Non è che chi produce grappa si trovi dall’altro lato della barriccata

In questo periodo mi trovo a fare selezione di CV e colloqui, per una piccola posizione temporanea aperta dove lavoro. Più che colloqui veri e propri, quindi, sono conversazioni conoscitive. Una volta tanto, comunque, trovarsi dall’altra parte della barricata non è male. Inoltre, l’esperienza mi offre uno spaccato di umanità davvero interessante.

Innanzitutto ho scoperto che proporre colloqui porta sfortuna: molte persone che ho contattato per fissare l’incontro, infatti, spariscono poi nel nulla e non danno più notizie di sé. Se provi a cercarli, sono irrintracciabili. Spero stiano bene. Ovunque si trovino.

Poi c’è chi semplicemente decide di darti buca senza tanti complimenti. Ad esempio, attendevo il contatto Skype di una tizia con cui avevo fissato data e ora del colloquio. La chiamo oggi non avendolo ricevuto e lei mi risponde:

– Sì…veda…poi non si è più scritto perché non sono più interessata, quindi…

Giustamente dovevo arrivarci da solo.

Stessa cosa accaduta con un altro tizio con cui avevo fissato il colloquio giusto ieri per il giorno di oggi e lui mi aveva risposto che appena tornato a casa mi avrebbe inviato il contatto. Mai ricevuto. Lo chiamo oggi 5 minuti prima del colloquio e lui:

– Ah…sì…il tempo che accendo il computer…chiamo io o chiamate voi?

Trascorsi 5 minuti sono passato ad altri candidati perché tanto sapevo non si sarebbe più rifatto vivo. Ed infatti è andata così.

La migliore resta una tizia che avevo contattato per fissare un colloquio. Lei si era registrata sul sito, candidata, con tanto di inserimento CV. Quindi aveva compiuto ben 3 step distinti e, credevo, consapevoli.

Al telefono lei mi fa:

– Ah…Ma la verità è che…non volevo candidarmi solo che non sapevo come annullare.

Immagino che un demone si sia impossessato di lei e l’abbia costretta a registrarsi e candidarsi contro la sua volontà.

A una mia collega invece un tale ha detto che “Non sapeva di essere candidato”. Credo che girerò un docu-reality per DMAX o Real Time con questo titolo.

Uno durante il colloquio mi ha detto che in un precedente lavoro il suo compito era “circonciso”. Volevo chiedergli se mi raccontava qualcosa anche del Bar Mitzvah.

Poi c’è stata una candidata che evidentemente stava scomoda sul divano e continuava a cambiare posizione muovendo il cellulare da un lato all’altro. Le ho chiesto di smetterla perché mi stava facendo provare il mal di mare tramite videochiamata.

Costoro sono quelli che hanno superato la fase di valutazione dei CV: perché infatti i curriculum che arrivano sono anche molto più intriganti.

  • Uno ha apertamente scritto che ha lavorato in nero per lo zio.
  • Uno sul cv ha fatto un elenco di tutte le cose che ha fatto in questi anni, compreso l’aver partecipato a un concorso (superato solo lo scritto), aver donato il sangue (lodevole ma non credo sia un’esperienza professionale), essersi iscritto a un partito politico (con tanto di data precisa come fosse un anniversario da ricordare). Ma la chicca è l’aver scritto che non aveva un titolo che certificava la sua qualifica professionale però aveva l’esperienza.
  • Una sotto la mansione e il nome del datore di lavoro nel campo descrizione ha scritto “Tutto ok”. Ne sono lieto, avrei voluto replicare.
  • Un tale ha scaricato da internet il template del CV Europass e l’ha compilato tutto a mano in stampatello.
  • Una candidata aveva un entusiasmo a mio avviso un po’ eccessivo. La descrizione delle sue esperienze era piena di punti esclamativi: “Il mio primo lavoro!”; “Un lavoro faticoso però guadagnavo bene!”; “Facevo tutto da sola!”.
  • La foto di una era ritagliata da un giornale ed era quella di una rappresentante di prodotti ginnico-aerobici nelle televendite.
  • La foto di un altro tizio era la foto scattata alla sua fototessera appoggiata su un tavolo.

Infine, la vincitrice: quella che nell’intestazione del curriculum, come presentazione, esordisce con “Il lavoro rende liberi”.

Sì. Giuro che ha scritto proprio così.

Poi proseguiva contestualizzando la citazione, sostenendo che questo concetto l’aveva imparato nel corso delle sue esperienze che l’hanno formata eccetera eccetera.

Suppongo che il suo datore di lavoro fosse Goebbels.

