La scomparsa delle sale d’attesa nelle stazioni non è un qualcosa identificabile con una data precisa. Eppure poco alla volta ce le hanno tolte da sotto il naso come David Copperfield che fa sparire la Statua della Libertà. Per addolcire il cambio ci hanno dato 3-4 sediolini sparsi qua e là per riempire angoli, come quei vasi enormi che si mettono negli appartamenti e che vengono riempiti con spighe essiccate o una lancia finto-Masai per coprire degli spazi vuoti.
E ora spariscono pure i sedili.
Oggi mi sono accorto che a Napoli Centrale una fila di sediolini, quella che dà le spalle alla fontana, è sparita anch’essa.
Sedersi sembra una cosa da non fare. Oggi il viaggiatore moderno non si ferma ma in attesa del treno gira coi propri trolley a rotelle semiautonome ingannando il tempo tra le vetrine, arredate con cura da commesse semiautonome.
Perché le stazioni oggi sono centri commerciali, dove prima di partire è importante lasciare qualcosa di sé. Il denaro.
A bene vedere, a proposito di denaro, le sale d’attesa non sono sparite del tutto: sono diventate vip, lounge, exclusive. Ci si accomoda se si è viaggiatori di serie A. Tutti gli altri, restano a pascolare all’esterno.
L’architettura urbana cambia il nostro modo di agire in pubblico. Dalle sale d’attesa, luoghi d’incontro e rispettosa conversazione, ora siamo atomi che vagano investendoci con le valigie gli uni con gli altri e mandandoci rispettosamente – non sempre – a quel paese.
Chi giustifica la chiusura delle sale d’attesa e la loro riconversione in un Sephora o in un Venchi interviene adducendo la necessità di combattere il degrado, a causa di chi delle sale faceva un bivacco.
Ebbene, sì è vero, il malcostume pubblico porta come reazione a misure rigide e restrittive, ad esempio la rimozione delle panchine in strada o l’installazione di spuntoni di ferro sui muretti.
Son sempre dell’idea che se lo spazio urbano diventa meno accogliente è una sconfitta per tutti, non certo una furbata di cui gioire contro i furbi o gli scostumati, ma se la modernità va di questo passo io sto pensando allora di crear un po’ di degrado magari pisciando sui trolley altrui – quelli che ti passano sui piedi – e chissà che un domani non creino pure stazioni non-friendly per le ruote perché poi trascinano il piscio, lasciando entrare solo quelli come me che girano zaino in spalla.
Mio nonno deve sottoporsi alla visita di accertamento per il riconoscimento dell’invalidità civile.
Quattro anni fa fu colpito da un ictus, dagli effetti non devastanti per quel che può essere un simile attacco per un over 80 ma che comunque ha portato a delle conseguenze, che col passare del tempo si sono accentuate.
Oltre ai problemi motori e di salute, a volte sbraita senza motivo e dice cose prive di senso: la prima volta che accadde ci preoccupammo, che fosse diventato un politico?
Poi il neurologo disse che era solo l’ictus e tirammo un sospiro di sollievo.
Ha perso la cognizione del tempo, a breve-medio termine, ma non è un problema: le sue ore sono scandite dai medicinali che prende a orari prestabiliti.
C’è il farmaco per il cuore e la circolazione, prima di tutto, che però fa male ai reni. C’è il farmaco per i reni, che però causa problemi allo stomaco. C’è il farmaco per lo stomaco, che però lo rende ancor più depresso. Ci sono le gocce per l’umore, che però alla fine di tutto il giro causano problemi al portafogli. E per questo, la scienza non ha ancora trovato una cura.
La richiesta di visita domiciliare per l’accertamento è stata rifiutata. Tecnicamente credo che l’INPS abbia ragione: in effetti il soggetto non è intrasportabile né uscire ne mette a repentaglio la vita.
Va detto che, però, non esce mai di casa, a causa dei problemi di deambulazione, la propensione a prendere un malanno se piove o c’è il sole o c’è vento, le punture di insetti, i Testimoni di Geova che girano allo stato brado.
L’impiegata dell’INPS è stata però accomodante.
Ha suggerito di portarlo sì nella sede dell’istituto di previdenza ma senza farlo scendere dall’auto. I medici si sarebbero avvicinati e avrebbero dato un’occhiata.
