Non è che il pomodoro ti può dar buon consigli se è concentrato

Sono giorni che cerco inutilmente di recarmi all’ufficio postale a ritirare una giacenza.

Purtroppo i ticket da prenotare online non sono mai disponibili. In posta invece devi fare la fila per prendere il numero e poi fare la fila col numero. Le persone all’esterno sono sempre di più e non c’è spazio sul marciapiede per mantenere il distanziamento. Tra un po’ si farà la fila per fare la fila per fare la fila per prendere il numero.

Pensavo di aver avuto un colpo di fortuna quando il 31 sono riuscito a prenotare un ticket per sabato 2 gennaio, alle 9:30. Metto la sveglia per sicurezza alle 8:30. Mi preparo atleticamente il giorno prima per affrontare i vecchietti che mi aggrediranno all’ingresso vedendomi arrivare ed entrare subito saltando la fila della fila.

Il sabato mattina non ho bisogno della sveglia. Apro gli occhi col rumore della tempesta di grandine che sta imperversando all’esterno. Va be’ poi smetterà.

Non ha smesso.

Sono rimasto a letto rinunciando a uscire.

Alle 9:28 la tempesta cessa (cessa come verbo e come aggettivo) ed esce il sole. E io il mio turno in posta l’ho ormai perso.

Quello stesso sabato alle 22 la caldaia cessa (sempre verbo e aggettivo) di funzionare, lasciandomi senza acqua calda e termosifoni.

Domenica mattina salta la corrente. Solo da me. Un sovraccarico perché avevo le pompe di calore accese e contemporaneamente Madre ha acceso il phon nel bagno di servizio giù.


A quanto pare l’impianto del bagno di servizio è collegato al mio appartamento.


È scattato il contatore esterno. Il lucchetto del gabbiotto che lo contiene è arrugginito e non si apre più. L’ho scassinato facendo leva con martello e bestemmie. Ci ho messo mezz’ora. Non credo di aver un futuro come topo d’appartamento.

Quella stessa mattina mi è uscito uno sfogo sul labbro. Forse il nervoso.

A pranzo il ragù avevo smesso di sorvegliarlo e si è ristretto troppo. Stava per bruciare. Per salvarlo l’ho diluito aprendo un altro barattolo di passata. Alla fine è venuto buono. Quindi, per pensar positivo e trarne qualcosa di buono dal fine settimana trascorso, ho preso come insegnamento per il futuro far restringere il ragù fino a concentrarlo – magari senza farlo bruciare – e poi riallungarlo.

Aforisma: Concentratevi pure ma non fuori gli uffici postali (ché io ci devo andare)

Non è che ti servano le chiavi per aprire una fabbrica

Ho una ex collega la quale, pur avendo io cessato le mie attività lavorative con lei 2 settimane fa, continua a chiamarmi per cose di lavoro.

Oggi la sua maledetta telefonata mi ha fatto sobbalzare.

Il fatto è che sono in attesa di notizie dall’ultimo colloquio e mi trovo in quella fase in cui l’ansia del desiderio di avere notizie logora dentro e mi fa brutto fuori. Avevo dimenticato com’era avere la posta sempre aperta sul pc e correre a controllare a ogni notifica, per poi scoprire che era solo spam con oggetto acqua casalinga purificata. No, grazie, io bevo acqua addizionata da anidride carbonica, malto e luppolo.

Avevo dimenticato com’era non perdere mai di vista il telefono, anche in bagno, perché le telefonate importanti arrivano nei momenti meno opportuni.

Ricordo una volta, anni fa, per un lavoro ricevetti la telefonata positiva proprio in un momento delicato e personale. Chiusi l’acqua, risposi un po’ freddo per l’imbarazzo, alla lieta novella replicai con un Ah…bene. che lasciò interdetto il Selezionatore, ma altro non riuscivo a esprimere in quel momento.

Non so quanto tempo in futuro ancora potrò reggere questi momenti di stress, il pre, il post, il mentr. Ho deciso ancora qualche anno e poi mi metterò in proprio, creerò un’attività, sarò imprenditore di me stesso e quando avrò urgenza di aver notizie da me mi solleciterò senza tema di esser giudicato.

Devo ancora decidere in che campo buttarmi. Forse il camposanto.

Forse aprirò una fabbrica di biancheria intimista. Per uomini e donne ripiegati in sé, attenti alle piccole cose di valore della vita e cul-tori della dimensione affettiva privata. La biancheria intimista è per pelli sensibili, così sensibili ed effimere che in breve volgono nel decadentismo.

Non aspettare di essere decadente: nel segreto del calore domestico, esalta le tue emozioni più che personali indossando un capo intimista!

Non è che serva un osteopata per curare l’indice di ascolto

Ci sono momenti in cui la testa mi va in black out, come se andasse via la corrente e gli omini che lavorano nel cervello – dalle sembianze degli esserini di Esplorando il corpo umano – non possono far altro che fermarsi e incrociare le braccia.

Ad esempio sabato mattina ho avuto due interruzioni di corrente, ravvicinate.