Non è che se addenti due volte qualcosa poi ti penti perché è un rimorso

Ho guardato una partita di calcio del Mondiale che mi ha fatto pentire di averlo fatto. Era avvincente come un’autopsia. Il tempo che ho speso per seguirla non tornerà più indietro.

Nulla torna mai indietro, neanche i boomerang se non li lanci bene.

Sono un ostentatore di sicurezza. Predico l’arte dialettica del chi-se-ne-frega e la disciplina agonistica dell’alzata di spalle. Racconto alle persone, con tronfia sicumera, che il passato è ciò che ci definisce, che le esperienze, di qualunque tipo esse siano, fanno crescere, che tutto fa curriculum e che un uovo oggi non ti aumenta il colesterolo.

Dico che non bisogna mai pentirsi delle proprie scelte e che bisogna sempre tirar dritto. Tranne di fronte alle curve, in quel caso ci si adatta.

Ma quando rientro a casa e slaccio la cravatta – che non indosso mai ma mi piace il gesto che si fa per allargarla così lo faccio lo stesso – mi guardo allo specchio e mi dico che mento. A volte esclamo anche Che mento! osservandomi la barba che lo onora.

A me del passato frega eccome. E le mie spalle son forse troppo deboli per riuscire ad alzare abbastanza pesi.

Vivo nei tormenti. Vivo nella vergogna. Vivo in una portiera che sbatte e un messaggio di disprezzo. Vivo nell’errore e nella scelta sbagliata. Vivo nelle porte chiuse di cui mai si conoscerà l’altro lato. Vivo nell’ossessione che la via imboccata non sia mai quella giusta. Vivo. Sopravvivo al passato.

Un giorno qualcuno scoprirà la mia menzogna e la mia ipocrisia.

Quel giorno mi sentirò sollevato.

Non è che forse “figli di buona famiglia” vada inteso come “figli di buona donna”?

È notizia di ieri che sono state arrestate 5 bestie per aver violentato una ragazza.

I commenti al fatto di cronaca erano che fossero “Cinque ragazzi normali”.


Un po’ vaga e lacunosa come definizione. Andrebbe spiegato come invece violenta una donna un ragazzo anormale. I media avrebbero il dovere di informare riguardo ciò, cosicché si possa poi riconoscere un anormale a prima vista.


Il TG Regionale si è spinto oltre, definendoli “Insospettabili” e “Di famiglie bene”.

Mi interrogo sempre su cosa sia una famiglia bene. Ho chiesto a Madre:

– Madre, noi siamo una famiglia bene?
– Tuo padre bestemmia da quando apre gli occhi fino alla sera quando li chiude, secondo te?

Il Sindaco del Comune dove è avvenuto il fatto, intervistato, ha detto di essere scioccato, la loro “È una comunità bene”.

Qui le cose cominciano a complicarsi: non è ben chiaro come qualificare una comunità bene e se per caso esista una sorta di Denominazione di Origine Controllata per distinguerle dalle finte comunità bene Made in China.

Per fortuna il Primo Cittadino ha poi aggiunto che “[È una comunità] di gente che lavora”, che è invece una esauriente specificazione.

Sono passato quindi a farmi un piccolo esame di coscienza: non ero neanche preparato, quindi sono andato giusto a tentarlo.

È da tempo che io infatti vorrei commettere un reato.


Credo che ognuno nel proprio bagaglio di esperienze debba averne uno, per vantarsi con gli amici al pub o per usarlo come arma politica invocando una persecuzione giudiziaria.


Non sono orientato su cose turpi e/o aberranti e/o violente.
Penso più a un qualcosa di artistico, come una rapina in banca o in appartamento degna di Lupin o Diabolik.

Ma prima di fare questo passo, devo pormi una domanda: avrei i requisiti giusti per non essere poi etichettato come un criminale della peggior specie, bensì come “Un ragazzo normale”, “Un insospettabile”, “Uno come tanti che vuol bene alla mamma e sognava di fare l’astronauta il calciatore”?


Credo gli astronauti come popolarità siano un po’ in ribasso, basti guardare gli insulti su internet a Samantha Cristoforetti, il fatto che andare nello spazio costa soldi quando invece potremmo investirli in tangenti sulla Terra, o le questioni sul fatto che il Mondo sia piatto e il cielo una cupola chiusa.


1) Innanzitutto c’è il problema di ottenere il riconoscimento di “famiglia bene”. Dovrò informarmi se c’è un ente preposto a tale scopo.

