Non è che l’albero di Natale sia scocciato solo perché gli son cadute le palle

È difficile parlare di quanto sia stato un anno particolare e complicato a livello personale quando c’è già una situazione comune che è particolare e complicata. Ho sempre preferito – se abbia senso utilizzare questa espressione su certi argomenti, diciamo è come il quesito di cosa scegli di buttare giù dalla torre* – i problemi personali a quelli pubblici, se non altro perché i primi li puoi nascondere, minimizzare, mistificare.


*Che poi sulla torre io mi limito a guardare il panorama, poi faccio “Guardate là!” e me ne scappo giù dicendo sbrogliatevela tra di voi su chi deve buttarsi.


Ho avuto due lutti importanti in famiglia, quest’anno.

Ho pesantemente ferito una persona. Per cercare di evitare di arrecare altro danno al danno mi sono allontanato cercando nel tempo una forma di cura. Mi ha poi bloccato da qualsiasi strumento di comunicazione. Va bene così se può servire come catarsi. Mi prendo le probabili bestemmie, l’odio.

La proprietaria della nuova stanza che a inizio anno avevo appena preso a Milano di punto in bianco mi aveva mandato via perché non le piacevo. La cosa mi ha scatenato un attacco di panico. Durato tre giorni. Mi sono chiuso in una stanza di albergo, uscendo solo per fumare erba.

Non so perché e per come sia successo, non credo neanche fosse realmente a causa di quella mentecatta della proprietaria che allineava le sedie al muro col righello. Fatto sta che per 48 ore filate non ho mai dormito, in preda a pensieri tremendi.


La cosa del righello è una mia invenzione narrativa. Fatto sta che le sedie, girate dando sempre lo schienale al muro (quindi di lato rispetto al tavolo), erano allineate sempre alla stessa distanza e dal muro e dal tavolo.


Dato che il lavoro era pure terminato, scelsi di tornare giù a casa a prendere fiato e anche aiutare Madre che dopo la morte di nonno stava prendendo ansiolitici. Non volevo abbandonare definitivamente Milano, avevo anche sostenuto due colloqui in quei giorni (uno il lunedì mattina dopo il mio weekend di follia, era il 17 febbraio). Tre giorni dopo la mia partenza – avvenuta il 18 febbraio – scoprirono poi il focolaio di Codogno. Non son più tornato in Lombardia, ovviamente.

Il mio attacco di panico probabilmente mi ha salvato. Se mi fossi trovato a Milano durante l’inizio della pandemia non so come sarebbe stato trovarsi lì senza casa, senza lavoro e senza soldi. Non sarei tornato giù, per ragioni di sicurezza. Ma non critico chi invece in quei giorni prima della chiusura l’ha fatto. Anzi, devo dire che mi sono anche abbastanza rotto le palle di sentire persone che puntano il dito contro altre senza sapere, senza conoscere, senza avere alcuna cognizione di causa.

Gente che si vanta che da 10 anni non va a trovare i genitori anche se vivono a 10 km di distanza. Bravo coglione.

Ne ho le palle piene.

Letteralmente. Mi devo far togliere un varicocele, ho scoperto di recente.

È un anno strano. Ma mi ha anche portato cose belle. Inaspettate. È stato un punto di rottura che ha segnato un prima e un dopo. Al punto che sento in me un ottimismo che per i miei standard suona anche un po’ inusitato.

Anche in questo caso, trovo difficile parlare di ottimismo personale, in un quadro di pessimismo generale.

Ma forse, il segreto, è fare una cosa che oggigiorno fanno veramente in pochi.

Tacere.

Taccio. Dunque, sono.

Non è che il tipo lussurioso in punto di morte detti le sue ultime voluttà

Nella vita ho fatto:

– test
– testa o croce
– il testardo
– testacoda  (uno solo, nel 2014, sfasciando l’auto)

Mi manca da fare testamento.

Non sto morendo, precisiamo. O meglio, tutti dobbiamo morire e siamo avviati a farlo (la vita è la prima causa di morte ma questo non ce lo dicono), però pensavo tra me e me: se mi succedesse qualcosa, ho delle istruzioni scritte da lasciare? La risposta è no.

Quindi mi accingo ora a buttare giù qualche idea.

Il primo dubbio: intendo donare il mio corpo alla medicina per studio o per donazioni di organi?
Nessuna delle due cose.

Vorrei donarlo a una necrofila. Nessuno pensa mai a loro e alle loro esigenze (o magari se qualcuno ci ha pensato non può andare in giro a raccontarlo essendo morto, chi lo sa): in nome di una buona azione, perché non farlo? È un po’ come donare il 5×1000 un po’ a caso a chi ti sembra più sfigato.


Sì ho fatto così durante la dichiarazione dei redditi, non contestatemi. L’importante è il gesto!


Il funerale. Che sia in chiesa o meno, non mi interessa. La cosa importante è che al posto della bara ci sia una tunica marrone per terra. Quando qualcuno chiederà il motivo e dove sia il mio corpo, la risposta sarà: Era un Jedi.

Un’altra cosa importante è che qualcuno dovrà farsi carico della mia lista di persone cui chiedere scusa, per cose che ho fatto o detto loro durante la mia vita. Uno potrebbe chiedersi perché non domando scusa ora che sono in vita. Che domanda sciocca: venendo a sapere della mia scomparsa le persone saranno più comprensive e inclini ad accettare le scuse.

Cose da lasciare: non è che possa vantare molte proprietà. Ho l’abbonamento in piscina: l’attualità dimostra che in situazioni di emergenza nazionale può chiudere tutto (scuole, musei, locali, concerti ecc.) ma palestre e piscine possono restare aperte. Quindi, può esser sempre un valido rifugio in caso di calamità.