Vado in posta a ritirare un pacco in giacenza. C’è un sacco di gente in fila per bollette e operazioni finanziarie. Il direttore mi vede con lo scontrino e visto che sono il solo a dover ritirare mi fa Dammi qua. Controlla lo scontrino, va da una collega allo sportello di fianco e poi se ne va facendo Vieni vieni. Io lo seguo, nello smarrimento della collega allo sportello e di un paio di persone che assistono alla scena: il “Vieni vieni” era da intendersi “Vieni allo sportello” non “Vieni dietro di me”.

Scena successiva, in piscina. Leggo un avviso che avvisa (che avviso sarebbe altrimenti se non avvisasse?) che da luglio cambiano i turni e si accede solo lun-mer-giov.

Mi rivolgo al tizio della reception:

– Scusi, oggi non si entra quindi? Ho visto l’avviso…
– I turni cambiano da luglio
– Eh, oggi è 1° luglio
– Oggi è 30 giugno
– Ah

Va tutto bene, mi dico. Una volta entrato in acqua posso non pensare a niente per 45 minuti e uscirne rigenerato.

Pronti-via e do un violento calcione al cordolo di plastica della corsia. Col mignolo. Ho passato il resto del sabato a zoppicare. Decisamente non era giornata.

Approfittando del forzato riposo pomeridiano ho però fatto una riflessione, ispirata da un tormentone dei mesi scorsi che ho sentito ritrasmettere in radio. La canzone, di Francesca Michielin (o Michela Franceschin), nel ritornello recita:

Queste cose vorrei dirtele all’orecchio
Mentre urlano e mi spingono a un concerto
Gridarle dentro a un bosco nel vento
Per vedere se mi stai ascoltando
Queste cose vorrei dirtele sopra la tecno
[…] Voglio vedere se mi stai ascoltando

Io mi sono chiesto: che sfizio del piffero è parlare quando non ti posso sentire perché “Voglio vedere se mi stai ascoltando”? È come se io spegnessi la luce e comunicassi a gesti perché “Voglio vedere se mi stai guardando”. È come se ti scrivessi un biglietto e poi gli dessi fuoco perché “Voglio vedere se mi stai leggendo”.

Eppure, c’è tanta gente che a volte si esprime in modo poco comprensibile e si offende anche se non viene capita. Questa cosa mi è capitata con le donne. Si offendono quando pensano che tu non le stia ascoltando, come dice Micesca Franchielin nella canzone. Magari non ho sentito semplicemente perché c’è troppo rumore o perché parli a voce bassa, non perché non voglio prestarti attenzione, cara Micesca!

A volte ho avuto il dubbio di star perdendo l’udito, peccato che l’otorino abbia detto il contrario.

Ma forse non ho capito bene cosa mi abbia detto perché non stavo ascoltando.

Non è che Ajaccio sia impraticabile perché ci son sempre lavori in Corso

In chimica la normalità è la misura della concentrazione di soluto in una soluzione.

Io mi sento poco concentrato in questo periodo e fatico a trovare soluzioni.
Figuriamoci una normalità.

Nella via dove abito stanno costruendo un condominio da 6-7 unità abitative. I lavori dovevano durare 6-7 mesi. Ci stanno lavorando da un anno e mezzo. Non è normale.

Stamattina sono uscito con l’auto. Quando sono rientrato, un’ora dopo, la mia strada, in corrispondenza del condominio di Penelope, non c’era più. Al suo posto c’era un fossato tra un marciapiede e l’altro.


Il condominio di Penelope è quello che viene costruito di giorno e disfatto la notte.


L’operaio nella scavatrice mi fa Devi passare?.
No, guardi, mi piace stare in auto a farmi cullare dal borbottio del motore mentre osservo i lavori in corso.

Non era normale questa domanda.

Non sono potuto passare e ho abbandonato l’auto in strada. Pure questo non è normale.

Tutti i week end c’è il blocco della circolazione, tranne che per le auto Euro-qualcosa. Questo sabato, in giro c’era lo stesso volume di traffico che c’è di solito negli altri giorni. Non è normale.


In pratica l’unico a non poter circolare sono io che ho un’auto Euro-Numero Relativo.


Mi hanno chiesto 5000 euro per un’auto usata 1149 cc e 55 kw immatricolata nel 2010. Non è normale.

Sono uscito di casa il 30 ottobre a mezze maniche come fosse estate. Non è normale.

Il mio medico era raffreddatissimo. Prima di congedarsi, ha starnutito schermandosi con la mano. E poi me l’ha porta per salutarmi. Non è normale.

Le persone stanno male a causa di ciò che è giusto fare. Perché in certi casi se vuoi star bene in realtà stai sbagliando, quindi è meglio star male accettando ciò che è giusto sia fatto. Tutto questo non è normale.

Oggi un anziano signore in fila in posta cantava romanze in un dialetto meridionale indecifrabile. Ha proseguito cantando anche mentre era allo sportello. Ha continuato a cantare mentre abbandonava l’ufficio postale alzando la voce man mano che si allontanava. In barba all’Effetto Doppler.