2) C’è la questione del salutare i vicini tutti i giorni, che sembra sia importante. Io rispetto l’obbligo in parte: c’è una famiglia, che abita nel palazzo di fronte casa, con cui ci si ignora in modo freddo come tra blocchi geopolitici sotto Cortina di ferro. C’è poi la vicina nella casa di fianco, che semplicemente se ti vede fugge via.
Costoro potrebbero costituire un problema e danneggiare la mia immagine nel caso venissero intervistati dalle telecamere di Barbara D’Urso.

3) Il lavoro è il vero nodo spinoso. Nel mio curriculum ci sono dei buchi temporali tra le varie esperienze. Potrei dare la colpa alla congiuntura economica, al governo, alle scie chimiche, a tante cose: ma il messaggio che passerà all’opinione pubblica – e io l’opinione pubblica la osservo bene e so come ragiona – sarà che io non ero un gran lavoratore perché non lavoravo sempre.
Dovrei forse mentire sul cv, allungare qualche esperienza, aggiungerne un’altra qua e là.

4) È necessario assumere un’aria rispettabile ed eliminare qualsiasi oggetto personale che possa essere utilizzato per fornire interpretazioni sulla propria personalità a qualche opinionista: come ad esempio le mie fantastiche camicie che, come dimostra il seguente reperto fotografico, vengono anche copiate:


Io son quello di destra e la risposta è no, io e l’altro tizio non ci eravamo messi d’accordo.


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Mi sono quindi reso conto che è veramente difficile oggigiorno riuscire a passare per un criminale insospettabile. Quindi almeno per il momento il crimine dovrà fare a meno di me.

Tanto sembra che in giro ci siano tanti ragazzi perbene pronti a prendere il mio posto.

Non è che in viaggio puoi fare i conti senza l’hostess

Delle volte, in stazione, mi soffermo ad ascoltare la voce sintetica che annuncia le partenze. Ricorda che esiste altro oltre un mondo fatto di alte velocità e grandi ritardi, di località note e gettonate.

Mi affascinano i luoghi più disparati dislocati lungo lo stivale. Il treno IC proveniente da Nduja Calabra e diretto a Vergate sul Membro è in partenza dal binario 14. Ferma a Sdraio a Mare, Santa Maria di Buonadonna, Città di Bordello, Reggipetto sul Reno.

Mi piacerebbe viaggiare  più spesso lungo lo Stivale, seguire il paesaggio che scorre lungo il treno – perché è il mondo intorno che scorre, il mezzo è fermo, non so se ve l’hanno detto – esplorando la realtà di posti a me ancora sconosciuti.

Poi ricordo lo stress psico-fisico che comporta un viaggio in IC o Regionale e la voglia tende a scemare. Negli IC quando sali a bordo spesso trovi gente che dorme e considera lo scompartimento come composto da due letti, non da 6 posti a sedere. Oppure c’è una famiglia con un numero imprecisato di bambini che si comportano come delle scimmie evase da uno zoo, col beneplacito dei genitori che già sono costretti a subirli a casa e non si prendono quindi la briga di seguirli nel treno.

Non è sempre tutto negativo, però. A volte si fanno conversazioni interessanti con gli altri passeggeri.

Come quando m’imbattei in una coppia di anziani che da Modena scendevano ad Aversa dai parenti. La signora partì dall’Emilia parlando col tipico accento di quelle zone ma man mano che il treno scendeva giù incominciava a cambiare intonazione e parole. Arrivò ad Aversa che parlava come Nino d’Angelo.

Una volta invece mi stavo lamentando con un mio amico seduto di fianco, che mi aveva svegliato mentre mi ero assopito, facendogli presente che mi ero alzato alle 6 e che avevo sonno. La signora seduta di fronte mi fa: Poverino! Si è svegliato alle 6!…Sai a che ora mi sveglio? Alle 3, per prendere l’IC ed arrivare a Pomezia ed essere a scuola a insegnare alle 8:30.

Al che ho imparato una cosa: bisogna stare attenti a ciò che si dice in treno perché ci sarà sempre qualcuno intorno a te che avrà un interesse specifico nell’argomento e/o qualcosa da ribattere. Come quella volta che stavo spiegando a un amico che sul CV quando ci si candida a offerte di lavoro è utile espungere le esperienze non attinenti o poco rilevanti: se ti stai candidando per una banca, non scrivere che in passato hai fatto il bagnino, ad esempio.


DIDASCALIA LAVORATIVA
In teoria, uno dovrebbe preparare un cv fatto ad hoc per la posizione cui si sta candidando.

