Non è che Dracula al ristorante ordinasse bistecche al sangue

I siti e le app di incontri offrono sempre uno spaccato antropologico molto interessante. A cominciare dalla presentazione di sé stessi: lo sforzo è quello di apparire originali, il più delle volte, però, si diventa tanto originali quanto dentifrici, profumi, automobili, assorbenti negli spot pubblicitari.


Spot tipo dentifricio: denti bianchissimi, sorrisi che brillano.
Spot tipo automobile: auto che percorre curve di montagna o una città vuota.
Spot tipo profumo: clip video in bianco e nero o con colori ipersaturi. Frasi sussurrate incomprensibili in quel che sembra francese.
Spot tipo assorbenti: giovani donne che sorridono e passeggiano leggere come dopo una purga. Variante anni ’90/inizio 2000: ragazze che saltano, corrono, volano.


C’è però chi ti dà da riflettere. La presentazione di un tale recitava:

Musical Artist
Dreamer
Pasta al Pomodoro
Sometimes Nerd

Artista, sognatore, un po’ nerd. Pasta al pomodoro. In che senso? Come gusti o come tratto caratteriale? Se è la prima, perché metterla tra i propri tratti?

Io dico che ci vedrei bene la seconda.

Un tipo potrebbe infatti essere benissimo definito un pasta al pomodoro. C’è chi è uova al tegamino, chi è pasta al pomodoro, chi bistecca al sangue. Senza dimenticare i polli allo spiedo.

La persona pasta al pomodoro, come potrebbe essere? Semplice, ordinata, facile da conoscere, lineare ma capace di solleticare il gusto.

Dirò la verità: vorrei tanto essere pasta al pomodoro. Ma, delle volte. mi son sentito molto pollo allo spiedo, rosolando sul fuoco del turbamento. Altre volte secondo me son stato pasta e patate al forno. Simpatico, stuzzicante, ma pesante da digerire.

Questo tale, che non conosco e non so chi sia, ha trovato la ricetta – e dico ricetta non a caso – giusta per presentarsi. Sembrando poco originale, si dimostra più originale di tutti.

Da domani, trovate la ricetta di voi stessi, uscite di casa e con orgoglio presentatela agli altri!


Senza esagerare sennò il tale di cui sopra diventerà presto poco originale e vanificheremo i suoi sforzi.

 


Non è che il medico appassionato di musica esclami “Dica 33 giri”

In radio passano per la 62364237esima volta Heroes di David Bowie. Ci sono delle stazioni radio che trasmettono grandi classici del rock e della musica in generale ma programmano sempre le stesse canzoni.

Meglio questo, ovviamente, che qualche tormentone contemporaneo.

Ripensavo a quando da ragazzino ho scoperto per la prima volta questi grandi classici della musica. La sopracitata Heroes, The sound of Silence, (I cant’ get no) Satisfaction, The passenger, Like a Rolling Stone e altre ancora. A quell’epoca fu per me come conoscere una ragazza e innamorarmi di lei.

Alcune di queste canzoni facevano da colonna sonora a degli spot pubblicitari. Aspettavo quelle réclame per poter sentire quelle canzoni (no, non c’erano YouTube né Spotify). Avevo anche capito gli abbinamenti dei blocchi pubblicitari a seconda delle trasmissioni, quindi sapevo che durante un determinato film/programma, sarebbe arrivato quello spot che aspettavo per quella determinata canzone.

Altre ero riuscito a registrarle sulla cassettina. Le registrazioni erano tutte sporcate dagli interventi degli speaker, che devono sempre parlare sugli intro/outro delle canzoni per far vedere quanto sono bravi. Consumavo quelle cassettine a forza di riascolti, facendo spesso rew-play per riascoltare uno specifico verso.

Tra i vinili di mio padre di sicuro c’erano ma mi vergognavo un po’ a chiedergli “Mi metti per favore questa?”. Più che vergogna era una sorta di gelosia. Era stata una “mia” scoperta e non desideravo condividerla. Doveva restare un fatto intimo e privato.

A volte mi chiedo se mi ricapiterà di riprovare simili sensazioni.

Ascolto tantissima musica, oggigiorno, molta più di quanta ne ascoltavo in passato. E ascolto tante belle cose, di qualità (almeno secondo me!) e ne scopro di continuo di nuove. Ascolto cose che mi emozionano, mi prendono, dischi che consumo.

Però il piacere emotivo di quella scoperta che mi diedero quelle canzoni non l’ho più ritrovato. Beninteso, parliamo di grandi classici della musica, pezzi che di continuo vengono inseriti nella “lista delle 100 canzoni di tutti i tempi” che qualcuno si ostina ancora a stilare. È anche normale non aspettarsi che compaia di nuovo una Yesterday, adesso.

Però io non credo sia solo un discorso di qualità musicale e di ammirazione per dei mostri sacri del rock. Anche perché, all’epoca, mi erano del tutto ignoti gli artisti dietro questi pezzi. Era più un discorso legato al piacere adolescenziale della “prima volta”, della scoperta di qualcosa di nuovo in assoluto. Il mio riferimento musicale prima di allora potevano essere massimo le Spice Girls e gli Articolo 31.

Una prima volta che non si può rivivere. Poi nella vita ci sono tante altre occasioni per vivere qualcosa di emozionante, e non mi lamento di certo della mia vita attuale.

Però quel piacere lì, di quella emozione viscerale nel chiedersi per la prima volta “Ma cos’è questa canzone?” non ci sarà più.

Ma quanto è brutto crescere?

 

Non è che il negoziante che vende film a luci rosse quando si assenta scriva “porno subito”

Devo andare negli uffici di un importante bene culturale. Mi reco all’ingresso laterale e non a quello principale – dove entrano anche e soprattutto i turisti. Chiedo alla guardiola:

– Chiedo scusa, per accedere agli uffici?
– Eh ormai sei venuto qua
– …
– …
– No perché avevo letto che l’ingresso al pubblico per gli uffici era da questo lato
– Eh!
– Eh?
– Comunque puoi passare di là dove c’è quel cancello e poi l’ingresso a sinistra, attraversi il cortile e di nuovo a sinistra.

Io non so perché ma spesso quando vado a chiedere qualcosa mi fanno sentire o mi sento io sempre come se stessi chiedendo della droga.

Tra l’altro non ho mai acquistato droga e non so se funzioni con le stesse dinamiche: forse è tutto molto più semplice e immediato come si vede nei film.

Va anche detto che i film mostrano una realtà falsata – soprattutto i film porno – ma anche gli spot pubblicitari non scherzano.

Presentano prodotti in grado di trasformare cose e persone e permetter loro prestazioni eccezionali.

Io vorrei uno spot che presentasse un prodotto che rende normali.

Con il rasoio mezzalama Juliette avrai una rasatura normale, come quella di un qualsiasi altro tizio che decide di radersi la mattina e a cui non frega un cazzo a nessuno che si è rasato né qualcuno andrà a toccargli la faccia per verificare se si è rasato.

Così almeno un giorno potrei barattare le performance incredibili garantite dai miei acquisti, l’olio che lubrifica la mia auto permettendole di fare dei perfetti 360° sgommando, lasciando segni per terra che pulirò con una sola passata del fantastico detersivo per superfici, sotto gli occhi entusiasti della ragazza – ipotetica eventuale – ansiosa di sperimentare prove estreme tanto si sente sicura e tranquilla coi suoi tamponi magici che infila con un dito, con una giornata di tranquillità e chiedere Scusi per andare dove devo andare per dove devo andare? e sentirmi rispondere Di là, prego e nient’altro.

Non è che tutta la filosofia sia una questione Spinoza

Sono una persona che spesso riesce a fingere bene di sapere cose che in realtà non sa. Se interpellato su un argomento, posso fornire un parere autorevole e saccente senza rivelare la mia ignoranza.

Ricordo un episodio che credo sia illuminante.