Mi è sembrata la cosa più normale di questo mondo.

Non è che al pugliese piacciano oggetti di una particolare Foggia

Tra le cose che mi sono capitate ad agosto, c’è quella di aver appreso di un tizio che è stato esiliato a Foggia.

Costui è un classico figlio di papà.


Qualunque cosa voglia significare questa definizione. Vorrei dire, siamo tutti figli dei nostri padri a meno che non ci sia qualcuno prodotto per partogenesi senza intervento maschile.


Il tale viveva a Roma, dove si godeva la grande bellezza romana dando un esame a ogni Olimpiade.

Stando così le cose, i genitori, invece di indicargli la nobile via della disciplina della zappa, l’hanno spedito a studiare a Foggia.

Ho chiesto a un Foggiologo (un esperto di Foggia), ovvero il primo pugliese di passaggio, se Foggia fosse così terribile. Mi ha detto Sì, è un incubo.

Ai Foggiani diritto di replica, la mia casella di posta è sempre aperta (sarà per questo che mi rubano sempre la posta).

A proposito di persone in località improbabili, quando sono andato in visita alla Grotta Gigante fuori Trieste mi sono trovato in compagnia di un gruppo di suore straniere di non so quale ordine.


La Grotta Gigante si chiama così in quanto grotta e gigante: si tratta di una singola cavità e in quanto tale è la più grande del mondo. Mi sono informato, non è semplice essere sia grotta che gigante.


Durante il viaggio in autobus, quando il mezzo ha raggiunto la cima del Monte Grisa, si è intravisto lo splendido Golfo triestino. Una delle suore ha esclamato È l’Atlantico!. Un’altra ha fatto eco Sì, è l’oceano.

A quel punto è intervenuta quella che era evidentemente la scienziata del gruppo, che ha detto Sì, deve essere l’oceano perché è grande.

Non ho commentato.

Uno scorcio dell’Oceano che bagna la costa friulana. Aguzzando lo sguardo si intravede in lontananza la Florida.

All’interno della grotta era tutto umido e bagnaticcio: col 95% di umidità è comprensibile.

Una delle suore invece non comprendeva e si chiedeva Ma perché è tutto così bagnato per terra?.

La scienziata del gruppo, sempre la stessa, è intervenuta dicendo Ci deve essere dell’acqua che scorre di notte che tengono controllata di giorno.

Avrei quasi desiderato intervenire, ma chi sono io per contestare le convinzioni altrui?

Proprio una grotta del Carso

Viviamo in un mondo di persone che contestano, mentre invece, delle volte, bisognerebbe solo lasciar scorrere. Come l’acqua che usano per bagnare le grotte.

L’altro giorno mi ha telefonato il coordinatore del mio lavoro mentre ero in treno. Durante l’emozionante racconto in cui mi parlava di una riunione del 13 in cui darmi un imprimatur, il treno è entrato in galleria e per una 40ina di secondi l’audio è andato via, pur restando in linea la telefonata.


Non so a cosa si riferisse con questo imprimatur, inizialmente avevo capito darmi un primate e io volevo ringraziare ma rifiutare in quanto ho troppi gatti da gestire ci manca solo una scimmia, a meno che con Primate non intendesse un Vescovo e anche in quel caso dovrei rifiutare perché non saprei proprio come accudirlo.


Usciti dalla galleria, con me pronto a scusarmi per l’interruzione, ho ritrovato il mio interlocutore che stava continuando a parlare come se niente fosse.

Perché le sue parole scorrono e formano un grande oceano. Le suore su questo mi han indicato la via (ma non quella di Foggia).

L’apostata del cuore – 17/08/2017 (+ Consulti medici!)

Dopo alcune noie (si veda qui e poi qui la mia risposta), torna la rubrica più amata dagli italiani! O quella era la cucina? E chi ama una cucina? Un cuoco?

Amenità a parte, vi lascio con un aforisma estivo: 

«Il saggio è conscio che l’estate è nemica della preghiera e della meditazione, perché sa che poi gli puzza l’asceta» (proverbio buddhista)


Caro Gintoki,
Penso che si possano amare più persone contemporaneamente. Perché non siamo socialmente liberi di sostenerlo?
Ho trent’anni e sto [ufficialmente] insieme da una vita ad un uomo che mi dà delle cose e sto [segretamente] insieme ad un altro che me ne dà delle altre (quelle che il primo non mi dà e viceversa). Una cosa è certa: è sempre amore, sotto forme diverse. Se qualcuno mi ponesse davanti ad una scelta sarei in crisi. Eppure questa vita è fatta, per entrambe le parti, da pienezze e da vuoti. E i vuoti, le mancanze… sono forti. E le pienezze di uno non compensano i vuoti dell’altro.
Sento che è un’inevitabile condanna. Secondo te posso riuscire a sopravvivere così?
Labia Minora, Bocca Secca (FR)

Cara Labia,
la soluzione è semplice. Trova un terzo uomo col quale stare non ufficialmente ma non segretamente che riempia i vuoti del secondo e faccia il pieno col primo. E se poi non dovesse bastare, trovane un quarto che colmi i vuoti del terzo e sia compensato dal secondo o forse era il contrario. Insomma, vedi tu. Suggerisco un foglio Excel per registrare in partita doppia tutti i movimenti.

