Non è che puoi menare il can per l’aia: al massimo potrà dire “bau”

Oggi mi hanno raccontato una delle storie più divertenti e interessanti che ho ascoltato nell’ultimo anno. È un fatto vero, o almeno il tizio che me l’ha raccontata così dice: non so se sia tutto reale, mi piace comunque pensare che lo sia. Non mi sento, purtroppo, di riportarla integralmente qui perché sarebbe uno spunto interessante per scriverci un racconto e non vorrei quindi rovinare la storia all’amico, diffondendola in rete. Basti sapere, per farne capire il livello di interesse, che ci sono: una blatta (soprannominata Gregory), un cocktail con degli orsetti gommosi dedicato a un tizio che si è urinato addosso, pompieri che irrompono in casa e pensano a un sequestro, Carabinieri che irrompono in casa (chiamati per il sequestro), uno zio che sviene e tante altre cose ancora. Se non è questo materiale di qualità per un racconto, che altro, dico io: pensate che con del materiale di sterco sono riusciti a fare ben 5 stagioni della Casa di Carta!


Attenzione: questa affermazione potrebbe urtare la sensibilità dei fan della Casa di Carta.


E tutto ciò è avvenuto al tizio nell’arco di una serata/nottata.

Il mio agosto in ferie non è stato così movimentato e particolare come la storia di cui sopra: posso al massimo segnalare un cinghiale che di notte ha attraversato la strada davanti l’auto, per dire. Diciamo che l’eccezionalità dell’evento sta nell’averlo incontrato in un paesino di montagna: oggigiorno i cinghiali li trovi in spiaggia, in centro città, sembra che alla fine nei boschi non ci viva più nessuno.

Sempre in tema di animali, un cane durante le vacanze mi ha aggredito tentando di mordermi. Era uno di quei cosi grandi come un topo ma rabbiosi, ringhiosi e rancorosi come Vittorio Sgarbi. Avrei potuto calciarlo in touche in stile rugby o provare un tiraggiro come Insigne, solo che poi avrei dovuto vedermela con la padrona. Padrona che, per giustificarsi, ha detto che purtroppo il cane da quando sono entrati i ladri in casa ha paura quando vede estranei.

Ho capito, ma io cosa c’entro coi ladri?

Mi ricorda la tizia che una volta incrociai in un sentiero tra i boschi di Monfalcone: andava a spasso con dei cani, sciolti. Io stavo per fatti miei e camminavo usando un bastone come rinforzo. I cani mi vedono e mi inseguono e provano ad addentarmi i polpacci. La padrona non batte ciglio e mi fa: “Eh hanno paura del bastone”.

Ah, chiedo scusa: guardi cosa faccio, per punirmi ora me lo infilo nello sfintere, così da farlo sparire e chetare i suoi botoli.

Non ho problemi coi cani; non nascondo che non è che mi facciano impazzire – a parte i cagnoni giocosi e un po’ tontini in stile Mr Peanutbutter – e la mia attenzione per loro è la stessa che potrei avere per un Potamocero (un parente africano di maiali e cinghiali): ok, interessante, ma poi il mio interesse scema e mi guardo in giro a cercare dei gattini.

Il mio problema sono i padroni. I padroni, quelli sì, sono proprio delle belle rotture.

In vacanza sulle spiagge ho potuto ammirare anche diversi tatuaggi interessanti, da un punto di vista antropologico: credo esista una categoria – forse è un fetish – che definirei “Padri Pii brutti”.

Sempre in spiaggia ho potuto ascoltare un tizio che dispensava la sua conoscenza a un gruppo di persone; in sintesi lui affermava:
– siamo delle cavie per i vaccini;
– i vaccini ci modificano il DNA;
– e comunque ricordiamoci che se non fosse stato per Trump non saremmo riusciti ad avere i vaccini.

Mi ha lasciato parecchio confuso su quale fosse quindi il suo orientamento in merito. Poi mi sono immerso in acqua per cercare sollievo da questi discorsi calpestando dei ricci.

Poi ci sarebbe altro ancora da raccontare ma il post rischia di diventare una proiezione di diapositive delle vacanze. Quindi chiudo bruscamente mettendo un’immagine che sento mi rappresenta molto.

