Non è che.


Questo post non ha un titolo umoristico con i soliti giochi di parole perché mi sento malinconico. Quindi è da intendersi Non è che ci sia un errore, il titolo è proprio così.


Sono tornato a Kerepesi questa volta volontariamente, deciso a scattare delle brutte foto dall’andamento sbilenco.


Il Kerepesi è un vecchio cimitero di Budapest, risalente a metà dell’800.


Ho questa brutta piega che mi porta a rendere storta qualunque cosa, una linea tracciata a mano libera – o anche ammanettata, una foto, una curva disegnata con l’auto e cancellata dalle gomme, una scritta su un quaderno senza margini di miglioramento.

Mi manca artisticamente il senso della profondità e qualche volta infatti sarò stato invero superficiale.

Superficiale come quella volta che non capii che mi stavi comunicando un disagio e io da 2000 km mi feci piccolo piccolo agli occhi tuoi credendo di ergermi a grande.


È facile rendersi uomini piccoli in maniera inversamente proporzionale all’apparenza di grandiosità che ci si vuol dare, come una puntata di Tom & Jerry in cui Tom beve una pozione per diventare mostruosamente grosso ma più voleva esser grosso più lui diventa microscopico.


Ho sempre odiato Tom & Jerry e mi sono sempre chiesto perché nell’iconografia del fumetto e dell’animazione i topi debbano essere invece simpatici ed eroici. Sono giunto alla conclusione che deve esistere una lobby del roditore che vuole inculcare l’idea che un topo possa risultare gradevole.


Di nuovo mentre passeggio senza uno scopo e senza una scopa per spazzarmi via i pensieri mi arrivano dei flashback. E allora per distrarmi ho cercato il gatto che avevo visto l’altra volta, ma non c’era, perché i gatti sono così, spariscono quando li cerchi e non sai dove vadano.

Ho incrociato un paio di persone durante il mio girovagare: uno che sembrava un tedesco e l’altro che pareva un allevatore di pecore e dall’incrocio è venuto fuori Rex. Oppure Ratzinger.

Ho osservato le lapidi e i monumenti funebri fino a che qualcosa non mi ha chiamato a sé. Era l’uomo di questa statua, parte di un monumento, minaccioso e pronto ad assestarmi una crociata sulla testa per i miei peccati.


Una crociata è un colpo di croce.


Fotor_145485574385570

Ho atteso il colpo per lungo tempo, forse un minuto o anche un minuto e una pannocchia, ma non è accaduto nulla. Deluso, mi sono messo alla ricerca degli angeli. Ne ho volevo qualcuno inquietante che mi ricordasse una puntata del Doctor Who:

Fotor_145485459172287

Fotor_145485453222429


Nell’universo del Dottore, gli angeli di pietra sono alieni che hanno l’apparenza di statue fin tanto che li si osserva. Appena si distoglie lo sguardo prendono vita.


Nel cimitero ci sono delle tombe perse tra gli alberi, completamente avvolte dall’edera. Sono lì da chissà quanti anni e discendenti che le visitano non ce ne saranno più.

Non so se sia giusto che giacciano così abbandonate, senza manutenzione e pulizia.

Ma questa è una città spartana.


L’uso dell’aggettivo spartano per indicare qualcosa di rozzo, privo di eleganza e fronzoli, è in realtà errato. A Sparta erano colti e raffinati, ma l’immagine austera e severa è frutto della propaganda della lobby ateniese.


Eppur mi chiedo, se qualcuno un giorno vorrà cercare quei resti in che modo potrà identificarli? Forse tu, tra plebei tumuli, guardi vagolando ecc ecc?

Sono andato via mentre il cielo si rendeva cupo, facendosi Foscolo.

Non puoi scrivere come un Prévert se sei soltanto un pervert

Didascalie che non hanno trovato una collocazione in post passati perché non sono state approvate dalla riunione di redazione tra me, me stesso e io. Alcune erano troppo lunghe per essere note ma troppo brevi per generare un post.


