Non è che spedisci il computer in manicomio solo perché non connette più

Ci si accorge del valore delle cose quando le perdiamo. E ci si rende conto di quanto, nel quotidiano, diamo tutto per scontato salvo poi pentircene quando si realizza che nulla ci è dovuto e ci è garantito.

Sono due giorni che mi trovo senza connessione internet.

Il PdC (padrone di casa) è stato così gentile da impegnarsi domani a verificare con la compagnia telefonica e a promettermi uno sconto sull’affitto il prossimo mese.

In questi giorni non sono in formissima. Mi capitano piccoli inconvenienti, come questo della connessione internet.

Ieri, in ufficio, quando sono andato in bagno mi sono accorto che mi stavo pisciando sulla cintura. In pratica, mentre facevo ciò che facevo guardando in alto e fischiettando Firulì Firulero, la cintura slacciata penzolava sul davanti giusto in traiettoria del getto.


Vien da chiedermi perché noi uomini siam così svagati duranti la minzione. Anche nell’iconografia cinematografica, l’uomo al bagno è rappresentato compiaciuto e fischiettante, laddove la donna sulla tazza sembra invece sempre assumere l’espressione afflitta di chi è alle prese con gravi problematiche politico-sociali e anche un principio di ricrescita pilifera inattesa.


Può essere che la minzione da bipede eretto tipica dell’uomo conferisca questa sicumera o trattasi soltanto di un cliché?


Poco più tardi, ho rovesciato un bicchiere colmo d’acqua, a pochi centimetri da ben due ciabatte di prese elettriche, una sulla scrivania e una al di sotto di essa.

Uscito dall’ufficio, distratto dalle chiacchiere di Aranka Mekkanica (la mia collega che sembra timida e remissiva ma in realtà nasconde un’indole malvagia) che era con me, ho preso la metro nella direzione sbagliata.

A casa ho poi constatato l’assenza di connessione internet. Desideroso di vedere la Champions League in streaming, sono uscito alla ricerca di un bar o di un locale che trasmettesse la partita.

Purtroppo, dei posti che ho visitato nessuno trasmetteva la partita che mi interessava.

Però per strada, quando ero affranto e sconsolato, ho avuto questa apparizione:

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Convinto fosse un segno, sono tornato a casa sperando di ritrovare la connessione. Non c’era. Ho sfruttato un hotspot Telekom che forniva un quarto d’ora di internet free per vedere il finale dell’incontro.

Purtroppo le cose nella partita non sono andate bene e ho invocato invano il nome sulla targa dell’auto. E ho pensato che avrei potuto sfruttare quel quarto d’ora in modo migliore. Ad esempio per vedere un porno: solo che poi cosa me ne facevo dei 14 minuti restanti?

La signora indossa capi di lino. Ma come: mette vestiti di un maschio?

In allegato: consigli per essere perfetti conversatori

Puntata II della telenovela Io e la mia Pdc (vedasi post precedente).

Innanzitutto ringrazio l’artista trascendentale ysingrinus e il suo tutorial per la postura digitale, che mi ha aiutato ad assumere un’aria di autorevole saccenza.

Come avevo avuto modo di intuire dalle mail e dalla telefonata, PdC è molto esperta nella conversazione ampollosa e retorica, una tecnica in cui mi sto impratichendo anche se il mio scopo non è essere uno specialista ma un duttile giocoliere di qualsiasi tipo di conversazione, da quella con le ricche e aristocratiche signore PdC a quella col black blogger che minchia frate stai tranzollo perché cioè dobbiamo spaccare tutto perché cioè wordpress.

Consiglio I – Occorre elasticità mentale e flessibilità linguistica.

Amabili e ampollose conversazioni nel secolo decimonono

Per raggiungere PdC percorro una stradina immersa in tantissimo verde, arrivo in un residence presidiato da un custode che non ti lascia passare se prima, come fosse un perfetto maggiordomo, non ha provveduto ad annunciarti. Le megaville dei residenti all’interno del residence sono cinte da muri in mattoni rossi, alte siepi e/o alberi che creano delle bolle di verde in modo che nessuno possa vedere nel giardino dell’altro. Così si risolve l’annoso problema del confronto con l’erba del vicino: non c’è che dire, i ricchi ne sanno una più del diavolo.