In pratica, per come la vedo io, nel mondo odierno questa minchiata non funziona più. Se non vuoi stare a casa a videogiocare tutto il giorno a retrogames sugli emulatori online, devi prepararti a fare tutto. Dal cameriere, al postino, al cassiere, all’arzigogolatore, in attesa poi del posto che ti permetta di fare ciò che volevi e/o per cui avevi studiato. Devo togliere quelle esperienze dal curriculum perché non attinenti? Perfetto. Salvo poi venire escluso a priori perché risulterà che dal 2011 al 2015 non ho fatto nulla, così il selezionatore dirà “Ah! Questo di sicuro passa le giornate sugli emulatori di retrogames e non ha mai lavorato!”.


DIDASCALIA SUL RETROGAMING
A proposito di videogiochi: ecco cosa mi sta rovinando la vita in questi ultimi giorni (sono tutti gli originali, non sono meri rifacimenti):
http://www.ssega.com
http://www.snesfun.com
http://www.8bbit.com

per non parlare di archive.org che ha caricato online un catalogo di giochi DOS.

Io vi avverto. Questo l’OMS non lo dice: questa roba fa male più della carne rossa e dà dipendenza più del formaggio che dicono sia come una droga (infatti al contadino non devi far sapere quanto è buono il formaggio nelle pere).


In quel momento intervenne un tipo vicino a noi, dicendo: Scusa perché hai parlato di bagnini?…Sai io sono bagnino, che poi in realtà si chiama addetto alla sorveglianza balneare, ho anche il diploma…
E io gli rispiegai la cosa del CV. E lui di nuovo insistette sul fatto che per fare il bagnino aveva fatto un corso ed era stato certificato.

Insomma, meno male che era arrivato il momento di scendere perché non ho capito cosa si aspettasse da noi, un riconoscimento ufficiale? Un posto di lavoro? Mah.

Un capitolo a parte meritano gli amori da treno. A volte innescati da qualche scambio di parole. Altre volte invece fatti di platonicismo puro, come il Sommo Poeta ci ha insegnato. Basta un dettaglio, il libro che legge, il tipo di abbigliamento, la musica che dalle cuffiette prorompe all’esterno, per farmi capire che può essere la donna della mia vita.


Insomma, una che ad esempio ha una borsa con dei gatti disegnati sopra può essere una cattiva persona? Può essere una ragazza non interessante? Io non credo.

Può essere una malata di mente? Questo è probabile.*


* Io credo che le donne che amano i gatti non stiano a posto con la testa. E lo dico da gatto, amante dei gatti, amante delle donne che sono amanti dei gatti e amato da donne che erano amanti dei gatti.


Almeno fino a che non è il momento di scendere dal treno.

I viaggi lunghi e con soste frequenti hanno quindi un loro perché: purtroppo noto in me un imborghesimento che mi porta a scegliere le alte velocità. E, a tal proposito: perché gli steward/le hostess a bordo di Trenitalia sono sempre scazzati mentre quelli di Italo sono giovani, splendenti e sorridenti come un spot Mentadent?

Sono bello, sono sano, devo fare il vigile urbano. Ma il tempo si ambigua

Il mio curriculum si arricchisce. Dopo gli attestati di stima, ricevo certificati di sanità.

Tu sei una persona sana, uno dei pochi, mi dicono. Sano non inteso nel senso medico del termine, per quello ci vuole un certificato vero.

Credo l’ultima volta che ne ho ricevuto uno di quest’ultimo tipo, sarà stato 17 anni fa. Andai a richiederlo per poter partecipare a delle gare sportive interscolastiche, qualcosa come dei Giochi della Gioventù. A proposito: esistono ancora i Giochi della Gioventù?

L’atletica non va presa alla leggera
Mi iscrissi per l’atletica leggera. Competizioni che non partirono mai per mancanza di fondi. La mia vita scolastica è stata contrassegnata da perenni mancanze di fondi. Mancavano i fondi alle scuole elementari per avere una palestra attrezzata, mancavano i fondi alle scuole medie per le gare e per una sala computer, mancavano i fondi al liceo per una sede nuova (ironia della sorte, dopo aver fatto scioperi e manifestazioni, quando mi diplomai due anni dopo aprirono la nuova sede).

Un medico che da bambino non voleva guarire i ciliegi ma il proprio portafogli
Forse non partecipare fu meglio così. Il mio medico di famiglia mi firmò il certificato senza neanche visitarmi. Sì, ok, mi conosceva, ma non mi sembra un comportamento tanto coscienzioso. Ma il mio medico è più un salumiere: vai lì e ti spaccia un po’ di compresse dopo averti guardato le tonsille. Anche se ti fa male un ginocchio, lui prende la pila e ti guarda la gola. E poi ti rifila antibiotici.