Se mi vedessero mentre parcheggio c’è il rischio che poi lo diano a me l’assegno sociale.
Tutto questo dovrà avvenire il 7 giugno alle ore 15 perché solo quella data è disponibile. Sperando che la calura non sarà ancora arrivata perché spostare un anziano in simili condizioni non è agevole. Altrimenti stavo pensando a metodi alternativi per ottenere l’assegno di invalidità:
1) Fingermi dell’ISIS e sequestrare i medici portandoli a casa costringendoli a visitare il nonno
Una parte che sembra mi riesca bene, visto quanto ho inquietato la polizia nelle stazioni qui a Budapest (foto di repertorio di gennaio):
2) Dichiarare che in realtà è un falso invalido: sembra che, almeno dalle mie parti, le procedure di frode siano più snelle e rapide;
3) Sveltire la pratica minacciando di chiamare le Iene, denunciando che in quella sede dell’INPS si tengono riti satanici con cosplayers e appassionati di manga liceali che somministrano pomodori cinesi.
Non vivendo in Italia non so se sia ancora di moda, ma ricordo che per un periodo ascoltando i discorsi delle persone sentivo spesso invocare l’intervento di Iene o Striscia la Notizia un po’ come a Gotham i cittadini fanno con Batman. Paragone un po’ azzardato, almeno Batman è reale.
La processione di zombie che tutte le mattine si spostano per andare al lavoro.
I senzatetto che dormono nei sottopassaggi, nelle stazioni o che si aggirano come spettri tra la folla distaccata.
Le chiazze di vomito vivido sull’asfalto.
Il cagnetto da portare a spasso la domenica, rigorosamente un Maltese bianco perché is the new Yorkshire.
Ubriachi diurni e ubriachi notturni che cantano o si abbracciano o cantano abbracciandosi.
Un tenore asiatico che una volta alla settimana intona Pavarotti a Nyugati.
Gruppi di ragazze possenti come Valchirie che nei locali cercano prede forse per sacrifici umani.
Gruppi di maschi-betabloccati che, spaventati dalle Valchirie, cercano ragazze isolate da agganciare.
Più osservo e più vedo deformazioni urbane grottesche.
Vagamente lynchiane.
Non so se sono miei incubi da dissociazione o sintomi da carenza di vitamine ma le sensazioni che mi dà questa città mi richiamano alla mente un set di un film inquietante e nonsense.
Uno di quelli da circolo culturale ristretto e impegnato (al Monte di Pietà per pagare l’affitto).
Ho un rapporto ondivago con il cinema.
Il giorno prima guardo l’ultimo film Marvel, il giorno dopo l’ultimo lavoro di un regista iraniano perseguitato dal governo che ha girato tutto in primo piano con una telecamera su un taxi.
Taxi di Jafar Panahi. Che consiglio di vedere.
Il cinema di intrattenimento è un servizio reso allo spettatore tramite un atto di acquisto.
Io compro un biglietto e in cambio mi forniscono un prodotto già pronto e confezionato per essere il più adatto alle mie esigenze. Potremmo definirlo un sogno pilotato e proiettato su schermo. Non a caso non è raro – anzi è considerata una delle magie del cinema – immedesimarsi negli attori sullo schermo.
Invece il motto del regista di documentari è: Non vendiamo sogni ma solidi real-time.
Che si tratti di un prodotto standardizzato, a prescindere dal genere, è intuibile in modo molto semplice: un film commerciale segue uno schema prestabilito nel proprio svolgimento. All’incirca 15-20 minuti dopo l’inizio c’è un colpo di scena che rompe la condizione preesistente. Il resto del film sarà un eterno inseguimento e un susseguirsi di eventi per tornare a quella condizione di equilibrio (non necessariamente la stessa, anzi nella maggior parte dei casi sarà un equilibrio a condizioni più vantaggiose); a 20 minuti dalla fine ci sarà un altro colpo di scena, risolutivo: a volte tale punto di rottura è volutamente un fake perché, quando si pensa che il film sia terminato, a 5 minuti dalla fine ci sarà un contro-colpo di scena definitivo.
Nei film impegnati o d’autore che dir si voglia, invece, tale schema non c’è. Delle volte è del tutto assente una struttura narrativa. Una simile opera si sposta dal piano dell’intrattenimento a quello filosofico/estetico. La visione può risultare più faticosa perché allo spettatore è richiesto un ruolo attivo. In quel momento non sto più pagando per vivere un sogno preconfenzionato ma per partecipare al film con un lavoro interpretativo.