A proposito di erba, mentre conversavamo io e Pdc un giardiniere era all’opera nella villa di fianco. Quando il rumore del tosaerba è cessato, Pdc ha tirato un sospiro di sollievo:
“Ah, finalmente. Sa, qui siamo abituati al canto degli uccellini tutto il giorno e quindi al minimo rumore uno pensa oddio ma che succede! Ah ah ah ah (risata finta)”.

Consiglio II – La risata finta è sempre un buono strumento, ma va usata con parsimonia e attenzione. Altrimenti si rischia di essere come quei pessimi comici che mentre recitano il loro sketch ridono da soli alle proprie battute per invogliare il pubblico alla risata.

Andiamo con ordine: all’ingresso nella villa sono stato accolto da questa donna dall’età intorno ai 55 anni, dai lunghi capelli d’argento, il fisico asciutto e vestita interamente di lino bianco: era la signora PdC in persona. Ho avuto l’impressione di ritrovarmi di fronte l’adepta di una setta parareligiosa. Non so perché ma i membri di una setta li immagino sempre magri, con la pelle liscia, vestiti di lino bianco.

Come dicevo, PdC è esperta della conversazione ampollosa e retorica:  una persona così per esprimere un concetto userà locuzioni articolate e complesse che impiegheranno il quintuplo del tempo normale.

Ma tutto ciò che mi ha detto era sintetizzabile semplicemente così: loro non vogliono esporsi a problemi fiscali o legali, vogliono un contratto ma non sanno da chi farlo scrivere perché il famoso avvocato che l’ha fatto a titolo di favore non è reperibile. Mi ha chiesto se avessi io contatti di fiducia, ho negato categoricamente.

Ho evitato di riportare parola per parola la conversazione perché avrei bisogno di fare altre tre puntate di questo post, dato che anche io mi ero adeguato ricorrendo alle locuzioni articolate.

Consiglio III – Sintonizzatevi sul registro linguistico dell’interlocutore, ma non copiatelo: siate simmetrici, siete artisti della conversazione, non scimmiottatori.

Così, per spiegare che io sarei anche pronto a fare le valigie e togliere le tende perché non voglio restare a certe condizioni, ho usato queste parole (non invento nulla, mi sono espresso proprio così):
Ecco, avevo premura di far presente a lei e la sua famiglia che onde evitare di porvi in uno stato di disagio con la reiterazione di pagamenti monitorabili ma non legalmente giustificabili, nel caso non si giungesse a una soluzione che sanasse la situazione mi dichiaro pronto a congedarmi in via anticipata.

Abbiamo concluso che parlerà con Marito sia riguardo il poter giungere a stilare un nuovo contratto sia riguardo quest’ultima cosa e mi farà sapere.

Detto ciò, si è concessa una decina di minuti a delle chiacchiere generiche. È buona norma, tra conversatori, dedicare infatti un po’ di attenzione alla chiacchiera generica. Dovendo evitare argomenti che possano creare conflitti o urtare la sensibilità, come politica, religione e via dicendo, in genere si discorre del tempo, ad esempio. Altro argomento molto in voga è “la situazione italiana odierna”. Che non va specificata aggiungendo chissà quale altro commento, basta buttare lì la frase e qualsiasi persona troverà qualcosa da dire al riguardo, sulle opportunità per i giovani, sulla ricerca, sulla burocrazia…ci sarà sempre qualcosa da dire sulla “situazione italiana”. Essendo PdC maestra della conversazione formale, mi ha anticipato e ha tentato tre volte di introdurre l’argomento accennando alla “situazione italiana”. Io non ho raccolto l’invito né la prima né la seconda volta e non mi sono agganciato al discorso. Ho atteso la terza per dar modo di far capire che non era lei a introdurre la chiacchiera generica, ma ero io che decidevo quando sarebbe stato il momento.

Consiglio IV – Abbiate sempre pronta la chiacchiera generica e non fatevela soffiare.

In conclusione, in trasferta su un campo difficile e con un avversario ostico non ho concluso granché riguardo la mia situazione abitativa (se non il far presente che sarei orientato ad andarmene al più presto) ma riguardo la conversazione ampollosa e retorica ho riportato un bel pareggio a reti inviolate.