Ho una collezione di Cavalieri dello Zodiaco, originali con le armature in metallo. La lascio con il vincolo di non venderli (sul mercato collezionistico hanno valore) e di non farli combattere tra di loro. La storia insegna che se due cavalieri d’oro dovessero scontrarsi ne nascerebbe uno scontro infinito.

Ho diversi libri.  Magari li lascio alle scuole, purché li utilizzino per delle classi di lettura.

Potrebbero trovarmi nel cassetto dei barattoli di vetro con dell’erba (è quella legale, commissà). Sull’etichetta della bustina quando te la vendono c’è scritto che è solo per uso ambientale, ornamentale, decorativo. Lascio il compito di capire come decorare l’ambiente con delle ceppette di erba. Forse vanno nel presepe al posto del muschio.

E poi lascerò uno scherzone, del tipo: la carta di questo testamento è stata intinta in un veleno e l’antidoto è nascosto su un’isola raggiungibile alle seguenti coordinate ecc.. Dubito che qualcuno ci cascherà, ma se qualcuno mai andasse fino in fondo alla storia troverebbe sull’isola come premio alla sua tenacia un forziere d’oro. Finto. Intinto nel veleno (veleno legale, commissà).

Direi che c’è del buon materiale per un testamento coi fiocchi!

Non è che un chimico sia in viaggio lisergico perché cala tanti acidi

Non sono uno dedito a necrologi pubblici per la morte di personaggi della musica e/o dello spettacolo, ma la scomparsa di Elisabetta dei Prozac + (e anche dei Sick Tamburo ma per me resta quella dei Prozac) m’ha colpito molto. È una di quelle cose che ti mette di fronte al passare degli anni.

Il tempo. Il cazzo di fottuto tempo. Riesci a ignorarlo quando sei da solo con te stesso, ma quando accade qualcosa di esterno a te ma che è ricollegabile alla tua vita o a una parte di essa, alzi la testa ed esclami Cazzo.

Mi sono appena reso conto che sono più distante dal 2000 di quanto lo fosse il 2000 dalla mia nascita. Negli anni ’90 il XXI secolo mi sembrava davvero lontano. Su un Topolino del 1994 leggevo che tra il 2004 e il 2011 saremmo andati su Marte. Sto ancora aspettando la partenza della navicella.

Non voglio entrare nella polemica retorica di quelli che nel 2000 aspettavano le macchine volanti e invece ora c’è gente che mette in piedi le scope. Per quanto mi riguarda le persone possono impegnarsi in tutte le minchiate che vogliono e infilarsi le scope dove gli pare. Quello che vorrei è che il futuro man mano che diventa presente vada avanti solo per addizione di eventi e non per sottrazione di fatti e persone.

I ricordi, certo, restano.

Queste canzoni – che tecnicamente oggi definirei abbastanza mediocri ma per fortuna all’epoca non ero così snob e acido (acido?)- all’epoca dei miei teen mi causavano parecchio devastamento emotivo e cose da adolescenza complessata:

 

Con il disco della seconda canzone siamo già negli anni 00. Ricordo invece quando uscì Acida io ero alle scuole medie. Per i test di Educazione Tecnica il professore ci dava da trasformare, con cartoncino e colla – rigorosamente Uhu – le proiezioni ortogonali su carta in solidi veri e propri di cartoncino, da decorare.

Un mio compagno di classe decorò il suo cubo con il disegno di un murale con la scritta Acido. Un lavoro ben fatto, le lettere si scioglievano condensandosi in colori da evidenziatori fluo. Il professore disapprovò duramente, asserendo che una che va in giro a fare apologia lisergica non sia un buon segno dei tempi e un buon esempio da citare per un compito in classe.

Io per aggirare la censura nei miei graffiti scrivevo allora Acido Muriatico. Ero l’apologeta dello spurgo.

C’è sempre un aggancio temporale che fa da ponte tra l’universale (una canzone, un personaggio, un film, eccetera) e il personale: quando scompare qualcuno che ha creato quell’àncora cronologica poi alla fine ti resta solo da dire Cazzo.

Non è che il sarto parli con un filo di voce

Oggi sono stato a casa dal lavoro.

Una frase che non mi suona corretta. “dal lavoro”, come se il mio posto solito di appartenenza debba essere il lavoro e tutto il resto delle mie attività siano un’alternativa al lavoro e qualunque altra cosa io faccia sia lontana “dal lavoro”. È questo che il capitalismo e i Carlo Conti della società vogliono farci credere, insieme al fatto che la cellulite sia una malattia e che il foglio di alluminio si debba usare col lato opaco all’interno o forse era il contrario.

Oggi quindi ero a casa.

Dieci minuti dopo aver avvertito BB (non Brigitte Bardot), il Tacchino mi ha scritto un messaggio. Ciao, puoi lavorare da casa?.

Gli ho telefonato con la mia voce del moribondo. La voce del moribondo è una cosa che nasce nel petto e matura nella laringe prima di esprimersi all’esterno. È importante la fase di maturazione laringea, la voce deve invecchiarsi il giusto per dar la sensazione desiderata.

Esistono vari livelli di moribondo, a seconda del tipo di malanno che ci si vuol attribuire.

– Livello discorso di compunto cordoglio generalista politico: una lieve indisposizione;
– Livello cantante improvvisato che al karaoke si cimenta con Rino Gaetano e si risveglia il giorno dopo con la raucedine: febbre/mal di gola;
– Livello Barbara d’Urso che commenta la tragedia di una famiglia sterminata da un editoriale di Selvaggia Lucarelli: malaria/tubercolosi;
– Livello calciatore rantolante sul manto erboso che si tiene una mano sul volto e una sul ginocchio sbagliato perché quello colpito è l’altro: prossimità alla morte.

