Non è che ti servano le istruzioni per montare una polemica

Il corpo umano sarà pure una macchina fantastica come si dice ma è una macchina che se la tieni ferma un po’ si rammollisce.

Mi sono fatto l’ultimo concerto in piedi penso nel 2019. Poi non ci sono più stati eventi, come sappiamo, in seguito sono tornati ma solo da seduti. E io mi ero abituato molto bene ai concerti seduto: sì, è vero, non è una cosa che fa molto rrruoocck ma è una cosa che fa molto comodo alle tue chiappe.


Ad esempio andare a vedere Iosonouncane nel Teatro Bellini dal balconcino dove ti puoi anche appoggiare è stata un’esperienza che si situa molto in alto nel mio comodometro.


Sono stato al Sonar – festival di musica elettronica – a Barcelona lo scorso fine settimana. E passare da qualche concerto seduto a un festival in piedi per ore devo dire mi ha fatto rendere conto che la mia macchina fosse proprio fuori allenamento per questo tipo di attività.

Dei festival avevo dimenticato anche un’altra cosa: sono un’economia chiusa in regime monopolistico. I prezzi di cibo e bevande sono degni di un locale di *nuovo imprenditore delle pizze*


Difatti, tra le varie proposte alimentari, ho visto un chiosco dove c’erano pizze a 12€.


Sì, proprio quello lì che si sta facendo un sacco di pubblicità in questi giorni con una polemica montata ad arte.

Uno dei problemi che affrontiamo nella realtà di oggi è ritenere rilevante qualsiasi opinione pubblica e degna di essere riproposta affinché se ne discuta a forza.

«Dei vaccini non mi fido, ci sono dentro cormorani sbeffeggiati e frullati»
Ce lo dice Valchirio Fannulloni, partecipante Isola dei Famosi

«La teoria del gender nuoce allo sviluppo»
La polemica su TikTok lanciata da Asfodelia Crudelini, suonatrice di rutti

«Sulla guerra so io la verità, ci stanno mentendo»
Afferma Misogino Andropatico, ex componente del Bagaglino

Beninteso, Valchirio e Asfodelia e Misogino possono avere delle opinioni personali, ma in quanto personali sono soggettive e fallibili e, comunque, non degne – quantomeno non dovrebbero esserlo – di competenza.

Invece bisogna replicare per giorni e giorni a quelle che sono delle stronzate, e a volte mi viene il dubbio che, così come nel sistema di un festival sei in un regime economico monopolistico e ti magni e ti bevi quello che dicono gli organizzatori ai prezzi che dicono gli organizzatori (sto pensando per le prossime volte, prima che agli ingressi introducano le perquisizioni come in carcere, di infilarmi una bottiglia nel sedere prima di accedere, sarà meno doloroso di pagare poi un bicchiere d’acqua a 3€), siamo anche nella realtà di tutti i giorni in un monopolio. Quello della stronzata.

Non è che vai dal barista per avere un parere espresso

Non scrivo da un po’ in questo spazio.

Il motivo è che sono stato un po’ preso. Lavoro, studio – a proposito, settimana scorsa un altro esame in meno. Ne mancano 3 più la tesi – vita privata, non mi consentono di ritagliare un momento in cui mi dico, come facevo di solito, adesso mi isolo (mentalmente) e metto giù qualcosa.

In realtà il tempo, volendo, lo si trova. Diffido sempre delle affermazioni “Vorrei…ma non trovo il tempo”. Se una persona analizzasse il modo in cui spende il tempo durante una giornata sono certo che, nella maggior parte dei casi, troverebbe spazi in cui avrebbe potuto dedicarsi a quel che dice di voler fare.

È una questione di volontà.

È un po’ quella che mi manca ultimamente.
La colpa è del mio rapporto con internet.

