Non è che tu debba aprir la porta per fare un’uscita a vuoto

Negli ultimi tempi non ho molta voglia di uscire e fare cose, a meno che non si tratti di mangiare. La conversazione riempie la mente ma il cibo riempie molto meglio dice un antico proverbio ticinese.

Giacché però mi conosco e so che anche quando non ho voglia di far qualcosa poi la faccio e scopro di divertirmi, mi son fatto trascinare a una serata diversa dalle altre.

C’è questo tale che, in cambio di una cifra simbolica, apre le porte (e soprattutto la cantina) della propria villa per ospitare serate di musica e cibo da dita e degustazioni di vino.

La differenza tra il degustare e conciarsi di merda sta tutta nel modo in cui tieni il bicchiere in mano. Il risultato però è il medesimo: il giorno dopo non ricordi come ti abbiano riportato a casa.

A questi eventi si presenta molta gente strana.

Mentre parlavo con due amici, un tale ci si è seduto di fronte:

– È libera?
– Certo…
– Ma ci sono persone del posto, qui? Non ne ho ancora incontrata una…
– Non saprei…lei è autoctono?
– No no io vengo da (non capisco dove). Voi di dove siete?
– Io e lui (indico il mio amico) da Terra Stantìa. Lei (indico la mia amica) da Località-di-mare.
– Ah va be’ lei quindi è bagnata.

L’abbiamo ignorato mostrandogli il gelo emanato dalle nostre spalle.

Nel corso della serata è tornato più volte tra noi tentando di attaccar bottone ma ha avuto poco successo.

Conosco bene la paura di far una gaffe o un’uscita a vuoto, per fortuna ho un forte istinto di autoconservazione che mi porta a mordermi la lingua prima di dir cose irreparabili, sacrificando l’organo per un fine superiore, cioè mantenere la dignità.

È importante mantenere sempre la disinvoltura.

Mi sono presentato a uno che pensavo fosse il proprietario. Apriva bottiglie, mesceva vino, intratteneva persone.

Non era il proprietario ma un tizio che passava di lì. Ma sono stato disinvolto fingendomi una persona cordiale e socievole.

Una signora si è girata verso di me dicendo qualcosa mentre scendevo le scale. L’ho fissata con uno sguardo inquisitorio come a dire Chi sei e cosa vuoi?. Mi ha guardato quasi spaventata esclamando un ciao interrogativo. In realtà prima si stava rivolgendo alla sua amica dietro di me. Quando me ne sono accorto ho finto di aver sentito un rumore in un’altra stanza e sono scappato via. Sempre disinvolto.

Mentre ormai il vino cominciava a mietere le prime vittime, un tale con una camicia più brutta delle mie ci si è avvicinato battendo le mani – fuori tempo – e mimando mosse di danza, credo per invitarci a unirci a un ballo cui lui era l’unico partecipante perché tutte le persone erano a morire stravaccate da qualche parte.

L’ho ignorato fingendo di essermi ricordato di un mio commilitone durante la Prima Guerra Mondiale. Sempre con disinvoltura ma con un livello di difficoltà esponenzialmente aumentato dai gradi alcolici.

Siamo andati via dal luogo relativamente presto. Direi prima che la situazione si trasformasse in Eyes Wide Shut.

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Non è che per la manicure esigano il pagamento sull’unghia

Quando il dito indica la Luna, l’estetista ti lima l’unghia (Proverbio cinese).

Stavo attraversando il centro commerciale verso la stazione della metropolitana, quando una promoter mi si è parata davanti con in mano un piatto di quelli che sembravano bastoncini di caramelle gommose.

Ne ho presa una e stavo per mettermela in bocca, ignorando il vecchio adagio materno con cui sono stato cresciuto, come tanti altri, secondo il quale non vanno accettate caramelle dagli sconosciuti perché contengono la droga.


Dopo tanti anni avessi incontrato mai qualcuno pronto a offrirmi della droga gratis, per di più nell’appagante apparenza di un dolciume.


– Non si mangia! È sapone!

Mi ha bloccato la promoter.

A me continua a sembrare una caramella gommosa, anche la consistenza al tatto è simile:

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È stato in quel momento di esitazione di fronte al mio stupore che sono stato agganciato e condotto verso il bancone.

Mi ha fatto provare tutto il campionario di prodotti, il sale del Mar Nero, il burro, le creme.


Tutte cose che dal nome sembrano edibili ma non lo sono, altra pubblicità ingannevole.


E io la lasciavo fare perché, come Totò in uno sketch, mi chiedevo Chissà dove vuole arrivare.


Se davvero sperava che comprassi qualcosa – basta guardarmi per capire il contrario soprattutto per prodotti cosmetici – deve essere alla frutta o, più probabilmente, ero l’unico a essere caduto nel tranello della caramella/sapone.


