Non è serva un palcoscenico per far esibire il pass

Mangiar fuori è una delle poche attività rimaste disponibili in questo periodo storico. In verità si può far di tutto, attualmente, se forniti di Pass Super Saiyan 3° livello: ma, sinceramente, nonostante questo di star ad esempio chiusi in una sala di un cinema non è che si abbia molta voglia.

Già poi io son di gusti cinematografici particolari, del livello Pastore moldavo fissa un montone per 2 ore e l’animale ricambia lo sguardo anche se in realtà sta riflettendo sull’angoscia della vita e quindi è difficile che qualcosa nella usuale programmazione commerciale mi interessi. Oggi come oggi mi andrebbe però bene tutto pur di far qualcosa, ma torno all’obiezione di cui sopra sul ritrovarmi al chiuso con tante persone, gomito a gomito.


Oh in realtà magari il cinema è molto meglio di tanti altri posti avendo un ricambio d’aria continuo, cosa di cui non si può dir lo stesso per altri luoghi.


Lo stesso discorso vale per i concerti, io che fino a un paio di anni fa scandivo i giorni in base agli eventi musicali in programma. Che poi, anche qui: non è che l’offerta di questi giorni vada molto incontro i miei gusti; i musicisti che mi interessano e che suonavano in locali con 10 persone ora penso abbiano cambiato mestiere.
Fortuna che in estate qualcosa all’aperto è venuta fuori.

Veder gli amici anche si fa complicato. Li inviti a casa ma fai i conti di quanti cominciano a esser troppi. È vero che non è che ci siano restrizioni. Ma sei tu stesso a preoccuparti: 4 van bene, 6 siam forse troppi in base ai metri quadrati e i litri d’aria disponibili e la capacità di smaltimento dell’anidride carbonica emessa? E se sono 8 quelli che sarebbero interessati a star insieme, cosa fai, in base a che parametri li tieni fuori?

Fortuna poi – fortuna da intendersi in senso ironico – alcuni amici si autoescludono dagli inviti perché non se la sentono di star in gruppo al chiuso. E questo allora fa sentire te, quello che propone della socialità, uno che sta vivendo oltre il margine di rischio.


Mi fa anche abbastanza strano esser io quello che propone di essere sociale. Effetti collaterali delle vaccinazioni?


La tua vita nel quotidiano oscilla appunto tra la sensazione di violare delle regole – non più quelle stabilite dai DPCM ma quelle inconsce di buon senso e autoregolamentazione sanitaria – perché cerchi di incontrare delle persone e la paura in altri frangenti di sembrar una persona scostante quando arriva quello che ti vuol salutare e tu gli porgi un pugno chiuso, con aria rilassata e sorridente come a voler dire Guarda non sto insinuando che tu sia un untore o che non ti lavi le mani, è solo per non lasciar niente di intentato e adeguarci a questa sovrastruttura sociale per il tempo necessario fino a quando non sarà finita. Intanto l’altro, il cui braccio aveva ormai preso l’abbrivo, arriva a mano aperta verso la tua estremità e, non fermando il proprio moto inerziale, ti stringe forte il pugno richiudendo la propria mano sulla tua, come a voler dire Fottesega.

Quindi tornando alla mia affermazione di esordio, il danaro che risparmi da altre attività finisce che da mesi lo spendi in cibo. Con razionalità: preferisco non andare tre volte di seguito da Giggino l’untuoso ma spendere la stessa cifra una sola volta in un posto un po’ di qualità.

Il mio ragionamento si basa su un paio di considerazioni:

– Se devo cibarmi di ciò che posso far a casa mia e anche meglio – tipo aprire un barattolo e saltarne il contenuto con la pasta – lo faccio allora a casa mia;
– Se consideriamo il costo delle materie prime, che è sempre in aumento, e il dover mantenere uno staff non in condizioni di schiavismo, lavoro nero o prestazione coatta varia (una realtà diffusa su cui si chiudono troppo spesso gli occhi), a meno che un posto non abbia una fattoria annessa a conduzione familiare (che pur ha dei costi e non escludo casi di schiavitù anche in quei casi), dubito sia possibile avere una proposta di menù molto economica senza far parsimonia proprio sulle materie prime e le condizioni lavorative (e quindi a maggior ragione me ne sto a casa);
– Se poi magari c’è anche un minimo di cortesia del servizio – mi basta che non mi lancino i piatti sul tavolo (storia vera) – gradisco.