Dicevo, gli ho telefonato dicendo che ero malato avendo un gomito che mi faceva contatto col piede e un attacco di congiuntivo da cui cercavo di guarire assumendo compresse di Cremonini e che, no, non potevo lavorare da casa non avendo accesso al server, perché non server a nienter.

Essendo lui un individuo che ha l’ansia come uno che per l’ansia che si rompano i preservativi durante l’atto li rompe lui stesso prima per tranquillizzarsi, mi ha detto Bene allora manda una mail a tutti in cui spieghi i progetti in corso le cose da fare e bla bla bla.

Io ho scritto alla Castora su Skype due righe velocemente e poi ho spento tutto e mi sono rimesso sotto le coperte a giocare con lo smartphone e ad autodiagnosticarmi dell’olio di palma su Google.

Oggi, comunque, ho fatto una scoperta: la casa durante la mattinata fa dei rumori diversi.

Sono abituato ai rumori di casa mia – scricchiolii, mobili che “tlaccano” (cioè che fanno tlac) – ma sono i rumori della sera o i rumori del weekend. I rumori della mattinata non li avevo mai ascoltati o non ci avevo fatto caso mai per bene.

All’inizio al primo rumore improvviso mi ero preoccupato e stavo quasi per sparare, ma non conosco le leggi ungheresi in materia e, oltretutto, anche se fuori era nuvolo c’era comunque luce.

Anche voi avete scoperto le vostre case fare rumori diversi quando le avete sorprese in orari non abituali?

Non è che se Gesù ti ama tu rispondi che volevi solo del sesso

Quella che seguirà è una lettera aperta che al tempo stesso vuole essere un manifesto di un’intera generazione. La paura del fallimento, l’incubo della disgrazia, attanaglia le nostre menti e cosí, in cerca di un palliativo “vitale”, ysingrinus ed io abbiamo cercato di esorcizzare i nostri timori.

Quale modo migliore per tollerare la sconfitta che esternare direttamente la paura di venire sconfitti? Quale modo migliore di venire sconfitti se non di fronte ad un’iconica immagine del sesso e, di conseguenza, della nostra linea temporale?

Non esiste modo piú dignitoso per affrontare la vita, non esiste modo piú dignitoso per venire sconfitti dalla vita, che affrontando la questione sessuale con un’attrice porno.

Noi chiediamo, eliminando la paura di fallire, sperando di riuscire.


Alla cortese attenzione della Ill.ma Sig.ra Nappi Valentina, Pre.ma professionista dell’intrattenimento sessuale,

Buonasera (o buongiorno o buon pomeriggio a seconda dell’orario in cui leggerà questa mia),

mi chiamo Gintoki, ma lei può anche appellarsi a me come Gatto.

Un amico mi ha detto che lei offrirebbe il prodotto che reclamizza (nella fattispecie: del sesso) in modo spontaneo e gratuito, previa presentazione di un test HIV recente.

Non ho trovato riscontri ma in ogni caso le scrivo questa lettera perché non si può mai sapere. È lo stesso principio con cui vado a votare: non si può mai sapere se ne verrà qualcosa di buono.

Infatti non ho mai saputo niente di buono.

I miei test sono sempre stati positivi. Positivi nel senso che l’esito aveva una connotazione positiva: nel caso specifico del test HIV era negativo, il che è un risultato positivo. Solo una volta ho avuto un test negativo e non era per niente positivo: una versione di greco in quinta ginnasio in cui presi 4,5 come voto. Il punto più basso della mia carriera di umanista.

Le rendo noto questo punto perché mi piace essere chiaro con le persone con cui entro in intimità.

Allo stesso modo mi preme sottolineare che questa non è una ricerca di sesso facilmente accessibile da parte di uno additabile come ‘morto di figa’.

Prova è che le sto scrivendo da vivo.

Non posso escludere che, il giorno della mia dipartita da questo mondo, un esame autoptico approfondito possa trovare sul mio corpo tracce di assunzione di figa e che questa possa essere collegabile al mio decesso.

Ma se dovessi scommettere sulle cause della mia morte ora come ora metterei nella lista, in ordine di pericolosità:

  1. Distrazione
  2. Rotture di coglioni con conseguente emorragia dal sacco scrotale
  3. Olio di palma
  4. Esposizione a radiazioni per la scissione del PD
  5. I Poteri Forti
  6. Il tifo (inteso quello calcistico)
  7. Sarcasmo nel luogo sbagliato
  8. Poteri Così Così che non sono forti abbastanza a causa dei Poteri Forti
  9. La Figa
  10. Qualsiasi altra causa di morte

Dato che siamo ormai siamo in confidenza, le voglio confessare che l’atto ha un’altissima probabilità di concludersi con un fallimento da parte mia.

Soffro di ansia da prestazione.

Ho così tanta ansia che alla riunioni di lavoro non ho modo di accomodarmi che sono già venuto alle conclusioni finali. La cosa mi ha aiutato nel mio ruolo di arrampicatore aziendale perché appaio perspicace e intraprendente, ma mi ha attirato l’astio dei colleghi, generando in me ancor più ansia.

Stanco di dover convivere con le paure ho deciso di affrontare i miei demoni e di rivolgermi a lei.

Lei, che in qualità di attrice del mondo del porno rappresenta per noi tapini e derelitti quello che la Balena Bianca era per il Capitano Achab.

(A scanso di equivoci vorrei sottolineare che non c’è alcuna implicita offesa o insinuazione nelle mie parole. L’esempio della balena non ha alcun riferimento estetico. Trovo anzi che lei si mantenga in perfetta forma nonostante vada verso i trent’anni).

