Non è che se hai caldo ti lanci sul buffet perché è un rinfresco

Frammenti casuali e discontinui di vita gattuta.


Oggi nel Centro dove lavoro ha fatto visita il megadirettore, sceso dal Nord. Sono andato in ufficio invece di restare a casa in telelavoro con la speranza che, per l’occasione, ci sarebbe stato un rinfresco. Le mie aspettative sono rimaste deluse e c’è stato solo un momento di raccoglimento collettivo in cui il Mega invitava a fare domande e/o lamentele e ricordava che la sua casella email è sempre disponibile.
Gli scriverò lamentandomi dell’assenza di un rinfresco.

La Costiera Amalfitana, posso dire una cosa che tutti sanno ma non osano dire, è un posto bello ma non ci vivrei e anche un posto vivo che non ci bellei. A riprova di ciò va considerato che:
– un qualsiasi luogo che in linea d’aria dista pochi km comporta mezz’ora di tornanti con autobus che ti arrivano addosso in senso contrario, senza rallentare;
– scendere a piedi comporta scalinate, tante. Lo scendere comporta più allenamento che a salire;
– considerato il costo delle strisce blu – quando se ne trovano, libere -, conviene collezionare un paio di multe;
Allora perché ci vai, è la domanda che ti fanno di fronte alle difficoltà summenzionate; niente, amo l’avventura e i clacson bitonali degli autobus.

Sono tediato dalle discussioni di attualità come se stessi guardando una partita di calcio noiosissima che si è trascinata ai supplementari, poi ai rigori e dopo 5 serie di calci di rigore stanno procedendo ad oltranza. A quel punto vorresti solo che finisse, non importa manco più la squadra che ti appartiene, basta che si possa porre fine allo strazio, quindi tifi per un’eruzione vulcanica.

Ci sono persone come me – ho scoperto di non essere tanto solo – che quando leggono di personaggi disfunzionali e/o negativi – spesso letterari – si pongono il problema se per caso non abbiano delle caratteristiche in comune con costoro.


In genere poi mi convinco ovviamente di avere anche io le stesse caratteristiche del personaggio disfunzionale.


Si sta avvicinando settembre, quindi vuol dire che la mia mente si metterà all’opera nel cercare qualche nuova attività da intraprendere. Non faccio mai buoni propositi alla fine dell’anno, né a dire il vero a fine agosto: sento però sempre l’esigenza di partire con qualcosa di nuovo con l’approssimarsi dell’autunno.
Le opzioni che sto vagliando sono:
– fare teatro
– iscrivermi a un corso di spada medievale
– iscrivermi a scherma
– andare a menare calci nella palestra di M.


Nel senso la palestra dove va, non che sia la sua.


L’essenza della serenità per alcune persone ho scoperto può risiedere in un pantaloncino. Sul serio. D’estate c’è chi, a causa di caldo, sudore e sfregamento, soffre molto nell’interno coscia. È un problema che avevo anche io da bimbetto, poi è sparito da solo. Comunque, per farla breve, c’è chi mette dei pantaloncini aderenti – tipo quelli da ciclista ma senza imbottitura – sotto ed evita stress e irritazioni vivendo una vita felice e spensierata mentre il resto del mondo ignora il suo segreto.

Mi hanno proposto di andare in un posto dove in una serata propongono la formula “Bevi tutto quello che riesci”. Il costo è 10€ per gli uomini e 5€ per le donne. Tralasciando i dubbi sulla qualità di quel che ti possono servire per queste cifre, è evidente che contino sul fatto – presunto – che le donne bevano di meno.
Non so che donne conoscano, ma tra le mie conoscenze vicine e lontane c’è chi può rompere qualsiasi stereotipo alcolico di genere.

Un amico ha comprato al supermercato dei dolcetti di pasta di mandorle per poi scoprire che erano a base di pasta di arachidi e con soltanto aroma di mandorla.
Comprendo la sua delusione, pari alla mia di quando comprai uno yogurt non ricordo dal sapore di quale particolare frutto, per poi scoprire che era a base di banana con l’1% del frutto promesso.
Il capitalismo non è per anime candide.