Ecco, detto tutto questo penso forse il 1° gennaio abbiamo esagerato. Non parlo dei prezzi del posto dove siamo stati io e M., ma proprio per quella ricerca del servizio cui accennavo sopra: in questo ristorante, il cameriere ogni volta che spezzavo il pane veniva a togliermi le briciole dal tavolo. Dopo le prime due volte ho iniziato a raccoglierle io e nasconderle sotto il tovagliolo perché mi sentivo in difficoltà, sia nel fargli fare questa cosa sia perché pensavo di essere un rozzo bifolco incapace di spezzare del pane senza far cadere briciole.


Poi magari quel cameriere in realtà è schiavizzato, si ciba di briciole che raccoglie dai tavoli perché è la sua unica fonte di cibo visto che lo tengono in cattività e denutrizione. Oppure ha un uccellino sul retro cui dà da mangiare, suo unico amico, che ne so.


Comunque non vorrei che davvero non ci resteran più manco le briciole.

Non è che con le nuove regole se il mare è una tavola possono starci solo in 4

Venerdì ho sostenuto una prova intercorso per un esame. La didattica a distanza mi permette di poter gestire l’impegno universitario senza muovermi da casa, nelle pause lavorative.

Da questo punto di vista, le restrizioni vantaggi indubbi ne offrono.

Gli svantaggi non sto qui a descriverli, ne siamo consci tutti. Tra i disagi che più avverto, a livello epidermico – ne ho già parlato qui, so di ripetermi – c’è una maggiore insofferenza verso il prossimo e una disabitudine alla presenza umana.

Non è la paranoia degli assembramenti o dei contagi. È proprio che le persone mi provocano più fastidio del solito. So di avere la puzza sotto il naso, come se ci fosse un cassonetto dell’organico di una pescheria a fine giornata piazzato sotto le mie narici.

D’altro canto, l’asticella di ciò che è scostumato è diventata molto facilmente scavalcabile, da parte di alcuni.

Venerdì ho pensato di andar via per un weekend con M., contro il logorio della vita moderna. Isolati, tranquilli.

Quella sera tutto nella norma. Nell’intero stabile eravamo da soli, eccezion fatta al piano di sotto per la governante dei proprietari, una sbrigativa, ermetica, asciutta e segaligna signora come solo la gente di borgo in altura può essere sbrigativa, ermetica, asciutta e segaligna. Ho apprezzato molto tali caratteristiche.

Il pomeriggio dopo nell’appartamento di fianco sono arrivati 4-5 ragazzi. Le pareti sottili che ci dividevano da loro mi hanno permesso di disprezzare a pieni timpani la musica che ascoltavano a volume alto.

Credo poi avessero dei problemi nell’utilizzo dello sciacquone: non tirandolo correttamente, l’hanno lasciato inserito a caricare e scorrere per 2-3 ore. Il tubo passava proprio nel muro confinante la nostra camera da letto. Ho disprezzato fin circa mezzanotte-l’una il rumoroso scorrere incessante. Pazienza.

Domenica eravamo a pranzo fuori. Le norme sul distanziamento dei tavoli mettono forse al riparo il naso dalle goccioline di saliva altrui ma non le orecchie dai suoni molesti.

Un tale, in particolare, alla mia destra, rappresentava un classico esempio di gentiluomo mancato. Mancato da diversi colpi educativi con un nodoso randello.