Spero quindi che accoglierà favorevolmente la mia richiesta. Come disse il Saggio, È meglio aver copulato e fallito che non aver mai copulato.

Ringraziandola per l’attenzione dedicatami, porgo i miei più ossequiosi saluti e mi rendo sin da subito disponibile per un colloquio orale.

Gintoki

Non è che se si è sudati non si può esser mistici solo perché poi puzza l’asceta

Non so come siano le mamme moderne, posso dire che la vita da bambino venti anni fa non era semplice.

Un giorno scoprii che fare la doccia pur avendo mangiato distrattamente un biscotto poco prima non causava la morte: non so se ero più sorpreso della rivelazione o infastidito per essermi reso conto di aver vissuto nella menzogna per anni.

Perché il “Non fare il bagno dopo mangiato” era esteso a qualsiasi tipo di lavaggio che andasse oltre mani e viso. Le ascelle pure andavano bene, bastava prestare attenzione a non bagnare petto e torace. E il divieto valeva anche per aver ingoiato solo un’oliva snocciolata.

Un altro problema era lo shampoo. I capelli andavano asciugati sempre correttamente. Che significava renderli secchi e aridi eliminando qualsiasi goccia di umido dal cuoio capelluto.

Poi ho scoperto che è una cosa tipica italiana: all’estero si danno una passata di asciugamano, scuotono la testa come farebbero dei cani e poi via verso nuove affascinanti avventure.


Va anche detto che all’estero sono sozzi quindi non fanno testo.


Forse anche considerare gli altri dei sozzi è una cosa tipicamente italiana.


Correre era un’attività pericolosa.
Ho passato la vita a sentirmi dire di non correre. A piedi, poi con la bicicletta, poi con l’auto. Perfino col treno. Una volta Madre mi accompagnò alla stazione: mentre scendevo dall’auto mi disse Non correre. Io replicai che non andavo a fare il macchinista.

Correre qualche volta era ammesso. Seppur con sibilline limitazioni: Corri piano.

L’altro problema tipico dell’infanzia era il sudore:

– Non si deve sudare, innanzitutto.
– Non si beve acqua quando si è sudati.
– Non ci si fa la doccia subito appena sudati.
– Non si suda quando si è sudati.

La cosa deve essere talmente radicata nel dna matrilineare della famiglia che ricordo un episodio illuminante di pochi anni fa: mia nonna mi vide rientrare dopo che ero andato a correre ed esclamò, allarmata, Staje tutt suràt! (Sei completamente sudato).

Come se fosse possibile muoversi senza sudare: probabilmente è vista come una malattia. Hai il sudore! Corri a curarti!.
Però piano, mi raccomando.


m3mango mi ha fatto richiamare alla mente ricordi che avevo rimosso. Il sudore, come dicevo, era una cosa terribile alla quale si doveva porre rimedio al più presto. Quindi c’erano sempre a portata di mano salviette umidificate per provvedere a nettàre la mia delicata epidermide; poi dopo compariva lui, un orrido piumino tipo quelli da cipria, che doveva esser stato ricavato da un anatroccolo sventrato, col quale mi cospargevano completamente di borotalco. Dopo ero pronto per esser gettato in padella e fritto nell’olio.


 

Non è che puoi menar il can per l’aia: al massimo ti dirà “bau”*


* Per una volta prendo un titolo in prestito, in questo caso è citazione di Corrado Guzzanti.


Ci sono persone che hanno bisogno di certezze nella vita.
Tipo sapere che la Terra stia continuando a girare intorno al Sole, che i Rolling Stones continuino a fare tour o che Leonardo DiCaprio continui a non vincere l’Oscar.

Una di queste certezze è appena crollata.


A scanso di equivoci e per restare fedele all’intento didascalico di questo blog, anche se c’è chi dice che la Terra non gira intorno al Sole (vi rimando a una esauriente letteratura reperibile in rete) io propenderei per considerare la vittoria di DiCaprio come caduta di una certezza.


Il mio personalissimo punto fermo che invece è venuto meno è che Ex² da oggi ha un cane.

La cosa mi tange nella misura in cui il possesso del cane abbia efficacia retroattiva: io sono quindi stato con una persona che, seppur gattara, un giorno avrebbe poi avuto un cane.


In realtà nella sua famiglia che io ricordi ne avevano avuto un altro, ma l’età del possesso effettivo dell’animale per me scatta quando ce ne si occupa direttamente.


Difatti anche quando ero io piccolissimo la mia famiglia ha avuto un cane, salvo poi io essere cresciuto un’intera vita in mezzo ai gatti.


Ciò fa aumentare a 3 le fidanzate che avevano a che fare con i cani. Le altre 2, esclusa quindi Ex², sono state cattive esperienze, imputabili sicuramente al possesso del cane perché io ho una mia teoria secondo la quale gattari e canari non possono stare insieme per differenti visioni di vita.


Ovviamente arriverà qualcuno a smentirmi parlando di felici coppie gattari/canari, gattari/canarinidi, canari/canarinidi e via dicendo. Buon per loro.


Questo episodio, seppur io e lei non stiamo più insieme da 3 anni e un paio di pannocchie, mi turba. È come se i già citati Rolling Stones si sciogliessero: fa niente che non ascolto più qualcosa di loro da 20 anni, mi turba lo stesso.

Una doverosa precisazione è che io non ho nulla contro i cani.