Il mio mito resta comunque costui e spero un giorno di poter raggiungere tali vette artistiche.

E come disse il notaio “Rogito, ergo sum”

Forse ho dei problemi col mio tetto romano.

Coinquilino è fratello di Padrona di Casa (d’ora in poi indicata come PdC), che non ho mai avuto modo di incontrare dal mio ingresso tra le quattro mura.

Quando visionai l’appartamento (febbraio scorso), chiesi a Futuro Coinquilino come avremmo agito per i pagamenti (tradotto: li consegno brevi manu o avremo un contratto?) e lui disse avremmo firmato un contratto. Io all’epoca dissi che avevo bisogno della stanza per 12 mesi.

Dopo essere entrato in casa ho fatto poi presente che non avrei più potuto garantire 12 mesi di permanenza perché c’era possibilità, come mi spiegò la mia tutor (quella che manda foto la domenica sera) che entro la fine dell’anno sarei dovuto partire. Spiegai la situazione e chiesi espressamente di indicare sul contratto 9 mesi di durata (è un contratto transitorio, quindi può essere più breve di un anno).

Quando Coinquilino mi inviò la bozza di contratto vidi che erano stati inseriti 12 mesi. Feci presente la cosa, lui mi rispose che allora potevamo procedere in due modi:

– io avrei firmato ma avrei potuto sempre avvalermi del recesso anticipato (con 3 mesi di preavviso), in ogni caso;
– potevamo oppure procedere con la modifica del contratto.

Optai per la seconda opzione. Se è vero che a oggi ho meno di un mese per pensare di che morte eventuale morire (si veda il post precedente), è anche vero che sicurezze ne avrò molto più in là e il contratto per partire verrà firmato solo poche settimane prima della partenza.

Il 30 marzo mi scrisse via mail per chiedermi se fossi stato in casa il giorno dopo, perché il contratto – che nel frattempo non era stato modificato – deve ormai essere firmato (un contratto di locazione dev’essere registrato entro 30 giorni dalla sua data di decorrenza, che era stata stabilita al 1° di marzo), in quanto a detta sua “la ricerca di una soluzione che venisse incontro a entrambe le parti ha già comportato una ricerca e un impegno che deve essere ora concretizzato“.

What?

Ne parliamo di persona, gli espongo le mie perplessità e gli dico che intanto avrei pagato l’affitto di marzo. Poi chiedo la cortesia di stendere un nuovo contratto che decorresse da aprile. Lui risponde che andava bene e che mi avrebbe fatto parlare direttamente con PdC.

L’avvocato scomparso – Al telefono PdC insiste sulla possibilità da parte mia di avvalermi comunque di un recesso anticipato. Aggiunge che al momento non poteva modificare il contratto perché l’avvocato che ha provveduto a stenderlo, un loro amico di famiglia, l’ha fatto a titolo di favore e ora non era reperibile.

Io spiego che forse non potrei rispettare 3 mesi d’anticipo per comunicare  il recesso. Forse uno, uno e mezzo, non più. Per questo sarebbe più utile ridurre la durata del contratto. Concludiamo con lei che mi dice che ne avrebbe discusso con Marito e mi avrebbe fornito aggiornamenti.

Due giorni dopo, ricevo un sms in cui mi dice di non avere notizie da darmi.

Trascorrono due settimane, la contatto per
a) chiederle dei summenzionati aggiornamenti;
b) pagare il mese di marzo (che in tutto questo non mi avevano ancora dato modo di versare) e anche quello di aprile. Mi rendo conto di contribuire a frodare il fisco, ma non sono abituato a vivere in case altrui gratis.
Mi risponde comunicandomi gli estremi per il pagamento, ma ribadendo anche di non avere ancora novità.

Oggi pomeriggio ricevo una mail da parte di PdC (che non mi aveva più scritto se non per ringraziarmi del versamento), che mi dice
il protrarsi dell’attesa (ma l’attesa di cosa?) mi porta ad invitare Lei ad una verifica della fattibilita’ contrattuale rispetto alle nuove necessita’ […] La nostra esigenza e’ solo quella di procedere nel totale rispetto delle normative vigenti

Le ho scritto chiedendole di parlare di persona.

Intanto mi esercito per imitare questa espressione da assumere durante l’eventuale incontro: