Non è che se un pachiderma ti offre delle Coca Cola tu gli dica E le Fante?

Ciò che rende eccezionali a livello tecnico serie tv come Breaking Bad e il suo spin-off Better Call Saul è la cura per i suoni. Vengono aggiunti in post-produzione facendo sì che siano isolati, netti, nitidi ed enfatizzati. Una zip che si chiude, il fruscio di banconote che vengono contate, il clic di una serratura. Si odono distintamente, donando tridimensionalità all’inquadratura.

L’amplificazione dei dettagli tramite il suono aumenta anche un senso generale di inquietudine nello spettatore. Si ha la percezione che stia sempre per accadere qualcosa.


Va detto che le due serie da questo punto di vista sono differenti: sintetizzando – molto banalmente – il mondo di Walter White è fatto di segreti e morte, quello di Jimmy McGill/Saul Goodman di propositi e speranze e si presenta come più leggero.


La vita di un ipersensibile funziona allo stesso modo. Cose intorno che suonano più intense ed enfatizzate.

A volte non mi sono dimostrato la persona più capace nell’attutire e ovattare i suoni per non creare inquietudine nell’altro. Riesco, mio malgrado, ad avere l’eleganza di un elefante in una cristalleria. Un elefante sui pattini in una cristalleria. Ubriaco.

E poi finisce che qualcuno resta ferito.

In altri frangenti mi sono trovato a essere io quello che ha vissuto sulla propria pelle in maniera enfatizzata una situazione. In quel caso è come se l’elefante ubriaco sui pattini di cui sopra mi cadesse addosso e mi bloccasse il respiro. Avverto un peso giusto in centro al torace, all’altezza del diaframma.

Va bene, non è un’immagine realistica perché un elefante addosso non si limiterebbe a premere in fondo allo sterno ma mi schiaccerebbe. Facciamo finta sia un elefante minuscolo, grosso quanto un topolino. Però dal peso di un elefante normale.


Questo esempio mi fa venire in mente un cartone animato della Warner Bros, di quelli che trasmettevano su RaiTre negli anni ’90 all’interno di Blob, su un elefante minuscolo che si aggira in città:

 


In questi giorni in cui si parla della giusta distanza fisica da tenere io ripenso alla distanza emotiva che alcuni sono costretti a osservare con le persone.

Non voglio parlare di dilemmi e di porcospini: un porcospino almeno può entrare in una cristalleria.

Le orecchie del gatto sono come un rebus: necessitano di una giusta soluzione

Non me ne voglia la cara ladykhorakhane, però ci sono alcune cose dei veterinari che io fatico a comprendere.

Inizio col precisare che trovo le mie veterinarie molto simpatiche, cordiali e gentili.


L’utilizzo del possessivo potrebbe generare equivoci: non sono veterinarie di mia proprietà né tantomeno io sono in cura presso di loro – anche se alcuni dicono dovrei.


46ee20ae8f28ac04004d9493861d021aSono però anche molto didascaliche perché ci tengono a spiegare sempre tutto. Come quella volta che una di loro mi ricordò la semplicità di un intervento di sterilizzazione di un gatto, in quanto i maschi hanno i genitali all’esterno e quindi l’operazione non è invasiva.

A volte mi ricordano le allucinanti conversazioni tra i detective di CSI, che amano sempre spiegare tra di loro le ovvietà. Probabilmente amano il suono delle proprie voci:

– La corda che hanno utilizzato per uccidere il Sig. Fottemberg sembra sia stata tagliata…potrei esaminarla al microscopio.
– Perché ogni lama genera un taglio diverso.
– E confrontando il segno del taglio sulla corda con le lame presenti in cucina…
– …potremmo scoprire che è stata tagliata in casa…
– …dove c’era soltanto la Sig.ra Fottemberg…
– Il che vorrebbe dire che potrebbe aver ucciso lei il marito soffocandolo con la corda del caciocavallo!


È chiaro che un simile espediente narrativo sia a beneficio dello spettatore, che altrimenti farebbe fatica a seguire. Ciò non toglie che io lo trovi irritante.


L’altra caratteristica è che fanno sembrare sempre qualsiasi intervento curativo o di medicazione molto facile. A parole. Del tipo “mettete la pillola dentro un boccone di cibo così la ingoia”.

Generazioni di gatti e non ce ne è stato uno e dico uno che non abbia ripulito chirurgicamente tutto il cibo intorno la pillola senza ingoiarla.

“Oppure gli aprite la bocca premendo ai lati del muso e gliela buttate giù in gola”.

Caratteristica dei gatti è quella di avere l’esofago di un prestidigitatore: tu infili la pillola giù in gola e lui la fa magicamente riapparire sul pavimento. Quando si è reso conto che il padrone è così ostinato da non desistere, il gatto è abile nel fingere di aver ingoiato per poi risputare la pillola mezz’ora dopo.

Ieri ho portato la gatta in visita perché si gratta di frequente e con violenza le orecchie, pur avendole somministrato l’anti-acari. Dottoressa Giganta mi ha dato una soluzione auricolare e illustrato l’operazione di pulizia che dovrò ripetere per 7 giorni.