Caro Dottor Gintoki, vorrei un parere circa la mia esperienza. Ho sempre ottenuto che lui tornasse da me lasciando che mi lasciasse senza cercarlo, lasciandolo libero di andare. Fin’ora ha funzionato (dieci mesi di frequentazione con interruzioni di durata max 1/3 giorni) ed è tornato puntualmente da me. Ma l’ultima volta dopo 5 giorni non ho resistito e l’ho chiamato.
Risultato: dopo soli 3 giorni di riavvicinamento mi ha di nuovo mollato. Ora non so cosa aspettarmi. So che non andrò da nessuna parte con questa persona perché è totalmente instabile ma non sono pronta a rinunciare definitivamente a lui. Secondo lei che dovrei fare?
Segale Cornuta, Inciviltà Castellana (VT)

Cara, innanzitutto non mi chiami Dottore che poi qualcuno mi accusa di fregiarmi di titoli che non ho. Quindi da oggi preferisco farmi definire Esperto di relazioni umane o semplicemente Esperto.
Venendo al suo caso, consiglio l’acquisto di un collare gps. E già che c’è, anche un microchip all’orecchio in caso di smarrimento.

Gin, sono disperata. Ho conosciuto un ragazzo fantastico, per me è il compagno perfetto, stiamo bene insieme, ma…lui non piace alla mia famiglia perché porta i risvoltini. Non l’avevo detto ai miei genitori e quando l’ho portato a casa la prima volta mia madre a momenti sveniva. Mio padre ci è mancato poco che prendesse il fucile. Hanno detto che non lo rivogliono in casa e che devo smetterle di frequentarlo. Io li ho accusati di essere dei razzisti, loro si difendono dicendo che in casa loro hanno libertà di decidere chi far entrare e chi no. Per giunta ho anche perso il mio lavoro come leccatrice junior a progetto di francobolli per una posta privata perché hanno visto su facebook le mie foto con il ragazzo dove si vedevano chiaramente i risvoltini di lui. Hanno detto non possono tenere a lavorare una che sta con uno così, ne va dell’immagine aziendale.
Cosa devo fare? Possibile che le persone siano così ottuse da non andare oltre il risvolto dei pantaloni?
Pedissequa Mente, Buttapietra Nascondilamano (VR)

Cara Pedissequa, premetto che non ho nulla contro i risvoltini, anzi, ho degli amici coi risvoltini e sono persone proprio come noi. Basta che poi non diano fastidio o non ascoltino in pubblico i Thegiornalisti che poi chi lo spiega ai bambini?
Comunque, è vero che gli altri hanno libertà di decidere. Così come tu hai libertà di mandarli a fare in culo.

Buonasera Gintoki, recentemente mi sono imbattuto nel mito dell’androgino di cui Platone parla nel Simposio, in cui egli afferma che ciascuno di noi è una mezza mela alla ricerca ardua e difficile dell’altra metà che possa creare la mela perfetta. Secondo lei, una cosa del genere esiste?
Palissandro Bianco, Camerino Occupato (MC)

Non lo so, non faccio il fruttivendolo.

Salve scrivo perchè in questo ultimo periodo sn confusa ora vi spiego meglio sn una ragazza di 23anni sto insieme ad un ragazzo da 7anni in questo ultimo periodo sento molto il bisogno di avere un bambino mentre il mio ragazzo dice che è presto lui ha altri progetti nn pensa ancora ad un matrimonio o ad un figlio o forse e la paura di affrontare la cosa le premetto che lui ha 30anni e questo un pò mi preoccupa vorrei tanto sapere perche nn vuole un figlio forse perche nn mi ama abbastanza ma su questo potrei dire di no perchè io so di essere la sua vita io nn voglio un figlio perche ho paura di perderlo ma perchè voglio stare con lui sempre nn sa come ci rimango male quando mi dice che nn vuole figli per il momento ora sl lei mi puo aiutare dandomi una risposta al piu presto le premetto che anche lui vorrebbe stare con me al più presto anche per lui e un pensiero fisso che vorrebbe realizzare al più presto ma forse perche nn ci sono soldi a disposizione in questo periodo aspetto una risposta mille grazie
Asina Ragliante, Metallica in Concerto (RC)

Suggerisco di procedere per gradi. Prima di pensare a un figlio avete provato ad avere della punteggiatura?

