Non è che per l’imbarazzo prendi un asciugamano per asciugare il pudore

Quando arriva il periodo estivo ritorna, prepotente, una domanda che mi viene sempre rivolta:

«Ma non hai caldo con la barba?».

La risposta è NO.

Ora, sarà un fatto di abitudine, ma io sono certo di non avere problemi di sudorazione al mento e alle guance. E non ho mai visto altri esseri umani avere caldo al mento. Quindi, la presenza o meno di barba non fa alcuna differenza.


Anche nel linguaggio comune, si sente parlare di fronte imperlata di sudore, ascelle pezzate, irritazione tra le cosce causa sfregamento e sudore, ma mai e dico mai ho letto o sentito di “mento incorniciato dal sudore”.


Certamente il sudore può gocciolare dal mento, ma sono gocce che scivolano dall’alto, zona fronte-tempie.


Certo, ho visto persone sudare il prolabio: e questo nonostante non avessero lì manco un pelo. Al limite la presenza del baffo aiuta quindi a celare delle antiestetiche gocce di sudore, svolgendo un’utile funzione.

Comunque, potrei quantomeno capire stessimo parlando di zone notoriamente interessate da surriscaldamento e sudorazione, tipo le ascelle: se uno avesse del pelo di 20 cm sotto le braccia allora sì che la domanda “Ma non hai caldo?” avrebbe un senso.

Ma, ripeto, al mento non gliene frega niente, pelo o non pelo, quindi smettetela di fare questa domanda ai barbuti.

In tema di domande, in questo periodo storico quelle più in voga sono:

«Che vaccino ti hanno fatto?», che mi ricorda la domanda classica al ristorante: «Tu che prendi?».

A quelli come me che ancora non hanno avuto accesso alla vaccinazione, la domanda invece è: «Ma se ti fanno il…te lo fai fare?»

E io rispondo sempre che mi possono dare pure la ‘nduja nella siringa, basta finisca questa storia.

Domande, sempre domande.

Io chiedo poco e il più delle volte non chiedo per una questione di imbarazzo: non il mio, ma quello che penso possa provare l’altro alla mia domanda.

Ma se poi l’altro si imbarazza perché non mi vede domandare?

Quanti problemi!

Non è che l’estetista pignola cerchi per forza il pelo nell’uovo

Ristorante, una ventina di anni or sono. In un tavolo più là c’è una famiglia, padre, madre e figlio.

Il padre scuro, la madre molto castana, il fanciullo rosso come Anna dai capelli rossi che è caduta nel succo di pomodoro.

Passa un cameriere che fa una carezza in testa al piccolo ed esclama, a voce alta

– Ué, e ‘sto rosso da dove è uscito?

Io sono sicuro che tutti i presenti avranno rivolto qualche irriverente pensiero alla fedeltà della signora.*

Mi son sempre chiesto chi stesse sbagliando: il cameriere che son certo volesse fare lo spiritoso o chi si mette a pensar male? Si dice che Malizia sia sotto le ascelle di chi lo spruzza, quindi…


* In realtà questa mia sicurezza su cosa possano aver pensato gli altri potrebbe anche essere tutto frutto di una mia errata “lettura del pensiero”, avendo la pretesa di capire cosa pensano gli altri sulla base di ciò che io stavo pensando. Pur avendo 10 anni, pensai infatti a) il padre non è il vero padre; b) è stato adottato. Non mi sfiorò l’idea di qualche gene nella famiglia che avesse prodotto il piccolo rosso, anche perché non ne sapevo nulla di genetica, ovviamente. Fino a poco tempo prima credevo che chi aveva i capelli neri fosse semplicemente stato di più al sole rispetto ai biondi.


Mi ha sempre un po’ incuriosito la genetica sui colori dei capelli e degli occhi.

Rimasi colpito nell’apprendere che il biondismo è in via di estinzione. Il biondismo puro, intendo. Il prudore erotico della maggior parte dei maschi mediterranei che tra qualche decennio non potranno più raccontare di quella volta in Riviera di quella tedesca che era bionda sopra sotto e anche ai lati – ho visto che in Germania va molto l’ascella col pelo – perché non ce ne saranno più.

Biondismo pubico


Saranno 20 anni, cioè da quando io ricordo di averle sentite per la prima volta, che sento raccontare queste favolose storie sulle tedesche in Riviera, ma di sicuro tali epici eventi narrati dai rapsodi delle spiagge affondano radici nei decenni precedenti.

Considerando quindi tutte le tedesche che in almeno mezzo secolo dovrebbero aver ceduto al fascino dei viveur nostrani, le nuove generazioni tedesche dovrebbero parlare italiano. Altro che biondismo, dovremmo aver estinto il popolo teutonico.


Un mio rammarico riguarda il fatto che se in futuro avrò un figlio non credo possa avere colori degli occhi/capelli diversi dal nero/castano scuro, almeno a giudicare come si presentano tutti i rami della mia famiglia.

Certo, ciò eviterebbe commenti da parte di camerieri simpaticoni: ma gli si può sempre rispondere

– Ué, e invece da dove è uscito ‘sto coglione?.