18 anni, in un’altra vita (tra l’altro durata poco): arrivo fuori la facoltà di ingegneria, mi avvicino al gruppetto di persone con le quali scambiavo di solito due parole (alle volte mi azzardavo anche a tre). C’è una discussione in corso. Lo Sheldon Cooper del gruppo (uno che una volta di fronte alla spiegazione sul calcolo del volume di un solido irregolare rimase in adorazione osservando la lavagna come un pastorello cui era apparsa la Madonna) mi saluta e mi chiede: “Ma tu ricordi se la derivata di terapia tapioco come se fosse antani ha il grafico a cuspide?*“. E io, con austera sicumera, gli dico: “Guarda, non vorrei dirti una sciocchezza ma credo sia proprio così. Fammi vedere…sì sì, non vorrei sbagliare. Tu che dici?”.


*Non ricordo assolutamente cosa mi chiese perché neanche lo capii, quindi ho sostituito le parole della domanda con qualcosa che più potrebbe avvicinarvisi.

Comunque da quell’episodio compresi che dovevo cambiare aria.


Il segreto dell’ignoranza non svelata è questo: non bisogna rispondere subito, perché la risposta potrebbe sembrare falsa. Bisogna indugiare nel rispondere – non troppo – come se si stesse riflettendo. E poi rigirare la domanda all’interlocutore e concordare con lui. Perché, tanto, molto spesso l’interlocutore ha già la risposta dentro di sé. Bisogna farla uscire fuori.

Questa è applicazione della maieutica socratica.


La maieutica era il metodo di Socrate basato sul riuscire a far venire alla luce la verità nell’interlocutore tramite il dialogo.


E, a proposito di filosofia, ho ripreso a dar ripetizioni al ragazzo frustrato (dalla madre). Dovrei occuparmi di storia e filosofia, ma sembra che la madre sia più propensa a fargli fare filosofia.

Quest’anno inizialmente aveva provato ad affidarlo alla mia ex – che gli fa già matematica – ma lei dopo aver speso due ore su Kant ha poi desistito non avendoci compreso nulla.

Secondo la mia ex la filosofia kantiana è un insieme di ovvietà e banalità, diffuse con interminabili giri di parole. Ora, io non voglio difendere il buon nativo di Könisberg e posso concordare che certe cose possano suonare ridondanti o retoriche. Ma bollare così uno sul quale tutto il mondo ci ha sbattuto, ci sbatte e ci sbatterà la testa, mi sembra un tantino presuntuoso. Soprattutto da parte di chi non ha mai studiato la filosofia e per la quale un Kierkegaard potrebbe benissimo essere il nome di un medicinale per i dolori mestruali.


Immagino già lo spot:
Inquadratura di una giovane donna stesa sul divano. Mora, capelli legati indietro, top bianco e pantaloni della tuta grigi, si tiene un cuscino sulla pancia con una mano, mentre l’altra regge la testa.
Arriva la sua coinquilina facciocosevedogentesonounpo’stronzetta, castana, capelli ricci, tutta pimpante come se fosse riuscita ad andare in bagno dopo una settimana

– Allora stasera apericena?
– Non lo so, ho un mal di testa…
(l’amica tira fuori dalla patata una scatolina) Ma da oggi c’è Kierkegaard!
~Intermezzo animato che mostra la magica pillola che entra nel corpo della donna e tramite delle onde lampeggianti come l’attacco solare di Daitarn 3 diffonde i suoi benefici effetti~
Cambio di scena
Un locale all’aperto che dà su una piazza, viavài di persone, vociare di sottofondo. Gruppo di amiche sedute intorno a un tavolo che chiacchierano gaie e spensierate.
Arriva la nostra protagonista, stavolta niente più tuta e capelli legati. Sembra appena uscita da una beauty farm, elegantissima, tacchi a squillo.
L’amica riccia la vede e le fa
– Ma tu non restavi a casa? (sottotitolo: che cazzo ci fai qua che devo rimorchiarmi il tipo che ti interessa)
(con un sorriso a 32 denti come a dire: ti piacerebbe, brutta stronza) Ma io esco con Kierkegaard!
(scoppio di risate false e demenziali da parte di tutte).


