Ho scelto una camicia con una trama particolare, una trama avvincente anche se si perde un po’ nel finale.
Mentre la abbottono scorrono i titoli di testa di un film in tv. Poi appare il culo di Scarlett Johansson, distesa sul letto, in mutande rosa semitrasparenti.
Le miei inquietudini sono come quel culo. Le tengo coperte, ma traspaiono.
Vorrei avere la spontaneità di quelli che liberano i propri guai come fosse togliersi un paio di mutande.
Un conoscente stasera arriva, saluta, ordina da bere, commenta qualcosa su un incontro del campionato di calcio in corso al momento, poi fa “Domani esco con una. Dopo due mesi, mi sono deciso, devo riprendermi, sono stato troppo male adesso dovevo fare qualcosa dovevo darmi una mossa e ripartire”.
Ecco, così si fa. Ci si denuda senza fronzoli.
Non come il culo di Scarlett Johansson che è lì, è presente, è vivo sullo schermo mentre scorre il film, ma non si mette allo scoperto.
Ma io lo preferisco così. Perché io sono come quel culo. Anche se mi vedi, non mi coglierai a nudo.
Ho impiegato un mese solo per raccontare che avevo un nuovo lavoro. Per dire. Ho i miei tempi per mettermi a nudo.
Nel frattempo, resto statico come un fermo immagine mentale. Come quello di Scarlett Johansson sul letto che continuo a figurarmi.