Sì, questo è il mio nuovo costume da bagno e desto più attenzione in spiaggia di una modella in costume inguinale:


Non è vero, ovviamente. Però i miei bermuda si fanno notare.



 

«Mi sono sentito in famiglia», penso sia una delle cose più belle che ho detto ultimamente. Perché è una delle sensazioni più belle che mi è capitata.

Non è che cerchi attenzione dal succo di pomodoro perché è concentrato

Leggevo su Il Post questo articolo: Perché le videochiamate sono sfinenti. Non potevo fare a meno di andare col pensiero, quando viene citato lo “stress emotivo”, a Infinite Jest e il suo racconto del fallimento dell’esperienza del videofono:

Venne fuori che c’era qualcosa di tremendamente stressante nelle interfacce telefoniche visuali, che in quelle solo audio stressante non era stato affatto. Gli utenti videofonici sembrarono rendersi improvvisamente conto di essere caduti in un’insidiosa ma stupenda illusione riguardo alla telefonia solo vocale. Non l’avevano mai notata prima, l’illusione – è come se fosse stata così complessa sul piano emozionale da poter essere capita solo nel contesto della sua perdita. La buona vecchia conversazione telefonica tradizionale solo audio consentiva di presumere che la persona dall’altro lato stesse prestando un’attenzione completa alla telefonata, e al tempo stesso faceva sì che tu potessi distrarti quanto ti pareva. Una conversazione tradizionale solo vocale – nella parte che si appoggiava all’orecchio la cornetta aveva solo 6 piccoli fori ma la parte in cui si parlava (piuttosto significativamente, parve in seguito) ne aveva 6^2 , cioè 36 – permetteva di immergersi in una specie di fuga semiattenta, ipnotica quanto il viaggiare in autostrada; mentre si parlava si poteva guardarsi intorno, scarabocchiare, darsi una sistematina, levarsi pezzettini di pelle morta dal bordo delle unghie, comporre haiku sulla rubrica telefonica, mescolare qualcosa sui fornelli; si poteva perfino condurre una conversazione parallela interamente separata con un’altra persona nella stanza usando il linguaggio gestuale ed espressioni facciali esagerate, e tutto questo dando sempre l’impressione di essere attentissimo a ciò che diceva la voce all’altro capo del telefono. Eppure – ecco la parte retrospettivamente meravigliosa anche mentre si divideva l’attenzione fra la telefonata e ogni altro genere di piccola cosa, in qualche modo non veniva mai in mente che l’attenzione della persona con cui si era al telefono potesse essere scarsa come la nostra. Durante una telefonata tradizionale, per esempio, mentre si stava eseguendo, diciamo, un attento esame tattile del mento in cerca di brufoli non si era in alcun modo oppressi dal pensiero che l’altra persona al telefono potesse magari a sua volta dedicare una buona percentuale della sua attenzione all’esame tattile del suo mento. Era un’illusione, e l’illusione era auricolare e auricolarmente supportata: la voce all’altro capo della linea telefonica era densa, fortemente compressa e incanalata proprio nel tuo orecchio, e ti faceva pensare che l’attenzione del proprietario della voce fosse compressa e focalizzata… anche se la tua stessa attenzione non lo era, ecco il punto. Questa illusione bilaterale di attenzione unilaterale era gratificante in maniera quasi infantile, su un piano emozionale: si giungeva a credere di poter ricevere la completa attenzione di qualcuno senza doverla ricambiare.

Io a essere sincero lo stress di restare concentrato non lo avverto: mi deconcentro prima che arrivi. Una volta mi stavo pure addormentando.

Ho provato a immaginare dei rimedi per aiutare chi come si trova in difficoltà di fronte a una video-conversazione e deve mantenere l’attenzione.


AVVERTENZA: L’autore del post declina ogni responsabilità per eventuali danni derivanti da un uso poco accorto dei suggerimenti proposti.