Alla fine avevo le mani così cariche di olezzi stucchevoli che sembrava le avessi infilate nel deretano di un unicorno arcobaleno. Non potrò compiere una rapina – non che ne abbia l’intenzione – per anni perché rintracciabile dalla scia.

Dove la solerte addetta ha dato poi il massimo nel decantare le meraviglie dei propri prodotti è stato quando mi ha mostrato una scatola regalo natalizia, “perfetta per la madre/sorella/fidanzata”.


Io già qui diffiderei di un prodotto così generico, senza contare la componente freudiana di un regalo adatto sia per la partner che per la propria madre.


La scatola conteneva: una lima per le unghie, una lozione per il corpo e una boccettina di un liquido sconosciuto che, come prova dimostrativa, lei mi ha applicato su un’unghia.

– Cos’è?
– È olio per cuticole
– Eh?
– Lascia fare, la tua ragazza sicuramente lo conosce e lo usa


Non so se in inglese esista un “Lascia fare”, ho semplicemente aggiunto questa locuzione alla frase, dando voce alla sua espressione del viso che diceva “Non soffermarti su cose che non puoi comprendere”.


Non ho dubbi che altri lo conoscano e mi dolgo della mia ignoranza, ma sono sconcertato da questa rivelazione sull’esistenza dell’olio per cuticole.

Esiste un prodotto per qualsiasi parte del corpo.
Probabilmente sono tutti composti dagli stessi ingredienti base, soltanto che al posto di un olio universale è meglio averne tanti specifici. Non sia mai che ci si confonda, magari il giorno in cui va applicato sui peli pubici per la sua azione sebosquirtante è quello destinato invece alle ascelle per l’effetto dermoterminatore. Invece la differenziazione aiuta a seguire il calendario cosmetico.

E dire che per tanti anni ero legato semplicemente alla dicotomia sapone-shampoo come unica dimensione della pulizia corporea. E non ci si poteva confondere.

Poi da quando sono barbuto ho iniziato a comprare lo shampoo per la barba, perché mi hanno detto che quello per capelli non è adatto ed è per questa debolezza che oggi secondo me provano a vendermi altre cose, le caramelle non c’entrano.

Il cuoco asiatico prese a spogliarsi e la gente gridava “Noodles! Noodles!”

Alcune considerazioni cui sono giunto nell’ultima settimana dopo distratte riflessioni (se fossero state attente avrei considerato meglio).

  • Mi sono arreso al fatto che a 30anni non sono ancora in grado di aprire le buste al supermercato. Le stropiccio, le sbatto, le tiro con le unghie, provo a umiliarle verbalmente e sessualmente: i due lembi non si separano in alcun modo. Intanto mentre sono intento a litigare con la busta la cassiera continua a lanciare i prodotti, che si accumulano sempre più sino a rasentare la soglia del game over, come in un videogioco anni ’80.

    Il furioso cassiere che lancia la spesa verso il povero cliente, mentre una donna che non sa scendere da uno scaffale richiama invano attenzione

    Ma io ho risolto: vado al supermercato con la sporta.
    Non uscite mai di casa senza la sporta: non si sa mai quel che può accadere!