O nostro Signore della Rete, dacci oggi la polemica quotidiana per aver di cui parlare.
Mi sono reso conto che tutto ciò che mi viene in mente da scrivere è legato a qualcosa che ho letto o di cui mi hanno raccontato (e che hanno letto su internet) o sulla quale hanno un parere e che è legata a vicende che non si svolgono nella mia vita quotidiana né hanno attinenza con essa né in/con quella della persona che eventualmente me l’ha raccontato.

Considerato che, allora, cerco di orientare la mia vita secondo 3 regole:
1) Non sei obbligato ad avere un’opinione su tutto;
2) Puoi provare ad avere un’opinione su tutto, ma non sei obbligato a rendere partecipi gli altri a tutti i costi;
3) Puoi provare ad avere un’opinione su tutto e rendere partecipi gli altri: assumiti la responsabilità delle stronzate che dirai;
cerco di disintossicarmi dall’invasione non richiesta di informazione ed evitare di applicarmici troppo.
Viva la desistenza.

Per rinfrescarmi le idee ho messo i piedi a mollo perché ragiono con i medesimi.


Comunque la cosa sembra aver funzionato e mi sento pronto a scrivere più regolarmente.


 

Non è che l’ISIS possa rivendicare una notizia bomba

A novembre andrò a un festival musicale in Centro-Nord Europa. Non è proprio un buon periodo storico per gli assembramenti di persone durante eventi pubblici.

In genere però non ci si pensa. Le statistiche poi offrono conforto: è più probabile che io sotto casa incontri un tizio con un cacciavite in mano che mi chiede di vuotar le tasche.

E io nella concitazione temo di sbagliare ed estrarre un fazzoletto sporco, perché i fazzoletti di carta li riutilizzo più volte per non sprecare. Prima ne utilizzo un angolo, poi un altro e così via fino ad averli esauriti. E quindi ho sempre in tasca un fazzoletto moccioso. L’uomo del cacciavite, pensando che io voglia prenderlo in giro, mi darebbe allora un’avvitata alla milza.

Un amico che ama far dello spirito ci consiglia di star molto attenti durante il festival che È un attimo eh eh bum eh eh.

Quasi quasi lo compio io un atto terroristico. Così, per coglier di sorpresa tutti. E magari evitar problemi, come lo statistico che sull’aereo porta con sé una bomba perché è improbabile trovarne due sullo stesso volo.

Ho deciso, esplodo io.
Mi faccio saltare i nervi. In uno stanzino tra me e me stesso, senza preavviso.

Prima penso che brinderò.

Brinderò alle domande non richieste e alle risposte non avute.
Ai gomiti nello stomaco nella ressa sui mezzi pubblici e a due dita nell’origine del mondo.
Alle pelle del salame che viene via e ai nervi a fiori di pelle.
Alle ricette di cui ognuno ha la propria e alle opinioni come culi.
Ai bei culi e ai calci in culo.
All’assenza di fortuna e alle occasioni costruite da soli.
Ai film che fanno dormire e ai capolavori inaspettati.
Alle sale d’aspetto, i trasferimenti, gli aerei a orari improbabili e gli autobus transtatali.
Ai regali restituiti e i ricordi non cedibili.
Alle ricerche, gli sbagli, le penitenze, le ripartenze.

E potrei continuare a lungo ma mi fermo sennò mi disinnesco.

Non è che serva l’Aulin per i dolori del giovane Werther

Avverto una certa stanchezza nello scrivere sul blog.
Più che altro non so cosa scrivere. Non ho ben chiaro di cosa io possa parlare, ammesso che ci sia qualcosa di cui io sia in grado di parlare.

Non è un mistero che io sia abbastanza chiuso e, pur raccontando a volte cose personali – che, tra l’altro, sono una parte molto piccola di tutte le mie cose personali -, non ne trasmetto alcuna componente emotiva.

Ma io non so affatto come si parli delle proprie emozioni.
Non mi è mai stato chiaro come si comunichino e a scuola nessuno me lo ha insegnato.