  1. Il fachiro. Difficoltà: Doloroso. Prendere un cuscino, spingervi dei chiodi dentro e poi sedervicisi sopra. Sconsigliato per lunghe conversazioni. Dal riquadrino sullo schermo che mostra la vostra faccia monitorate il vostro stato: se state sbiancando troppo vuol dire che vi state dissanguando.
  2. Il guardone. Difficoltà: Coinvolgente. Aprite una finestra sul desktop con un video porno, così almeno restate con lo sguardo fisso sul monitor. Il problema sorge se vi fate coinvolgere troppo dalle scene.
  3. Il genio. Difficoltà: Recitazione. Muovetevi a scatti e pronunciate parole frammentate a caso, dando l’illusione che la connessione sia disturbata. I più bravi riescono anche a depixelarsi il viso. Se sarete abbastanza convincenti potrete far cadere la comunicazione con la giustificazione dei problemi di rete per prendervi 5 minuti di pausa. Alternativa: bloccarvi in una posa casuale fingendo un freeze.
  4. Il fisionomista. Difficoltà: Non ridere. Osservate bene le facce delle persone in video e cominciate a immaginarle con delle caratteristiche diverse. Mettete a uno i baffi. Un naso da troll a un altro. Le corna a un altro ancora. No, forse gliel’hanno già messe (ah ah ah…).
  5. Lo sparring partner. Difficoltà: Resistenza. Ingaggiate un pugile che vi tiri un gancio al minimo segno di cedimento o di distrazione da parte vostra.
  6. L’imitatore. Difficoltà: Costanza. La tecnica richiede allenamento. Ogni mattina contemplate una foto di Toninelli ed esercitatevi a mantenere il suo sguardo concentrato: PALAZZO CHIGI - CONSIGLIO DEI MINISTRI

Ma l’idea migliore viene sempre da Infinite Jest:

il Tableau trasmissibile (Tt) […] era in pratica la fotografia di un essere umano incredibilmente in forma e attraente e ben fatto le cui reali somiglianze con il chiamante si limitavano alla razza e al numero di arti, e il cui volto rivolgeva uno sguardo concentrato in direzione della telecamera videofonica. Sullo sfondo c’era l’arredamento sontuoso ma non ostentato del genere di stanza che rifletteva al meglio l’immagine di sé che si desiderava trasmettere, e così via.
I Tableaux erano semplicemente fotografie d’alta qualità a pronta trasmissione, ridotte a formato diorama e fissate con una staffetta di plastica alla telecamera videofonica, non molto diverse da un coprilente.

(Si può sempre prendere spunto e sostituire la propria foto con quella di un Toninelli)

Non è che il sacerdote stia bene in salute perché è curato

Ogni tanto mi metto a riflettere su cosa potrebbe essere utile per migliorare il mondo e cosa ci vorrebbe per risollevare le persone da ansie, stress, fastidi e alitosi che affliggono il quotidiano.

Una nuova religione, ecco cosa ci vorrebbe.

Parliamoci chiaro, sarebbe ora di rinnovare un po’ il mercato religioso. Introdurre qualcosa di un po’ più nuovo, al passo coi tempi senza dimenticare di strizzare un occhio alla tradizione.

E l’idea mi è venuta proprio osservando noi gatti. Conosciamo la storia della venerazione da parte degli Egizi, ma la mia idea non è di fare del gatto una divinità, ma prendere spunto dal suo stile di vita per impostare meglio il nostro.

Punto Primo: basta con le religioni che dicono fai questo, non fare quello, non fare sesso, fallo quando dico io, eccetera. Basta con il voler imporre agli altri quello che è giusto e non giusto fare sulla base del proprio essere praticanti.


Almeno a parole. Credo che il più pulito di quelli che vuole imporre il proprio punto di vista agli altri poi nel concreto della sua vita sarebbe perseguibile per un paio di scomuniche.


Fate invece come i gatti: fate il cavolo che vi pare. La porta è chiusa? La desiderate aperta. La porta è aperta? Avete cambiato idea e non volete uscire più.

Avete una comoda cuccia per dormire? Voi preferite la scatola delle pantofole dove ci entrate per un terzo.

Non dovete rendere conto di quel che volete o non volete fare.

Secondo punto: basta con lo stress. È un dato di fatto che sia la malattia della società sviluppata. Passiamo il tempo a correre avanti e indietro e anche quando avremmo del tempo libero continuiamo a correre per fare cose perché guai a fermarsi, sia mai che ci ritroviamo soli con noi stessi scoprendo di non piacerci.