Da 2 anni sto con un ragazzo. Ho notato, che quando dormo lui “si diverte” con me, senza il mio eventuale consenso. Ne abbiamo parlato e secondo lui, non c’è niente di grave, perché io sono la sua ragazza. Lavoro su turni vari, e spesso prendo sonniferi per dormire. Ma i sonniferi giustificano far sesso con me mentre dormo? Aiuto!
Bella Addormentata, Cippa di Stocazzo (AQ)

Cara Bella, prova a fargli l’amore nel sedere con una melanzana mentre dorme e poi chiedigli cosa ne pensa.


La prostata del cuore – La rubrica che BigPharma non vuole farti leggere!

Da quando sono bambino mi scrocchia la mandibola. Non lo so spiegare molto bene come rumore, so solo che è fastidiosissimo, diciamo tanti click piccoli! Mi sento spesso a disagio molto quando mangio e parlo. Tutti i medici che mi hanno visto dicono non ci si può far nulla. Cosa posso fare? Ho un suono continuo nella bocca e nella testa!
Delfino Curioso, Santa Maria al Bagno con Stipsi (LE)

Fallo campionare da Skrillex e magari diventi milionario.

Buongiorno, sono mamma di un bimbo di 18 mesi e scrivo perché mi preoccupano alcune cose. Vorrei solo un consiglio: se i miei timori hanno un fondamento e se sia quindi il caso di rivolgermi ad un buon neuropsichiatra. Ha camminato a 13 mesi e da un punto di vista motorio mi sembra tutto ok. Non fa ciao con la manina se qualcuno lo saluta e se poi questo insiste lo ignora. Batte le manine se qualcuno dice ” bravo!” o ” batti le manine”. Gli piace il gioco del bubu settete e ride ma dopo un quarto d’ora di gioco poi smette di ridere e si volta di lato.  I giochi però li usa correttamente. Sa esattamente cosa deve pigiare per sentire una determinata filastrocca o canzoncina. Se però interveniamo io o il padre per pigiare con lui, incrocia le braccine e non fa niente.  Se lo chiamo si gira ma non sempre. Provo a chiamarlo tante volte al giorno fin dal mattino e noto che nel primo pomeriggio già comincia a non darmi più segnali di avermi sentita. Sono sicura che senta benissimo perché se sente anche da lontano la musichina di un gioco corre a prenderlo. Non mangia ancora da solo ma a volte se gli porgo un biscotto lo rifiuta e se insisto lo prende e lo butta via. Quindi ci sono degli atteggiamenti un po’ contrastanti che non mi fanno avere ben chiara la situazione.
Vacca Boia, Apericena (FG)

Cara Vacca, il bambino mi sembra sano e sveglio. Prova è il fatto che ha già sviluppato la capacità di comprendere le rotture di cazzo e come comportarsi di conseguenza.

Salve sono un uomo di 43 anni e dopo 2 minuti di penetrazione ho già voglia di eiaculare vorrei sapere se ho bisogno di fare degli esami. Grazie Mille.
Corto Frenulo, Pioggia nel Pineto (LU)

Ben 2 minuti? A quanto ancora vuol arrivare? Comunque, la soluzione è semplice: faccia fare il grosso del lavoro a un altro e poi intervenga lei per concludere.

Non è che l’affarista a casa abbia solo mobili da incasso

A. ha commesso un errore che potrebbe costarci qualche decina di migliaia di euro, ammesso che il progetto vada in porto.

Ha messo in copia in una mail me e un altro, cosa che il destinatario istituzionale di tale messaggio di posta non vuole che si faccia.

Tutto qui? Una cosa simile costa migliaia di euro?

Le regole non le scrivo io. Sono meccanismi imperscrutabili. Viviamo in un mondo che ruota intorno a cose di cui ignoriamo i lati nascosti.

Le costituzioni non si toccano.
Ma non possiamo esserne sicuri senza aver visto la loro cronologia internet.

I vaccini provocano gli autisti, che infatti sono sempre irritati e in sciopero.

Erano quindi le 8 di sera e via Skype ho detto ad A. – in preda a crisi ansiose autolesioniste a causa dell’errore commesso – di staccare, tornarsene a casa e farsi una dormita.

Giacché io a casa già c’ero andato. Stavo in mutande sul divano a grattarmi i Gintokini e quindi mi sentivo in colpa per la poveretta ancora chiusa in ufficio.


A meno che non fosse anche lei andata a casa e si stesse grattando altro, cosa che avrebbe potuto stimolare un piacevole prosieguo telematico di serata ma ahimé la timidezza reverenziale umana in tali approcci inibisce sempre questo tipo di relazioni.


Lei ha continuato a scusarsi prima di staccare, perché questo errore vanificherebbe un mio lavoro di due settimane.

Io le ho risposto placido e tranquillo, con filosofia: Non fasciamoci la testa prima del tempo.

Sono zen come un monaco?
Ebbene sì.

O almeno è ciò che faccio credere.

In realtà non me ne frega un gatto.

Non riesco a provare irritazione, perché che non arrivino dei soldi alla compagnia non me ne cale né tanto né poco.

E non son quei soldi a pagarmi lo stipendio. Non sono una gallina e non sono pagato a quantità di uova prodotte.

