Non è che avremo problemi di gas perché mangiamo male

Come abbiamo saputo tutti e come era preventivato da mesi, sembra che da questo autunno potremmo avere problemi con le forniture di gas naturale.

Visto che ci verranno tagliati i rifornimenti, sono allo studio soluzioni e piani di intervento: io ho intercettato qualche proposta che è al vaglio delle istituzioni.

– Bonus presepe: via a incentivi al riscaldamento a motore animale, sistema combinato bue&asinello. Ecologico e di compagnia! Alternativa possibile: gregge di pecorelle (con pastore) che rifornisce anche di latte e lana.

– Tanta attività sportiva e anche sessuale per scaldarsi nelle gelide giornate invernali. Saremo tutti più in forma e felici.

– Per i pigri c’è invece la possibilità di cominciare a mangiare tanto prima dell’arrivo del freddo, accumulare grasso e andare in letargo aspettando di nuovo il caldo l’anno venturo.

– Passare dagli incendi estivi di boschi e campagne agli incendi invernali così almeno scaldiamo il Paese.

– Ordinare dal Comune di Roma una partita di autobus che prendono fuoco da utilizzare per il riscaldamento domestico.

– Metterci tutti ad alitare, contemporaneamente, così scaldiamo l’aria.

– Risparmiare acqua calda evitando di lavarsi. Qualcuno, che si vede la sapeva lunga, già lo fa da anni!

– Costruire delle centrali a mucche, che, si sa, producono metano nella digestione (qualcuno sul serio ci ha pensato…)

– Trasferirci tutti nei centri termali: staremo strettini ma caldi e con una pelle invidiabile.

– Non cuocere la pasta. Un’idea croccantina per stuzzicanti cene con amici.

– Sfregare penne sui maglioni per produrre elettricità per alimentare stufe elettriche.

Queste e altre proposte per restare al caldo!

Non è che il pomodoro ti può dar buon consigli se è concentrato

Sono giorni che cerco inutilmente di recarmi all’ufficio postale a ritirare una giacenza.

Purtroppo i ticket da prenotare online non sono mai disponibili. In posta invece devi fare la fila per prendere il numero e poi fare la fila col numero. Le persone all’esterno sono sempre di più e non c’è spazio sul marciapiede per mantenere il distanziamento. Tra un po’ si farà la fila per fare la fila per fare la fila per prendere il numero.

Pensavo di aver avuto un colpo di fortuna quando il 31 sono riuscito a prenotare un ticket per sabato 2 gennaio, alle 9:30. Metto la sveglia per sicurezza alle 8:30. Mi preparo atleticamente il giorno prima per affrontare i vecchietti che mi aggrediranno all’ingresso vedendomi arrivare ed entrare subito saltando la fila della fila.

Il sabato mattina non ho bisogno della sveglia. Apro gli occhi col rumore della tempesta di grandine che sta imperversando all’esterno. Va be’ poi smetterà.

Non ha smesso.

Sono rimasto a letto rinunciando a uscire.

Alle 9:28 la tempesta cessa (cessa come verbo e come aggettivo) ed esce il sole. E io il mio turno in posta l’ho ormai perso.

Quello stesso sabato alle 22 la caldaia cessa (sempre verbo e aggettivo) di funzionare, lasciandomi senza acqua calda e termosifoni.

Domenica mattina salta la corrente. Solo da me. Un sovraccarico perché avevo le pompe di calore accese e contemporaneamente Madre ha acceso il phon nel bagno di servizio giù.


A quanto pare l’impianto del bagno di servizio è collegato al mio appartamento.


È scattato il contatore esterno. Il lucchetto del gabbiotto che lo contiene è arrugginito e non si apre più. L’ho scassinato facendo leva con martello e bestemmie. Ci ho messo mezz’ora. Non credo di aver un futuro come topo d’appartamento.

Quella stessa mattina mi è uscito uno sfogo sul labbro. Forse il nervoso.

A pranzo il ragù avevo smesso di sorvegliarlo e si è ristretto troppo. Stava per bruciare. Per salvarlo l’ho diluito aprendo un altro barattolo di passata. Alla fine è venuto buono. Quindi, per pensar positivo e trarne qualcosa di buono dal fine settimana trascorso, ho preso come insegnamento per il futuro far restringere il ragù fino a concentrarlo – magari senza farlo bruciare – e poi riallungarlo.

Aforisma: Concentratevi pure ma non fuori gli uffici postali (ché io ci devo andare)