Seppur di vecchia concezione, l’atto di mettere le mani avanti oggi gode ancor più di maggior impulso, in un’epoca contrassegnata da scontri di valori su diverse materie: umanità, religione, sessualità e via dicendo. Premettendo di non avere nulla contro qualcosa si sgombra il campo dall’accusa di essere intolleranti, seppur poi inserendo nella successiva subordinata un’affermazione inconfutabilmente intollerante.


Escluso da questa regola resta in modo ignobile il cibo, sul quale si possono apertamente dichiarare intolleranze o lanciare accuse di perniciosità per la salute.


Ricordiamoci però sempre che la prima causa di morte resta la vita stessa. Soltanto dopo viene tutto il resto.


Ho conosciuto cani simpatici.

Sono i padroni a volte a essere idioti.

Avere un cane non ti rende idiota, ci mancherebbe. Ma così come, ad esempio, un’automobile non ti rende idiota ma esistono idioti che esplicitano la propria idiozia con l’automobile (il tipo con gli abbaglianti che ti acceca dallo specchietto, per dire), ci sono idioti che estrinsecano idiozia col cane.

Mi riferisco a quello che porta in giro senza guinzaglio in pubblico un cane della grandezza di un puledro, probabilmente per mostrare al mondo la propria potenza di essere umano capace di esercitare un biblico controllo e dominio sulle bestie.

Oppure la sciura che, con la sua bella bustina, raccoglie le deiezioni del proprio cane per poi gettare il tutto nella prima aiuola che trova, forse pensando che l’utilità del sacchetto sia appunto quella di confezionare, a mo’ di pacco regalo, il prodotto del proprio animale.

Sperando di far cosa gradita, un giorno vorrei farle trovare fuori la porta il contenuto della lettiera dei miei gatti, ovviamente confezionato come neanche una commessa di Lush potrebbe fare.


Dovrò prima però imparare da una commessa di Lush.


Una cosa invece fastidiosa che fanno i cani è quella di annusare tra le gambe.
E l’idea che lo faccia anche con la propria padrona mi dà ancor più fastidio: sarò possessivo, ma non è carino pensare che, mentre stai con una persona, c’è qualcun altro che metta il naso tra le sue zone intime (ginecologo escluso, ovviamente).


Sulla cosa del ginecologo avrei aneddoti su mariti che esigono che le proprie mogli si facciano visitare esclusivamente da medici donna e mogli che vanno da ginecologi maschi di nascosto per tal motivo.


E, no, non si tratta di integralisti religiosi ma di persone di una dichiarata mentalità progressista. A detta loro.


Adesso che so che Ex² ha un cane penso che non avrò mai più possibilità di vederla.

Se volessi chiederle, un giorno che mi trovassi in Italia, di vederci per un caffè e parlare serenamente come qualche volta abbiamo fatto, non potrò fare altro che pensare che potrebbe avere peli di cane addosso, odorare di cane, magari si presenterebbe addirittura con il cane al seguito!

Considerando la vita media di un cane e augurando tutto il meglio all’animale, direi che dovrò aspettare almeno una ventina d’anni circa per incontrarla di nuovo.

Ho il cuore a pezzi: oggigiorno le certezze crollano come le mura di Pompei e non ho manco un commissario straordinario o un sovrintendente da nominare per gestirle affinché cadano in modo commissariato o sovrainteso.


Avete mai fatto caso che in Italia per risolvere un problema basta nominare un commissario straordinario?


Della vita dolce ormai breve tempo mi resta e spesso gemo per timore dell’Ade*

* Anacreonte.


Ieri se ne è andato il mio professore di latino e greco del liceo, a causa di un male incurabile.
Chi l’ha visto negli ultimi mesi dice che era ridotto in modo irriconoscibile e rassegnato all’inevitabile.

Mi resterà sempre impressa una frase che mi disse e che secondo me ancor oggi mi qualifica in pieno.

Bisognava decidere la data della gita di 5 giorni: combinazione voleva che quell’anno (2003) ci fossero delle vacanze lunghe ad Aprile causa aggancio della Pasqua con il ponte del 25 aprile. La possibilità che la gita si tenesse prima delle festività pasquali poteva significare circa 3 settimane di vacanza per quel mese.

Il Prof. venne in classe sostenendo invece che la gita si dovesse tenere durante le vacanze pasquali: chiese a noi di decidere, ventilando però l’ipotesi di minacce e ritorsioni in caso avessimo scelto la soluzione “3 settimane di vacanza”.

Alcuni quindi si lasciarono persuadere. Io, invece, che sapevo bene che anche lui non voleva fare un ceppa ma non poteva dirlo apertamente, mi alzai e dissi: Prof, io voto per andare in gita prima di Pasqua. Lo ammetto, mi fa comodo, ma preferisco essere coerente.

Lui mi guardò con il suo tipico sorriso sardonico, che sul suo volto caratterizzato da una pelle scurissima – in netto contrasto con il capello brizzolato e gli occhi blu – era sempre inquietante, e fece:
Gintokiammiro sempre la coerenza con cui difendi le stronzate.

Ecco, me la dovrei tatuare da qualche parte come monito e insegnamento.

Era il tipo che sapeva inquadrare una persona e capirla subito. Come se avesse lo scanner ottico dei Saiyan.

Per la cronaca, come era prevedibile, ad Aprile di quell’anno godemmo poi di 3 settimane di vacanza.

A una cena durante la gita ordinammo una bottiglia di vino e brindammo col Prof. alla faccia di Mirsilo: da poco avevamo studiato Alceo e impresso ci era rimasto il verso con cui il poeta di Mitilene festeggiava la morte del tiranno Mirsilo.


“Ora bisogna ubriacarsi e ciascuno beva a forza: perché Mirsilo è morto”.


Archiloco del quale tutti ricordiamo dei versi oscuri: che avrà voluto dire con “sfiorando la bionda peluria, emisi la bianca forza”?