Questa nota non fa parte dell’elenco e serve solo a precisare che per salvaguardare gli occhi del lettore ho pensato di non rimpicciolire il testo delle restanti note.


ABILITÀ
Con l’arrivo della frutta autunnale posso riprendere i miei esercizi di chirurgia. Con il ritorno delle clementine ricomincia la mia lotta con la peluria bianca intorno agli spicchi. Li ripulisco con un lavoro certosino.

Sono ancor più pratico con forchetta e coltello nel mangiare l’uva.
Come si fa? È semplice: la forchetta tiene fermo il chicco, il coltello in mezzo ai rebbi lo divide a metà e, poi, ne asporta i semini uno a uno, avendo cura di lasciare intatta la polpa.

A volte penso che tutta questa manualità sia stata sprecata. Avrei dovuto fare il chirurgo.

Anzi, vista la mia abilità e precisione nel ripulire le ossa di pollo, sempre con forchetta e coltello, forse avrei dovuto fare autopsie.


ATTORI ITALIANI
Gli attori italiani hanno due modalità di recitazione: il sussurrato e l’urlato.


CONSERVAZIONE DEI CIBI
Quando il formaggio grattugiato assume in frigo il medesimo afrore di un calzino di spugna sudato, forse è il caso di gettarlo.


DONNE
Da conversazioni raccolte in giro, l’uomo ideale delle donne è dolce e sensibile ma duro e deciso, romantico e poetico ma carnalmente passionale, un po’ stronzo ma non stronzo, divertente ma serio, colto e sportivo, misterioso ma aperto, fisicato ma in realtà non conta, e tante altre cose che non è detto debbano escludersi a Vicenza: Tony Stark infatti le racchiude tutte.


EDUCAZIONE
Fino a una certa età, i genitori educano i figli.
Dopo, dovrebbe avvenire il contrario.


FILOSOFIA
Agli amori platonici c’è chi preferisce quelli socratici: che si concludono col veleno.


MOVIMENTI GASTRICI
Le farfalle nello stomaco stanno bene solo con panna e prosciutto.


OBLIO
Mi capita spesso di oscurare persone su fb perché non ne posso più di trovare i loro post nella home. Ci sono:
– donne sull’orlo del suicidio che condividono tutto il giorno link sulla vita che è un mazzolino di speranze nell’angoscia della notte (© Elio e le storie tese);
– donne che erano sull’orlo del suicidio ma che hanno appena accalappiato un fesso ragazzo e condividono link sull’amore che è un apostolo rosa in mezzo a un gruppo di mujaheddin dell’IS;
– CONDIVIDI!!!! DIFFONDI!!! INCREDIBILE!!!!;
– vegani/animalisti oltranzisti: ho un problema con quelli che sembrano perennemente incazzati con gli altri;
– madonnari/padreppiisti: idem come sopra, ma per il motivo contrario. Ho un problema con quelli che sembrano amare tutti e che ogni giorno postano una foto di Maria che gioca a #escile aprendosi le vesti e mostrando però un cuore enorme. Anche perché li conosco benissimo e so che non amano affatto tutti: come diceva Bukowski, i migliori a odiare sono quelli che predicano amore;
– quelli che al confronto Goebbels sembrerebbe un moderato. Anche se loro precisano che “non hanno nulla contro…”.

A volte mi chiedo invece in quante home restanti io compaia ancora.


SCRITTORI
Philip Roth ha più libri pubblicati che anni sul groppone.
Tanto il Nobel non lo vincerà comunque mai.


SCRITTORI/2
Per comporre un libro di Murakami occorrono:
– qualcuno che sparisce
– un ragazzino
– un adulto
– due donne
– sesso tra le due donne
– qualcosa di fantastico/sovrannaturale/illogico all’improvviso
– qualcuno che muore
fine.