(Nota: trattasi di una linea abbandonata-don’t try this at your linea di metropolitana)

Non è che per sollecitare il tuo fisico devi spedirgli una raccomandata

Sono tornato dall’osteopata/fisioterapista dopo due mesi di stop dopo l’intervento. Con le piscine ancora chiuse e la noia che mi prende nel fare esercizio da solo a casa, sentivo il bisogno di una supervisione di un esperto per praticare un po’ di attività a corpo libero.


Anche perché il motivo per cui sono andato dal fisioterapista la prima volta è che durante il lockdown generale nel fare esercizio da solo mi sono incriccato il trapezio.


Mi ha rimproverato di essere risalito in bici dopo soli 40 giorni dall’operazione. Secondo lui è troppo presto e le sollecitazioni sulla zona interessata non sono indicate in questa fase.

Riconosco il suo parere di esperto anche se, confesso, non ho intenzione di seguirlo, seguitando a salire in bici.


L’osteopata/fisioterapista è un professionista che lavora bene, ma il suo approccio olistico non mi si confà in pieno. Per dire, alla prima visita posturale mi esaminò anche i tatuaggi perché a suo dire minano l’equilibrio corporeo. Magari è pure vero, eh.


Avrei voluto commentare che ci sono state anche altri tipi di sollecitazioni nella zona interessata e avrei voluto chiedere che tipo di implicazioni avrebbero, ma sono sempre molto riservato e timido sull’argomento sessuale con gli estranei – pur se professionisti – e i non estranei e gli estranei non binary (che sono quelli che non riconosco né come estranei né come non estranei).

Ricordo quando parlai la prima volta con il chirurgo che mi avrebbe poi operato. C’era anche M. con me. Io gli stavo facendo alcune domande generiche sui tempi di recupero e il ritorno alla normalità.

Poi M. tagliò corto chiedendo: «Sì, per quanto riguarda la riprese di attività ludico-sessuali?».


Che è una domanda più che legittima e tecnicamente medica, ma così all’improvviso non me l’aspettavo.


Così come sono più restìo a parlare del mio privato in pubblico, sono molto pubblico qui su questo spazio privato, giacché qui posso vestire i panni dell’esperto.

Salve, mi presento, Dott. Gintoki, Piacerologo. Mi sono dottorato con una tesi dal titolo Piacer figlio d’affanno? Siamo sicuri non sia un figlio illegittimo?.

Quando scrivevo Non è che ti serva chiedere indicazioni su come si raggiunge il piacere avevo concluso la mia breve dissertazione sul tema dell’orgasmo femminile con un «E sicuramente me ne sono persi altri ancora».

All’epoca ancora non avevo esaminato tutte le potenzialità di una persona come M..

Mi piacerebbe tanto ora millantare mie grandi capacità amatorie tal da consentire le manifestazioni fisiche che descrivo di seguito, ma credo semplicemente che sia lei, così poliedrica e frizzante, a offrire di sua sponte vario materiale di osservazione e studio in merito.

Detto in soldoni: il soggetto di studio – giacché questa è una ricerca scientifica per il mio prossimo libro, dal titolo Perché rompere il cazzo agli altri invece di utilizzarlo (il cazzo)? – conosce il soddisfacimento sotto aspetti diversi, che esterna senza tabù.

Ad esempio, una volta all’apice aveva assunto un’espressione, con un occhio girato all’insù e uno socchiuso, che mi ricordava qualcosa. Appurato che non fosse un principio di emorragia cerebrale, ho ripensato ai miei ricordi cinematografici e mi è venuta in mente Brigitte Helm in Metropolis:

Un’altra volta invece, al culmine, ha avuto uno sfogo così rabbioso che pensai stesse per impersonare Tony Montana.

E un’altra volta ancora si ritrovò in stile Esorcista a fare il ponte all’indietro. Non so se dovrei etichettarlo sotto i “cinematografici” o sotto quelli “possessione demoniaca”.

Sono invidioso e ammirato, invero. E anche curioso.

Sto pensando a quali altri riferimenti cinematografici ci si potrebbe ispirare:

Psycho: un urlo alla Janet Leigh sotto la doccia. Occorrerà poi prepararsi all’arrivo della polizia che qualcuno sicuramente chiamerà.
Il Signore degli Anelli: un bel sibilante Tesssssoro!.
L’avvocato del Diavolo: incoraggiare al grido di «Si! Dacci sotto, vai figliolo! Coraggio, molto bene, tienila stretta questa furia, vai!»


La scena in cui Keanu Revees/Kevin Lomax spara inutilmente ad Al Pacino/Satana.