Beninteso, se la compagnia non incassasse danaro, presto o tardi il mio stipendio diverrebbe un onere eccessivo, quindi, che sia in modo diretto o in modo indiretto, la cosa finisce per tangere anche me.


Se fossimo in Marocco finirebbe per Tangeri?


Eppure non riesco a preoccuparmici con tensione emotiva.
È sempre stato così. Non sento lo spirito di squadra intorno al capitale aziendale.

L’ultima volta che invece ho preso a cuore le sorti di danaro non mio, anni fa, mi è poi venuta la gastrite.

E la cosa buffa è che non mi era mai capitato invece per il denaro mio, quello del mio portafoglio. Al massimo è arrivato un rodimento anale, ma quello è scontato.

Non sono comunque scevro da partecipazione emotiva in campo professionale. Ma riguarda più questioni che mi toccano sul personale o che mi provocano una reazione istintiva.

Ad esempio se ti vedo prendere la pizza con l’ananas ti guarderò male per qualche giorno.
E no, non ti giustifico perché non sei italiana: siamo nel XXI secolo e certi valori devono essere riconosciuti altrimenti qui non si capisce più dove stiamo andando a finire.

E tu invece pensi ai destinatari delle mail mentre nel mondo accade ciò?

Non è che una cantante metta maglioni di Lana del Rey

Sono uscito di casa questa mattina mentre il cielo sputacchiava pioggia congelata. Gocce che solidificavano e venivano giù fitte.
Una si è insinuata verso la mia schiena attraverso ombrello, giaccone e scaldacollo togliendomi 5 anni di vita e aggiungendone altri al periodo nell’Inferno che dovrò trascorrere nel Girone dei violenti contro la Divinità.

Mi ero alzato presto per andare all’ufficio postale, appena avrebbe aperto, a ritirare una raccomandata. La rassegnazione dominava su di me come una mistress.
Avevo lasciato detto in ufficio che avrei fatto tardi, non quantificando un orario. Ho dato istruzioni a CR per far avvisare i miei genitori nel caso non avessi fatto ritorno. Si sa che negli uffici postali si entra e non si sa quando se ne esce.

Ero pronto al peggio, mi aspettavo non sarebbe stata facile.
Magari l’avviso di giacenza non aveva il codice della raccomandata scritto in modo chiaro, magari l’avevano persa, magari non sarebbe bastata la carta d’identità e avrebbero chiesto il passaporto, l’estratto conto in banca oppure mi avrebbero fatto togliere la maglia e in quel momento avrei avuto la lanetta nell’ombelico.

Magari qualsiasi cosa.
Invece ne sono uscito cinque minuti dopo.
Io, la mia raccomandata, e la mia lanugine ombelicale che, seppur fossi lavato e vestito da mezz’ora o poco più, sicuramente nel frattempo si era già formata dalla maglietta.

Non me l’aspettavo.
Del resto, ho una tecnica inconscia di modifica del futuro basata sul pessimismo.
Qualche sprovveduto la definirebbe ansia. In realtà è una filosofia di vita. Consiste nel visualizzare gli scenari peggiori affinché non si verifichino e nel ricevere quindi un grado di soddisfazione elevato nel momento in cui gli eventi volgono invece in positivo.


Perché è noto che D= A-R, dove D sta per Delusione, A per aspettative e R per realtà. Se D è negativo ne consegue che la realtà è migliore di quanto ci aspettassimo.


Affinché la tecnica funzioni, è necessario che il pessimismo sia sincero.

Non funziona visualizzare di proposito che le cose vadano male. Il pessimismo spontaneo si sviluppa solo con lunga e costante dedizione, attività degna di un asceta.

L’importante è lavarsi, perché sennò poi puzza l’asceta.
E avrà tanta lana nell’ombelico.

Non è che all’estero sei un donnaiolo solo perché ci sai fare con la lingua

Ore 8:49 di questa mattina:

Sono in attesa del modulo e del documento di riconoscimento, ti ricordo che il termine di presentazione è l’8 ottobre.

Ormai dovrebbe essere chiaro di chi sia questa formale e autorevole mail – cui starebbe stato bene in oggetto un bel “SOLLECITO” – dopo la puntata precedente. Ma certo! È di Padre!

Ieri sera gli avevo chiesto se potevo inviare a lui il modulo per votare dall’estero.


Ora è possibile anche per i non iscritti in AIRE e il modulo può essere inviato via posta, via mail, via fax o consegnato a mano anche da terzi.


Dato che non mi fido della ricezione dei documenti da parte del mio Comune, ho chiesto a Padre se potesse pensarci lui, dato che lavora lì.

Ha preso il compito in maniera molto ufficiale.

Mi chiedo se il postino ungherese riuscirà poi a leggere bene il mio nome.

Quando al lavoro mi trovo a scrivere a consulenti del resto del mondo, ce ne fosse uno che riscrivesse il mio nome, cioè Gintoki, in maniera corretta. Alcuni poi pensano che io sia donna e mi rispondono “Dear Ms. Gintoki”.