  • Dormire nudi regala sonni migliori. In genere lo si fa per uno scopo, ma se non c’è scopo chi dice non si possa farlo comunque? Una sera dopo essere uscito dalla doccia già quasi in fase R.E.M. (tant’è che canticchiavo Imitation of Life) non avevo voglia di rivestirmi e mi sono infilato sotto le coperte così come stavo. Ho dormito una favola e da allora non riesco a smettere.
  • Gli all you can eat giapponesi dovrebbero essere aboliti o quantomeno regolamentati. Tanto per cominciare, per la qualità. Perché mi chiedo come sia possibile mangiare con 20 euro il quantitativo che in un vero ristorante giapponese costerebbe 100. A tavola si ingurgitano con ingordigia nigiri e maki senza riuscire a fermarsi, come i genitori di Chihiro ne La città Incantata che dinanzi al buffet cominciano a rimpinzarsi fino a trasformarsi in maiali. Ho cominciato a temere ci saremmo trasformati in pesci giganti e ci avrebbero messo in un acquario in attesa di essere serviti a tranci di sashimi.
    Il risultato di tale stolta frenesia manducatoria è che, come al solito, si ordinano piatti in continuazione e si finisce alla fine col dover nascondere gli avanzi nelle borsette o con lo sparpagliare il riso un po’ ovunque (anche nelle lattine) per non essere costretti a pagarli, perché lo stomaco non ce la fa più.
    Proverbio: Il riso abbonda sulla bocca degli stolti e poi li gonfia (e se non lo finiscono tutto devono pagare la differenza).
  • Vivere in una grande città rispetto a un Comune di provincia offre maggiori possibilità di incontrare personaggi stravaganti. Come quando l’altro giorno ho visto un punkabbestia che andava in giro con una cornacchia (viva) sul cappello. Giustamente, qualcuno ha posto dei vincoli sulla scelta dell’animale cui accompagnarsi? Chi ha deciso che la bestia del punk dovesse essere per forza un cane? Credo comunque che l’individuo in questione se la tirasse un po’ troppo dandosi arie da decadente come se in testa avesse un corvo nero. Ma, ripeto, era una cornacchia grigia.
  • Le operazioni di statistica mi creano sempre delle difficoltà e, per quanto mi ci applichi, per me resta quella materia in base alla quale, secondo Trilussa, se metà della popolazione mangia due polli e l’altra metà nessuno, a tutti tocca un pollo a testa.L’altra sera ho verificato questo enunciato. Ho scongelato delle fettine di pollo, pensando che fossero due perché erano tutte unite e impossibili da individuare singolarmente. Ho scoperto che invece erano quattro: avendole ormai scongelate, le ho cucinate e mangiate tutte. E ho pensato che se in quel momento ci fosse stato qualcuno a caso che non mangiava fettine di pollo, per la statistica risultava che io e lui ne mangiavamo due a testa. E quindi mi sono chiesto chi fosse questo tizio che godeva statisticamente a sbafo delle mie fettine.
    “Nella vita reale non c’è alcun uomo medio” (Aldous Huxley)

Lurido frutto dell’amor è la sambuca

Era primavera inoltrata dell’ultimo anno di liceo e noi ci inoltravamo sempre più volentieri nei fumi dell’alcool. La seconda sbronza cattiva della mia vita fu una domenica sera dopo aver finito una bottiglia di sambuca seduti sui gradini di un condominio. Da allora, ancor oggi mi sopraggiunge la nausea a sentirne anche soltanto l’odore.

Polacco dopo aver bevuto abbastanza per quella sera si alzò a svuotare la vescica contro un muro, non avvedendosi di un uomo affacciato alla finestra che lo richiamò al suon di “ehi tu, lurido”.

La cosa mi è rimasta impressa, in quanto lo trovo più unico che raro che qualcuno si esprima così. Ci si aspetterebbe un epiteto volgare, una bestemmia, un’imprecazione in dialetto, una secchiata d’acqua. A tal proposito, vorrei segnalare ai visitatori occasionali di Napoli di non attardarsi a svuotare la vescica in una stradina di via Mezzocannone, perché gli abitanti della zona si sono organizzati in squadre d’azione che organizzano raid di secchiate d’acqua per i luridi del caso.

Quell’uomo, dicevo, disse “ehi tu, lurido”. Con fermezza e senza scomporsi in alcun modo.

Non ero abituato né a sentire l’espressione né a quella composta serietà. Anche perché le persone trovo che abbiano spesso modi più spicci e nervosi.

Oppure sono io che la penso così essendo molto collerico. C’è un proverbio spagnolo che dice “Piensa el ladrón que todos son de su misma condición”.

Sono apparentemente tranquillo e molto controllato ma vivo sul ciglio della strada dell’esplosione di nervi. Se agissi di impulso, per un nonnulla distribuirei con molta facilità delle indicazioni per raggiungere in modo breve quel famoso paese.

Come quella volta, credo fosse il terzo anno di liceo, che rivolsi tale invito a un paio di compagne di classe.
Eravamo in aula video (una stanza con un televisore e un videoregistratore comprati in saldo all’euromercato negli anni ’90) a guardare non ricordo cosa. A un certo punto comparvero degli scimpanzé nel video. Il simpatico S. dalla retrovia disse “I parenti tuoi, Gintoki!”, provocando qualche risata negli astanti. Io mi girai verso di lui a rispondergli, non ricordo di preciso cosa dissi comunque si trattava di qualcosa riguardante le scimmie e lui. Dal mezzo dell’aula un paio di compagne invitarono al silenzio. Io chiesi loro la cortesia di non defecare sugli organi genitali, accompagnando le parole con un ampio gesto della mano che invitava appunto a visitare il famoso paese.

L’invito a non attentare ai miei summenzionati organi fu preso evidentemente molto sul serio, tant’è che di quella classe nessuna ragazza mai ci si accostò, né con buone né con cattive intenzioni. Io per prudenza mantenni sempre le cose in chiaro, reagendo sempre in modo spropositato (la si potrebbe definire una massive retaliation) al minimo attacco.

Eppure delle volte un “ehi tu, lurido” (che mi ricorda “ehi tu porco levale le mani di dosso”) può esser più efficace.