage in Ghost Rider ci ha fatto una bella figura, al confronto. Insomma. Ciò che rende Lambert veramente degno di essere studiato è la sua capacità di aver partecipato a film di una bellezza pari a quella di un soprammobile in simil plastica a forma di gondola veneziana che cambia colore col tempo; cioè, una boiata può capitare, due, tre…in fondo anche gli attori hanno un mutuo da pagare. Ma basare un’intera carriera su questo tenore, è da applausi. Grazie Christopher.

MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA per Asia Argento, vincitrice del Premio “Buon sangue non mente”: dai film horror del padre Dario, alla terrificante recitazione da incubo della figlia.

Del riflusso e altri conati

Considerazioni sparse su tovaglioli di carta.

La solidarietà per i tragici eventi in Sardegna proviene anche da persone la cui casa non sarebbe/non era a norma. Ricordo quando dalle mie parti, anni fa, il Sindaco diede inizio ad abbattimenti di edifici abusivi: rivolte, minacce di ritorsioni.
La gente dice, non priva di una certa logica, ma come, ce le avete fatte prima costruire, ora ce le volete buttare giù?
Allora che si fa?
E paghiamo, suvvia!
Fin quando non sussistono rischi idrogeologici non dico sia accettabile, ma quantomeno condonare non si trasforma in un concorso in strage. Ma invece sembra che il condono sia un’immunità totale, come se Madre Natura agisse come l’Angelo della Morte biblico, che sterminò i primogeniti egiziani ma risparmiò quelli ebrei, perché le loro case erano marchiate col sangue di agnello. Ecco, secondo alcuni la natura dovrebbe agire in questo modo, controllare prima se le case abbiano pagato e quindi passare oltre.
Il mio pensiero va agli agglomerati urbani arrampicatisi sul complesso vulcanico Somma-Vesuvio.

Telefono per chiedere informazioni sullo stato della mia pratica. Mi passano una persona con un rapporto conflittuale con la sintassi che mi dice che, sì, stanno esaminando le documentazioni, ma sono molto indietro. In alto mare, direi io. Anzi, staranno tentando di buscar el Levante por el Poniente, quindi si attendono tempi mooolto lunghi.

Qualche settimana fa ho violato una delle verità nella mia autopresentazione: quella in cui affermo che mi piace l’alcool, in tutte le sue espressioni. Purché siano di qualità. Ecco, qualche settimana fa, dicevo, ho partecipato a una festa di laurea e ho bevuto (e tanto) cose che come qualità sarebbero andate bene per spurgare i bagni del Maracanà durante il concerto dei Rolling Stones. Non ne vado fiero, no all’alcool sì a Valsoia eh. Ero un po’ giù di corda e poi si preannunciavano donne ubriache. Che ci sono state. Peccato che ho rammentato che le donne ubriache mi mettono ancor più tristezza, come quelle che fumano volgarmente e quelle che parlano in dialetto (e guarda caso erano presenti tutte e 3 le tipologie insieme!), quindi ho abbracciato la mia nausea e addio.
Rimedi per riprendersi il giorno dopo, rigorosamente in quest’ordine e non tutto insieme ma a intervalli:
1) Acqua calda e succo di limone;
2) Fette biscottate e miele;
3) Una banana.
Calmano lo stomaco e ristabiliscono equilibrio nel corpo.

Mia madre è precaria. L’anno scorso dove lavora hanno provveduto a una stabilizzazione delle dipendenti, anche se ne erano rimaste fuori tre. Tra cui mia madre, ovviamente. La garanzia era che l’anno venturo (ossia questo) si sarebbe provveduto a sanare anche le restanti posizioni. Ora la novità è che La Fondazione non ha i fondi per farvi il contratto e il Comune non ci dà una mano. Per caso quello stesso Comune che spende e spande soldini per feste e festività a imitazione delle feste più grandi organizzate in grandi città, probabilmente colto da invidia del pene? Quelle feste composte da 4 bancarelle in croce dove in una trovi le maglie del Napoli (false), in un’altra l’immancabile venditore di torrone esausto stagionato vent’anni, in un’altra ancora chincaglieria cinese e così via? Quello stesso Comune che ha avuto la geniale idea di abbattere delle panchine di pietra (giustamente i simboli del precedente potere vanno eliminati) solo per piazzarne altre di legno appena comprate? No, forse mi confondo.

