Non è che ti serva un sovrano per avere una corte

Salve, sono Gintoki. Forse vi ricorderete di me per storie come l’uomo che fissava le zanzare.

Oggi, per la rubrica “Conversazioni interessanti”, ho raccolto un po’ di aneddoti del mio amico libraio riguardo il suo vicinato.

Lui non è un tipo strano o fuori dal mondo. Ma, dove vive, risulta essere lui quello fuori dal mondo perché non si uniforma a pensiero e azioni delle persone in quel contesto. In realtà, agli occhi di un osservatore esterno, sarebbero i suoi vicini quelli strani e al di fuori ecc. Ma, calato nell’interno di quel microcosmo, l’osservatore stranito sarebbe strano! Chiaro, no?

Un po’ di fatti.

Tanto per cominciare, il vicinato pensa di vivere in una sit-com americana, dove le porte non sono chiuse a chiave e la gente entra nelle case altrui senza bussare. L’appartamento del mio amico è piano terra e da un lato affaccia in questa corte condivisa con altre case. A volte capita che i vicini gli aprano la porta di casa e al grido di Buongiorno! si affaccino dentro, salutando con un ampio gesto della mano per poi congedarsi.


Al che ha preso a tenere la porta sempre chiusa a chiave ma è cambiato poco perché tanto provano sempre prima a girare la maniglia e poi bussare.


Poi ci sarebbe da raccontare quello che ha un po’ esagerato con la potatura. Il mio amico aveva piantato un rampicante che era cresciuto lungo un muro diroccato che divideva uno spazio di giardino tra lui e un altro vicino. Il rampicante si era esteso sino ad affacciarsi dall’altro lato del muro. Temendo che, col peso, potesse minacciare la tenuta dei mattoni apicali del muro, il vicino gli ha chiesto il permesso di spuntarlo. Il mio amico ha acconsentito.

Tornato a casa dal lavoro ha trovato il rampicante sradicato del tutto e, come se non bastasse, sfrondati dei rami anche un albero di limone e un’altra pianta (che stavano dal lato suo e non quello del vicino):

– Scusa ma perché hai tolto tutto il rampicante?
– Tu m’hai detto potevo farlo
– Io ti ho detto sì a una spuntata
– Sì, ho spuntato la pianta infatti

(al che si comprese che nella lingua italiana del vicino “spuntare” vuol dire sradicare)

– Sì ma gli altri alberi?
– Ah era per farti un piacere

I rami tagliati e il rampicante poi furono lasciati per terra per giorni. Il mio amico gli chiese conto di ciò:

– Va be’ mo’ li levo io, anche se sarebbero le tue piante…

Gli rispose il tale.

Poi ci sarebbe l’auto lasciata parcheggiata a bloccare la strada a un camionista, che, alle 7:30 del mattino, strombazza per cercare di far accorrere l’automobilista incivile e lasciar strada al camion. Senza successo. Si sveglia in pratica tutta la città, il clacson pluritonale lo sente anche il barista a 400 metri da lì. Arriva la Municipale (alle 8, perché prima non sono di servizio), che più di far una multa dice di non potere.

– E chiamare il carroattrezzi?
fa il mio amico, ingenuamente.
– Lo paga lei? Il Comune non lo paga.
Risponde il vigile.


Se ne deduce che quindi uno potrebbe abbandonare un’auto, un furgone, un camminatore imperiale di Star Wars per strada e la città rimarrebbe bloccata per sempre.


Finché, alle 8:30, scende di casa un vicino e, mezzo assonnato, chiede scusa per il fastidio, sale nell’auto d’ingombro e se ne va.

Ma la storia più bella è legata a quelli che dovevano svuotare dei mobili un appartamento al secondo piano.

Flashforward: un giorno il mio amico torna a casa e trova la finestra della stanza da letto in pezzi, con dei frammenti di legno sparsi ovunque.

Cos’era successo: non volendo fare le scale su e giù con dei mobili che erano peraltro da buttare, i Genialloyd della situazione hanno pensato di adottare una soluzione che avranno visto in qualche cartone animato con Topolino, Pippo e Paperino alle prese con una delle loro attività. Hanno steso un materasso matrimoniale al suolo e hanno cominciato a gettare i mobili dalla finestra, senza guardare giù se non a fine lavoro. Alla fine si sono accorti di aver così sfondato due-tre finestre degli appartamenti piano terra che si affacciavano da quel lato.