È difficile da spiegare a chi legge, ma quando il Prof recitava qualche verso dei lirici greci, con la sua voce profonda e raschiante tipica di 40 anni (o anche più!) di Pall Mall, riusciva sempre a dar loro una carica di pathos e teatralità.

Non a caso lui era anche presidente del teatro pubblico campano (da ora p.t.p.c.) e con la scuola e gli studenti ha organizzato spettacoli che ha portato in giro in tutta Italia.

In virtù dei suoi impegni, come vicepreside, come p.t.p.c. e come altro non so cosa, in classe ci entrava di rado e per un tempo ridotto. Inoltre, quando al mattino fuori la scuola lo vedevamo entrare nell’edificio con giacca e cravatta, capivamo che non sarebbe venuto a far lezione.

Quando era in classe, inoltre, non era mai una lezione convenzionale. Per cominciare, un buon quarto d’ora si perdeva in cazzeggio, in cui ci prendeva per il culo o raccontava aneddoti scolastici su questo studente o quel docente. I libri sono stati aperti di rado. Alcuni li ho comprati e riposti e mai più toccati. Amava impostare una lezione discorsiva, improntata sul ragionamento: più che liceale, era una lezione universitaria.

Com’è come non è, le cose che lui ha spiegato le ricordo ancor oggi a 12 anni di distanza. A volte mi chiedo perché la scuola non sia tutta così e perché debba ridursi a mero un travaso di nozioni da un libro di testo a una testa vuota, col risultato che il giorno dopo un’interrogazione lo zuccone ha già dimenticato tutto.

Io lui comunque lo odiavo. Ne avevo stima e profondo rispetto, ma lo odiavo. Lo odiavo perché in alcuni periodi mi eligeva a vittima sacrificale per fare lezione: mi chiamava alla cattedra, faceva domande molto complicate, poi si metteva a ragionare e spiegare.

Una volta invece mi chiamò giusto perché doveva in modo sadico tormentare qualcuno. Dovette accorrere dalla vicepresidenza perché, senza nessuno in aula, noi ci eravamo lasciati andare a eccessive turbolenze. Nero in volto, ancor più nero del solito tanto che sembrava il tizio di CSI Las Vegas con gli occhi azzurri, decise per punizione di sparare nel mucchio. Punirne uno per educarne 22.

Si piazzò in fondo all’aula dando le spalle alla finestra e alla luce, col risultato di essere in penombra. Era una nera figura.

Primo colpo:
V., vieni.
L’avevo scampata. Ero il soldato Ryan, sarei sopravvissuto all’imboscata.
Lei: Professore, vengo la prossima volta.
Bene V., 2.

Maledetta stronza. In quel momento le ho augurato un’infezione di clamidia orofaringea. Poteva andare al patibolo e in qualche modo scamparla, visto che prendeva sempre 7 e 8. Poteva salvarci tutti, invece no!

Secondo colpo:
Gintoki, vuoi venire?.
Ovviamente la fortuna ti grazia una volta sola.
Io: Certo.
Ostentavo sicumera. In fondo avevo studiato. E sarei stato l’eroe che avrebbe salvato tutti.

Presi la sedia per accostarmi alla cattedra.

Chi ti ha detto di prendere la sedia?
Pensavo…
Hai pensato male.

Cominciò a incalzarmi di domande. Io rispondevo, mi barcamenavo.

Lui: Smettila di gesticolare. E non presentarti mai più con quelle cose sulle braccia.


Ai tempi – ancor oggi in verità ma un po’ di meno – mentre parlavo avevo l’abitudine di muovere le braccia peggio di Alberto Angela.
E poi all’epoca andavo in giro con delle catene intorno al braccio.


Poi cominciai a incartarmi su me stesso. Picconata su picconata mi demoliva pezzo per pezzo. A un certo punto diedi una risposta che era giusta  ma forse l’avevo detta in modo contorto.

Lui, gelido: Non ho capito.
Poi aggiunse, rivolto alla prima della classe: A., tu hai capito che intendeva?

Lei mi guardò e fece: n-no

Stronza. Stronzissima. Raddrizzatrice di Pisistrati. Etéra del ditirambo.
Tu hai capito, perché tu la risposta la sai, la sai sempre. Potevi giungermi in soccorso, invece per sfilarti dai guai mi hai lasciato in mezzo al maelstrom. Scommetto se fosse stato qualcuno dei tuoi amici saresti salita in cattedra, invece dato che ero un Gintoki qualsiasi, da te disprezzato, mi hai lasciato così.

Rimpiansi di non averle detto qualcosa di offensivo in quel momento, ma ero ormai paralizzato dal terrore.

Stavamo ragionando sulla battaglia di Anfipoli e sulle circostanze che portarono al fallimento di Tucidide – allora stratego della flotta ateniese – e che gli costarono l’esilio. Quando volle sapere quale fu l’errore tattico dello storico/militare, balbettai qualcosa e lui disse, accompagnando le parole con un gesto che sembrava quello di un arbitro che espelle un calciatore: Vatti a sedere.

Andai al mio posto e diedi un pugno sul banco che mi fece volar via l’orologio.

Quell’episodio entrò a far parte degli aneddoti. Ogni tanto mi pigliava per il culo, mi chiedeva se volessi dare qualche pugno alla cattedra oppure se il muro di fianco a me fosse al riparo dalla mia ira.

Era una di quelle persone che vale la pena di incontrare nella vita. Se è vero che siamo la somma delle nostre esperienze, lui era un’esperienza formativa necessaria. Madre, finito il liceo, ogni tanto mi diceva: Tu hai passato troppo poco tempo con lui!.