Una persona mi ha detto che soffro due volte. La prima per ciò che sento, la seconda per quello che non esprimo.

Volti e colori

Sono trascorse le 9 di mattina ma il vagone è pieno. Nella decenza, come dovrebbe essere un normale treno delle linee locali a scarsa velocità, senza gente costretta a esibirsi in contorsionismi estremi per restare in piedi, evitando compressioni toraciche cause borse e zaini inopportuni e molestie sessuali del maniaco di turno che prova a verificare che lì sotto le valvole pneumatiche funzionino ancora poggiandosi agli altri.

Sono passate le 9, dicevamo, eppure De André avrebbe detto che tante facce non hanno un bel colore. Corsi, esami, lavoro, le probabili necessità che spingono le persone a salire su questo pezzo di latta: mi sento colpevole di essere in viaggio per motivi che potrebbero apparire futili, quali chiedere un’informazione in un Centro e vedere un amico. Certo, vedere un amico non è futile, ma in mezzo a persone che si spostano per dovere sembra stonare.

Nessuno parla.
A parte una donna nervosa, al telefono, che considera importante condividere a voce alta con gli altri passeggeri i propri affari.

Un uomo di mezza età di fronte a me combatte col sonno. La testa cade giù, come colpita da un pugno invisibile. Si rialza, lui non cede.

Una ragazza mostra tutto il suo desiderio inesaudito di rimanere sotto le coperte. È visibilmente raffreddata. Guarda fuori, pensa.
Un’altra, più avanti, sembra non aver dormito. Due mezzelune scure sotto occhi tristi rendono trasparente il suo animo. China la testa, si tocca più volte il piercing al trago.
La ragazza di fianco sembra impaziente, tediata dal viaggio. Starà pensando al perché non avrà preso la macchina.

L’uomo di mezza età ha perso. Il sonno ha vinto. Lo osservo: le mani sono tozze e gonfie, la pelle è più scura rispetto al corpo. Forse è un meccanico, chissà. Non lavora nell’edilizia, sicuramente, perché chi opera in questo campo esce di casa con i pantaloni da lavoro, sporchi di calce e cemento.

Nessuno parla.
Il Governo, il calcio, un calcio al Governo: in genere le conversazioni tipiche da viaggio. Oggi nulla.

E tu, ricordi quando prendesti il treno per raggiungermi? Com’era il colore dei volti altrui?

Cosa vuoi di più? Un Lucano!

C’è quasi da ritenersi offesi che dalla Basilicata e dalla Vallée non siano pervenuti contributi:

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Che poi un po’ vien da sorridere, perché sembra sempre che l’opinione pubblica vegeti in stato di quiescenza, salvo poi, un mattino, rigirarsi dal lato sbagliato e cadere giù dal pero; ricordo ero alle scuole medie (15 anni fa) e già, quando si parlava del problema dei rifiuti, sostenevo che ci fossero responsabilità derivanti dal traffico illecito proveniente da altre Regioni. Non perché l’avessi scoperto io (mi pare un po’ difficile a 13 anni), ma perché in fondo si sapeva. E non avevo nemmeno internet (il che potrebbe essere stato un bene).

Adesso è l’argomento del giorno, il che sarebbe un fatto positivo, se non fosse che il destino degli argomenti del giorno è sempre quello di finire in un polveroso archivio chiamato dimenticatoio.

E non riesco neanche a guardare con favore le manifestazioni in strada: sarò arido, ma dubito dell’onestà di tutti. Sì, certamente il liceale agguerrito di Afragola o la Mamma Vulcanica di Terzigno non saranno responsabili dell’interramento di amianto, ma quanti tra essi avranno una coscienza ecologica? Non lo so, non lo so. Sarà che sono troppo avvezzo a dubitare di me stesso da non fidarmi di nessuno.