Full Metal Jacket: nel caso il partner rischi di “anticiparsi”, sottolineare la cosa, con disappunto, con la battuta «Ma Cristo di un Dio, ma cosa fai, stai venendo?».


Riferita alla scena dell’addestramento massacrante cui viene sottoposto il soldato Palla di Lardo.


Il Padrino: «Che ti fici mai per meritare questa mancanza di rispetto?» Questa la utilizzerei in caso di orgasmo mancato.

Che grande il cinema!

Non è che per ristrutturare casa chiami Ivan Zaytsev perché come alza i muri lui nessuno

L’assistente dell’osteopata mi osserva mentre faccio gli esercizi di allungamento.

Per fare conversazione, mi chiede dei miei tatuaggi. Le parlo del Viandante che ho sull’avambraccio sinistro, che non conosce. Poi mi fa: «Ma tu hai fatto architettura, quindi?».

Ora, perché la passione per il quadro di Friedrich debba essere correlata agli studi in architettura, mi sfugge. Capisco che il primo anno in quella facoltà facciano storia dell’arte, ma non è proprio il primo collegamento che mi verrebbe in mente parlando di un quadro.

L’architetto è un soggetto particolare. Secondo me quello bravo unisce il senso pratico dell’ingegnere con la morbosità di un erotomane. Tu vedi una parete, lui la vede nuda e poi vestita in mille modi come piace solo a lui.

Dare carta bianca a un architetto è pericoloso: ci disegnerà sopra qualcosa che lo eccita.

Io starei cercando di modificare un po’ casa. Mi sono trasferito nell’appartamento che era dei nonni, inizialmente pensavo in via transitoria, poi i colori a zona e il lavoro da casa mi fanno pensare di restare qui.

La cosa più complicata è stata prendere le misure delle pareti con un metro pieghevole che ha ormai le giunture di un ottantenne. Infatti mi ritrovo dei centimetri che ballano tra una stanza e l’altra, e ogni centimetro balla poi una melodia diversa.

Stavo impazzendo quando tra cucina e soggiorno mi trovavo che la parete in comune da un lato era più corta di mezzo metro rispetto all’altra.

Poi ho scoperto che, anche se dall’esterno sono perfettamente in linea, all’interno una stanza è più corta dell’altra. L’ho comunque misurata un altro paio di volte in giorni diversi perché cominciavo a temere la casa fosse viva e mi stesse prendendo in giro.


A tal proposito, se volete un libro che vi farà venire l’inquietudine dello stare chiusi in casa, consiglio Casa di foglie, romanzo di Mark Z. Danielewski.


Prima di pensare di sistemare la casa attuale mi stavo un po’ guardando in giro. Ho visionato annunci e contattato agenzie.

Ci sono due tipi di agenzie immobiliari, mi sembra di aver capito:

– Quelle che contatti e sembra che tu stia dando loro fastidio, al che vorresti chiedere «Ma volete darla via questa casa o vi piace tenervela?»

– Quelle che contatti una volta e ti inizieranno a mandare proposte di continuo, molte delle quali fuori budget ma loro ci provano.

Poi ci sono gli annunci, alcuni dei quali sembrano avere senso dell’umorismo:

  • Centralissimo: un concetto molto vago. Da un punto di vista teorico, ogni punto in sé può essere un centro, basta tracciarvi intorno una circonferenza. Fa niente che all’interno di questa circonferenza ci siano solo terra e sterpaglie, un centro geometrico è un centro!

 

  • Solo persone referenziate: di certo prima di affittare una baracca in rovina uno vuole esser certo di darla a una persona affidabile.

 

  • A pochi passi da…: chi scrive così lo capisco, io ad esempio non ho problemi a spostarmi a piedi, ma ci sono persone per le quali fare 500mt a piedi è una cosa scocciante e ti romperanno le scatole dicendoti «Ma quanta strada mi fai fare?»; il concetto di pochi passi ha un valore molto relativo e varia da individuo a individuo. Però direi poniamoci un limite: sopra il chilometro, non sono affatto pochi passi.

 

Chissà che penserebbe il Viandante, se solo avesse studiato architettura!

Non è che il tennista meteorologo sia esperto in rovesci di pioggia

Nella puntata precedente avevo raccontato di uno pseudo apprezzamento ricevuto da due tizie reduci da Oxford.

