Il ritorno a una normalità, con tutte le regole e le precauzioni del caso, è segnato anche dal veder comparire delle presenze familiari.
Questa sera io e due miei sodali – a distanze di sicurezza – siamo stati avvicinati da quello che definisco il Re dei Bruciati della città.
I Bruciati sono un gruppo di frequentatori assidui di un ritrovo storico a me familiare, che praticamente negli ultimi 20 anni ha cresciuto me e i miei amici a botti di Bass Scotch e Tennent’s. Una storia edificante, diciamo. Questi avventori, chiassosi e con problemi di equilibrio, li inquadrerei con termini scientifici dicendo ci sono rimasti sotto, da parecchio. Penso avessero familiarità con la keta prima che divenisse Myss.
Dopo avermi chiesto in dono, un giorno che non l’avessi voluta più, la maglietta col logo dell’Atari che avevo indosso, ha iniziato una conversazione, o meglio, un flusso di coscienza con oggetto la quarantena e le restrizioni, di cui non ho un filo logico da riportare o qualche passo specifico, se non uno che mi ha colpito quando ha detto che mio padre è cubico.
In realtà non mio padre nello specifico. Mentre lo diceva si rivolgeva a me e al mio amico, ipotizzando, a proposito delle regole, «Se un vigile prende e ferma tuo padre», rivolgendosi quindi a un padre che potrebbe essere quello di chiunque, un meta-padre martire dell’ingiustizia dello Stato.
Ebbene, ha proseguito, il vigile ferma il meta-padre perché è in giro e gli fa la multa e il meta-padre, «che altro deve fare? Lui è cubico».
«È cubico perché come devo dire ci vive dentro, le palazzine dove abita sono dei cubi, la fabbrica è un cubo, la sua vita è all’interno del cubo e quindi prende e paga 500€ di multa nonostante viva magari con una pensione di 600».
Ebbene, vi dirò, ho trovato che il discorso avesse un senso. In base alla parafrasi che ho fatto sulla via del ritorno a casa, quel che voleva dire probabilmente è che l’uomo onesto, l’uomo probo (tralalalalla tralallaleru), vive la sua vita irregimentato, confinato, abituato alle regole e alle imposizioni, cosicché anche di fronte a un abuso di potere come quello dell’ufficiale che lo sanziona per il semplice fatto di esistere lì in quel momento in quella strada in quello spazio di libertà, lui si piega perché la dimensione cui è stato abituato è quella dell’obbedienza.
Mai innanzitutto avrei pensato di ricevere un’illuminazione da un tipo del genere, con cui in verità non ho mai parlato in 20 anni ma che oggi si rivolgeva a me come se ci conoscessimo da una vita. O forse in una fase allucinatorio-onirica mi ha scambiato per un altro.
Mai, inoltre, avrei pensato a mio padre come cubo.
Tutt’al più da adolescente l’ho ritenuto un incubo, il che a ripensarci oggi mi porta a chiedere perché nessuno mi ha elargito talvolta una salutare dose di schiaffoni, ché va bene che la violenza corporale sui figli è sbagliata e non si deve applicare, ma magari due pizze in faccia come terapia anticoglionaggine di tanto in tanto io gliele avrei date a me stesso.
E adesso sono qui, che scrivo, all’interno di una stanza che è un cubo che vedo dopo che mi è stato squarciato il velo di Maya dagli occhi.
E se fossi io il bruciato?