Milioni di chilometri

Ho trovato un vecchio biglietto dell’autobus, scolorito.
Frammento di testimonianza di trasferte, milioni di chilometri, di quando tornavo a casa oltre le dieci di sera.

In tv a quell’ora un canale trasmetteva Takeshi’s Castle, filmati vetusti già visti e rivisti, ma sempre piacevoli, leggera compagnia durante la solitaria cena.

Spesso ero l’unico passeggero dell’ultima corsa, avevo stretto conoscenza con gli autisti, discutevamo,qualche volta mi offrivano anche un caffè durante una sosta – non autorizzata – del tragitto.

Una volta uno di loro, che non avevo mai incontrato in quel turno, mi raccontò dei suoi viaggi in Etiopia, per tenermi sveglio. Sua moglie era originaria di lì. Milioni di chilometri, anche lui.

E ora, di tutto questo nulla più mi rimasto, a parte un biglietto scolorito
come una bottiglia vuota lungo un marciapiede, ricordo di una serata
poi passa il netturbino

e se la porta via.

Se li conosci…devi sopportarli #2

Avevo lasciato in sospeso la questione del podio delle persone più fastidiose da incontrare. Voglio ringraziare tutti quelli che sono intervenuti commentando e proponendo altri personaggi.

Per cominciare, ho deciso di ridisegnare la classifica, avanzando soggetti che avevo sottovalutato. Su suggerimento di incostantericerca, L’ingombrante sale sul podio. Tra l’altro, grazie ad amoreplatonico, ho trovato un altro esempio di individuo ingombrante, cioè l’amico al quale devi sempre dare un passaggio in auto perché lui non prende mai la sua. È quello che ti si accoda immancabilmente, senza neanche dire per favore.
Scusa, tu vai alla festa?

Ok, a che ora mi passi a prendere?

Al nono posto, quello lasciato libero dall’ingombrante,  ho deciso di far subentrare una new entry che avevo colpevolmente obliato (ma ringrazio la realtà che mi circonda che mi porta sempre esempi): L’ora d’aria. Parlo del genitore (o la coppia di genitori) che, al ristorante/supermercato/cinema/altri luoghi pubblici, libera i figli come fossero cavalli in una prateria, lasciandoli scorrazzare, disturbare, distruggere e devastare, mentre lui si fa allegramente i propri fattacci.

All’ottavo posto entra L’ipovedente (si ringrazia Raffaeleuds per il suggerimento), facendo coppia con L’audioleso (quando non racchiude in sé entrambe le patologie); l’ipovedente è il tipico tamarro che va in giro con i fendinebbia accesi pure in assenza di nebbia. Spesso monta fari allo xeno, ovviamente non omologati, dalla potenza fotonica che neanche l’attacco solare di Daitarn 3. Quando lo incroci frontalmente ti fanno lo stesso effetto dello sparaflash di Man in Black, mentre quando ce li hai alle spalle ti ricorda Incontri ravvicinati del terzo tipo.

Il complottista, per le sue indubbie doti da rompiscatole della società e disinformatore virale, si merita anch’esso un posto sul podio, come fa notare giustamente anche Jeremy Merrick. Piccola parentesi, il mio giudizio è stato anche influenzato da cose aberranti che sto vedendo condividere su fb, ultima quella del satellite che ci cade in testa (sigh! Fosse vero e colpisse bene!).

Al quarto posto, dopo una lotta combattuta, irrompe Lo skillato, soggetto descritto da mokassino; vediamo di chi si tratta:
Quello che se tu eri grancassa della brigata Alpina Cadore, lui suonava il basso tuba nella fanfara Taurinense e l’ottavino nella banda d’affori. Quello che se tu sei andato in Angola, lui ha vissuto per 2 anni a Luanda. Quello che se tu hai comprato il set per farti la birra in casa, lui taglia il nastro all’Octoberfest. Quello che se tu hai fatto il volontario per il soccorso alpino, lui è stato portato in elicottero per riparare il gatto delle nevi incagliato a -24° di notte sulle Pale di san Martino.