E non mi chiamo né Andrea né Rosario, che altrove generano equivoci.


D’altro canto il lato interessante è proprio entrare in contatto con persone di tutto il mondo. Anche se il mio feticismo professionale risiede tutto nel parlare al telefono con gli Albionici sudditi di Sua Maestà, ascoltando il loro inglese compìto e formale.

Il che mi fa sentire tanto in imbarazzo per come parlo io. Non ho un cattivo accento, credo. In realtà non ne ho nessuno. Dico Doctah per dire Doctor come fossi nella BBC – troppe puntate del Doctor Who – e poi dico Torono in luogo di Toronto, come un Canadese. Mi chiedo se suoni buffo.

Dove ho invece difficoltà è nelle parole con troppi salti di consonante e di suoni che danno ai mie discorsi un che di sputacchioso. Aggiungiamo anche che ho la esse come Sir Bisss, quindi credo all’interlocutore sembri di ascoltare Donald Duck.

C’è chi poi la lingua la usa troppo.

Oggi in sede è arrivato il Capo de’ Capis, quello da Bruxelles. L’uomo con l’alito di sala d’attesa fumatori e borsa della palestra.

Ha tenuto in riunione me e CR per un’ora per parlare di aria fritta. Quella che usciva dalla sua bocca.

– Che progetto avete in corso?
– Beh ci sarebbe il Laboratorio ACME in Malawi con lo studio sui silos del grano…
– Ah noi abbiamo fatto in Saudi Arabia il progetto per le warehouse bla bla bla…

Ho già problemi di mio con chi parte per la tangente a raccontare i fatti propri, ma ho ancor più problemi con chi intervalla i discorsi con parole in inglese assolutamente inutili: “Abbiamo fatto questo workshop sulla self employability per incentivare la pratica di threesome gangbang interracial…”


Dopo un po’ smetto di ascoltare e sostituisco le parole con terminologie porno.


Questa sera invece mi è capitato per la seconda volta in pochi giorni che una commessa mi dicesse qualcosa in ungherese e, dopo aver spiegato la mia barriera linguistica, questa sbuffasse. L’ho trovato abbastanza maleducato e, col sorriso sulle labbra, ho risposto A soreta.

Perché in fondo ognuno usa la lingua come vuole.

Non è che un parente incapace sia il cug-inetto

Tutti hanno delle abilità più sviluppate rispetto ad altre. In genere, per ovviare, in questi casi agisce il principio del prestito: ci si appoggia a un altro individuo che ha quantità di skill sufficiente da fornire per ciò che serve.

In alcuni casi la questione assume i connotati dell’assurdo.

Come quando un collega di università mi disse che aveva bisogno di un pacchetto di programmi e non sapeva come fare. Gli dissi:

– Ti do il cd, è già attivato
– E quindi che devo fare?
– Fai partire l’installazione e quando ha finito è tutto fatto
– Ok

Tre settimane dopo, mi telefonò:

– Ciao, senti come devo fare per quel programma?
– Cioè?
– Come si installa?
– …Il programma parte in automatico, devi solo dare conferma a ogni passaggio
– E quindi che faccio, metto il cd nel computer?
– Sì
– E poi che succede?
– Parte il programma di installazione e tu clicchi Ok, Avanti, Installa
– Ok

Non lo installò mai.

Un mio amico invece ha un problema con gli acquisti online.
Non ha una carta prepagata.
Quindi mi dà i soldi e compro io per lui, tanto io so come fare acquisti protetti. Infatti metto un condom alla mia prepagata.


Scherzo, ovviamente.
Il condom lo indosso io quando compro online.


Non ho mai capito perché non si procurasse una carta né gliel’ho chiesto, un giorno però si è deciso da solo ad andare in Posta per averne finalmente una. Non ne ha cavato un ragno dal buco e ne stava uscendo con un fondo pensione.

Allora ho capito che forse non ha la skill per queste cose.

Io invece soffro di inabilità sociali.

Ad esempio, ci ho messo anni a imparare a salutare scambiando il bacetto sulla guancia. È un gesto che cominciò più o meno alle scuole medie, ma nel cui utilizzo sono stato a lungo un inetto. Non ricordavo mai se bisognava salutarsi prima a sinistra e poi a destra o il contrario. Con tutti gli inconvenienti del caso. Credo di aver dato il mio primo bacio a un maschio, ma ho rimosso l’episodio.

Misi a punto allora una tecnica: rimanevo piantato immobile come se avessi una gruccia nelle spalle e sporgevo leggermente in avanti la testa senza muoverla di lato, aspettando che fosse l’altra persona ad approcciarsi per il saluto. In pratica, era come dare un bacetto a Lurch il maggiordomo della Famiglia Addams.

Dopo ho imparato, tengo a precisare.

Un’altra mia inabilità riguarda il momento di congedarsi da un gruppo dove c’è una persona appena conosciuta: è richiesto il saluto sulla guancia o meno? Per alcuni ho notato sembra un eccesso di confidenza ma, d’altro canto, per altri la sua assenza sembra un gesto di scontrosità.

