Non è che se hai caldo ti lanci sul buffet perché è un rinfresco

Frammenti casuali e discontinui di vita gattuta.


Oggi nel Centro dove lavoro ha fatto visita il megadirettore, sceso dal Nord. Sono andato in ufficio invece di restare a casa in telelavoro con la speranza che, per l’occasione, ci sarebbe stato un rinfresco. Le mie aspettative sono rimaste deluse e c’è stato solo un momento di raccoglimento collettivo in cui il Mega invitava a fare domande e/o lamentele e ricordava che la sua casella email è sempre disponibile.
Gli scriverò lamentandomi dell’assenza di un rinfresco.

La Costiera Amalfitana, posso dire una cosa che tutti sanno ma non osano dire, è un posto bello ma non ci vivrei e anche un posto vivo che non ci bellei. A riprova di ciò va considerato che:
– un qualsiasi luogo che in linea d’aria dista pochi km comporta mezz’ora di tornanti con autobus che ti arrivano addosso in senso contrario, senza rallentare;
– scendere a piedi comporta scalinate, tante. Lo scendere comporta più allenamento che a salire;
– considerato il costo delle strisce blu – quando se ne trovano, libere -, conviene collezionare un paio di multe;
Allora perché ci vai, è la domanda che ti fanno di fronte alle difficoltà summenzionate; niente, amo l’avventura e i clacson bitonali degli autobus.

Sono tediato dalle discussioni di attualità come se stessi guardando una partita di calcio noiosissima che si è trascinata ai supplementari, poi ai rigori e dopo 5 serie di calci di rigore stanno procedendo ad oltranza. A quel punto vorresti solo che finisse, non importa manco più la squadra che ti appartiene, basta che si possa porre fine allo strazio, quindi tifi per un’eruzione vulcanica.

Ci sono persone come me – ho scoperto di non essere tanto solo – che quando leggono di personaggi disfunzionali e/o negativi – spesso letterari – si pongono il problema se per caso non abbiano delle caratteristiche in comune con costoro.


In genere poi mi convinco ovviamente di avere anche io le stesse caratteristiche del personaggio disfunzionale.


Si sta avvicinando settembre, quindi vuol dire che la mia mente si metterà all’opera nel cercare qualche nuova attività da intraprendere. Non faccio mai buoni propositi alla fine dell’anno, né a dire il vero a fine agosto: sento però sempre l’esigenza di partire con qualcosa di nuovo con l’approssimarsi dell’autunno.
Le opzioni che sto vagliando sono:
– fare teatro
– iscrivermi a un corso di spada medievale
– iscrivermi a scherma
– andare a menare calci nella palestra di M.


Nel senso la palestra dove va, non che sia la sua.


L’essenza della serenità per alcune persone ho scoperto può risiedere in un pantaloncino. Sul serio. D’estate c’è chi, a causa di caldo, sudore e sfregamento, soffre molto nell’interno coscia. È un problema che avevo anche io da bimbetto, poi è sparito da solo. Comunque, per farla breve, c’è chi mette dei pantaloncini aderenti – tipo quelli da ciclista ma senza imbottitura – sotto ed evita stress e irritazioni vivendo una vita felice e spensierata mentre il resto del mondo ignora il suo segreto.

Mi hanno proposto di andare in un posto dove in una serata propongono la formula “Bevi tutto quello che riesci”. Il costo è 10€ per gli uomini e 5€ per le donne. Tralasciando i dubbi sulla qualità di quel che ti possono servire per queste cifre, è evidente che contino sul fatto – presunto – che le donne bevano di meno.
Non so che donne conoscano, ma tra le mie conoscenze vicine e lontane c’è chi può rompere qualsiasi stereotipo alcolico di genere.

Un amico ha comprato al supermercato dei dolcetti di pasta di mandorle per poi scoprire che erano a base di pasta di arachidi e con soltanto aroma di mandorla.
Comprendo la sua delusione, pari alla mia di quando comprai uno yogurt non ricordo dal sapore di quale particolare frutto, per poi scoprire che era a base di banana con l’1% del frutto promesso.
Il capitalismo non è per anime candide.