Nei primi tre posti arriva L’autoreferenziale (categoria di cui ammetto di far vergognosamente parte), indicato da rideafa.. Di chi si tratta:
Quelli che quando, per un ingenuo errore, provi a coinvolgerli – che so condividendo un dilemma lavorativo, o anche una idiota domanda tipo rucola o valeriana – annuiscono e, ai fini di un saggio apporto alla risoluzione del tuo problema, esordiscono con “per esempio Io nel caso xyz mi è successo che….” riducendo a bazzecola inutile e noiosa la tua questione (cioè stracatafottendosene). In sostanza, non capisci come sia potuto accadere che da una tua domanda il discorso sia poi finito su quando il suddetto autoreferenziali/presenzialista ha compiuto cinque anni e la torta di compleanno faceva pena. E quando provi a introdurti con un “si vabè ma quindi?”, l’autoreferenziale presenzialista si stranisce pure. Castri cioè il suo flusso di pensiero. Magari l’autoreferenziale/presenzialista ha qualche deficit di accudimento, qualche trauma infantile che tenta, irrimediabilmente, di tirare fuori oscurando infine qualunque ignaro simile che tenti di intraprendere una proficua conversazione. In due, beninteso.

La classifica aggiornata, quindi, è la seguente:

10) Il mujahid vegetariano/vegano
09) L’ora d’aria
08) L’ipovedente/L’audioleso
07) I padri che seguono gli eventi sportivi dei figli
06) Il liceale in treno
05) L’agente ansiogeno
04)
Lo skillato

e, rullo di tamburi, il podio!

Senza titolo-3L’autoreferenziale

Senza titolo-2L’ingombrante

Senza titolo-1Il complottista

Ce sarebbero anche altri,  l’inopportuno, proposto da Erre, il moralizzatore, suggerito da pendolante,  l’anti-italiano pigro di vitadadepressa, quelli descritti da passoinindia…veramente, il bestiario sociale è ricco di esempi 😀

Se li conosci…devi sopportarli

Nel mondo c’è troppo odio, ognuno di noi, nel proprio piccolo, dovrebbe sforzarsi per essere più tollerante e comprensivo.

Ciò nonostante, ci sono categorie di persone che mettono a dura prova i miei esercizi (mal riusciti) di calma zen.

Eccoli, in ordine crescente di fastidio

10) Il mujahid vegetariano/vegano. Massimo rispetto per le scelte di vita delle persone. Ma tu che devi menarla a tutti perché mangi il pasticcio di seitan e tofu alle 12 erbe di aiuola della rotonda autostradale sottolineando il tutto alla faccia di voialtri poveri carnivori, sei pessimo.

09) L’ingombrante. È difficile far rientrare in una sola categoria l’ingombrante, dato che quelli della sua risma sono specializzati in diversi settori. Per dare l’idea, l’ingombrante è quello che occupa due posti auto parcheggiando; oppure, è quello che, in compagnia di altri ingombranti, cammina fianco a fianco al gruppo occupando tutto il marciapiede e anche la carreggiata stradale. L’ingombrante è quello che non comprende un concetto semplice come quello di “lasciare scendere prima di salire” e che, a scuola/all’università/in ufficio, ha una concezione hitleriana di “spazio vitale”, occupando con fogli, penne e cianfrusaglie varie anche l’altrui zona.

08) L’audioleso. Quello che deve far sapere a tutti che in macchina ha montato un impianto audio dalla potenza sonora che andrebbe bene per il  Wembley Stadium.

07) I padri che seguono gli eventi sportivi dei figli. Ho detto tutto. E talvolta le madri sono anche peggio.