Per ovviare, io saluto tutti a distanza con un cenno della mano amichevole e solenne come il Presidente che scende dalla scaletta dell’aereo e saluta balle di fieno che rotolano.

Sono diventato così bravo in questa posa che penso che dovrei fare il Presidente.

Cercheremo una sartoria per avere un buon tessuto urbano

Stamattina sarei volentieri sceso in strada a tirare due calci a un pallone.

Ci sono giorni in cui una persona si sveglia con un desiderio infantile. Il mio era questo. La giornata era calda per essere dicembre e il cielo sereno si presentava di un azzurro cui non sapevo dare un nome. A casa ho provato a cercare su wikipedia le diverse gradazioni di blu e ho scoperto che l’azzurro di stamattina dovrebbe definirsi blu dodger, chiamato così perché richiama il colore della maglia della squadra di baseball. Mi sono rammaricato di averlo cercato perché mi sembra abbia tolto un po’ di poesia.

Invece di tirar calci sono andato all’ufficio postale. Ho preso il numero: 96. Sul tabellone era segnato il 66. Esco. Passeggio, faccio un giro direi a spanne di 3,5 km ritornando poi all’ufficio postale. Il tabellone segnava 69.

Ho cominciato a pensare a quanti chilometri avrei dovuto fare prima di poter tornare alla posta e trovare poche persone davanti a me. Lasciando perdere i calcoli, sono uscito e ho dato il numero a un signore che stava entrando.

Almeno ho goduto di una passeggiata.

Ho incrociato un paio di volte quelli della municipale, che si aggirano tronfi e impettiti come sceriffi. Ho visto gli ausiliari che si aggirano anch’essi per le strade tronfi e impettiti come sceriffi, ma col passo meno ingessato: i loro pantaloni son più cascanti e non stringono il cavallo.

Ho visto passare una ragazza che ha lasciato una scia di buon profumo. Non mi piacciono però le scie di profumo. Amo i profumi femminili purché la fragranza non vada oltre i 20 centimetri dal corpo della persona che l’ha messa.

Poco dopo dei ragazzi mi sorpassano. Raccolgo poche parole dai discorsi, sento soltanto che “…poi dice che uno le violenta. Si vestono a capodanno per fare le puttanelle”.

Ho riflettuto su quanto e quante volte i discorsi delle persone (nelle maggior parte persone di sesso maschile) finiscano sempre sullo stesso punto. Mentre passavo di fronte al fioraio, che espone delle povere piante grasse spruzzate di colore argentato o bronzeo, mi è venuta in mente il ministro Boschi.

Mi son ricordato di quando all’epoca su internet provai a cercare “ministro Boschi” per capire chi fosse questa di cui tutti parlavano e cosa facesse: i suggerimenti di google erano culo, bikini, cellulite. I primi risultati erano più o meno inerenti questi argomenti. Ricordo infatti i commenti all’epoca dell’insediamento del Governo Renzi. Commenti che, ovviamente, più che sulle questioni politiche si soffermavano su un altro aspetto della neoproclamata ministro.

Perché, che strano, pare che il ministro abbia un culo! Che scandalo, signori. Come, dove, quando? L’avrà pagato con soldi pubblici? È un altro dei privilegi della casta? No, pare che lei cerchi un fidanzato, svergognata: altro che casta.

Quindi se io, ponendo, avessi scarsa stima della suddetta persona, non dovrebbe essere per motivazioni amministrativo-politiche, ma perché la suddetta persona si bea di un culo. Questo è quanto ho appreso dall’opinione pubblica o parte di essa.

E mentre mi dirigevo di nuovo all’ufficio postale, speranzoso in uno smaltimento della folla, incrocio una ragazza che distribuiva volantini con un’offerta del gestore telefonico 3. Ricordandosi di avermene dato uno in precedenza, non prova a darmene un altro. Avrei voluto chiederle: scusami, tu pensi che sia significativo o meno un culo o il fatto che probabilmente questo che stai facendo è un lavoro che ti verrà pagato in nero e nessuno dirà niente compresi gli sceriffi?

Però l’avevo già superata da un pezzo e questo mi ha dato modo di fare un’altra riflessione: è comodo abitare in una città dove puoi spostarti a piedi e puoi, pur magari mettendoci mezz’ora, raggiungere tutto. Credo andrei in crisi in una città più grande dove non posso avere tutto a portata di piedi. Non che io sia così innamorato del posto dove vivo tanto da amare camminarci, anzi, a me delle volte viene proprio l’angoscia e il male di vivere, ma non per l’incartocciarsi di una foglia ma per la serranda arrugginita di un negozio chiuso per fallimento.

Però se mi dovessi trasferire, cosa che stavo pensando avrei intenzione di fare il prossimo anno, preferirei un altro posto dove poter girare a piedi per raggiungere ciò che mi serve. Cosa che non so se mi sarà possibile (andare in una città pedonabile, intendo).

Forse anche questa è una questione di culo.