Oggi sono ripassato per la stessa strada e mi sono trovato di nuovo davanti le stesse due fomentatrici di adenoidi. Quando le ho superate, una delle due mi ha fischiato un fiuu fiuu – era più o meno così, scusate ma non so fischiare – alle spalle.

In realtà non so se ce l’avesse proprio con me ma comunque ho accelerato il passo.

Ho visto che lavorano in uno studio di tatuaggi. Tatuaggi brutti e tamarri, a giudicare dalle foto esposte e dalle decorazioni corporee delle due Naiadi.

È da un po’ di tempo che camminando per strada mi sento come un clown e di attirare l’attenzione. A tratti ho l’impressione di dimenticarmi come si cammina: mi guardo i piedi chiedendomi se sto passeggiando correttamente e in quel momento inciampo. Anche su una strada liscia come un tavolo da biliardo riesco a incespicare in un ostacolo invisibile.

Ieri mentre mi avviavo verso la stazione è arrivato un temporale. È bello crescere ma riuscire ancora a farsi sorprendere dalle cose come un bambino: a me capita di farmi sorprendere dalla pioggia.

Fortuna che mi sono ricordato di avere un ombrello nascosto in fondo allo zaino.

Quando ho ripreso a camminare, ho visto una ragazza rifugiarsi al riparo sotto il primo balcone disponibile. Aveva un biglietto per la metro ben visibile in mano – non ho capito perché i biglietti della Linea 2 sono degli enormi e scomodi scontrini – e lì per lì ho pensato di offrirle un passaggio sotto l’ombrello visto che andavamo verso la stessa meta, 200 metri più avanti.

Non che io sia abituato a gesti di cavalleria con le persone sconosciute: ho sempre l’incubo che mi scambino per un maniaco e urlino e la SWAT cali dall’alto per immobilizzarmi e arrestarmi. Ma visto che ora viviamo in un buon momento storico per essere bianchi e italiani e non amare la pacchia dei balconi, ieri mi sentivo più sicuro di me.

Nel momento in cui ho pensato di avvicinarmi ho messo il piede su un chiusino. E lì ho realizzato che la struttura della suola delle Converse non le rende adatte a calpestare una superficie metallica e bagnata ma l’utilizzatore di Converse non lo sa e vola (per aria) lo stesso.

SGUISH

Son slittato avanti e son rimasto in equilibro su una sola gamba con l’ombrello che mi ha per fortuna fatto da contrappeso impedendomi di cadere lungo per terra. Altro che Mary Poppins.

Il tutto sotto gli occhi della tizia, alla quale vista la mia l’esibizione non ho offerto alcun passaggio tanto la pioggia stava pure smettendo e poi con questo caldo rinfresca pure, no?

Non è che al dark piacciano i fagioli con le gotiche #2

Mi sono tatuato di nuovo. Questa volta ho deciso di alzare il livello di sfida scegliendo più inchiostro e una zona più sensibile:

Fotor_152423241818246.jpg

Sono tornato dalla stessa tatuatrice della volta scorsa, la gotica. È sempre interessante confrontarsi con lei. Ci ha tenuto a raccontarmi delle sue esperienze di auto-ipnosi in cui fa dei viaggi extracorporei col proprio corpo astrale.

Io nel frattempo pensavo “E mi faccio infilare un ago nel braccio da costei…”.

Ha riscosso molti apprezzamenti questo nuovo lavoro. Nello stesso pomeriggio, mentre ero seduto al bar, una signora con le braccia piene di scritte in fontminchia* mi si è avvicinata e mi ha fatto, indicandomi il braccio:

– Posso vedere?
– Certo…
– Bello…bellissimo, veramente…senti ma cos’è??
– Sarebbe una veduta della Terra dalla superficie lunare…
(fa una faccia come a dire “Mecojoni”) Bello…Io me ne devo fare un altro, mi devo fare una scritta, però deve essere una scritta di quelle importanti che rimangono che anche a distanza di anni uno si ricorda, va bene, scusate il disturbo ero stata attirata perché avevo visto la pellicola sul braccio, grazie buona serata!

Quindi come se io non attirassi già abbastanza persone strane di solito, ora mi sono aggiunto qualcosa addosso che ne attira anche di più.


* Il fontminchia è quel corsivo che va tanto di moda per i tatuaggi per le scritte tamarre, del tipo Familia, Vida Loca, Quel che non ti uccide ti fortifica, Fedez.