TITOLI
Il titolo di questo post era una nota. Questa nota non era niente perché è stata creata adesso per spiegare il titolo, che era in realtà una nota.


Non è che siccome sei un artista puoi fare il quadro della situazione

Ho saputo che nella casa dove vive la mia amica sono arrivati due tizi. Inizialmente non graditi, perché quell’appartamento era sempre stata abitato da ragazze e la mia amica si era trasferita lì appunto per questo motivo.

Uno dei due si definisce “artista espansivo”, giuro non sto inventando nulla. Quando l’ho saputo ho immaginato un tale che va in giro ad abbracciare la gente e dar loro pacche sulle spalle.

Invece pare che un “artista espansivo” sia uno che prende vecchi oggetti o rottami, li aggiusta e dà loro nuova vita, “espandendo” la loro vitalità, la loro potenzialità intrinseca.

Insomma, è il tipo di persona che vorrei incontrare quando mi sento frustato per avere qualcuno da insultare.

Infatti l’altra sera, mentre ero dalla mia amica, sono andato nella stanza dei due tizi e ho spostato i loro oggetti. Tipo invertire i deodoranti, i libri, cambiare di posto alle sigarette.

L’artista – riflettevo – va a vivere da solo, ma la madre cucina per lui e gli rassetta la stanza. L’artista quindi è colui che non si occupa delle vili faccende domestiche.

Mi ricorda quelli che lasciano casa perché non sopportano più i genitori, salvo poi potersi permettere di vivere da soli perché i genitori sostentano le loro spese. Sarebbe bello se i genitori dessero loro un motivo in più per essere odiati, smettendo di trasferir denaro ai figli.

Per carità, io non posso parlare, dato che i miei genitori purtroppo devono ancora in parte contribuire al mio baritono (non posso mantenere un tenore) di vita. Però io ho superato quell’età in cui posso permettermi di odiare i miei genitori. Adesso sono loro che hanno l’età giusta per odiare me.

Oggi ho compiuto un atto artistico. Il mio portafoglio, che si era bucato lasciando pericolosamente fuggire le monetine, è stato da me rabberciato con un pezzo di stoffa. Sono emotivamente legato a quel portafoglio, quindi mi dispiaceva separarmene.

Ora il mio dubbio è: avendogli ridato nuova vita, posso considerarmi un artista espansivo? Il problema è che espansivo non mi ci sento affatto – può, ad esempio, peggiorarmi la giornata se una persona che non è nella mia green zone mi tocca -, quindi non vorrei usurpare un titolo.


La green zone è una categoria comprendente persone che possono prendersi delle libertà con me, tipo toccarmi, fare battute, prendere miei oggetti.


Ho pensato allora di creare una nuova corrente: quella dell’artista introverso. L’artista introverso non espone le proprie opere, esercita la propria arte in via solitaria e nascosta. Una mostra di arte introversa sarà composta da una stanza vuota o da una stanza di teli che coprono non si sa cosa.

Se volete essere artisti introversi, potremmo unirci e creare una scuola. Dove ognuno si farà i fatti propri.

Non è che se sei partenopeo e sostieni il Papa puoi atteggiarti a guelfo di Napoli

2015-08-26 16.30.12

Mentre scattavo questa foto sono stato bonariamente preso in giro per essermi comportato da turista. Avrò visto questo panorama migliaia di volte – da diverse angolazioni – e chissà quanta gente avrà scattato la medesima foto.

Eppure c’è un meccanismo perverso in tutto ciò, la voglia di rubare un qualcosa che è di tutti ma vorresti far tuo.


DIDASCALIA GEOLOGICA
Ho constatato che, erroneamente, da parte di molti non Campani il Vesuvio viene associato a questa forma che ricorda un po’ un cappello da cowboy – che in realtà poi sarebbe un serpente che ha divorato un elefante come ci hanno insegnato ne Il Piccolo Principe:

È un’identificazione erronea, in quanto il Vesuvio vero e proprio è il conetto alto sulla destra, mentre l’altra punta è ciò che resta del Somma, un antico cono vulcanico al cui interno poi sorse il Vesuvio e il cui versante dal lato del mare è poi collassato.

Molti ignorano che il versante opposto, quello che dà sull’entroterra, è rimasto invece in piedi, cosicché ciò che noi entroterranei vediamo è questo:

Un frastagliato tronco di cono, in pratica.


Fin quando si tratta di rubare con una foto, va bene. Penso a quelli che invece si portavano via la sabbia dalle spiagge della Sardegna, o i sassi dalle montagne nei parchi naturali. O al turista tedesco di cui parlai che in una cisterna romana a Chiusi voleva staccare un pezzo di muro.

E ripensavo quindi oggi al post in cui diamanta poneva la differenza tra turisti e viaggiatori. Il turista alla fine vuol solo dire di esserci stato e vuol “rubare” una qualche testimonianza della propria presenza.

Il viaggiatore non è una presenza, non timbra un cartellino: il suo è un flusso, o forse più propriamente un’onda che viene e che va. E l’onda conosce tutte le coste su cui si infrange e collega con un filo invisibile tutti i posti che ha visto.


DIDASCALIA-FREDDURA
Ma un ornitologo timbra il cardellino?


Non so dove volessi arrivare con questo post se mai si possa dire che io cerchi di giungere a qualcosa, di sicuro però a dispetto del titolo non mi sono cimentato in dissertazioni su papi, imperatori o cesaropapismo, per quanto interessanti sarebbero state.


Per cesaropapismo si intende il fenomeno dell’unione di potere temporale e potere spirituale concentrati nella persona del sovrano. Un esempio odierno potrebbe essere rappresentato dal Regno Unito, dove la Regina è capo di stato e capo della Chiesa anglicana.


Il buono, il brutto e il gattino*

Il-buono-il-brutto-il-cattivo-cover-vcd-front

Mi interrogo, a volte, sul significato dell’essere una brava persona. Non è un qualcosa di facilmente definibile, in quanto per poter dare una definizione è necessario concordare dei parametri entro i quali la definizione sussista e sia verificata.

Quante volte sentiamo dire di qualcuno che è una brava persona? Quali sono le coordinate che lo definiscono come tale?

Potremmo prendere come riferimento i comandamenti biblici. Bisognerebbe prima mettersi d’accordo su quale versione adottare, se quella riformulata dalla Chiesa Cattolica o la versione più aderente al testo ebraico, che, tanto per fare un esempio, negli ammonimenti finali non si limita a un generico “non desiderare la roba d’altri” ma entra più nello specifico:
Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare sua moglie, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.
(nota: nella versione cattolica il versetto è stato utilizzato per comporre il nono e il decimo comandamento)

Partiamo dalla premessa che se il divieto di non uccidere è esteso anche ad animali quali insetti e lucertole io allora nel corso della mia vita ho violato tutti i comandamenti così come stabiliti nella versione cattolica. Compreso quello di non rubare, in quanto a 8-9 anni in un supermercato GS ho impunemente sottratto una sorpresina (un orrendo portachiavi-zainetto di nylon verde e blu) da una confezione di merendine del Mulino Bianco. Oramai il reato sarà caduto in prescrizione quindi confesso pubblicamente.

La versione ebraica dei comandamenti mi offre invece degli scampoli di salvezza, in quanto non ho mai desiderato né il bue né l’asinello di qualcuno – neanche quelli del presepe – e ancor meno di avere qualcuno in schiavitù!

Una sola volta ho chiesto un bove e mi hanno opposto un rifiuto: mi han dato il cosiddetto bue di picche.**

Esistono temi che sono condivisi da più civiltà: l’omicidio e l’adulterio, per esempio, ricorrono in più testi.

Nel Dhammapada è scritto

Tutti temono il bastone, a tutti è cara la vita:
considerando sé stesso uguale agli altri,
non si uccida né si faccia uccidere

oppure

Acquisizione di demerito, un destino malvagio,
il breve godimento di un uomo spaventato
nelle braccia di una donna spaventata
e il re commini una grave punizione:
perciò l’uomo non si accompagni con la donna altrui

Ma i precetti non credo bastino a stabilire un canone di parametri consoni a definire una brava persona: se così fosse, tutti coloro che si astengono ad esempio dal furto e dall’omicidio entrerebbero automaticamente nel novero dei buoni. È chiaro che, oltre allo star lontani dai comportamenti socialmente e giuridicamente scorretti, occorra anche un’atteggiamento attivo da parte della persona. Io ad esempio, pur avendo un passato da Arsenio Lupin e un presente ancora attivo di atti impuri (ma non di adulteri, tengo a precisare!), tendo a considerarmi sostanzialmente una persona buona. Se non altro perché se non quotidianamente ma almeno con una certa regolarità una buona azione la porto a termine. E lascio il posto agli anziani sui mezzi pubblici (tranne in Giappone, dove mi è capitato che fossero gli anziani a cederlo a me!) e, se il marciapiede è stretto, scendo per lasciar passare anziani e donne. Osservo in generale le normali norme di cortesia civile.

Eppure, così come esercito un certo doverismo nei confronti della società, così mi perdo nella gestione delle relazioni più strette. Posso dire che sono una frana nei rapporti interpersonali e negli obblighi che esse comportano, sia nel relazionarsi con semplici conoscenti che con persone più vicine.

Volendo essere più concreti, io sono il tipo di persona cui basta poco per sentir scaldarsi il cuore. Andare a comprare il latte insieme, prendere un tè coi biscotti fianco a fianco, addormentarsi tenendosi la mano: potrei scrivere un trattatello apologetico del quotidiano di un rapporto, delle piccole cose che insaporiscono la vita come il coriandolo e il cumino nelle cucine di Masterchef, che io vorrei capire perché cazzo in ogni ricetta devono per forza entrarci coriandolo e cumino, perché il coriandolo non possono chiamarlo semplicemente prezzemolo, e, soprattutto, perché il giudizio dello chef deve sempre comprendere la parola “croccante”.
Scusate.
È il risultato di genitori che guardano Masterchef a tavola.

Eppure questi condimenti non sono sufficienti.
Perché poi, per carattere, sono anche freddo, aspro, duro. Come un limone dimenticato in frigo. Che tutti prima o poi hanno provato a spremerlo, senza risultati soddisfacenti.

Sono una persona diversamente affettiva.
O meglio, affettivo a corrente alternata.

Mi schermisco dicendo che sono un gatto e se ho scelto tale animale non è solo per simpatia verso il felino ma perché mi comporto in modo uguale. Difendo sempre la categoria dei gatti da accuse superficiali, come quella di essere animali opportunisti e anaffettivi. Però è anche vero che il gatto ha una psicologia tutta sua e se vuol starsene per cazzi suoi siatene pur certi che lo farà a prescindere da tutto. A prescindere da voi. E a me questo sembra naturale e comprensibile, anche troppo. Per molti no e non mi sento di dir che siano in errore.

Seppur conscio della sensazione di esser in difetto, reitero determinati atteggiamenti. È tipico di chi ha l’abitudine a star solo, per scelta e non per condizione. Nel solitario persiste una ritrosia all’abbandono delle barriere con le altre persone, che siano conoscenti, parenti, amici, partner.

In virtù di ciò, nei parametri che definiscono una brava persona inserirei la propensione all’altro, che contempli un margine di “cazzi propri” (per usare termini scientifici) che sia compatibile con le esigenze proprie e di quelle del prossimo. E a volte anche del remoto.

 * Il titolo pensavo fosse una mia idea. Poi per scrupolo l’ho cercato su internet e ho scoperto che esiste un libro intitolato in modo uguale.
** sono una persona orribile perché faccio battute simili.