Non è che per tirarti su chiami il carro attrezzi

C’è una villetta di fronte il mio balcone. È l’unica che resta nell’isolato, ormai composto solo di condomini di 3-4 piani (e qualcuno anche oltre). Non mi è chiaro se sia ancora abitata o meno. È sempre chiusa, ogni tanto vi ho visto aggirarsi all’esterno una coppia di anziani.

Aveva – devo parlarne al passato – un giardino rigoglioso di piante e alberi, ornamentali e da frutto.

La settimana scorsa piante e alberi sono stati tutti tagliati via.

Non ho capito se la villetta verrà ristrutturata o sia stata rilevata per abbatterla e farne un altro condominio, uguale a tutti gli altri.

I condomini di nuova costruzione sono fatti con lo stampino: bianchi e grigi, con i balconi con ringhiere di ferro curvi e con appartamenti piccoli.

Ho un po’ di problemi coi cambiamenti. Almeno di questo tipo, di dimensione estetica. Poi ci sono cambiamenti che trovo positivi e per i quali non tendo a rifugiarmi nel nostalgismo.

Tanto per dire, ci sono quelli che ricordano quando per prendere l’ascensore bisognava infilare 10 Lire nella cassettina (“Noi che mettevamo 10 Lire nell’ascensore…). Anche io me lo ricordo. Capisco che la 10 Lire sia in realtà un’ancora per agganciarsi ai ricordi d’infanzia o di un periodo passato, ma forse sarebbe il caso di usare un altro tipo di ancoraggio. Io sono più contento di prendere oggi un ascensore gratis e di vedere le cassettine di quelli vecchi ormai in disuso. Costringere la gente a portarsi dietro monetine fuori corso per prendere l’ascensore la trovavo una bestialità bella e buona e lo trovo tutt’ora, a ripensarci.

Viviamo in un’epoca in cui molte cose sono semplificate rispetto al passato. La variabile di complicazione del sistema resta molto spesso quella umana.

Per esempio: l’altro giorno ho contattato l’assistenza della mia assicurazione, perché dovevo far trainare l’auto fino a un gommista.

L’operatrice mi dice che non ho più diritto a un’assistenza stradale.
Vado in agenzia. Mi dice che è tutto in regola e mi invita a richiamare l’assistenza.
Un operatore mi dice la medesima cosa, ma che ora chiederà verifiche. È possibile che nel rinnovo qualcuno si sia dimenticato di aggiornare i dati.

Mi richiamano: è tutto a posto. Mi chiedono, per la segnalazione al carro attrezzi, dove si trovi la mia auto, come ci si arriva, riferimenti per identificare la strada, tipo di problema e destinazione precisa.

Mezz’ora dopo mi chiama il carro attrezzi. Mi chiede dove si trovi la mia auto, come ci si arriva, riferimenti per identificare la strada, tipo di problema e destinazione precisa.

Al che ho pensato:

a) l’operatrice ha finto di prendere nota dei dati ma in realtà chattava per svagarsi
b) l’operatrice ha trasmesso le informazioni ma il tipo del carro attrezzi non le ha affatto prese in considerazione
c) era in realtà un test per verificare se ci fossero contraddizioni nella mia storia.

A proposito di innovazioni e variabili umane, quando mi sono trasferito ho apprezzato come salto di qualità di vita avere un secondo bagno. Anche se siamo solo in due, può far comodo.

Poi in realtà ne utilizziamo sempre e solo uno perché facciamo tutto insieme (tranne l’opzione 2 dell’esigenza fisiologica, beninteso, che resta un momento privato, personale e solitario).

Il secondo bagno resta comunque una valida opzione per gli ospiti.

Solo che tutti gli amici che vengono a casa utilizzano sempre il bagno principale.

Il primo dubbio che mi sorge è perché, appena saliti su, magari venendo giusto da casa propria, abbiano bisogno del bagno. A me non capita mai con gli altri.

Il secondo è perché non utilizzino quello degli ospiti: forse non si fidano degli altri ospiti che potrebbero aver utilizzato il bagno e si fidano di più di me? Ma se tutti gli ospiti utilizzano il bagno principale c’è comunque un problema di contaminazione generale!

Sono dubbi che mi restano.

Non è che il medico vada allo stadio per curare il tifo

Per la rubrica “Una cosa divertente che non farò mai più”, sono andato allo stadio in trasferta.

A dire il vero non ci sono andato di proposito – di proposito partendo da casa mia, intendo – l’ho deciso perché mi sarei trovato già in quelle zone per altri motivi. La città inoltre è tranquilla, il pubblico di casa piuttosto amichevole con noialtri e lo stadio piccolo ma ordinato. Il tutto quindi mi invogliava.

Essendo al completo il settore ospiti mi ero procurato un biglietto tra il pubblico di casa, dove comunque ci sarebbero stati anche tifosi miei conterranei vista la vasta affluenza.

In tribuna avevo di fianco un signore col figlio, un bambino di 8 anni al massimo.

Il fanciullo sembrava molto incuriosito dalla curva del settore ospiti. Molto festaiola e vivace ma pacifica, in effetti attirava l’attenzione.

La curva mentre sta preparando una grigliata per il dopo partita perché si era fatta una certa e lo stomaco chiamava

Il padre a un certo punto lo riprende invitandolo a prestare attenzione all’incontro o quantomeno ad ammirare la curva opposta, i loro, invece di guardare gli altri.

Passano 10 minuti e il bambino è di nuovo intento a guardare incuriosito e un po’ ammirato la curva avversaria. Il padre, con freddezza e una spruzzata di agrumi lo richiama di nuovo, spazientito. Cosa lo ha portato a fare allo stadio se poi lui si incanta a guardare gli altri?

Il bambino china la testa, si fa rosso in viso e piange. Il padre accortosi di averla fatta fuori dal vaso lo rincuora.

Secondo tempo. L’arbitro fischia un calcio di punizione contestato, contro i padroni di casa. Dagli spalti si leva quasi unanime un Idiota! Idiota! all’indirizzo del direttore di gara. Anche il padre di famiglia partecipa.

Poi, si volta verso il figlio e lo incita Dai, su! Anche tu, digli Idiota! Idiota!.

Avrei voluto anche io avere un figlio. Per dirgli, al termine dell’incontro:

Figliolo, ricordi il signore che avevamo di fianco? Ecco, quello è un coglione. 

Poi ho pensato che in realtà non vorrei mai che mio figlio crescesse nella consapevolezza, inculcatagli da me, che sia semplice e doveroso dar del coglione o dell’idiota a qualcuno. O, ancora, demonizzare l’avversario.

Ma ho anche pensato che mio figlio avrebbe il diritto di riconoscere un coglione quando ne vede uno.

Per uscire da questo dilemma, prima che sia troppo tardi, ho deciso di sottopormi a una vasectomia e riprendere l’operazione per proiettarla nel corso di un vernissage artistico in cui presenterò il mio concetto di Arte Infeconda.

Biglietti in prima fila a breve in prevendita su tickettuan.

In basso, degli omini del calciobalilla (riconoscibili dalla divisa e dall’assenza di braccia) a bordocampo esclusi dal gioco per aver rullato. Delle canne.