La battuta tipica tra i suoi amici è ricordare un episodio di quando giocavano a calcetto insieme: infortunio di un elemento della squadra, accorre il nostro eroe e qualcuno grida “Chiamate un medico vero!”.

Per lui di certo fatico a dare un attestato di stima.

Io, invece, mi sono un po’ rotto di riceverli. In certi casi è anche controproducente.

Per esempio ho capito che al lavoro bisogna lavorare il giusto. Se mostri di lavorare molto, ti inquadreranno come uomo di fatica e rimarrai rinchiuso in quel recinto di considerazione.

Le situazioni di Lui&Lei
Credo sia questa la fine che ho fatto nei confronti di Giovane Responsabile dal Ciuffo e le Camicie a Quadri (infilate nei pantaloni, vergogna!). Questi nomi diventano sempre più difficili da affibbiare: volendo, dovrei aggiungere Che si fa le Sopracciglia e si Spruzza Liquido Abbronzante. Per carità, nulla contro gli uomini che si curano in modo maniacale, mi chiedo solo come poi funzionino le piccole cose del quotidiano rapportandosi con una donna. Nel bagno ci saranno due armadietti dei cosmetici, Lui&Lei? Serve un bagno spazioso, quindi. Oppure lui usa la roba di lei? Mi immagino poi le scene:
– Caraaaa, e che palle, ti ho detto che quando finisce la crema depilatoria devi comprarla!
– Carooo, alza quel culo liscio e vattela a comprare tu!
– E posso mai uscire per strada con una chiappa depilata e l’altra no?!
– Tanto non ti vede nessuno…a parte me, purtroppo!
– E se succede un incidente e mi devono portare all’ospedale…che diranno?! Metti che mi investano e gli infermieri debbano togliermi i pantaloni!
– Magari qualcuno ti butti sotto, prego succeda ogni giorno che esci di casa. Almeno la smetteresti di consumare le mie cose, anche quelle che non dovresti usare…
– Se ti riferisci a quella volta, ti ho già detto che mi ero tagliato col rasoio e stava uscendo un sacco di sangue e i tuoi assorbenti andavano benissimo per tamponare!
– …

Sì sì, più o meno è così che accade, lo vedo. Mi spiace per te, Giovane Responsabile eccetera. Stavolta sono stato io a inquadrare te.

In un recinto chiuso non ci sto (né con la destra ma nemmeno col PD)
Comunque è un po’ seccante riempire il cv di certificati e attestati.
La prossima persona che mi si avvicina per darmi una metaforica pacca sulla spalla, risponderò con un vecchio classico di Marco Masini.

Ma no, cos’avete capito? Stavate pensando tutti a Vaffanculo, scommetto. No no, io mi riferisco alla sua grandiosa cover di Nothing Else Matters.

E il tempo si ambiguaaaaa

E che dire de l’iguana dei passi tuoi? Picchi di scrittura ineguagliabili.

Masini poi dichiarò che “Ai Metallica piacque”. Credo il testo non l’abbiano letto affatto e non gliel’abbiano spiegato, anche perché è inspiegabile. E considerando che sono più di 20 anni che non fanno un disco che si avvicini alla decenza, i Metallica odierni non sono né autorevoli né affidabili.

Una scrittura ecologica è una bio-grafia?

Ho superato la prima fase di selezione di un contest letterario. Niente di che, non è mica il Campiello. E nemmeno il Premio Seminale Miglior Poesia Onanistica di Vergate sul Membro.

Comunque, mi hanno chiesto di riscrivere la mia biografia, perché quella che ho inviato per la precedente selezione è troppo breve. E che cavolo ci dovrei mettere dentro?

Se dovessi essere totalmente sincero (un po’ come per il curriculum verità), scriverei una cosa come quella che segue. È tutto vero (purtroppo).

Gintoki, vita e opere

Gintoki nasce il giorno dopo il Carnevale di vari anni fa. Tutti pensavano fosse uno scherzo, ma poi dovettero arrendersi alla dura realtà.

Fin da bambino mostra spiccate doti artistiche e creative. Il suo primo interesse è stata la radiofonia, passione trasmessagli dal padre, noto acquirente compulsivo di radio, stereo e impianti hi-fi. Dopo aver rotto vari apparecchi, smontando manopole, staccando antenne, svitando altoparlanti, è stato indirizzato – con efficaci e dolorosi metodi educativi – verso interessi meno distruttivi.