Dottoressa Giganta è una veterinaria che lavora nell’ambulatorio dove vado di solito. Non è una trampoliera, direi che è alta sul metro e 85, ma essendo io 10 cm inferiore tendo a enfatizzare la cosa. Lei non ha ancora capito che porto i gatti in visita solo per vederla e osservarla fare flap flap con le ciglia, lunghissime anch’esse.


La pulizia – secondo lei – consta di 3 fasi:
1) girare il padiglione auricolare del gatto e versare la soluzione per la pulizia;
2) chiudere il padiglione e massaggiare sentendo un caratteristico ‘ciak-ciak’;
3) lasciare che il gatto si scrolli prima di procedere con un batuffolo d’ovatta a rimuovere il cerume.

E poi ripetere l’operazione per l’altro orecchio.

La pulizia – secondo me – consta invece di innumerevoli fasi:
1) afferrare il gatto che non appena ti ha visto prendere il flacone di soluzione è scappato, e dire che poco prima si lasciava grattare, prendere in braccio, giocava a morra cinese (perde sempre perché tira fuori carta) placidamente;
2) ricordarsi di qualche incontro di wrestling visto in tv e bloccare il gatto a terra con una presa di sottomissione;
3) infilare il beccuccio della bottiglietta di soluzione nell’orecchio del gatto e premere;

La divinità egizia spesso invocata

4) sbattere la bottiglietta per terra invocando divinità zoomorfe egizie perché dal beccuccio proprio in quel momento non esce niente;
5) ripetere il punto 3);
6) domare il gatto che si imbizzarrisce come un cavallo che non vuol essere sellato inarcando la schiena, mentre scuotendosi vi sparge la soluzione in faccia;
7) inseguirlo, perché buttandovi la soluzione in faccia ne ha slealmente approfittato per scappare come fanno tutti i cattivi in un duello a mani nude;
8) tagliargli la strada, saltargli addosso e poi bloccarlo a terra come hai visto fare tante volte a Chuck Norris in Walker Texas Ranger;
9) prendere l’ovatta precedentemente messa da parte e utilizzarla per tamponare le ferite che l’animale vi avrà inferto;
10) se è avanzata dell’ovatta, pulire l’orecchio al gatto;
11) scegliere se ripetere la stessa procedura per l’altro orecchio e togliersi il pensiero subito oppure rifiatare e rimandare a un secondo momento.

Ovviamente, quando alla visita di controllo Dr.ssa Giganta chiederà “Tutto a posto con la pulizia?”, io con la bocca a culo di gallina mi esprimerò in un chiaro e sincero “Siiii, nessun problema.”

Se il mago non riesce a usare la bacchetta, è ansia da prestidigitazione

Mi fanno notare che cammino come un robot. Avanzo muovendo le gambe a scatti e calcando il piede sul suolo. Sarà per questo che consumo le suole delle scarpe più di un podista.

Eppure non sono pesante.
Porto in giro 73 kg scarsi di uomo fatti di ossa e pelle e tanti nervi infasciati o intrecciati. Non ho gangli nervosi: soltanti (soltanto tanti) nodi che nel complesso mi rendono rigido come una tavola di legno di abete.

Sembro la scopa animata da Topolino in Fantasia.

Sarà a causa di questa costituzione lignea che ho sempre dei tarli in testa. Il lato positivo di avere dei buchi nel cervello, però, è una mente sempre arieggiata dove poter stagionare pensieri.

Da bambino avevo la scatola gioco de L’Apprendista Stregone.

Passavo più tempo a fingere di giocare con le palline e il foulard e la bacchetta che a imparare i trucchi. Anche perché alcuni erano davvero ingenui, come la scatola magica (quella rossa con la picca nera) col doppio fondo:  quando la giravi il doppio fondo cascava e faceva rumore, svelando il trucco. Anzi, non c’era neanche necessità di svelarlo, lo spettatore lo intuiva da prima. Il brutto di voler mostrare i propri giochi agli adulti: devono rovinare sempre la magia (è il caso di dirlo) di tutto.

Eppure per un breve periodo sono stato convinto che nella vita avrei fatto il mago (tra le altre 1000 cose che avrei voluto fare). Ma non un mago da strapazzo di quelli che leggono le carte (sì…le carte da centomila che si facevano dare dai clienti…), ma un grande illusionista. E sottolineo grande, perché non ha senso immaginare di diventare qualcuno se questo qualcuno non è grande, no?

Comunque delle magie le so fare. Ad esempio:

  • far sparire velocemente del cibo dal piatto come un pitone fa con la preda
  • far morire una discussione e riportarla in vita
  • far calare il gelo
  • cambiare colore dall’imbarazzo
  • parlare con i gatti, infatti quando imito il loro miagolìo loro mi rispondono (magari dicendo Che gatto sfotti, imbecille?)
  • faccio spegnere i lampioni quando ci passo sotto

Mica male, no? E voi che magie fate?

Me lo direte dopo. Adesso sparisco: