Non è che per esser sempre Felice cambi nome all’anagrafe*

*A meno che tu non ti chiami già Felice.


Delle riflessioni dell’ysingrino sulla felicità mi hanno fatto riflettere a mia volta.

La felicità è una sfasamento ormonale.
Siam felici se c’è serotonina in circolo. Quando ne cessa la somministrazione arriva la fase di down, come se il cervello cercasse di riequilibrare lo scompenso. Un po’ come quando sei ciucco e stai bene, fino a quando non subentra il momento in cui ti senti malissimo e devi vomitare anche la coscienza – ammesso che tu ne abbia una – per ripulire il corpo e rimetterlo a posto.


È per tal motivo che bisogna bere responsabilmente: siate responsabili delle vostre chiazze di vomito e non abbandonatele dove capita.


Il problema della felicità è che quindi non è sostenibile. Non la si può mantenere a lungo. Nel momento in cui la si avverte già sta scemando. Non è di certo un bene rifugio sul quale investire: sarà per questo che ho la percezione che in termini di risorse sia più conveniente esser tristi. Viviamo con una perenne eco di sottofondo fatta di brutte notizie come se dovessimo conformarci a esser di malumore. Se uno è felice deve star attento a non renderlo noto perché attirerà l’odio altrui. La felicità rovina forse l’economia?

Stanco di questa ricerca di felicitale (felicità/capitale) esterna, ho deciso di cercarla dentro di me.

Esaurita la dimensione visibile, la cerco a livello subatomico. Sono sicuro che lì, tra un Quark e un Piero Angela, dei Quanti (e Quanti ne sono!) ci sia qualche forza elettromagnetica che muova la felicità. La chiamerò il Felicitone.

Caratteristica del Felicitone di Gintoki è che nel momento in cui lo si osserva si dissolve. Sai che esiste perché ne avverti gli effetti distorsivi ma non riesci a bloccarlo.

Sarà allora questa instabilità nucleare l’origine dell’inquietudine che mi porto dentro.

Eppure, sì, vorrei arrestare il moto di quella particella è rimaner lì a contemplarla per un Quanto basta. E realizzare che non è tutto così effimero.

Immagine presa dal web  e che non corrisponde a un vero atomo. Nessun atomo ha subito violenze per questo scatto.

Non è che il pesce sega sia dedito ad attività solitarie


Il seguente post contiene informazioni di biologia marina non verificate ma frutto di reminiscenze di documentari di Quark.


Sono andato all’acquario di Budapest. In ogni città in cui mi trovo devo andare a vederne uno.


Se è presente, ovviamente. Altrimenti a volte mi accontento di un negozio di acquariologia.


Gli acquari sono una mia passione. Da adolescente ne avevo anche uno in casa, finché non decisi che comportava eccessiva manutenzione: continua proliferazione di alghe come l’Adriatico degli anni ’90*, piante le cui foglie si sfilacciavano, senza contare che ogni tanto qualche neon (i pescetti con la livrea azzurrina e la coda rossa) si infilava tra il filtro e il vetro e lì moriva perché incapace di tornare indietro.


* La famosa mucillaggine. Che in realtà non è una proliferazione di alghe (quello sarebbe un effetto dell’eutrofizzazione) ma un aggregato di materiale organico che viene secreto dalle suddette.


L’acquario di Budapest si trova fuori città, a 30 mn di autobus dal centro.

Questi viaggi attraverso la periferia mi hanno fatto rendere conto delle differenze esistenti tra gli abitanti di qui.


Ogni giorno che passa sento diminuire il mio interesse turistico per questa città e vedo aumentare il mio occhio critico da cittadino. È un meccanismo che scatta quando smetti di concentrarti sulla struttura urbana – anche solo per orientarti – e cominci ad osservare meglio le persone.


Nel centro di Pest le persone mi sembrano morti viventi. Si muovono come spinte per inerzia, le facce come maschere di cera, l’occhio vacuo.

Non me ne sono reso conto finché non mi sono allontanato verso l’esterno. Ho ripreso a vedere volti umani. Qualcuno sorridente o forse era una paresi ma l’ottimismo mi spinge a credere che fosse sorridente.

L’acquario è collocato in un centro commerciale. Non accanto, non separato: è proprio al suo interno.

Questo fa sorgere in me dei dubbi: la finalità di una simile struttura dovrebbe essere istruttivo-educativa, ma inserita in un contesto di intrattenimento il messaggio non potrebbe giungere distorto?


Che poi in realtà il centro commerciale non dovrebbe essere luogo di intrattenimento ma di consumo. Il capitalismo però ci ha convinti che sia divertente spendere il nostro denaro, non a caso il centro commerciale è diventato luogo deputato all’intrattenimento del fine settimana, dove portare a scorrazzare i figli che, dopo aver distrutto casa per 6 giorni, che almeno il settimo distruggano altro e alla sera siano così stanchi da permettere ai genitori di stare in pace¹ ² .


¹ Che poi in genere l’agognata pace familiare si risolve col pater familias che si guarda il posticipo della serie A sul divano.


² Questo discorso non vale in Ungheria, dove da circa un anno, per volontà del governo, tutte le attività commerciali di dimensioni superiori ai 200 m² devono restare chiuse di domenica.


Una delle mie contraddizioni è che gli zoo mi disturbano, gli acquari no.
Eppure, passi per i pesci corallini che sono stanziali e non si accorgono di stare in una vasca – forse, ma uno squalo soffre quanto, se non di più, un leone rinchiuso.


Il leone può almeno passare le proprie giornate stravaccato in un punto, lo squalo invece, per la propria conformazione anatomica, è costretto a stare in perenne movimento. Aggiungendo il fatto che è un essere con sviluppate capacità spaziali, tal che si orienta tramite “mappe mentali”¹, lo stare a girare continuamente in tondo in uno spazio limitato deve essere fonte di alienazione.


¹ Vale soltanto per i maschi, perché è risaputo che le femmine non sappiano leggere le mappe.


Ma si tratta di quei meccanismi di sensibilità selettiva che subentrano in maniera inconscia.


Ad esempio una formica in giro per casa la schiaccio senza remore, un ragno lo accompagno alla porta con i guanti. Oppure lo indirizzo verso un angolo abitabile – per lui – della stanza dove da lì potrà aiutarmi a far fuori mosche e altri intrusi¹.


¹ L’omicidio della formica rientra però in una logica di sopravvivenza domestica. Di sicuro è lì in esplorazione e onde evitare che avvisi la colonia della presenza di cibo, meglio ucciderla.
D’altro canto, se le formiche sono intelligenti – e lo sono – credo che non vedendola tornare penseranno che sia stata uccisa affinché non rivelasse informazioni importanti, quindi partiranno all’attacco lo stesso.


I bambini ungheresi sembrano più scostumati di quelli italiani.
Urlano, corrono, spintonano e battono contro i vetri delle vasche col beneplacito dei genitori, i quali sono troppo distratti a farsi i selfie con gli squali.

Ho deciso che questo sarà l’ultimo acquario che avrò visitato perché cominciano a disturbarmi.


Comunque mi sono reso conto che gli squali, quelli grigi in particolare che sono in genere gli ospiti degli acquari, hanno una faccia da ebeti. Hanno un’espressione da perenne “Uh? Cosa?”

Foto di repertorio