Il secondo amore del giovane Gintoki è stata l’arte, in particolare la pittura. Purtroppo non esistono in circolazione opere del Giovane Maestro: i graffiti a carbonella per il fuoco dipinti sugli intonaci esterni della casa, ispirati alle pitture rupestri di Altamira, sono stati cancellati poco dopo la loro creazione dallo stesso autore, sempre dietro dolorose indicazioni familiari.

È in prima media che viene a contatto con la penna e conosce anche il primo rifiuto editoriale: le sue rime sparse indirizzate alla ragazzina dell’ultimo banco sulla destra, vengono smistate nel cestino della carta straccia. Scioccato dall’evento, riversa il proprio estro creativo ancora sulla pittura. Anche in questo caso, i graffiti a penna bic blu sul banco scolastico non hanno ricevuto il plauso della critica (costituita da insegnante e bidello).

I primi anni del liceo segnano l’ultimo prorompente tentativo verso la pittura: ma i graffiti apotropaici richiamanti divinità falliche pompeiane sui muri dei bagni scolastici sono rimasti ignorati e incompresi.

Dopo aver fatto breccia nel mondo della carta stampata sulle prestigiose pagine dei giornalini di classe, cimentandosi in grandi inchieste come l’inaugurazione di una piazza dopo i lavori di riqualificazione e l’avvio della raccolta differenziata cittadina, ha fatto il grande salto verso le testate giornalistiche, seguendo le imprese sportive delle più importanti compagini calcistiche locali del campionato di settima categoria, una tacca più di Scapoli vs Ammogliati.

Da alcuni anni si dedica con assiduità alla scrittura di racconti, partecipando a concorsi inutili come quello per il quale ha scritto questa biografia.

E comunque, al diavolo i francesi

Era a Parigi. Anno 2011.
Non ricordo in che zona fosse il locale. Arriviamo lì per una celebrazione tra amiche russe e c’è anche questo francese frutto di un incrocio tra Chris Martin e un impiegato dell’ufficio anagrafe. Con tanto di pancetta prominente e calvizie incipiente. Pensavo fosse un loro amico, invece era uno sconosciuto accomodatosi al tavolo per tentare una campagna di Russia. Povero illuso. Chiedere a Napoleone e a Hitler.

Il francese mi rivolge la parola. Gli dico, con le uniche parole di francese che conoscevo, che non parlo la sua lingua. Sembra ci rimanga male. A fine serata mi saluterà con disprezzo.
Bevo un litro e mezzo di Guinness e mangio anelli di cipolla, prima che la compagnia si trasferisca altrove. Potrei imitare Grisù[1] incendiandomi l’alito.

Andiamo nel Marais.
Due lesbiche si baciano appoggiate a una saracinesca. Sono più virili di me. Una c’ha i bicipiti più grandi della mia coscia.
Dobbiamo pisciare. Entriamo in un altro locale. C’è coda al bagno. Un tizio davanti a me mi fa un cenno come per dire “Sì. Devi aspettare”. Bel ragazzo.
Non mi rendo conto che è un locale gay fino a che non passa una giovane cameriera. Sono l’unico a voltarmi a guardarle il culo.
Un uomo pelato esce dal bagno e bacia il tizio davanti a me. Potevi trovare di meglio, amico mio.

Un paio di anni prima avevo avuto altri occasionali contatti con gli abitanti d’Oltralpe. Era in Umbria. Ricordi, Cassandra? Ti portai da lì un portachiavi di legno di ulivo per fartene dono al nostro primo, vero, appuntamento in quella pizzeria del Vomero[2]. Chissà se ce l’hai ancora. Ricordo ancora quando mi toccasti il gomito perché volevi prendermi sottobraccio ma poi, per timidezza, ti ritraesti, camuffando il gesto in un incitamento al suon di un “su, cosa mi racconti?”
Pardon. Sto divagando.
A casa di amici arrivano in visita dei loro amici dalla Francia. Un’allegra famigliola. Il capofamiglia mi rivolge la parola chiedendomi chissà cosa con una frase lunghissima. Hanno tutti questa pretesa che il mondo li capisca quando parlano. Ascolta, amico mio, non siete inglesi. Fatevene una ragione.
Questo è ciò che avrei voluto dirgli.

Il terzo contatto, in mezzo ai due, è stato all’Università. Ho fatto due esami di francese senza sapere nulla di tale lingua. L’unica cosa che ho imparato a dire è Le Ministere des Affaire Étrangères. Ah, e anche  Les Chevaliers du Zodiaque, ma solo perché avevo la versione francese di un videogioco per PS2.
Ah, no, un momento: so anche dire Je voudrais un verre de Sauvignon.

Per questo sul curriculum ho scritto: Francese – conoscenza sufficiente.