Esistono anche film come quelli di Lynch (tipo Inland Empire) dove ci si può lambiccarsi quanto si vuole ma una vera interpretazione secondo me non c’è perché esiste soltanto nella mente di David Lynch.
Beninteso, la suddivisione non è sempre così netta tra le due fattispecie di cinema. Esistono registi che seguono una terza via cinematografica. Alcuni esempi tra questi possono essere Iñárritu, Anderson, Sorrentino, Malick.
Di Paolo Sorrentino penso che sia diventato un onanista cinematografico seriale.
Lo dico sottovoce perché è entrato a far parte di quella schiera di argomenti quali religione, movimentismo politico, abitudini alimentari, calcio, per le quali una voce contraria risveglia ancestrali e aggressivi istinti nell’interlocutore¹.
¹ Perché la gente è sempre così irascibile come se gli stessero defecando nel salotto?
Sorrentino è bravissimo nel dipingere dei quadri con la macchina da presa. Ma si pasce e si compiace di questo senso artistico vendendo secondo me un mappazzone ben confezionato.
Il Golfo di Napoli.
Un elefante indiano cieco.
Un attore ritiratosi a vita privata.
Una donna nuda stesa in mezzo a un prato con delle giunchiglie in fiore.
Cucite il tutto ed ecco un possibile nuovo film di Sorrentino.
Un altro che ho visto ammalato di Sorrentinite è Malick (The Tree of Life), anche se confesso di non aver visto altro dopo To the Wonder con Ben Afflitt.
In realtà poi sarebbe il contario: è Sorrentino che registicamente è rimasto ammalickiato.
Iñárritu invece secondo me ci ha presi tutti per i fondelli.
Produce film commerciali vestiti da film d’autore o film d’autore vestiti da film commerciale. Non ho ancora deciso.
Anche se io non sono nessuno per decidere e parlo a titolo del tutto personale di catalogatore compulsivo.
Dopo un anno ho rivisto le mie impressioni su Birdman. All’epoca ero entusiasta, un’opera di sintesi cinematografica, raccordo tra film d’autore e d’intrattenimento. Un film sul cinema che parla di cinema, metateatro a celluloide dilagante.
E dopo però mi chiedo: un film girato in finto piano sequenza unico, è sintesi, è arte, è citazione o soltanto una presa per il sedere?
Un piano sequenza superlativo nel suo tratto artistico secondo me è ad esempio questo qui
Degli esempi di terza via che ho citato, Wes Anderson è secondo me il più particolare. I suoi film oscillano di continuo tra reale e surreale ed è proprio questa ambivalenza, come se fosse un luna park le cui giostre cambiano mentre ci sei sopra, a rendere il suo cinema tanto interessante.
E poi non posso non apprezzare uno che ha un gusto compulsivo per la simmetria
Tutto quello che ho detto sinora nasce dal fatto che vorrei vedere un film (sto andando in overdose da serie tv ultimamente e dopo aver finito House of Cards 4 è arrivato Daredevil stagione 2) ma non so su cosa rivolgermi.
Ho tentato tre volte di guardare Il gusto del sake di Yasujiro Ozu altamente consigliato da tanti intenditori e comprendimucche ma non ci riesco perché mi stanco. Forse alle 23 di sera non va bene, ma è l’unico momento che ho a disposizione. E neanche la domenica pomeriggio è indicato, dopo gli gnocchi di patate al forno con la bolognese.
Ma se il ragù l’ho preparato con macinato di manzo locale, è sempre bolognese o è una ungherese?
Chef Ogni volta che vado in un ristorante un pelo più sofisticato del livello “trattoria di Giggino l’untuoso” rimango perplesso da un’abitudine che hanno gli chef: quella di fare ghirigori o cumshot di salsine intorno alla pietanza. La quantità è così esigua che è inutile per condire e io mi chiedo sempre: posso farci la scarpetta o meno? È solo decorativa? E perché mai avrei bisogno di cibo decorato? Se l’occhio vuole la sua parte, perché non mettere nel piatto un calendario di Playboy, allora?
Gatti
Il suono più rilassante dell’universo: >>>click<<< (si consiglia di alzare il volume).
Si ringrazia l’adolescente Camilla (anni 16 e mezzo) per essersi prestata alla registrazione.