Già. Troppo poco tempo.

E come disse il notaio “Rogito, ergo sum”

Forse ho dei problemi col mio tetto romano.

Coinquilino è fratello di Padrona di Casa (d’ora in poi indicata come PdC), che non ho mai avuto modo di incontrare dal mio ingresso tra le quattro mura.

Quando visionai l’appartamento (febbraio scorso), chiesi a Futuro Coinquilino come avremmo agito per i pagamenti (tradotto: li consegno brevi manu o avremo un contratto?) e lui disse avremmo firmato un contratto. Io all’epoca dissi che avevo bisogno della stanza per 12 mesi.

Dopo essere entrato in casa ho fatto poi presente che non avrei più potuto garantire 12 mesi di permanenza perché c’era possibilità, come mi spiegò la mia tutor (quella che manda foto la domenica sera) che entro la fine dell’anno sarei dovuto partire. Spiegai la situazione e chiesi espressamente di indicare sul contratto 9 mesi di durata (è un contratto transitorio, quindi può essere più breve di un anno).

Quando Coinquilino mi inviò la bozza di contratto vidi che erano stati inseriti 12 mesi. Feci presente la cosa, lui mi rispose che allora potevamo procedere in due modi:

– io avrei firmato ma avrei potuto sempre avvalermi del recesso anticipato (con 3 mesi di preavviso), in ogni caso;
– potevamo oppure procedere con la modifica del contratto.

Optai per la seconda opzione. Se è vero che a oggi ho meno di un mese per pensare di che morte eventuale morire (si veda il post precedente), è anche vero che sicurezze ne avrò molto più in là e il contratto per partire verrà firmato solo poche settimane prima della partenza.

Il 30 marzo mi scrisse via mail per chiedermi se fossi stato in casa il giorno dopo, perché il contratto – che nel frattempo non era stato modificato – deve ormai essere firmato (un contratto di locazione dev’essere registrato entro 30 giorni dalla sua data di decorrenza, che era stata stabilita al 1° di marzo), in quanto a detta sua “la ricerca di una soluzione che venisse incontro a entrambe le parti ha già comportato una ricerca e un impegno che deve essere ora concretizzato“.

What?

Ne parliamo di persona, gli espongo le mie perplessità e gli dico che intanto avrei pagato l’affitto di marzo. Poi chiedo la cortesia di stendere un nuovo contratto che decorresse da aprile. Lui risponde che andava bene e che mi avrebbe fatto parlare direttamente con PdC.

L’avvocato scomparso – Al telefono PdC insiste sulla possibilità da parte mia di avvalermi comunque di un recesso anticipato. Aggiunge che al momento non poteva modificare il contratto perché l’avvocato che ha provveduto a stenderlo, un loro amico di famiglia, l’ha fatto a titolo di favore e ora non era reperibile.

Io spiego che forse non potrei rispettare 3 mesi d’anticipo per comunicare  il recesso. Forse uno, uno e mezzo, non più. Per questo sarebbe più utile ridurre la durata del contratto. Concludiamo con lei che mi dice che ne avrebbe discusso con Marito e mi avrebbe fornito aggiornamenti.

Due giorni dopo, ricevo un sms in cui mi dice di non avere notizie da darmi.

Trascorrono due settimane, la contatto per
a) chiederle dei summenzionati aggiornamenti;
b) pagare il mese di marzo (che in tutto questo non mi avevano ancora dato modo di versare) e anche quello di aprile. Mi rendo conto di contribuire a frodare il fisco, ma non sono abituato a vivere in case altrui gratis.
Mi risponde comunicandomi gli estremi per il pagamento, ma ribadendo anche di non avere ancora novità.

Oggi pomeriggio ricevo una mail da parte di PdC (che non mi aveva più scritto se non per ringraziarmi del versamento), che mi dice
il protrarsi dell’attesa (ma l’attesa di cosa?) mi porta ad invitare Lei ad una verifica della fattibilita’ contrattuale rispetto alle nuove necessita’ […] La nostra esigenza e’ solo quella di procedere nel totale rispetto delle normative vigenti

Le ho scritto chiedendole di parlare di persona.

Intanto mi esercito per imitare questa espressione da assumere durante l’eventuale incontro:

Sono brutto e polemico, chiamatemi Vittorio Sgorbio

La scuola elementare (a proposito: Sherlock Holmes non ha mai detto “elementare Watson”, che si sappia: sono stanco di sentirlo dire!) è territorio di nascita e proliferazione di leggende metropolitane.

Agli inizi degli anni ’90 ne ricordo alcune. I braccialetti gommosi profumati che causavano intossicazioni (qualcuno diceva che se sudavi con quel braccialetto addosso ti veniva la polmonite!), le figurine con la colla tossica (o la droga nascosta sul retro!), i braccialetti auto-arrotolanti (delle strisce che tu picchiavi sul braccio e si arrotolavano) che potevano causare lividi, il bere acqua dopo aver sudato che poteva causare ogni genere di danno all’organismo, sino a portare alla morte (perché poi la sintesi di ogni discorso era che si moriva, come ha detto mio cuggino).

C’erano oggettivamente delle cose che facevano proprio schifo. Gli Sgorbions ad esempio. Se qualcuno non li ha presenti (povero lui!), ecco un esempio di questa serie di figurine

Ovviamente, piacevano ai maschi. Ma ho sorpreso anche qualche bambina intenta a scambiarsele. Io le bramavo ma a casa non me le compravano.

Un giorno un compagno di classe me ne regalò una. Evento più unico che raro, perché i bambini non regalano mai niente. C’è una sorta di sadica perfidia nel bambino che sa di avere qualcosa che un altro non ha, fosse anche una gomma da masticare.