Sì, questo è il mio nuovo costume da bagno e desto più attenzione in spiaggia di una modella in costume inguinale:


Non è vero, ovviamente. Però i miei bermuda si fanno notare.



 

«Mi sono sentito in famiglia», penso sia una delle cose più belle che ho detto ultimamente. Perché è una delle sensazioni più belle che mi è capitata.

Non è che il buffet sia un legger schiaf sul vis

Sono andato a una mostra ma solo perché pensavo fosse gratis, poi arrivato all’ingresso ho scoperto che era a pagamento ma non volevo sfigurare davanti agli altri e quindi sono entrato lo stesso.

Si scherza.

In un’altra ala del palazzo delle esposizioni c’era un evento. Una presentazione. Un vernissage. Un non so bene cosa.

C’era anche un piccolo buffet con vini e dolci. Le persone entravano avendo adocchiato il tavolo ma ostentando la noncuranza di chi non è interessato. Davano un’occhiata  veloce e distratta all’esposizione/presentazione/vernissage/quel che era e poi, con malcelato stupore, fingevano di inciampare nel buffet dal quale, dato che oramai erano lì, si rifornivano di rinfresco gratis.

Debbo dire era un’utenza abbastanza educata. Sarà stato per l’evento di un certo livello intellettuale: il libro che si accompagnava all’esposizione di fotografie sembrava di un certo spessore, almeno tre dita di altezza.

Sarà stato per la presenza di una sorta di maître dietro il tavolo del buffet, a servire; una figura che incuteva imbarazzo nel mostrarsi troppo avidi, un gentleman che si è rivolto a me dicendomi Per lei, monsieur?. Pensavo non fosse di queste parti, poi l’ho sentito indicare a un altro tizio il cestino dei rifiuti al suon di L’addereto ‘a stell ‘e Natal. Strano francese.

Sarà stato perché il buffet a parte il vino, servito appunto dal francese di cui sopra, non era tanto ricco e vario.

Sto partecipando a un piccolo cineforum. Al termine della proiezione, ci si trasferisce in un’enoteca per un ‘terzo tempo’, con vino e buffet offerto dagli organizzatori. Gli intrattenimenti a base di tarallini, patatine, bruschette e olive non infiammano gli animi. Alcuni mostrano anche di disdegnare. Poi chissà com’è che non restano nemmeno le briciole.

Appena arriva la pirofila di pasta non si capisce più niente. In pochi attimi è necessario guadagnare una buona posizione per essere serviti, stare attenti a mani che sbucano ovunque per afferrare il piatto, conquistare l’ambito trofeo e poi portarlo in salvo uscendo dalla calca che non cederà di un millimetro per farti passare per la paura di di perdere la posizione. Neanche una mischia di rugby è così compatta e resistente.

A tal proposito. Ricordo a un altro evento cui ho partecipato, l’inaugurazione di una mostra d’arte, l’arrivo del rinfresco a base di sushi scatenò una lotta senza quartiere. E dire che l’utenza sembrava essere di una certa estrazione che si direbbe “bene”. In effetti era “bene” ma non benissimo.

Non dimenticherò mai la spallata che una nonnetta ingioiellata come un Faraone mi diede per accaparrarsi un nigiri. Probabilmente da giovane sarà stata una rugbista.

Io per ristabilire il karma e non rimanere a secco, non conoscendo il rugby e avendo praticato fino a quel tempo solo il calcio come sport amatoriale, a parte l’onanismo anch’esso dedicato a materiale amatoriale, mi vendicai su un’altra signora dapprima marcandola stretta come un difensore mentre lei si avventava sul buffet e poi entrandole avanti in anticipo beffandola come un grande attaccante. Nel mezzo ci abbiamo messo una bella ginocchiata come un medianaccio di quelli che pensano solo a picchiare.

Ma quale odio sui social, ma quali manifestazioni di rabbia contro gli altri, ma quali feic nius: l’umanità rivela da sempre i propri lati peggiori ai buffet:

cenacolo-parlante

Si chiede scusa per l’arte dissacrante.