03

Ci sarebbero altre storie surreali, ma me le riservo per un’altra occasione!

Non è che per Sherlock Holmes la scuola fosse elementare

«L’insegnante è un vero eroe!» firmato, Paperino&Paperoga. Così si chiudeva una vecchia storia su Topolino in cui i due cugini venivano inviati, quali cronisti del Papersera, a fare un servizio sull’attività da insegnante calandosi per un giorno in queste vesti. Dopo essere stati calciati (letteralmente) via da Università, Licei, scuole medie, una scuola elementare li accoglieva e i risultati erano, com’è prevedibile, disastrosi e massacranti per i due.

L’insegnante è un vero eroe. L’ho sempre pensato. Ora che però sto toccando con mano la realtà, occupandomi, come raccontavo in un altro post, di far delle lezioni tematiche in giro per scuole, ne ho compreso il senso appieno.

Dopo l’esperienza traumatica in un ITC devo dire che bambini e ragazzini di elementari e medie che ho successivamente incontrato sono stati molto bravi ed educati, interessati e curiosi. Sarà stato perché la figura mia di estraneo incuteva un po’ di timore reverenziale il che li teneva buoni.

Ciò nonostante, dopo 5 ore se ne esce provati e io mi chiedevo: come fanno le insegnanti tutti i giorni?


La spiegazione «tanto fanno tre mesi di vacanza all’anno» non è contemplabile, ma se non siete convinti provate a dirla a un docente e poi, se vi restano integre le dita, scrivetemi.


Quando questa esperienza finirà la inserirò nella lista delle “Cose divertenti che non farò mai più”.

Alcune cose che ho imparato:

– La lavagna interattiva è fantastica, finché funziona. E se funziona, a non funzionare bene è il pc a essa collegato;
– Se il pc funzionava bene è stato poi sicuramente rubato;
– Quando un insegnante vede avvicinarsi un genitore teme sempre che questi abbia qualche rimostranza sul perché suo figlio è stato richiamato o ha preso un brutto voto. E l’insegnante non l’ammetterà mai, ma vorrebbe replicare «Perché suo figlio è un imbecille, caga il cazzo e non studia»;
– I ragazzini di oggi sono fortunati. Ora in classe fanno il “progetto merenda” e insieme studiano un menù settimanale bilanciato per l’intervallo. Ai miei tempi nessuno se ne fregava che facevi merenda con le merendine riciclate del discount, asciutte come il Sahara e dalla densità di un stella di neutroni, che ti si piantavano nell’esofago e là restavano per le ore successive;
– Ogni classe di età ha il suo puzzo tipico tal che in un paio di giorni riesci anche a distinguerli e puoi trovare le classi a fiuto;
– Fuori le scuole ci sono volontari della Protezione Civile o vigili o chi altri che all’ingresso e all’uscita regolano afflussi/deflussi e fermano il traffico. Sempre ai famosi miei tempi, ci si gettava nelle strade come mandrie di bufali d’acqua che entrano nei fiumi, tra automobilisti che smadonnavano e altri che sudavano freddo perché arrotare un bambino non è una cosa carina per la propria fedina penale.

La sempiterna aria da liceale nei volti dei Pippo Civati

Ho preso un biglietto del treno,
su internet, col mio conto PayPal
destinazione Venganchio
ma ho scoperto che il treno andava a Nottuno
e alla fine ho deragliato a Cambidea
per rimanere a Fermo.

Se mi incontrassi alla stazione
mi chiederei Tutto bene?
e risponderei con Tutto a posto
per paura di costringermi ad ascoltarmi
quindi preferisco ignorarmi.

Ignoro il mio corpo finché lui passa dritto senza salutarmi
e a volte faccio sogni in cui non riesco a far sentire la mia voce
allora scrivo perché almeno così la vedo e la posso rammentare
quando mi rileggo con la mia voce in testa
anche se spesso baro
e mi riascolto con la voce di DiCaprio
quando mi sento riflessivo
o con la voce di Depp
quando penso qualcosa di ironico o sarcastico
o con la voce di Paperino
quando mi rivedo imbranato.

E mi percepisco così in abiti non miei
non posso agghindarmi da giovane adulto o da adulto giovane
come i tuoi amici medio chic che intrecciano bicchieri
mentre io me ne vado a sorreggere muri dei vicoli con la schiena
sferzato dai venti e intimorito dai trenta.

Quando ci fermiamo a Cambidea
partiamo per Venganchio
un giorno che c’è la nebbia
così non ci riconosceremo
e non baderemo ai nostri vestiti.

Perché se la mucca fa muu il merlo non fa mee?

  • Perché una zanzara non può pungerti e portarti via quella goccia scarsa di sangue che le entra nel corpo senza rompere le scatole? Perché deve ronzare nell’orecchio e poi saltellare sulla pelle come un gabber impasticcato? Ci si potrebbe mettere d’accordo, io lascerei un cucchiaino di sangue la sera accanto al letto: prendetene e bevetene tutte, questo è il mio sangue e che vi vada di traverso. Lo so che non dovrei incentivare il racket ematico, ma sempre meglio che dare i soldi alla lobby dello zampirone.
  • Perché Paperino va in giro senza pantaloni e poi al mare indossa i bermuda, mette l’asciugamano in vita quando esce dalla doccia e se rimane nudo si copre lì davanti con le mani (senza motivo, aggiungerei, visto che il birillo delle anatre è nascosto dentro il corpo)?
  • Perché alcune donne, pur soffrendo in modo terribile i tacchi, continuano a indossare scarpe col tacco?
  • Perché le donne quando mettono il mascara aprono la bocca? L’occhio mica si apre di più, in questo modo? Post Scriptum: quando anni fa ho cominciato a mettere le lenti a contatto mi son reso conto che inconsciamente lo facevo anche io, quindi ritorna la domanda: perché?
  • Perché i maschi hanno i capezzoli? Per permettere di fare lo scherzo da scuola media o da palestra di pizzicarli a qualcuno e guardarlo contorcersi dal dolore?
  • Perché alcuni uomini soffrono di calvizie degli stinchi/polpacci? Perché nessuno parla di questo problema e in tv non ci sono spot con uomini che vanno al bar e si scusano con gli amici, tipo
    – “Ragazzi, scusate, ma ho un problema intimo…mi cadono i peli dagli stinchi..Ho paura di entrare in ascensore o stare vicino agli altri perché temo che se ne accorgano
    – “Ma dai! – esclama l’amico saccente, aprendo la valigetta e prendendo il prodotto – Ora le tue gambe possono sentirsi sicure e protette con il nuovo xxxx (nome del prodotto)!”
  • Perché i pantaloni coi bottoni hanno progressivamente ridotto a specie in via di estinzione i pantaloni con la cerniera? Troppi ricoveri al pronto soccorso causa peni intrappolati nella zip?
  • Perché nelle raffigurazioni artistiche Adamo (e anche Eva) ha l’ombelico? Non dovrebbe essere liscio tipo Kyle XY? E il cordone l’avrà tagliato un insetto forbicina, vista l’assenza di ostetriche?
  • Perché è così divertente far scoppiare la bubble wrap (la plastica da imballaggi con le bolle) mentre chi assiste alla scena sembra infastidito?
  • Perché a Superman bastano un paio di occhiali e nessuno lo riconosce quando è Clark Kent, così come a Don Diego de la Vega basta una mascherina e nessuno lo identifica con Zorro?
  • Perché il Giappone viene attaccato dai mostri, gli Stati Uniti vengono attaccati dagli alieni e a noi invece non ci fila nessuno, tanto che basta un prete in bicicletta a difenderci?
  • Perché nei film americani se sali per la prima volta su un elicottero o un aereo riesci a pilotarlo e farlo atterrare, così come negli anime giapponesi se ti metti alla guida di un robot che non hai mai visto prima riesci a combattere senza problemi?
  • Perché nei film e nei telefilm americani la gente riaggancia il telefono senza nemmeno salutare? Sono davvero così scostumati oltreoceano? Del tipo:
    L’appuntamento è per domani.
    Ci sarò.
    Clic.
    Oppure:
    John è morto.
    No!
    Clic.
  • Perché l’inglese non si pronuncia come si scrive, cosicché sarebbe anche più facile per chi dimentica di allungare le vocali capire la differenza tra shit e sheet, bitch e beach e così via?
  • Perché andare in palestra o a correre per tenersi in forma e poi la sera riempirsi sistematicamente di schifezze fritte nell’Agip Sint 2000?
  • Perché non concedersi, di tanto in tanto, di mangiare una schifezza per risollevarsi il morale e dover rompere i coglioni a chi lo fa?
  • Perché mai Ti chiamerò trottolino amoroso du du da da da?
  • Perché i Jalisse non sono più riusciti a replicare il successo di Sanremo 1997? C’è lo zampino della mafia della musica che ha ostacolato il loro talento artistico?