06) Il liceale in treno. Anello di congiunzione tra l’odore di ascella e quello di piedi, palesa tutti i caratteri comportamentali tipici dei Primati inferiori. Innanzitutto, ha difficoltà a stare seduto composto, preferendo scalciare, saltare, appendersi alle maniglie esibendosi in esercizi ginnici, prove di forza per le femmine del branco che osservano. La componente olfattiva sembra essere preponderante, ogni gruppo sociale emana un diverso afrore, il che lascia pensare che l’individuo rintracci i propri simili dalle scie di odore. Il liceale manifesta attenzione per suoni ritmati sgradevoli, condivisi a tutto volume col proprio smartphone, che ha imparato a usare evidentemente scimmiottando qualcun altro. La comunicazione tra i componenti della stessa specie è articolata in urla e sghignazzi vari.

05) L’agente ansiogeno. È un individuo ansioso che, invece di starsene per fatti suoi in un angolo a torcersi il colon in preda alla tensione, desidera rendere partecipe gli altri delle proprie preoccupazioni, inoculando ansia come un aspide iniettò veleno nella tetta di Cleopatra. Tu, universitario, ne sai qualcosa: sei lì, pensando al tuo esame da sostenere, all’improvviso si gira questo individuo di fronte che ti chiede: ma tu te lo ricordi il nome del fondatore della casa editrice indicata sul retro di copertina del libro? E se poi lo chiede? Zac! Sei stato infettato.

04) Il complottista. Tu sei evidentemente un Rettiliano pagato dalla CIA e da Antonino Cannavacciuolo, oltre che un povero ignorante – SVEGLIA! – disinformato. È questa l’opinione comune che il complottista medio  ha di te, che osi mostrare senso critico invece di credere ciecamente a tutto ciò che ti dice. A giudicare dalla quantità di complotti e mistificazioni che ci circondano, il complottista dovrebbe essere una persona che vive da solo in cima a una montagna, col proprio orticello e privo di qualsiasi oggetto tecnologico. Poi, invece, ha pc, smartphone, internet (ma non ci spiano?), va a votare (ma non sono tutti degli Illuminati?), mangia le peggiori schifezze (ma non le usano per controllare le nostre menti?), va dal medico quando è malato (ma non ci propina farmaci per dare il via al piano di sterminio di massa?) e frequenta donne (ma non sono la rovina della società da quando hanno deciso di smettere di stare chiuse in casa a fare la calza?).

Per i tre posti del podio si accettano proposte! 😀

Solitudine, chi sei

Solitudine la vana attesa del treno al binario 2,
un ciuf ciuf malandato, affollato, ritardato;
e ripensi ai progetti Grandi Stazioni
e ti chiedi a noi Piccoletti ormai chi ci pensi più;

Solitudine il parcheggio non nato immediato
l’impazienza del gigante alle tue spalle
la lista di onorati avi che gli rammenti
e la sosta a cui rinunci per irritazione;

Solitudine una asettica sala d’aspetto
un centro espiantato da una base X-Men,
a te affidato il ruolo della X, l’ignoto
amici dello specialista a tassametro ti scavalcano;

Solitudine la convenzionale opinione comune
eleva le persone per un Avv., Cav., Dott., Ing. avanti al nome,
salvo profondersi in sbigottimento e incredulità
quando son svelati i loro pederastici prudori;

Solitudine i tuoi messaggi in orari improduttivi,
contatti di educata compagnia
di noia trasmessa come influenza
nell’attesa che ti si asciughi lo smalto sulle unghie;

Solitudine la tua preoccupazione nei miei confronti
che ti preme solo di un’altra tacca al letto
subodorato il tutto prendo le distanze
e non mi chiedi più manco come stai

Solitudine due occhi felini che denudano il cuore
un sussurro sfiorato all’orecchio
e poi una enorme scritta NO FLY ZONE
perché è già classificata come territorio interdetto;

Solitudine il gioco sulla pelle
vestiti che scivolano via
la mente che non si trova più
annegando nel rimorso;

Solitudine, ma chi minchia sei?