[1] Anche se degli anni ’70, ricordo che anche quand’ero piccolo tra fine ’80 e inizio ’90 in tv andavano in onda gli episodi di questo piccolo draghetto

[2] No, ma seriamente. Chi diavolo regala portachiavi di legno d’ulivo a un appuntamento??

CV: Curriculum Verità

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L’altro giorno ho letto un post di Ale22andro che consiglio di leggere: Se il curriculum dicesse la verità. Al che ho pensato di produrre anche io un curriculum il più brutalmente onesto possibile. Questo è ciò che ne è venuto fuori.

Curriculum Vitae

Nome: Gintoki
Specie: Gatto domestico (Felis Silvestris Catus)
Nato a: Napoli Quando:  l’età sufficiente per ricordare il 2° scudetto del Napoli ma non il 1°
Telefono: lasciami il tuo e se sei una donna e ti richiamo
Automunito: quando non serve ai miei
Patente: B in zona retrocessione
Disponibile a trasferte: no perché sono contro la Tessera del Tifoso
Disponibile al trasferimento: sì ma solo a parametro zero

Istruzione e Formazione
Università degli Studi di Napoli Federico II (sono recidivo e poi era comoda)
Laurea magistrale in: Scemenze Politiche II – Il ritorno
Tesi in: Politiche Strategiche di Economia Europea applicate al Tasso di Cambio Lira/Euro che poi i Commercianti ci hanno Marciato sopra Fissando i Prezzi 1000 lire = 1 euro
Titolo: Potrei recitarvi le formazioni di Ungheria – Germania finale dei Mondiali del ’54 e manco ve ne accorgereste
Voto: 110 con calcio nel deretano accademico

Università degli Studi di Napoli Federico II
Laurea Triennale in: Scemenze Politiche, Indirizzo Studi In…utili
Tesi in: Storia delle Relazioni Complicate tra Uomo e Donna da quando è stato inventato il Cavallo
Titolo: Ma davvero vi interessa ‘sta roba che se l’è dimenticata pure quello che ha scritto il libro dal quale ho attinto?

Liceo Classico intitolato a uno scrittore misconosciuto
Diploma di Immaturità

Esperienze professionali
2012-2013
Azienda: Dammi i soldi & Ti rovino Inc. …ulata
Ruolo: Junior Usurer and Extortionist
Potrei dire di aver messo in luce ottime doti di team working e problem solving, se ne avessi capito bene il significato. Sono sempre stato il primo ad arrivare sul luogo di lavoro e l’ultimo ad andarmene, perché purtroppo essendo soggetto agli orari dei treni questi ultimi partivano sempre o troppo presto o troppo tardi.

2011-2012
Azienda: Un uomo con i piedi nel forno acceso e la testa nel congelatore statisticamente ha una temperatura media S.p.A.
Ruolo: Addetto a farsi i cazzi altrui
Tra i miei compiti rientrava quello di inserire i dati mancanti usando la fantasia, attività in cui mi sono distinto per proattività, proditorietà e protervia.
Ho ricevuto attestati di stima per la mia discrezione e riservatezza.Quindi con quelle voci che ho messo in giro sparlando delle persone che ho incontrato, non c’entro.

2004-2010
Giornalista. La mia attività si svolgeva prendendo notizie da internet e riscrivendole cambiando le parole per renderle originali. E quando non le trovavo anche qui bastava usare la fantasia.

Lingue
Napoletano: madrelingua. Buona conoscenza delle radici etimologiche di termini offensivi quali ad esempio Chiattillo, Vajassa, Zandraglia
Italiano: buono. So dire parole come otorinolaringoiatra senza incespicare
Inglese: oh son stato a Londra per ben due settimane
Spagnolo: oh son stato a Barcellona per ben due settimane
Francese: conosco i nomi dei vini e come ordinarne un bicchiere
Tedesco: conosco i nomi delle birre
Giapponese: sufficiente per provarci con una giapponese ma non abbastanza per non andare in bianco

Conoscenze informatiche
So usare Word. Excel lo utilizzo per la squadra del Fantacalcio.
Una volta avevo imparato a usare Access, poi l’ho dimenticato.
Ottima conoscenza di software tecnico-gestionali quali Emule, µTorrent e JDownloader per scaricare utilizzando contemporaneamente ed2k, torrent e link diretti.
Utilizzo la Posta Elettronica, il più delle volte per cancellare lo spam o newsletter inutili.

Competenze relazionali e comunicative
In possesso di grandi doti nelle relazioni pubbliche, mi si nota di più quando non ci sono.
Sono in grado di parlare di cose che non conosco ma per un periodo di tempo limitato.
Ottima capacità di fingere interesse anche quando ascolto discorsi di cui non mi frega una mazza.