E quali sono i vostri grandi perché? Perché mai lo chiedo? ‘mbuto! Su Rieducational Channel!

Sei proprio tu, Donald Duck? E io chi sarei?

La sfortuna di Paperino è proverbiale e ineguagliabile. Ma io, delle volte, mi sento molto vicino a lui, in quanto mi capitano inconvenienti strani che non ho mai visto accadere a qualcun altro. Non parlo di catastrofi o chissà cos’altro, ma di contrattempi esilaranti o ridicoli sempre nei momenti meno opportuni.

Esempio: Per tre anni avevo sempre portato in tasca il cellulare senza problemi. Fino all’aprile 2003: gita di fine anno del liceo, dopo un’ora dalla partenza mi accorgo che, mentre ero seduto, il cellulare si è spento, si è riacceso, il pin (errato)si è digitato e inserito per tre volte di fila, facendo bloccare il telefono. Ho risolto chiamando a casa e facendomi dettare il puk, ma mi han detto che l’operatrice Vodafone  manco ci credeva.
Forse sarà stata colpa del fatto che il mio primo cellulare era grande quanto con un citofono e i tasti adatti alle dita di Hulk. Peccato che, due anni dopo, mi sia successa la stessa identica cosa con un telefono più compatto.

Nel 2005 mi successe un’altra cosa curiosa. Notte bianca a Napoli, un milione di persone per strada. E non scherzo, in un metro quadrato c’erano più persone che in un Regionale Trenitalia all’ora di punta. Mi calpestano i piedi in continuazione, ma magari si fossero limitati alle scarpe: portavo dei pantaloni un po’ larghi, che, a forza di essere pestati, si strappano lungo la cucitura laterale dalla caviglia sino su al ginocchio . E questo accade a entrambe le gambe! Ho passato il resto della nottata con due cosi svolazzanti che tentavo faticosamente di sistemare all’interno della scarpa.

Capitolo fisico: sorvolo su improvvise epistassi arrivate mentre ero al telefono a lavoro o in pizzeria (più di una volta: la prossima pizza la ordinerò bianca e la coloro io) o mentre ero al corso di tedesco settimana scorsa. Ma come non parlare di scarpe collaudate senza problemi che in viaggio cominciano a fare talmente male da costringermi a camminare come stessi passeggiando sulle uova. Non poteva accadere prima del viaggio, non poteva accadere durante dopo il viaggio: no, durante, solo in quel frangente in cui lontano da casa non si può ovviare. La doppietta fu a Barcelona: due paia di scarpe, una faceva male al tallone, l’altra sotto la pianta.

La casa, poi, o mi picchia o si ribella. Ho battezzato ante e finestre con la fronte. Eh va be’, ma se uno è distratto o maldestro…ma una volta l’anta dell’armadio si staccò e mi cadde in testa mentre stavo per fatti miei.
Le cose mi si rompono in mano semplicemente usandole: apro il rubinetto e mi rimane in mano la levetta, giro il pulsante della doccia e si blocca per sempre, faccio il bagno e il tappo della vasca non viene più via, tiro la cinghia della tapparella e questa si pianta e non scende più. Mi ricorda Peter Parker quando comincia a rendersi conto di essere diventato più forte ma non sa misurarsi e rompe gli oggetti. Peccato che io avrei la forza di fare sollevamento biglie, al massimo.
Mi sono dato da fare pure in trasferta. Una volta, a casa di un amico, una sedia si sbriciolò sotto di me.  Non si ruppe una gamba o lo schienale, no, tutti i pezzi si staccarono gli uni dagli altri, come se fosse appena uscita dall’IKEA. E pesavo 60 kg, non 600, eh. Il padre disse no va be’ ma era vecchia…Peccato che a me pareva integra e uguale alle sue 5 gemelle (che non si sono sfasciate).

E a voi? Capitano cose strane?