Invece per i gatti il tempo scorre in maniera relativa. Possono incantarsi a guardare il vuoto o trascorrere una giornata a dormire investendo le energie giusto per rigirarsi al sole. La fretta? Cos’è la fretta?

Terzo punto: lavatevi bene. Non dico di passare le giornate a leccarvi, ma tenete presente il comandamento pulizia soprattutto la mattina prima di prendere i mezzi pubblici.

Quarto punto: se i gatti stanno male si ritirano da qualche parte dove stare tranquilli. Pertanto, quando state male non rompete le palle al prossimo: il partner vi ha lasciato? Avete 37 di febbre? Ritiratevi in solitudine e non stressate chi vi sta intorno.

Ma come, un comandamento così egoistico?

Al contrario. Voi sarete altamente altruisti a non pesare sugli altri che, dal canto loro, si preoccuperanno e verranno da voi.

Perché il Miaoismo è amore! Prima di inseguire la felicità, inseguite la felinità.


Volevo intitolarlo Gattolicesimo ma hanno già registrato il marchio.


Per ora mi fermo qui, ché devo studiare un attimo come si fa a fondare realmente una religione. C’è bisogno di compilare dei moduli? Registrarsi alla Camera di Commercio? Avere un hashtag su Twitter?

Non è che una sirena non possa essere in gamba

Qualche anno fa sono andato da una terapista per risolvere qualche problema di stress e sfoghi di insofferenza, culminati in un episodio in cui mandai a quel paese una collega davanti a tutti facendole gonfiare una vena in fronte e donandole un colorito tra il rosso carminio e il rosso vermiglione che mal si intonava oltretutto con le pareti dell’ufficio.

La terapia consisteva in gran parte di esercizi di rilassamento e respirazione. Avevo appositamente cercato questo tipo di approccio ma, non conoscendo la specialista da contattare, avevo anche fatto delle ricerche online su di lei.

Ho l’abitudine infatti di profilare le persone: ormai su internet si trova traccia di tutti. Lo faccio soprattutto quando devo affrontare un colloquio, per capire chi sia il selezionatore che ho di fronte. Del resto credo a loro volta i selezionatori facciano così coi candidati.

In questo caso, dicevo lo feci con la dottoressa. Una cosa mi colpì: aveva un maltese bianco cui aveva scattato delle foto facendogli indossare un cappottino a coda di sirena. Avete letto bene: il cagnolino era infilato in una coda di sirena di lana.

Nonostante questa aberrazione decisi comunque di affidarmi alle sue terapie perché non sono un tipo superficiale che giudica da questi dettagli.

Andammo avanti qualche mese, poi mi trasferii a Roma e non ebbi modo più di frequentarla. Devo dire comunque che gli esercizi di rilassamento e respirazione mi giovavano.

Qualche giorno fa mi sono ritrovato a pensare a lei; i social a volte forniscono suggerimenti di amicizie e contatti, andando a pescare nel proprio storico di ricerche, sul proprio numero di telefono, insomma in tutti gli ambiti in cui possono ficcare il naso.

Mi è capitato davanti tra i suggerimenti il suo profilo Instagram: l’ho guardato un po’ per vedere come avesse conciato il cane, ho visto che invece ha avuto una bambina. Una bambina in cui, in una foto, aveva infilato una coda da sirena di lana.

Spero non la stessa del cane. Più che altro, perché questa fissazione con la coda delle sirene? Se la Sirenetta voleva un paio di gambe ci sarà un perché.

Si desidera sempre ciò che non si ha e che risulta inusitato nel proprio contesto: l’altro giorno leggevo che in Oriente sono in aumento esponenziale i casi di blefaroplastica per avere gli occhi all’occidentale.

Rimanendo sempre in Oriente e parlando di differenze, è un dato che le donne asiatiche abbiano meno peli rispetto alle Occidentali, soprattutto quelle mediterranee. Laddove da noi ripulire il cespuglio è molto diffuso, in Giappone invece lasciarlo crescere o fingere di averne uno rigoglioso (esistono parrucche pubiche per questo) è invece visto come molto femminile ed eccitante.