Competenze organizzative e gestionali
Una volta mi sono occupato di raccogliere i soldi per un regalo di laurea. Ci siamo ridotti all’ultimo giorno ma alla fine il tizio ha avuto il regalo. Per il resto preferisco sempre delegare l’organizzazione di feste, regali, serate ecc. ad altri: ottime doti di team leading nella supervisione di compiti ingrati da sbolognare a terzi.

Hobby e Interessi extraprofessionali
Mi sono dedicato all’onanismo, disciplina nella quale ho ottenuto soddisfacenti risultati.
Pratico la corsa, in particolare quella per raggiungere il treno.
Ho giocato per anni a calcetto a livello amatoriale, cimentandomi nel tempo in vari ruoli. Attaccante. Difensore. Portiere. Spettatore.
Appassionato di letteratura, cinema, musica a 180° perché mi interesso di tutto senza pregiudizi ma solo a metà.

Autorizzo il trattamento dei miei dati personali purché non mi mandiate le offerte di abbonamenti Sky

Il mosto di Loch Ness

La mia città avrà perso la sua vocazione agricola all’incirca una cinquantina d’anni fa. Ciò nonostante, nei decenni seguenti sopravvivevano gli usi della pre-industrializzazione, grazie a coloro che li avevano vissuti. Così, c’era ad esempio l’usanza di farsi in casa il vino, le conserve, la salsa di pomodoro.

Non che nelle campagne intorno ci fossero chissà quanti vigneti o coltivazioni di pomodori: chi non aveva l’orticello disponibile andava al mercato e ordinava le casse per vendemmiare o pummarolare in casa.

Poi quegli anziani dediti all’autoproduzione son diventati troppo anziani o sono venuti a mancare, così dagli anni ’90 ad oggi si son via via perse le usanze. Quando l’altroieri sera, passeggiando lungo il tragitto tra casa mia e la birreria, sono stato olfattivamente solleticato da un profumo di mosto proveniente da qualche cantina, sono riaffiorati tanti ricordi.

Essendo un cittadino, posso ritenermi privilegiato per aver vissuto certe cose. Per chi avrà vissuto in campagna o in zone dove si mantiene viva una tradizione, saranno cose comuni. Qui non più, invece.
Ero piccolo, ma ricordo.

Ricordo vasconi enormi nella cantina di casa, con questa melma violacea piena di moscerini.
Ricordo il torchio. Me l’hanno anche fatto girare: ne avevamo due, uno più grande e un altro più piccolo, pensavo fosse un torchietto pensato per i bambini.
Ricordo, ma qui ero proprio piccolo (4-5 anni), di aver anche pigiato l’uva con i piedi. Ne ho quasi smarrito la sensazione, anzi, non la percepisco più. Mi è rimasta in testa solo una fotografia mentale di me che tolgo le scarpe e salto in questa bacinella. Ciàf Ciàf Ciàf!

Ah, e le buatte di pomodori. Lì ero l’ingegnere del San Marzano, seguivo tutto il processo produttivo. Dovrei scriverlo sul curriculum.
Allora, prima si lavano i pomodori, in tre bacinelle: la prima, grande e rosso scuro, è per quelli zozzi, poi, quando sono così così, si spostano nella seconda, più piccola e color arancione, e, infine, la terza, la più piccola e azzurra, è per quelli ormai quasi puliti.

Quindi, il processo si divide: una parte dei pomodori si taglia a fette e si pesta (letteralmente) con un mortaio dentro dei barattoli, che andranno poi “cotti” in un pentolone.
Un’altra parte, invece, servirà per fare la passate. Si cuociono i pomodori, poi si versano nella macchina che ne farà salsa. A volte mi divertivo a gettare i pomodori nel tritatore direttamente con le mani: erano bollenti e gonfi, sembravano bombette rosse.
La cosa più divertente era quando bisognava riempire le bottiglie sotto una grossa cisterna gialla con un rubinetto in fondo. Quanta salsa mi son versato sulle mani.
Era tutto grosso. O, probabilmente, ero io piccolino.

Adesso è tutto sbiadito, quasi come non fosse esistito. Una leggenda. Il mosto di Loch Ness.

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L’antidiluviano oggetto che ho rinvenuto in cantina era quello che usavamo per mettere il tappo alle bottiglie. (Si ringrazia lo sponsor, il Sig. Gaierhof. Anzi, se volesse mandarmi una cassa di vino, perché questa l’ho finita…)