Non è che ti serva una cassaforte per i gioielli di famiglia

Mi sono iscritto in palestra.
A dirla tutta io e M. cercavamo un posto poter tirare qualche pugno e qualche calcio a un sacco: lei voleva riprendere kick-boxing, a me piaceva l’idea di provare qualcos’altro rispetto alla piscina, senza abbandonarla.

E poi un abbonamento può risultare più economico che farsi la doccia nel proprio bagno, di questi tempi.

La palestra vicino casa è di quelle aperte dalle 7 alle 23 e ha le formule entra quando vuoi e fa’ quel che vuoi. Sembra un ambiente tranquillo. Non ci siamo rivolti a una palestra di pugilato e/o arti marziali specifica perché cercavamo qualcosa di soft. In genere sono piuttosto cattivi e incazzati gli istruttori di pugilato e/o arti marziali.

La prima settimana un giorno abbiamo sbagliato corso: pensavamo si tirassero pugni ai sacchi e invece ci siamo ritrovati con uno su un palco che, a ritmo di musica, ti incita a mosse di pugilato, taekwondo, muay thai colpendo l’aria come fosse air guitar. Le famose air marziali. Qualche dubbio sull’impostazione del corso l’ho avuto quando, presentandoci prima all’istruttore, lui ha parlato del rilascio della sua prossima release di brani. E io mi chiedevo se fossimo a fare sport o a un Dj set.

Non è stato proprio quel che fa per me, per due motivi:

1) Ascoltare uno che, sempre sorridente per tre quarti d’ora perché deve per contratto trasmettere entusiasmo, grida E…salto! E…calcio! Siete dei guerrieri! Questa è la vostra sfida! mi crea molto fastidio.
2) Va bene che il fine è solo bruciare calorie ma usare delle mosse molto tecniche senza preoccuparsi di far curare l’impostazione non mi sembra molto indicato. E ci si può anche far male se non eseguite correttamente.

Frequentando invece la sala attrezzi ho fatto poi un paio di considerazioni.

La prima è che tanti adolescenti, ragazze e ragazzi, oggi si pompano. Ai tempi in cui andavo al liceo chi faceva sport praticava o nuoto o pallavolo. Qualcuno calcetto, qualcuna danza, ma non c’era molto altro.

Oggi ci sono 15enni con gli addominali di Cristiano Ronaldo. Cristiano Ronaldo di oggi, perché non credo a 15 anni fosse così strutturato.

La seconda considerazione riguarda gli spogliatoi maschili. Più che altro sulla questioni dei pendagli.

In piscina ho notato c’è molta discrezione sui pendagli: ci si cambia sia prima che dopo con l’accappatoio addosso. A me non frega niente e faccio senza anche perché lo trovo scomodo.

In palestra invece si gira tranquillamente per gli spogliatoi con il proprio pendaglio all’aria, avanti e indietro tra docce e armadietti. C’è anche chi si siede sulle panche senza niente addosso e a me non piacerebbe tanto pensare di sedermi con le chiappe nude e sudate dove poco prima magari ci sono state altre chiappe nude e sudate. Senza contare la questione gioielli del pendaglio: se sei nudo, devi fare attenzione a sederti senza schiacciarli.

Comunque mi son chiesto: la palestra incita all’esibizione del pendaglio mentre la piscina no? Come mai, visto che, comunque, in piscina si sta più svestiti rispetto alla palestra? Forse è paura che l’acqua della piscina abbia un effetto vasocostrittore e che, quindi, il pendaglio possa uscirne ridimensionato?

Interrogativi che restano pendenti.

Lo zen o l’arte della manutenzione degli autobus

I mezzi pubblici, gli autobus in particolare, sono un microcosmo. E non solo per il coacervo di batteri, funghi e altre specie ancora non scoperte dalla scienza che essi ospitano.

C’è una varietà umana (e disumana) al suo interno che impressiona.

A cominciare dai conducenti.

Il conducente è incazzato per natura. E mi sono accorto che il conducente romano è incazzato ancor più degli altri, come se fosse un saiyan di secondo livello degli autisti.

Un conducente in un momento di relax

Ho pensato che potesse essere colpa dello snervante traffico romano, delle strade con le buche, dei sanpietrini tutti sfalsati gli uni con gli altri che sotto al deretano hanno lo stesso effetto di una raffica di calcetti alle chiappe. Mi rendo conto che passare una giornata in questo modo non ti renda aperto e bendisposto col mondo. Poi, dopo aver visto dei conducenti al capolinea cominciare il turno già incazzati neri, mi son reso conto che sono avvelenati per costituzione.

Su un autobus italiano pieno di gente il biglietto in genere ce l’hanno giusto un paio di persone, di cui una non l’ha obliterato. Legge di Murphy vuole, inoltre, che la macchinetta vicino la porta dove sei salito non funzioni e tu debba dirigerti verso quella opposta, sgomitando per farti largo tra gli altri passeggeri che aumentano esponenzialmente via via che si riduce la distanza tra te e l’obliteratrice. Uno studio di meccanica quantistica dice che esiste un punto di massimo sforzo oltre il quale non riuscirai più a procedere e dovrai allora allungare il biglietto alla persona più prossima alla macchinetta, che lo oblitererà per te con un misto di fastidio per l’incombenza e compatimento verso di te, come a dire “Guarda ‘sto fesso si fa pure il biglietto”.

Gli autobus sono un mondo di lotta senza quartiere. E a volte pure senza isolato, strada, condominio. Si comincia con la guerra per riuscire a entrare, al suon di “andate più dentro”. Si prosegue, una volta saliti, con la lotta alla fermata successiva, dove chi è fuori spinge al suon di “andate più dentro” e tu ti chiedi ma dentro dove, visto che lo spazio è ormai terminato. Poi arriva quello che ti si appoggia dietro le chiappe e che ha evidentemente frainteso il concetto di andare più dentro.

Un autobus poco affollato all’ora di punta in Italia

Le nonnette sprint sono una categoria a parte. Premesso che il posto agli anziani si cede sempre e comunque e non si fa quindi a gara con loro nell’accaparrarsi un sediolino, la nonnetta sprint appena un posto si libera si esibisce in uno scatto che nella finale dei 100 metri varrebbe la squalifica per partenza anticipata.

La nonnetta sprint sa come far male: per salire e per scendere non esita a darti colpi che non sarebbero ammessi in un incontro di muay thai.

Sugli autobus non manca mai quello che, obbedendo sicuramente a rigidi principi religiosi o morali e scegliendo una vita di privazioni come un asceta, abbandonando quindi la cura del corpo, non ha molta familiarità con l’igiene personale. E così l’asceta gli puzza assai. Ovviamente si posizionerà vicino a te.

Elemento decorativo tipico di questo mezzo pubblico è il turista americano con l’aria da boccalone che va in giro con la Reflex a tracolla bene in vista, il marsupio in vita e il portafogli che sporge dalle tasche, in pratica una scritta “rapinatemi” vivente.

Attendere un autobus è un’altra sfida con le Leggi di Murphy. Arrivi alla fermata quando ormai è già passato (stranamente proprio quella volta era puntuale), attenderai invano per quelli che ti sembreranno secoli, vedendo scorrere davanti a te tutti quelli che non vanno dove ti serve, di cui ne arriveranno anche più di uno, a volte sino a tre di fila con lo stesso numero!