Verbalmente rumoroso e sguaiato come un ippopotamo flatulente (di cui riportiamo una testimonianza), come se non ci fossero altre persone intorno, faceva del rispetto del prossimo il proprio pezzo forte. Ha richiamato l’attenzione della cameriera al grido (ed era proprio un grido, infatti) di BELLLAAA. Al cameriere che gli ha chiesto come fosse il piatto – che aveva spazzolato a dovere -, per risultar simpatico ha risposto Poteva essere meglio. Ahr Ahr Ahr!. Non essendo le posate parte della propria religione, né il chiedere di avere il piatto, si alzava dal tavolo per andare a prendere con le mani ciò che gli serviva.

Sono perplesso.

Ho chiaramente bisogno di aiuto. Sto diventando insofferente e giudicante come un bisbetico pensionato. E il colmo è che manco la vedrò mai la pensione, probabilmente!

Non è che il sub sia uno che ci resta sotto

Il ritorno a una normalità, con tutte le regole e le precauzioni del caso, è segnato anche dal veder comparire delle presenze familiari.

Questa sera io e due miei sodali – a distanze di sicurezza – siamo stati avvicinati da quello che definisco il Re dei Bruciati della città.


I Bruciati sono un gruppo di frequentatori assidui di un ritrovo storico a me familiare, che praticamente negli ultimi 20 anni ha cresciuto me e i miei amici a botti di Bass Scotch e Tennent’s. Una storia edificante, diciamo. Questi avventori, chiassosi e con problemi di equilibrio, li inquadrerei con termini scientifici dicendo ci sono rimasti sotto, da parecchio. Penso avessero familiarità con la keta prima che divenisse Myss.


Dopo avermi chiesto in dono, un giorno che non l’avessi voluta più, la maglietta col logo dell’Atari che avevo indosso, ha iniziato una conversazione, o meglio, un flusso di coscienza con oggetto la quarantena e le restrizioni, di cui non ho un filo logico da riportare o qualche passo specifico, se non uno che mi ha colpito quando ha detto che mio padre è cubico.

In realtà non mio padre nello specifico. Mentre lo diceva si rivolgeva a me e al mio amico, ipotizzando, a proposito delle regole, «Se un vigile prende e ferma tuo padre», rivolgendosi quindi a un padre che potrebbe essere quello di chiunque, un meta-padre martire dell’ingiustizia dello Stato.

Ebbene, ha proseguito, il vigile ferma il meta-padre perché è in giro e gli fa la multa e il meta-padre, «che altro deve fare? Lui è cubico».

«È cubico perché come devo dire ci vive dentro, le palazzine dove abita sono dei cubi, la fabbrica è un cubo, la sua vita è all’interno del cubo e quindi prende e paga 500€ di multa nonostante viva magari con una pensione di 600».

Ebbene, vi dirò, ho trovato che il discorso avesse un senso. In base alla parafrasi che ho fatto sulla via del ritorno a casa, quel che voleva dire probabilmente è che l’uomo onesto, l’uomo probo (tralalalalla tralallaleru), vive la sua vita irregimentato, confinato, abituato alle regole e alle imposizioni, cosicché anche di fronte a un abuso di potere come quello dell’ufficiale che lo sanziona per il semplice fatto di esistere lì in quel momento in quella strada in quello spazio di libertà, lui si piega perché la dimensione cui è stato abituato è quella dell’obbedienza.

Mai innanzitutto avrei pensato di ricevere un’illuminazione da un tipo del genere, con cui in verità non ho mai parlato in 20 anni ma che oggi si rivolgeva a me come se ci conoscessimo da una vita. O forse in una fase allucinatorio-onirica mi ha scambiato per un altro.

Mai, inoltre, avrei pensato a mio padre come cubo.


Tutt’al più da adolescente l’ho ritenuto un incubo, il che a ripensarci oggi mi porta a chiedere perché nessuno mi ha elargito talvolta una salutare dose di schiaffoni, ché va bene che la violenza corporale sui figli è sbagliata e non si deve applicare, ma magari due pizze in faccia come terapia anticoglionaggine di tanto in tanto io gliele avrei date a me stesso.


E adesso sono qui, che scrivo, all’interno di una stanza che è un cubo che vedo dopo che mi è stato squarciato il velo di Maya dagli occhi.

E se fossi io il bruciato?