A proposito di demenzialità, credo di essermelo già chiesto ma ogni tanto mi ritorna questo interrogativo: perché le donne negli spot pubblicitari, soprattutto quelli che riguardano la loro fisiologia riproduttiva o intestinale, sembrano tutte delle povere mentecatte che non riuscirebbero neanche a trovare la propria testa se non ci fosse uno specchio in casa?


Sono rimasto sorpreso, comunque, nel constatare che il giovane discepolo sia studiando sullo stesso libro che ho utilizzato io più di 10 anni fa. È ovvio che la filosofia non sia cambiata da allora e che Kant&soci essendosi ritirati a vita privata (privata…della vita)* non abbiano scritto altre cose.

In compenso lo stile grafico del libro è mutato. Il mio aveva come colore dominante l’azzurro Nazionale italiana. L’edizione attuale è basata sul rosso Ferrari.

Immagino tra 10 anni cambieranno di nuovo. Consiglierei un rosa Giro d’Italia.


* humour nero


Ho utilizzato humour in luogo di humor perché preferisco il british english a quello americano. Quindi meglio humour, colour, centre e così via.


Da bambino volevo nuotare nei soldi

Mettendo in ordine un vecchio cassettone, mia zia ha trovato dei miei vecchi disegni che nonna aveva gelosamente conservato.

La cosa particolare è che su quei disegni c’era il prezzo.

Sì, perché io li vendevo.

Da bambino avevo deciso quale sarebbe stato il mio futuro: volevo essere un miliardario. Un pargolo di poche pretese, insomma. Pensavo che però sarebbe stato meglio mettersi in affari sin da piccoli, in modo da avvantaggiarsi per il futuro e anche anticipare la concorrenza di altri futuri miliardari. E così decisi di vendere i miei disegni ai parenti.

Ero convinto di essere un artista in erba. Poi da adulto mi è rimasta solo l’erba, l’arte è finita da parte.

Avevo molte convinzioni da piccolino.

Per esempio ero convinto che:

  • Gli spot pubblicitari fossero in diretta e ogni volta gli attori dovessero presentarsi negli studi per rifarli;
  • Visto che la benzina inquinava, potevano mettere nei motori un altro liquido: l’acqua, ad esempio. Solo che visto che l’acqua è più facilmente reperibile, chi vende la benzina non era d’accordo per mero interesse economico e quindi se ne fregava, continuando a inquinare. Oh diciamo che non ero così lontano dalla realtà!
  • Anche se nel mondo le persone parlavano lingue diverse, il pensiero fosse in un’unica lingua, universale. Che a me sembrava italiano ma in realtà non lo era, era la lingua del pensiero.
  • Fare il militare voleva dire che ti sparavano addosso e tu dovevi correre per evitare i proiettili.
  • Ci fosse una regola nel calcio secondo la quale era obbligatorio per i giocatori passarsi il pallone, altrimenti non mi spiegavo perché un calciatore col pallone tra i piedi non andasse diritto verso la porta per fatti propri.
  • Girare con un mazzetto di figurine in tasca potesse dare potere, infatti me le portavo ovunque, anche quando non ero a scuola.
  • Gli oggetti, quando non visti dagli umani, si animavano e parlavano tra di loro.
  • Sarei diventato un giornalista (ma non volevo fare il miliardario? Un miliardario giornalista? Ah, ci sono: un editore miliardario! Dove l’ho già sentita?). L’avevo dimenticato, ma già intorno ai 6-7 anni mi dedicavo a produrre un mio giornale. Questo che ho riesumato non deve essere più recente del 1992, all’interno c’era un ritaglio di un articolo di Repubblica che parlava del Ministro dell’Ambiente Ruffolo (considerando che ha ricoperto la carica tra il ’90 e il ’92, i conti tornano).
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Notare l’originalissimo titolo della testata, il prezzo modico e la strategia di marketing per attrarre lettori: allegare regali.

Beata ingenuità infantile.