Ecco, parliamo delle gomme da masticare: c’era la gomma a nastro, che io non ho mai avuto perché a casa dicevano che pure quella fosse tossica. Mi chiedo come sia possibile che io da adulto, per una sorta di ripicca, non sia diventato dipendente dal metadone.

Comunque, dicevo che un mio amico mi regalò una cartolina Sgorbions, questa:

La conservavo gelosamente come fosse il mio tesssoro, finché poi credo di averla persa. I ladri. I ladri. Quegli sporchi piccoli ladri. Dov’è? Dov’è? Ce l’hanno tolto, rubato. Il mio tesoro. Maledetti! Noi li odiamo! È nostro e lo vogliamo. Gollum! Gollum!

Oppure sarà finito nel buco nero delle cose dimenticate. Ci sono cose che possediamo che sembrano sparire nel momento in cui non sono più oggetto della nostra attenzione, come se dicessero Ok, ho fatto il mio tempo, mi ritiro.

Probabilmente finiscono tutte su una gigantesca isola deserta, abitata dai personaggi famosi che dicono che sono morti ma in realtà si sono tutti ritirati in un posto segreto che sa solo mio cugino ma che non lo dice a nessuno perché poi lo fanno sparire pure a lui.

Siam tutti Charlie con l’hashtag degli altri

In questi giorni il web è più attivo che mai. E utilizzo l’espressione “il web è attivo” non a caso, perché io lo immagino personificato. Anzi, animalizzato. Immagino il web come una bestia con quattro arti, due occhi, una bocca, che sta lì, pascola, abbaia, raglia, ride eccetera eccetera.

Sono riuscito a sorprendere il web in azione e a rubare uno scatto proprio mentre era indignato: clicca qui per la sorprendente foto del web che si indigna.

Il web è indignato perché pare che lo Stato Italiano abbia pagato un riscatto di 12 milioni di euro per liberare Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti rapite in Siria.

Comprendo appieno la reazione.

Con 12 milioni di euro ad oggi potevamo:
– comprare 1/10 o poco più di un F35, con la possibilità di scegliere quale pezzo portare a casa (il supporto per esporre il pezzo in soggiorno sul camino è escluso dalla spesa, si consiglia di rivolgersi a IKEA o Mondo Convenienza);
– versare un piccolo (microscopico) acconto per i debiti del Comune di Torino, tra i più indebitati d’Italia: con 12 milioni si può pagare mezza pista del biathlon delle Olimpiadi 2006 (che ora, come tante altre opere costruite per la manifestazione, mi risulta sia in stato d’abbandono) e quindi, avendone a disposizione la metà, invece di gare di biathlon si potrebbero organizzare gare di Athlon e al posto di sparare coi fucili si potrebbe fare tiro a segno a colpi di microprocessore*;
– pagare la prima di almeno una quindicina di rate (comprensive di interessi) che servono a ripagare il faraonico albergo (mai utilizzato) che avrebbe dovuto ospitare il G8 alla Maddalena e nelle cui suite i grandi della Terra avrebbero copulato con le proprie consorti ed escort. Invece nessuno vi ha copulato mai in quella struttura e un albergo dove non si copula non serve a niente, tanto vale appartarsi con l’auto;
– corrompere per decenni un politico o un dirigente: dal tariffario prezzi dell’inchiesta su Mafia Capitale emerge che con 12 milioni potremmo assicurarci, come in una partita a scacchi, i pezzi giusti sulle caselle giuste per anni e anni. Anche quando non servono realmente: non vorreste un consigliere regionale da tenere in salotto? Ponete fine alle lunghe discussioni per chi decide cosa guardare la sera: con il vostro consigliere regionale di fiducia, vi assicurerete un voto in più a vostro favore per la decisione!
– comprare dei razzi, anzi, un esercito di Antonio Razzi e conquistare il mondo a suon di strafalcioni grammaticali.

E il tutto senza causare l’indignazione del web! O, quand’anche si indignasse, poi se ne dimenticherebbe. Clicca qui per un rarissimo scatto del web dopo l’indignazione.

Anche perché, diciamocelo, queste due se la sono anche andata a cercare.
Sono persone completamente fuori dal mondo.

2

Insomma, oggi, nel XXI secolo, io col mio smartphone anche se sono fuori casa posso condividere, per esempio, #StopBombingGaza su Facebook e Twitter (per citare un altro tema caldo nei mesi passati). Se, su 3-400 persone che leggono, un decimo le condivide e poi un altro decimo ancora condivide e via dicendo, abbiamo diffuso a larga macchia che #StopBombingGaza. Senza dare fastidio a nessuno e senza costringere qualcuno a versare un riscatto per la nostra vita.

Certo, parlando seriamente, si può dire che le due ragazze rapite in Siria si siano dimostrate incoscienti e sprovvedute e la loro organizzazione poco seria e quant’altro. Se l’opinione può essere condivisibile, bisogna poi prendere atto delle sue conseguenze. Questi che ho elencato sono reati passibili quindi di una condanna a morte: almeno è ciò che evinco interpretando l’onda emotiva del web.

Il web però non è così meschino.
Il web ha un gran cuore e condivide con una stretta allo stomaco, un moto di rabbia e un accenno di dermatite seborroica i video delle decapitazioni degli ostaggi nelle mani dei fondamentalisti.

Il web è confuso?
Attendo un hashtag in merito prima di poter rispondere.

*l’articolo del Corriere parla di 6 milioni per la pista di biathlon. Altre fonti mi riportano 24 milioni, che è in realtà il costo della pista + il poligono di tiro, quindi ho lasciato quest’ultima cifra