I temi in classe dal contenuto emotivo venivano da me costantemente evasi. Ho già citato quella volta in cui, in risposta alla traccia Racconta di come è stato chiedere l’aiuto di qualcuno io ho risposto Non ho mai chiesto l’aiuto di nessuno e se l’ho chiesto non me lo ricordo.

Per non parlare di quando la traccia chiedeva di raccontare del rapporto con il proprio padre e io ho narrato di quando mi ha riparato la mia console Atari 2600. Avendo cura, però, di sottolineare che fu fatto con tanto amore.

Come si parla di emozioni?

Prendiamo una ragazza. Una che vi interessa. Se siete donne, fingete di essere amiche di Saffo.

Cosa dovrei dire al riguardo? Come è bello riuscire a captare almeno di sfuggita il profumo dei suoi capelli? Non stiamo parlando dei capelli appena lavati, perché quello è il profumo dello shampoo: è un po’ ridicolo instaurare una corrispondenza di amorosi sensi col Pantene.

Io parlo dei capelli uno-due giorni dopo lo shampoo, che non sono sporchi né sanno di Federica Pellegrini a una sfilata: ovviamente non si tratta di una ragazza che ha appena fatto la maratona di New York, sennò i capelli al massimo ricorderanno l’olio di semi di girasole.

Ecco, chiamatemi feticista, ma il capello uno-due giorni dopo ha un odore particolare. Quello mi piace molto.

E la bocca?
Senza rossetto, perché quello è una maschera. Il labbro non deve essere coperto: voglio coglierne i movimenti al naturale. Prima sottile, poi gonfio, poi teso, poi stretto, poi largo.

Sì, certo: noi maschi siamo più interessati alle grandi labbra, meglio dire le cose come stanno e non essere ipocriti.
Ma i movimenti della bocca non ci sfuggono, comunque.

Il seno è un caso a parte. Ci sono diverse scuole di pensiero che non ho mai frequentato perché sono autodidatta. Negli ultimi anni mi sono soffermato ad analizzare la forma del reggiseno, perché rivela molte cose sulla persona che lo indossa. C’è quello che spinge, quello che costringe, quello che riempie, quello che dà una forma.
Amo la donna che ha bisogno di una forma. Cerca una identità, forse insicura di quella che è in possesso e io, che ho il complesso musicale del supereroe, vorrei tanto infondere sicurezza.

Mi accorgo di essere già sceso in basso.
In tutti i sensi. Purtroppo le distrazioni capitano, anche quando si è intenti a contemplare il viso.

Finisco sempre per dimenticare quanti muscoli facciali abbiamo. Cerco di ricordarmene ogni volta che osservo le espressioni sul volto di una ragazza, anche quelle involontarie. Mi son sentito dire che “faccio paura”, per la mia perspicacia nel cogliere gli stati d’animo.
No no, non voglio millantare doti che non ho. Non ho perspicacia. Ti guardo e colgo le cose perché ti voglio, forse non è ben chiaro.

Fino a qui stiamo parlando di dettagli estetici e si potrebbe andare avanti ancora a lungo.

Non ho parlato del culo, ad esempio.
Il culo non è mai da sottovalutare: è come un’opinione, ognuno ha la propria. E, come disse Voltaire, morirei affinché ognuno abbia il proprio culo.

Purtroppo io solo di dettagli estetici posso parlare. Non sono in grado di essere profondo.

Come si fa a descrivere la gelosia quando lei parla, ride, scherza, tocca qualcun altro e nel frattempo voi state pensando Ehi, parla, ridi, scherza, tocca me! e la cosa vi rode come un criceto?

Come si racconta la sofferenza che si prova quando vi dice Ieri sono uscita con Piercarolambo, e voi rimanete zitti, mica potete rispondere Ma che membro virile ci vai a fare con un Piercarolambo?. Magari si offende pure di fronte al vostro taciturnismo, perché si aspettava diceste Ah, sono contento che hai un Piercarolambo, mica si trovano tutti i giorni.