Camilla a 15 anni e mezzo. Come tutti gli adolescenti, non vuol fare niente e poltrisce
Intelligenza
Nelle principali stazioni italiane da qualche tempo Trenitalia ha iniziato a subordinare l’accesso ai binari al controllo del biglietto per i passeggeri. A Roma alla Stazione Termini sono state costruite delle barriere tipo curva da stadio. Tutto giusto, peccato che entrando in uno qualsiasi dei negozi lungo il lato ovest della stazione sia possibile accedere ai binari senza passare per i varchi.
Jeans Quelli a vita alta sono uno dei capi che trovo più sensuali in una donna.
La donna coi jeans a vita alta, il cappello da Tom Waits e gli occhiali che negli anni ’80 sarebbero valsi l’esclusione coatta da ogni forma di vita sociale mi creano dei problemi. Ma non per gli occhiali in sé o per Tom Waits o per i cappelli, ma per l’insieme modaiuolo. Questo conflitto di gusti mi manda in crisi e non so come uscirne.
Keywords
Un po’ di parole chiave che conducono a questo blog:
Per chi ancora non lo sapesse, dalla bacheca del vostro blog se andate su Statistiche -> Mostra tutti -> Riassunti, scoprirete come i viandanti del cyberspazio hanno raggiunto il vostro spazio virtuale di scrittura altresì noto come blog.
non porto i vestiti in lavanderia per paura che non li lavino:Pensa che io non porto vestiti addosso per paura che si sporchino! hipsteria nell’uomo:È una sindrome grave che colpisce molti maschi tra i 25 e i 35 anni. I sintomi più evidenti sono comparsa di camicie a quadri, crescita pilifera sul viso incontrollata, comparsa di Dr Martens ai piedi. donna esaurita:Cambiare le batterie. quando buttare i bollettini finanziari: Quando cominciano a puzzare. che rischi si corrono senza mutande:Tanti. Innanzitutto c’è il raffreddore, cui sono più esposte le donne perché lì è tutto all’aperto quindi sai gli spifferi; ai maschi rischia invece di cascar giù tutto (il famoso modo di dire “far cadere le p+++e” nasce da un fatto vero). capacità recitative asia argento:Il CERN di Ginevra dopo aver trovato il bosone di Higgs si sta concentrando nel rintracciarle. e il tempo si ambigua:E lì son volatili amari. una fica:A pois, l’ha portata un maharaja. perche quando guardo il signore degli anelli mi viene da piangere:Perché stanno portando gli hobbit a Isengard.
ma quante cazzate dicono su wikihow:Non ne ho idea: hai provato a leggere la guida “Quante cazzate dicono su wikihow, wikihow”? percoca rossa con lentiggini:La famosa pesca calzelunghe. figa e lasagna:E il gusto ci guadagna.
L’autunno In questo periodo di transizione dalla stagione calda a quella fredda in cui ancora si può uscire di casa senza giacconi e cappotti, appaiono ragazze particolari: quelle con la felpa tirata fino all’altezza del palmo della mano.
È risaputo che in molte donne la circolazione sanguigna sia limitata al tronco e alla testa, mentre gli arti superiori e inferiori sono appendici clinicamente morte caratterizzate da una temperatura da cella frigorifera. Alcune ragazze tentano allora di ovviare alla dispersione di calore corporeo stirando le maniche fin giù alle mani. La cosa curiosa è trovare in uno stesso ambiente una ragazza dalle maniche stirate e una ragazza dalle maniche tirate (fin su all’omero) o assenti del tutto; il dubbio è
1) una sente freddo e l’altra no;
2) sentono ambedue freddo ma la seconda preferisce congelare piuttosto che apparire sciatta o poco figa.
Per la cronaca non trovo affatto sciatta o poco figa una ragazza con la felpa stirata fin giù alle mani – anzi mi ispira tenerezza – ma ora che ci penso non ho sentito nessuno accusare di sciatteria una ragazza con la felpa stirata fin giù alle mani quindi a questo punto dichiaro chiusa la polemica tra me e me stesso.
Paure
Sono terrorizzato dalle apparizioni di bambini dai 0 ai 24 mesi in luoghi chiusi: prima o poi quelle creature piangeranno. E quando un bambino inizia a piangere, non smette più.
Non c’è alcuna via di scampo: la fortuna è soltanto quella che l’esplosione di lacrime e urla avvenga il più tardi possibile. A nulla valgono i tentativi dei genitori di ammansire il pargolo con coccole e giochi: i bambini sono più intelligenti degli adulti e non si lasciano fuorviare da distrazioni e blandizie varie; il risultato di tali azioni sarà quello di irritarli ancor di più e farli piangere più forte.
Mi chiedo perché qualcuno non abbia pensato di sfruttare l’energia potenziale insita nel pianto dei bambini. Basterebbe porre sulla bocca dell’infante un imbuto, all’interno del quale sarà presente una sottile membrana di materiale estremamente elastico e resistente. Il pianto farà vibrare la membrana, la cui oscillazione si trasmetterà a un coso (non ho ancora deciso come sarà composto il coso) che poi per un procedimento fisico causerà uno spostamento di elettroni che caricheranno una batteria, immagazzinando energia da sfruttare come più aggrada.
Subito
Sto cercando di disfarmi di un manga su Subito.it ma l’impresa non è facile. Prima mi ha contattato un tizio, prendiamo accordi, tutto a posto, convintissimo. Poi la sera prima della vendita mi contatta – dopo che un paio d’ore prima mi aveva confermato l’appuntamento – per dirmi che non se ne faceva nulla. Passano una decina di giorni, mi contatta un altro tizio, mi dice di venire da Grande Inverno (per tutelare l’anonimato userò nomi di località di Game of Thrones), io dico perfetto, possiamo vederci all’uscita della strada che viene da Grande Inverno.
Lui: non la conosco.
Io: non è possibile, ci sono solo due strade da Grande Inverno.
Lui: conosco la Strada del Re.
Io: ma quella è la strada che viene da Approdo del Re, come è possibile.
Poi dal suo modo di scrivere mi rendo conto che era lo stesso tizio che mi aveva dato buca in precedenza e che mi aveva detto di essere di Roccia del Drago. A quel punto smetto di rispondergli.
Passa una settimana, mi scrive un altro tizio. Gli dico possiamo vederci di sabato perché in settimana sto a Roma. Lui convintissimo, tutto a posto. Gli scrivo venerdì sera per chiedere conferma, non mi risponde. Gli scrivo sabato, lui mi chiede dove possiamo vederci. Gli chiedo informazioni logistiche, sparisce. Gli riscrivo, mi risponde oggi per dirmi che dopo avermi scritto è crollato sul letto in preda alla febbre. E poi mi fa: dove ci vediamo?
Non ho più risposto. E sospetto sia sempre lo stesso tizio.
Telefoni
I cellulari hanno introdotto un pericoloso concetto nella mente delle persone: quello di telefonia mobile. In virtù del fatto di essere mobile si è diffusa l’idea che il telefono sia ormai parte integrante del corpo di una persona che, quindi, non se ne separerà mai. Se il telefono è spento o se la persona non risponde, è colpevole di non voler essere reperibile.
Ho provato a spiegare a Madre, ad esempio, che se non rispondo al telefono o se non sono raggiungibile non è perché sono morto o perché mi ha rapito l’ISIS. Anzi, le ho fatto presente che nel caso morissi, dato che sarebbe quasi certamente di morte violenta (sono in buona salute), qualcuno darebbe notizie.
A meno che l’evento tragico non avvenga in presenza della mia coinquilina cinese: in quel caso penso che il mio corpo sparirebbe incastrato a forza nella pattumiera, occultato da un pacco di tortellini.
Madre ha replicato: potremmo essere noi morti e volerti allora avvertire.
Avrei voluto replicare chiedendo “Come?” ma ho ritenuto opportuno non farlo.
Però mi chiedo: quando non c’erano i cellulari, come si faceva? Sì, certo, si può dire anche quando non c’erano gli antibiotici che si faceva? Si moriva. Ma non credo che la gente morisse per non aver risposto al telefono!
Vocalizzi
Ciò che con la porta chiusa riesco a udire dalla mia stanza quando Astro Nascente si esercita: >>>click<<<.
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)
Come quelle coperte, formate da tante pezze colorate, cucite insieme tra loro.
Tessuti diversi, di colore e materiale eterogeneo, uniti in un unico risultato finale: la coperta.
Così il mio blog, fatto di tanti aspetti della vita quotidiana, sempre la mia.