Quindi la Sirenetta si fa crescere le gambe perché nel suo contesto è trendy: ma anche al suo pesce-cane da compagnia avrà fatto lo stesso? E la sua terapista che ne pensa? E la Sirenetta essendo danese che tipo di cespuglio avrà?

Domande che non avranno mai risposta.

Non è che se sei un Narciso ti fai curare da un giardiniere

gnomico
/’ɲɔmiko/ agg. [dal gr. gnomikós, der. di gnomé “opinione, sentenza”] (pl. m. -ci). – (crit.) [che contiene sentenze o è costituito da sentenze: linguaggio gnomico; poesia gnomico] ≈ aforistico, sentenzioso.

 


Gnomico.  Questa parola mi ronza da ieri in testa.

Gnomico. Ho incontrato una ex collega di lavoro e il marito, reduci dal Concorso TFA. Un delirio assurdo, dicono. Forse era un Concorso TSO.

Gnomico. Tra i quesiti dei test, c’era quello di trovare un sinonimo a questa parola.

Io ero reduce invece dal secondo turno di qualificazione per una posizione cui mi ero candidato. Qui raccontavo che sarebbero state 4 sessioni. In realtà, tra la prima e la seconda hanno anche inviato ai candidati un test di personalità online. Ieri, durante la sessione di gruppo, è stato tutto un test. Quindi scompattando tutte le analisi che ci stanno facendo credo che tutte queste procedure forse saranno utili per entrare nei servizi segreti.

Nel precedente post raccontavo anche del mio stress da esame. Ieri, essendo un colloquio di gruppo – a me avevano parlato di “sessione di gruppo” e avevo pensato a qualcosa di sessuale. Non mi ci sarei prestato ma all’occorrenza avevo comunque messo i boxer migliori che uso al primo appuntamento – ho visto vari tipi di stress.  Ho capito che alla fine siamo tutti esseri umani, con le proprie debolezze.

Ho visto lo stress che ti tormenta le mani e te le fa torcere disarticolando le falangi.
Ho visto lo stress che ti incrocia le braccia irrigidendoti il busto.
Ho visto lo stress che ti rompe la voce e te la tremare come se stessi parlando davanti a un ventilatore.
Ho visto lo stress che ti fa fare gli occhi lucidi come se volessi scoppiare in lacrime.
Ho visto lo stress che ti fa parlare come una macchinetta.

Poi c’è il mio stress che mi rende un coglione. Forse sarò narcisista, ma tendo a mettermi troppo in mostra. Non lo faccio di proposito, è una cosa istintiva. Non tendo a soverchiare gli altri né cerco di mostrarmi migliore. Solo che mi si nota, per una battuta, un’affermazione, una domanda, un’affermazione aforistica (gnomica?). Il che potrebbe essere un bene, perché lo scopo di una sessione di gruppo è emergere. Dipende però sempre da ciò che stanno cercando dall’altro lato.

In linea di massima posso dire che questo aspetto mi ha sempre portato bene. Temo però che a lungo andare, se non curato, possa peggiorare e risultare arrogante e/o supponente. Questa occasione mi ha insegnato qualcosa. Mi ha moralizzato. Probabilmente è stato un colloquio gnomico.

Voi l’avete mai avuto un momento gnomico?

Non è che ti serva ago e filo per ricamare su un discorso

Mi sono fermato in un bar con punto ristoro lungo una statale di ritorno da una trasferta di lavoro. C’erano alcuni camion parcheggiati fuori. La cosa faceva pensare che si sarebbe mangiato bene e a poco


Dannato Chef Rubio e il tuo programma sulle trattorie per camionisti, ormai cerco solo quelle.


Entro e vedo una lavagna con alcuni piatti del giorno: Cortecce di bosco, Millefoglie di vitello…sono entrato in un posto gourmet, ho pensato?

Poi sono andato a verificare: le “cortecce di bosco” erano pasta coi funghi. La “millefoglie di vitello” era una fettina di carne con speck prosciutto e formaggio fuso.

Ormai la presentazione descrittiva è tutto. Bisogna esaltare pure il bidone dell’umido, trasformandolo in “Stoccaggio materiale organico da re-impiego in campo agricolo”, magari.

Ne so qualcosa io che ai colloqui piaccio sempre per l’eloquio. Non che io inventi, ricami sulle cose o millanti competenze: ma diciamo che, volendo, potrei benissimo vendere fuffa presentandola come capacità di imbastire trame verbali di tessuto lanuginoso di risulta (la “fuffa”, appunto).

In un recente colloquio sono stato apprezzato per la mia fuffa, pardon, per la mia esposizione. Mi hanno dato modo di continuare nella selezione. Che consta, in totale, di 4 colloqui! Uno conoscitivo, uno relazionale, uno tecnico, uno non ho capito di cosa si tratti ma credo manchi solo l’ispezione rettale. Tra l’altro, il quarto, dovrebbe concludersi con la firma del contratto: io me lo immagino che, mentre sei con la penna in mano, pongono una domanda a tradimento e ti strappano via il foglio.

Mi chiedo per quanto tempo ancora potrò continuare a fare colloqui e vivere fasi di selezione. È vero che il mondo del lavoro ormai è fluido e che, soprattutto nel mio campo – anche se forse l’unico campo cui avrei dovuto pensare seriamente era un campo di ortaggi – si cambia molto e spesso.

Purtroppo io vivo sempre con tantissimo stress queste situazioni. Poi, durante l’esame, riesco invece a dare sempre il meglio e trasformare la tensione in una carica positiva. È il prima, i giorni precedenti, che mi logorano molto. Sto a disagio fisicamente e mentalmente. Ho provato ascoltando musica per relax e distrazione, di qualsiasi tipo: ho cominciato con Vivaldi e sono finito ai Cannibal Corpse. Ho anche preso la valeriana, sia in compresse che in infuso. L’infuso mi ha irritato ancora di più perché la valeriana puzza di vecchia credenza della nonna in cui hai lasciato del cibo ad ammuffire, che ha attirato degli scarafaggi che sono morti asfissiati lì dentro e sono ammuffiti anche loro.

Nuotare è l’unica cosa che mi fa star meglio ma l’effetto dura un paio d’ore. Non posso certo passare una giornata intera in vasca o presentarmi a un colloquio puzzando di cloro.


A meno che non sia un colloquio da istruttore di nuoto, potrebbero apprezzare la dedizione.

 


Certo, meglio questo di un pugno in un occhio.

Però mi riservo l’opzione campo di ortaggi, per un futuro lavorativo.

Non è che in viaggio puoi fare i conti senza l’hostess

Delle volte, in stazione, mi soffermo ad ascoltare la voce sintetica che annuncia le partenze. Ricorda che esiste altro oltre un mondo fatto di alte velocità e grandi ritardi, di località note e gettonate.

Mi affascinano i luoghi più disparati dislocati lungo lo stivale. Il treno IC proveniente da Nduja Calabra e diretto a Vergate sul Membro è in partenza dal binario 14. Ferma a Sdraio a Mare, Santa Maria di Buonadonna, Città di Bordello, Reggipetto sul Reno.

Mi piacerebbe viaggiare  più spesso lungo lo Stivale, seguire il paesaggio che scorre lungo il treno – perché è il mondo intorno che scorre, il mezzo è fermo, non so se ve l’hanno detto – esplorando la realtà di posti a me ancora sconosciuti.

Poi ricordo lo stress psico-fisico che comporta un viaggio in IC o Regionale e la voglia tende a scemare. Negli IC quando sali a bordo spesso trovi gente che dorme e considera lo scompartimento come composto da due letti, non da 6 posti a sedere. Oppure c’è una famiglia con un numero imprecisato di bambini che si comportano come delle scimmie evase da uno zoo, col beneplacito dei genitori che già sono costretti a subirli a casa e non si prendono quindi la briga di seguirli nel treno.

Non è sempre tutto negativo, però. A volte si fanno conversazioni interessanti con gli altri passeggeri.

Come quando m’imbattei in una coppia di anziani che da Modena scendevano ad Aversa dai parenti. La signora partì dall’Emilia parlando col tipico accento di quelle zone ma man mano che il treno scendeva giù incominciava a cambiare intonazione e parole. Arrivò ad Aversa che parlava come Nino d’Angelo.

Una volta invece mi stavo lamentando con un mio amico seduto di fianco, che mi aveva svegliato mentre mi ero assopito, facendogli presente che mi ero alzato alle 6 e che avevo sonno. La signora seduta di fronte mi fa: Poverino! Si è svegliato alle 6!…Sai a che ora mi sveglio? Alle 3, per prendere l’IC ed arrivare a Pomezia ed essere a scuola a insegnare alle 8:30.

Al che ho imparato una cosa: bisogna stare attenti a ciò che si dice in treno perché ci sarà sempre qualcuno intorno a te che avrà un interesse specifico nell’argomento e/o qualcosa da ribattere. Come quella volta che stavo spiegando a un amico che sul CV quando ci si candida a offerte di lavoro è utile espungere le esperienze non attinenti o poco rilevanti: se ti stai candidando per una banca, non scrivere che in passato hai fatto il bagnino, ad esempio.


DIDASCALIA LAVORATIVA
In teoria, uno dovrebbe preparare un cv fatto ad hoc per la posizione cui si sta candidando.

In pratica, per come la vedo io, nel mondo odierno questa minchiata non funziona più. Se non vuoi stare a casa a videogiocare tutto il giorno a retrogames sugli emulatori online, devi prepararti a fare tutto. Dal cameriere, al postino, al cassiere, all’arzigogolatore, in attesa poi del posto che ti permetta di fare ciò che volevi e/o per cui avevi studiato. Devo togliere quelle esperienze dal curriculum perché non attinenti? Perfetto. Salvo poi venire escluso a priori perché risulterà che dal 2011 al 2015 non ho fatto nulla, così il selezionatore dirà “Ah! Questo di sicuro passa le giornate sugli emulatori di retrogames e non ha mai lavorato!”.


DIDASCALIA SUL RETROGAMING
A proposito di videogiochi: ecco cosa mi sta rovinando la vita in questi ultimi giorni (sono tutti gli originali, non sono meri rifacimenti):
http://www.ssega.com
http://www.snesfun.com
http://www.8bbit.com

per non parlare di archive.org che ha caricato online un catalogo di giochi DOS.

Io vi avverto. Questo l’OMS non lo dice: questa roba fa male più della carne rossa e dà dipendenza più del formaggio che dicono sia come una droga (infatti al contadino non devi far sapere quanto è buono il formaggio nelle pere).


In quel momento intervenne un tipo vicino a noi, dicendo: Scusa perché hai parlato di bagnini?…Sai io sono bagnino, che poi in realtà si chiama addetto alla sorveglianza balneare, ho anche il diploma…
E io gli rispiegai la cosa del CV. E lui di nuovo insistette sul fatto che per fare il bagnino aveva fatto un corso ed era stato certificato.

Insomma, meno male che era arrivato il momento di scendere perché non ho capito cosa si aspettasse da noi, un riconoscimento ufficiale? Un posto di lavoro? Mah.

Un capitolo a parte meritano gli amori da treno. A volte innescati da qualche scambio di parole. Altre volte invece fatti di platonicismo puro, come il Sommo Poeta ci ha insegnato. Basta un dettaglio, il libro che legge, il tipo di abbigliamento, la musica che dalle cuffiette prorompe all’esterno, per farmi capire che può essere la donna della mia vita.


Insomma, una che ad esempio ha una borsa con dei gatti disegnati sopra può essere una cattiva persona? Può essere una ragazza non interessante? Io non credo.

Può essere una malata di mente? Questo è probabile.*


* Io credo che le donne che amano i gatti non stiano a posto con la testa. E lo dico da gatto, amante dei gatti, amante delle donne che sono amanti dei gatti e amato da donne che erano amanti dei gatti.


Almeno fino a che non è il momento di scendere dal treno.

I viaggi lunghi e con soste frequenti hanno quindi un loro perché: purtroppo noto in me un imborghesimento che mi porta a scegliere le alte velocità. E, a tal proposito: perché gli steward/le hostess a bordo di Trenitalia sono sempre scazzati mentre quelli di Italo sono giovani, splendenti e sorridenti come un spot Mentadent?

Restare in piedi dietro le porte a lasciar scorrere emozioni

Oggi Giovane Rampante sotto-Capo che aspira a prendere un giorno il posto di Vecchio Giovanilista Capo ci ha convocati in riunione per un’importante novità.

Con una scena dal vago sapore fantozziano, ci ha comunicato che parteciperemo tutti a una giornata di coaching motivazionale con uno dei più importanti maestri del settore italiani. Uno di quelli che, a quanto ho visto nel video di presentazione, ti fa camminare sui carboni ardenti (giovane rampante ha escluso che questo avverrà, saremo in troppi) o ti fa gonfiare un palloncino fino a fartelo scoppiare in faccia.

A parte che avrei voluto chiedere: ma se è una cosa tanto importante per noi, dal punto di vista personale ma, soprattutto, da quello lavorativo, perché si tiene di domenica e non in orario lavorativo?

Il tema del convegno/conferenza/seminario/rottura di maglioni è: diventare padroni di sé stessi e controllare le proprie emozioni.

Calma, ragazzi. Sediamoci e discutiamone.
Mi spiace sia sorto questo equivoco, forse vi hanno informato male: io non ho mai detto di voler diventare il padrone di me stesso. Al massimo vorrei poter stabilire una cooperazione di mutua assistenza e solidarietà tra me, me stesso e io. Costruire un falansterio, mettiamola così.

Riguardo le emozioni, io le controllo fin troppo. Male. Immaginate una diga piena di buchi chiusi da tappi di sughero. Ogni tanto PAM! ne parte uno e schizza via acqua ad alta pressione.

Oppure mi piace anche l’immagine che va come va per i quadri. Avete presente? FRAN!

Quindi ammetto che ci sia da lavorarci.

Ma di certo non voglio lavorarci con uno che sembra uscito da Scientology (ultimamente vedo scientologisti ovunque).

Io mi rifiuto di andarci, anche perché, tecnicamente, non sono un dipendente dell’azienda quindi non mi sento affatto obbligato. E a gennaio ho intenzione di salutare tutti e cambiare vita. Già questa settimana il lavoro mi ha provocato la gastrite.

Oh poverino. Vorresti andare in miniera, magari?

Calma. Faccio un ragionamento diverso non basato in termini di fatica o carichi di lavoro.

Voglio fare un esempio.
Nella mia precedente esperienza – ora lo posso raccontare perché tanto è in prescrizione – ho fatto un lavoro che sarebbe da considerarsi anche più stressante. Mi occupavo del recupero crediti in una banca. Capitavano momenti di stress, ma non ho mai rischiato l’ulcera. Perché potevo in qualche modo mettere del mio in quel lavoro. Su 70-80 telefonate al giorno, nessuna era mai uguale all’altra. A qualche cliente ho citato Schopenhauer. E, quando capitavano persone realmente in gravi difficoltà perché la vita da un giorno all’altro gli era precipitata, avevo conversazioni più da telefono amico che da recuperatore (maledetta mia non soddisfatta volontà supereroistica): magari in quel momento non stavo perseguendo l’obiettivo di recuperare più soldi possibili, ma seguivo un ragionamento di lungo periodo. Un cliente che è stato trattato bene, tornerà in futuro a rivolgersi alla stessa banca. E, poi, in un caso su mille tra l’azienda e un poveraccio, preferivo stare dalla parte del poveraccio.

Per questo non combinerò mai niente, probabilmente. Vivo di ideali e idealizzazioni. E anche, tu chiamale se vuoi, emozioni.

Nonostante ciò fuggo da un coach delle emozioni, anche perché ripenso sempre a Tom Cruise in Magnolia che fa il coach delle erezioni, invece, e mi scappa da ridere.

Ammettiamolo, sì, che bisogna lavorare su questa cosa delle emozioni. Ci ripensavo mentre me ne stavo dietro una porta a lasciarle scorrere. Pensavo che sì, è divertente, ma non mi basta tutto ciò. Ma non voglio ricreare le stesse sensazioni dal vivo per andare poi a raccontare a un guru di quanto sono stato bravo a portarmi un trofeo a casa, a me non serve quello.

Mi basta anche solo affondare il naso tra i tuoi capelli e pensare che non voglio controllare un bel niente. Scorra come deve scorrere e se cade un quadro riappendiamolo insieme. Tu riesci a controllare tutto questo?