Come descrivere quella sensazione nel petto che si verifica quando ci si sente dire qualcosa che colpisce?
Forse, per dare l’idea, potremmo paragonarla all’effetto che si prova quando si ingerisce del peperoncino. Ma di quello piccante per davvero, non le schifezze da supermercato.

Io, per esempio, sono sensibile a certe cose.

A me una che mi dice che scrive poesie mi fa l’effetto del peperoncino nell’esofago e zone limitrofe. È un cliché? Certo. Il peperoncino è come le poesie: ormai è mainstream. Provate il wasabi, e poi mi direte. Quello vi prende in testa, non nel petto.

Io una volta mi son sentito dire che le donne le prendo di testa.
E certo. Mi chiamano Zidane.

Non è tanto bello. Insomma, non sono mica John Dorian*: ho pure un corpo. Non vorrei sembrare volgare, infatti non è mia intenzione esserlo, ma ci sono tante altre parti con cui prendere una donna.


* Mi riferisco al “Dottor Testa Volante”.


Insomma, come si parla di emozioni?

Fortuna che non ho più temi in classe da scrivere e nessuno me lo chiederà.

Non puoi giocarti in borsa la tua buona azione quotidiana

Ogni volta che do indicazioni a un turista straniero sento di aver fatto una buona azione. Perché ho riconosciuto negli occhi del visitatore lo sgomento per l’inusitato (per lui) caos urbano delle nostre grandi città – vale per i turisti nordici, chi vive sul nostro stesso parallelo o al di sotto sembra a proprio agio – unito al senso di smarrimento dovuto alla perdita di orientamento.

A questo aggiungo la confusione che le indicazioni date dagli autoctoni a volte generano, anche se non ne comprendo bene il motivo. Insomma, se mi dicono “devi annà de qua” io lo capisco, non mi è chiaro perché risulti difficile per un turista: de qua è destra, de la è sinistra (credo). Semplice, no?

Una buona azione è anche una buona parola spesa al momento giusto. Questa sera ho rivolto un commento positivo a una persona e questa mi ha ringraziato dicendo: fa sempre piacere ricevere opinioni positive sul proprio conto.

Al di là del premio G.a.C. per l’ovvietà della risposta, è indubbio che noi esseri umani abbiamo un’autostima che funziona anche grazie ai giudizi esterni.

Eppure ho l’impressione di vivere in un mondo aggressivo, direi homo homini lupus se avessi degli Hobbes nel tempo libero. È una questione Spinoza. Siamo sempre pronti a dare addosso al prossimo, al remoto e, soprattutto, all’imperfetto perché non tolleriamo i difetti altrui.

In periodi di malessere sociale-politico-economico, inoltre, cresce il disagio dell’individuo. Tale disagio si esplicita in attacchi rivolti all’esterno.

Non voglio partire con un pippone, cito soltanto una cosa che mi ha fatto sorridere per la sua assurdità. Al Comune, da Padre, la settimana scorsa si è presentato un tizio chiedendo di firmare “contro la legge del gender”. In 5 parole ci sono credo almeno tre errori: 1) non si firma contro una legge, si raccolgono firme affinché si tenga il referendum abrogativo; 2) non esiste alcuna “legge del gender”; 3) non esiste alcuna ideologia gender contro la quale si deve combattere. Ma che gender c’è in giro?

Al di là del singolo esempio, una persona che si prende il disturbo, senza informarsi, senza conoscere, di attaccare qualcuno o qualcosa, per me ha un ingiustificato comportamento aggressivo.


Ripenso alla madre del mio alunno prodigio che senza ascoltare i desideri o le volontà del figlio lo derideva perché voleva studiare lingue.


Se non siete d’accordo con me non vi dirò nulla, anzi vi accoglierò con cordialità a braccia aperte. Ho passato anni della mia adolescenza in vacanza in Umbria, quindi mi sento anch’io un po’ gender de Fuligno, pacifico e amabile cuscì.