Ricordo quando sbarcai a Budapest, il 26 novembre scorso.
L’aereo mi sputò in mezzo al nulla. C’erano 3 gradi di temperatura e nevischio e mezzo chilometro da fare a piedi in mezzo alla pista lungo un percorso di ferro che sembrava l’ingresso di un mattatoio.
Avevo dimenticato come fosse low cost il trattamento riservato ai viaggiatori low cost.
L’altroieri sbirciavo il tabellone dei voli, in attesa che comparisse il mio gate di partenza e, nel frattempo, mi divertivo a immaginare come fosse andare in una località a caso tra quelle in lista.
Finalmente poi viene annunciato il gate: A17.
Mi incammino fiducioso. A1…A4 (il preferito dalle stampanti)…A9…A11. Stop.
C’è qualcosa che non va. L’aeroporto è terminato.
Poi, sulla sinistra, noto un foglio stampato con una freccia che indica A12-A19. Mi incammino di nuovo fiducioso giù per delle scale.
Sono un po’ meno fiducioso quando mi trovo all’esterno. Scendo altre scalette e mi ritrovo di nuovo nel percorso-mattatoio.
Sono arrivato al gate poveracci: è un capannone di ferro. Grazie Budapest, mi hai fatto tornare alla mente il mio arrivo, come fosse una madeleine di Proust che poi sembra non fosse una madeleine.
Si dice, infatti, che nella prima stesura di Alla ricerca del tempo perduto non ci fosse alcuna madeleine ma l’equivalente di semplici fette biscottate.
Ci sono altre cose che ricorderò di questi sei mesi qui, cioè, lì.
L’odore che mi accoglieva quando entravo nel sottopassaggio di Nyugati, dalla fermata dei tram 4/6 che tagliano in due la città da Pest a Buda. Lì sotto c’è una hamburgeria che penso serva vomito di hamburger fritto, almeno a giudicare dall’odore di rancido misto a olio esausto misto ad afrore di ascella di runner con tuta di acrilico che pervade quel sottopassaggio.
Al Szimpla, locale labirintico dove se non ci si sta attenti non si esce più – i barbuti che si incontrano lì non sono hipster, è gente dispersa da anni lì dentro stile Cast Away– una cameriera ogni tanto fa il giro e distribuisce carote. Alla mia curiosità la spiegazione è stata che assorbono alcool. Io resto perplesso: se bevo, perché mai dovrei voler asciugare l’alcool?!
La rigida osservanza di alcune regole civili: ad esempio, le persone in fila alla cassa – i supermercati sono i miei luoghi preferiti per osservare il mondo – non posano la propria spesa sul nastro finché quello davanti non mette il divisorio.
Tale e quale come succede dalle mie parti, una volta avevo comprato farina, pomodori e mozzarella e poi è arrivato un tale che, senza attendere, ha riversato la sua spesa sopra la mia: alla cassa ho pagato una pizza margherita.
Una volta ho fatto una prova – la scienza non può avere remore se vuol arrivare alla conoscenza – e non ho piazzato il divisorio: se non fosse stato per la cassiera, quei poveretti dietro sarebbero ancora lì in piedi ad aspettare.
Il vero ricordo di questa esperienza è comunque lui. L’uomo-sandwich di cui avevo parlato qui.
Un eroe dei nostri tempi. Premio Stachanov. Mattina e sera, sole, pioggia o vento, lui è lui a trascinare quel cartellone. Credo, tra l’altro, che ogni tanto cambi articolo: quel che sta pubblicizzando nella foto dell’altroieri è il làngos (pronuncia làngosh), un tipo di frittella su cui sopra ci si può versare di tutto, panna acida, pollo a pezzettini, uova e prosciutto, patate e cipolla, buoi muschiati, servi della gleba e così via.
Ho censurato perché non sta bene fotografare le persone per strada. È un peccato non possiate godere del suo sguardo vivo come una monografia sul cinema muto armeno. Vorrei vedere te, sembra dire. Infatti io sarei ancor peggio.
Sullo sfondo, a destra, il pullman che produce cinesi.
Gatto
tonni a casa???
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Già tornato 😛
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azzz me so’ persa l’arivo 😢😢😢
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E via!… Verso nuove e mirabolanti avventure 🙂
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Sembra un cartone animato 😀
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… e anche un augurio.. 😉
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🙂
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Il pullman che produce cinesi è una cosa sublime.
Lo so, mi concentro sulle note e perdo l’insieme. Colpa tua (io, da che mondo è mondo, non ho mai colpa).
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E se fossero proprio le note il vero post?
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Allora vuol dire che ho guardato la trave nel tuo occhio e non ho visto la pagliuzza nel mio.
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Pensa a Ulisse che pur di non vedere le proprie pagliuzze infilava travi nell’occhio altrui!
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Cosa vuoi farci, per me Ulisse è un po’ un Signor Nessuno.
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Bello il gate madeleine che in realtà è una fetta biscottata. Si può imparare qualcosa da questo.
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Si può imparare a non fidarsi!
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Tu ci sei riuscito?
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Purtroppo mi fido troppo delle mie sensazioni!
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Diamine!
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Se penso ai supermercati qui alle code ecc ecc esce il Germano Mosconi che c’è in me.
Solidarietà all’uomo sandwich..ora come ora temo possa essere il mio futuro..non bene.
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…Anche il mio…Mettiamo su una squadra-sandwich?
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Andata! Saremo il terrore dei marciapiedi di mezza Italia.
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Nostalgia nostalgia canaglia..
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Nostalgia che raglia!
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Bentornato ❤
(ma comè che detestiamo posti e poi appena dobbiamo lasciarli, li amiano?)
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Perché è come per i bambini: finché hanno il giocattolo davanti non ci giocano, glielo porti via e piangono 😛
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welcàm bech
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Denghiu!
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Mi hai fatto venire ancor più voglia di andare a visitare Budapest! Magari evito l’hamburgeria, ecco 😉
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Per lo meno evita quelle nelle stazioni della metro 😀
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direi proprio di sì! 😀
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Due cose, gatto. La prima, ora non saprò più quando passi per il blog; secondo, ti sei appena perso il campionato nazionale ungherese di schiattamorti a Debrecen. Sembra che la squadra locale abbia trionfato riuscendo a scavare una fossa in meno di mezz’ora.
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“ora non saprò più quando passi per il blog”
Non l’ho capita
Il campionato becchini sarebbe stata una cosa da seguire, in effetti. Poi pensa, se uno si sentisse male, vuoi mettere la comodità? (parafrasando Totò)
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Sulle statistiche vengono fuori i paesi da cui vengo letto, di conseguenza sapevo del tuo passaggio quando usciva “Ungheria”…
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Ahahah maledetti tracciamenti, nessuno è al sicuro.
Allora non ti resta che attendere un mio altro trasferimento oppure che qui da noi facciano una secessione e proclamino di nuovo il Regno di Napoli 😀
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